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Dio, Patria, Famiglia
Marzo 17th, 2017 — General, Notizie flash
DUMBLES / Sessismo demenziale
Marzo 17th, 2017 — General, Varie
Leggete:
“Se la depressione colpisce una donna, come reagisce chi gli sta vicino? Quando un uomo uccide la propria partner per gelosia, cosa pensiamo? Quando una donna è preda della droga, del gioco d’azzardo, del vizio, come ci comportiamo? Quando una donna è diversa dalle nostre aspettative cosa facciamo? E se non gli interessano gli uomini?”
Allora, intanto ridiamo, perchè è il primo impulso che genera l’incipit patetico e sballato di questa iniziativa che qui di seguito commentiamo.
Ed ecco qua, che alla fine della stagione estiva, La Fattoria Didattica & Sociale Bosco di Museis, di Renato Garibaldi, dopo le serate sulle radici cristiane e celtiche della cultura di montagna curate da Paolo Paron (uno degli artefici dell’operazione Sbilfs e dell’invenzione e/o manipolazione delle tradizioni carniche a uso della nuova destra iniziata nei primi anni ’90), le riflessioni sugli stranieri con o senza dio gestite da un prete di fama (di) sinistra come Don Di Piazza, l’apologia degli imprenditori della montagna, persino la proiezione del film “Carnia 1944”, organizza la sua brava INIZIATIVA SESSISTA SULLE DONNE (ahinoi anche con alcune donne presenti che forse non hanno saputo leggere tra le righe e quindi non hanno capito l’importanza di disertare simili contesti).
L’iniziativa è intitolata DONNE E SOFFERENZA-BINOMIO INDISSOLUBILE? e il testo di presentazione, oltre alla sciatteria di utilizzare erroneamente e ripetutamente il pronome maschile anziché quello femminile, conferma l’ambiguità e l’ambivalenza politica (la terza posizione!?!) che caratterizzano le proposte culturali di Bosco di Museis. L’obiettivo è riuscire ad infiltrarsi nell’antifascismo storico, nelle lotte ambientali e/o di difesa del territorio… ed ora anche nel patrimonio del movimento delle donne, per appropriarsene ed infestarli di un pensiero autoritario e oscurantista.
Ed ecco che parlando di depressione delle donne ci si guarda bene dal fare riferimento alla struttura sociale patriarcale e al familismo che ne sono gli incubatori (come ben sottolineava vent’ anni fa Donatella Cozzi proprio in uno studio sulla depressione femminile in Carnia), come anche alla funzione cronicizzante del manicomio chimico post basagliano; mentre, parlando di uomini che ammazzano le donne per gelosia, si censurano accuratamente le parole violenza di genere, oppressione, prevaricazione, negazione, anzi, sembra che si voglia proprio rovesciare sulle donne un problema di sofferenza ormai squisitamente maschile: non si giustificano forse sempre gli autori di femminicidio con un “…era depresso…”?
Sorvoliamo con una risata (che speriamo li seppellirà!) sui toni millenaristi utilizzati per parlare delle “donne preda del VIZIO” in ogni sua declinazione possibile, ma ci teniamo a concludere diffidando l’organizzatore dall’associare la sofferenza alla condizione delle “donne alle quali non interessano gli uomini”: le donne che amano le donne, non soffrono affatto e anzi se la spassano, le uniche sofferenze sono quelle provocate dalla patologizzazione e colpevolizzazione dei desideri messe in atto dalle chiese, dai fascismi e dalle scienze mediche e psichiatriche ai loro danni!
* Foto di dedica al convegno di Garibaldi: Donne e sofferenza? Ribellione e resistenza!!
Laguna di Grado-Marano/ Bruciati cento milioni nella falsa bonifica
Marzo 17th, 2017 — General, Inquinamento
Bruciati cento milioni nella falsa bonifica
in Friuli nuovi guai per la Protezione civile
Una “Maddalena bis” nella laguna, chiesti 14 rinvii a giudizio. E un commissario nominato da Bertolaso per l’inquinamento fantasma dal nostro inviato PAOLO BERIZZI
UDINE – Questa è la storia di una laguna che è diventata una mangiatoia. Una laguna malata e mai bonificata. Un buco nero di sprechi e veleni nel quale lo Stato ha annegato 100 milioni. È una storia di fanghi al mercurio e commissari indagati, di canali otturati e analisi creative. Per raccontare lo scandalo della laguna di Grado e Marano basterebbe dire come è iniziato e come sta (forse) finendo. È iniziato con uno stato di emergenza (3 maggio 2002, ministro dell’Ambiente era Altero Matteoli) e la nomina di un commissario da parte dell’allora boss della Protezione civile Guido Bertolaso (dall’anno dopo e fino allo stop di Monti si andrà avanti col sistema della deroga che ha causato le porcate del G8 e della ricostruzione post-terremoto dell’Aquila).
Lo scandalo sta finendo con la richiesta di rinvio a giudizio per 14 persone (tra commissari e soggetti attuatori; diversi i politici di entrambi gli schieramenti). Dovranno rispondere di peculato, omissione e truffa ai danni dello Stato. Non solo: si sta prefigurando anche il reato di disastro ambientale. Perché – ha scoperto Viviana Del Tedesco, il sostituto procuratore di Udine che indaga sulla vicenda e ha firmato le 40 pagine d’accusa – i lavori per l’eliminazione dei fanghi inquinanti (“un falso presupposto”), in questi dieci anni – ecco l’ulteriore beffa – hanno provocato, a loro volta, seri danni alla laguna. “Sia alla morfologia che all’ecosistema”. Per la serie: non bastava sprecare 100 milioni per non risolvere un problema; bisognava anche aggravarlo.
Un pasticcio all’italiana. Con tutti gli ingredienti al loro posto e qualche chicca…
Per esempio l’immancabile cognato (indagato) di Bertolaso, quel Francesco Piermarini esperto di cinema ma anche di bonifiche, ma forse più di cinema se dopo il flop della Maddalena (72 milioni per ripulire i fondali che però sono ancora pieni di idrocarburi) l’hanno imbarcato (47mila euro) anche in questa folle operazione nell’Alto Adriatico finita nella maxi-inchiesta della procura di Udine. L’hanno chiamata, non a caso, “finta emergenza del Sin” (sito inquinato di interesse nazionale, la laguna appunto). In origine è lo stabilimento Caffaro di Torviscosa. La Caffaro sta alla chimica come l’Ilva sta all’acciaieria. Fondata nel 1938 alla presenza di Mussolini come sede produttiva del gruppo “Snia Viscosa”, più di 25mila tonnellate di prodotti venduti ogni anno. Adesso l’azienda è chiusa (il gruppo Snia è in amministrazione straordinaria). Per anni, però, la Caffaro ha sputato veleno. Fango al mercurio trascinato in laguna dai fiumi Aussa e Corno. Il risultato è che lo specchio d’acqua antistante lo stabilimento si è riempito di metalli. I canali (cinque) si sono intasati rendendo sempre più difficile la navigazione e mandando su tutte le furie le marinerie di Aprilia Marittima (si costituiranno parte civile assieme a Caffaro). “Era chiaro fin da subito che l’inquinamento riguardava solo una minima parte della laguna di Grado e Marano – osserva il pm Del Tedesco – . Ma qualcuno ne ha approfittato”.
È il 2001, iniziano le sorprese. La commissione fanghi nominata dalla Regione deposita un progetto definitivo per i drenaggi di tutti i canali. Lo studio viene consegnato il 28 febbraio 2002. Resterà nel cassetto per dieci anni. Due giorni fa la Guardia di finanza di Udine va a prenderlo a Trieste negli uffici della Regione. Una scoperta “interessante”. Per due motivi: primo, il 3 maggio del 2002 – tre mesi dopo il deposito della ricerca – il ministero dell’Interno decreta lo stato di emergenza. Che manda il progetto in soffitta. Secondo: il piano “dimenticato” dalla Regione (quanto è costato?) prevedeva di rimettere i fanghi tolti dai canali in laguna (come si fa dai tempi della Serenissima) e non certo, come si è deciso dopo, di portarli a Trieste o a Venezia, o stoccarli come rifiuti speciali in vasche di colmata che cadono a pezzi. Perché si sono scordati del progetto? La risposta ce l’hanno i magistrati. “Hanno voluto e poi cavalcato lo stato di emergenza per abbuffarsi di incarichi, consulenze, nomine, poltrone “. Un valzer costato 100 milioni in dieci anni. I commissari che si avvicendano sono tre. Il primo (giugno 2002) è Paolo Ciani, consigliere e segretario regionale di Fli, già assessore all’ambiente.
In Regione, e infine a Gianni Menchini, geologo vicino all’assessore pidiellino Riccardo Riccardi.
L’anno scorso il premier Monti, d’accordo col ministro Corrado Clini e con il nuovo capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, decide che può bastare: stop al commissario della laguna. I fari della magistratura sono già accessi. Il prosciugamento del denaro pubblico è iniziato con le analisi dei fanghi. Costate 4 milioni, si rivelano inutili perché mai validate da nessun organismo pubblico. I carotaggi vengono affidati alla Nautilus, un’azienda calabrese all’epoca sprovvista del certificato antimafia. Poi arrivano gli altri “investimenti”. Gettati, è il caso di dire, nel fango. Vasche di raccolta e palancole (paratie di ferro) garantite 64 anni che a distanza di sei anni stanno crollando (il metallo si sbriciola e inquina la laguna). I commissari ottengono strutture da 30 persone, gli stipendi schizzano da 5 a 11mila euro al mese. Una bengodi per tecnici e soggetti attuatori.
Una piccola Maddalena, con la sua cricca. Persino grottesche alcune iniziative messe in campo: dopo il decreto dello stato di emergenza per inquinamento ambientale, all’Università viene commissionato uno studio di fattibilità per installare un’attività di allevamento di molluschi nella stessa laguna. In tutto questo non può mancare la ciliegia sulla torta: al netto dei 100 milioni spesi, l’area Caffaro – secondo alcuni l’unica inquinata, secondo altri l’epicentro della presunta pandemia dell’intera laguna (1600 ettari) – , non è stata mai bonificata. È il colmo. La giunta regionale tace. Sulla vicenda l’unica a martellare è l’emittente televisiva locale “Triveneta”. Intanto i magistrati vanno avanti. Malata curabile, immaginaria o terminale, per la laguna gli orizzonti sono sempre meno blu.
(25 agosto 2012)
Petrolio/ Esplode raffineria in Venezuela 26 morti tra cui un bambino
Marzo 17th, 2017 — General, Petrolio
Oltre 50 i feriti. L’incidente forse provocato dall’esplosione di un serbatorio della benzina. La Amuay, che produce 645mila barili di greggio al giorno, è parte del Paraguana Refining Center, uno dei complessi di raffinazione più grandi al mondo
La raffineria di Amuay, che si trova a 350 chilometri da Caracas, produce 645mila barili di greggio al giorno ed è parte del Paraguana Refining Center, uno dei complessi di raffinerie più grandi al mondo, con una capacità complessiva di 955 mila barili al giorno.
Ecologia Sociale/ Conferenza Dibattito ad Udine 31 agosto
Marzo 17th, 2017 — Ecologia Sociale, General
![]() Il mutualismo, l’auto-organizzazione, la libertà e la soggettività — sottese dai principi ecologici di unità nella diversità, di spontaneità, di relazioni non-gerarchiche — sono perciò fini in sé. A parte le responsabilità ecologiche che questi fini attribuiscono alla nostra specie in quanto voce autoriflessiva della natura, essi letteralmente ci definiscono.
La natura non esiste per il nostro uso, essa semplicemente legittima ecologicamente noi e la nostra unicità.
Come il concetto di “essere”, questi principi dell’ecologia sociale non hanno bisogno di spiegazioni, solo di verifiche. Sono elementi di una ontologia etica, non regole di un gioco che possono essere cambiate per adeguarsi alle esigenze personali
Bookchin L’ecologia della lIbertà pag, 532
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Foto e report “Tepee in Tal Parco” 2012
Marzo 17th, 2017 — General, Gruppo Ecologia Sociale
La festa è durata solo due giorni in quanto le previsioni meteorologiche per domenica 26 agosto erano pessime. Infatti, anche se la zona è stata risparmiata da eventi estremi, la pioggia (per fortuna, bisogna anche dirlo), è poi arrivata.
La festa è riuscita molto bene, da tutti i punti di vista. Hanno girato più di mille persone fra il venerdì e il sabato, fra cui molti giovani, che hanno potuto conoscere per la prima volta, ed apprezzare, la singolare caratteristica della “fieste dai indians”, che non si commercializza e non si addatta a logiche opportuniste.
Possiamo dire che la festa, basata sulla convivialità e la completa autogestione di tutte le fasi organizzative e di svolgimento, ha ripreso la sua forza originaria, aggiungendo alle sue caratteristiche, una maggiore maturità, anche politica.
Quindi nel ventennale dalla sua apparizione, (l’origine è stato un evento contro le colombiadi nel 1992, nei 500 anni dell’inizio della colonizzazione europea delle americhe), possiamo dire che questa iniziativa riparte con forza, dopo aver superato una fase di crisi acuta determinata dalle più svariate ragioni. Adesso “Tepee in Tal Parco” ha nuove gambe per camminare, nel lungo percorso contro il colonialismo, la globalizzazione e una crisi economica feroce, ma anche pilotata, del capitalismo globale, nel tentativo di riportare indietro le lancette della storia.
L’autogestione, l’ecologia e la “Modern Crisis”
L’autogestione è la risposta, pratica e reale, come base dei movimenti futuri che si troveranno ad affrontare una crisi globale e devastante, già ben evidente ora, ma che sarà sempre più pesante nei prossimi anni.
L’autogestione non è un gioco e non può essere parziale, coprire cioè solo gli aspetti più convenienti politicamente o ludicamente, ma deve essere, in linea di tendenza, completa, nei contenuti e nei metodi, se vuole assumersi l’onere di tutti i problemi che porta con sè una prospettiva di autogestione integrale e e generalizzata della società.
L’autogestione deve essere il laboratorio pratico per imparare a fare le cose, per il superamento della sensibilità gerarchica e competitiva che caratterizza la vita sociale ed anche, molto spesso, le organizzazioni, che, a parole, dicono di porsi come alternativa al sistema capitalista ed autoritario, ma, nella realtà, ne riproducono i tratti più profondi.
L’autogestione non è un’ideologia, è un’ ontologia etica, è un modo di essere che si misura nella pratica di lotta ed autoorganizzazione: un desiderio del presente, ma anche una necessità del futuro, quindi è un’arte da imparare e diffondere perchè è l’indispensabile metodo che ci può dare una speranza per il futuro della vita sociale in un pianeta sfruttato e devastato.
L’ecologia. I temi della festa sono, come si vede dalle scenografie: aria, acqua, terra e fuoco, organizzati sotto il principio che “non si vendono”; cioè le “strutture a supporto della vita” che la natura mette a disposizione degli abitanti del pianeta devono essere sottratte alla logica economica del capitalismo, della proprietà privata e dello sfruttamento intensivo, per lasciar sviluppare un usufrutto sostenibile e collettivo dei beni naturali.
La “Modern Crisis”. Il momento storico alla fine è arrivato. Il problema di questo secolo è finalmente quello di riuscire a sradicare il Capitalismo e lo Stato e più in generale la logica di dominio, e costruire una società libertaria, ecologica ed autogestita. Ci si misura su questa sfida e non su banalizzazioni come quella dei “beni comuni”, che significano tutto e niente (e quindi niente!). Questo sistema è destinato a crollare e ciò avverrà entro questo secolo, ma la sfida è veramente enorme e bisogna prepararsi e preparare le future generazioni, ad affrontarla.
Perchè Indiani?
Il significato di essere indiani è anche quello di optare per la semplicità massima della organizzazione sociale e di valorizzare, le possibilità di autosufficienza che si riescono ancora ad individuare nell’attuale fase di sempre maggior espropriazione degli elementi basilari della vita da parte del sistema di dominio. La semplicità quindi è anche un’arma strategica, perchè aumenta il grado di indipendenza dai vincoli e dai ricatti del sistema. L’abbinamento No Tav/Indiani è risultato naturale anche in Valsusa, il problema è non farsi rinchiudere in riserve, o addirittura rinchiudersi da soli in una logica eccessivamente localista. Agire a livello locale è oramai un criterio di legittimità politica nel senso che lo si deve fare, bisogna radicarsi nei territori, ma poi il “pensare globale” non è una cosa che viene da sè, il pensiero globale, olistico, va continuamente rielaborato e deve essere un’opera collettiva. Invece siamo di fronte ad un pensiero riduzionista localizzato, segmentato, frazionato, sclerotizzato e per di più con la presunzione di applicarlo globalmente a tutto il mondo. No Grazie.
Per concludere, il logo della festa, anche quest’anno è stato l’indiano che impugna la bandiera No Tav, in perfetta sintonia con il principio di Cavallo Pazzo “No si vent le tiare dulà cal cjamine un Popul”, ed in sostegno alla lotta contro l’opera più inutile, mafiosa e devastante mai programmata ed imposta in Italia. Ripeto, come ho avuto modo di affermare in molte altre occasioni, che diffondere la tematica del No Tav è un percorso molto difficile e quindi la familiarizzazione con le bandiere No Tav ad iniziative come questa è molto importante.
26 agosto 2012 De Toni Paolo
Monfalcone/ solo carbone per la centrale A2a
Marzo 17th, 2017 — Bio-carburanti, General
da Il Piccolo del 27 agosto 2012 –Pagina 14 – Gorizia-Monfalcone
A2A studia un futuro legato al carbone Costerà 800 milioni
Si deciderà in autunno. Sopralluoghi per la nuova ferrovia Si punta anche ai rifiuti trattati. Tecnologie anti-inquinanti
CENTRALE»PROGETTI E INVESTIMENTI
di Giulio Garau Niente più gruppi ad olio, potrebbero essere dismessi definitivamente e il passaggio degli impianti, dopo una profonda e sofisticata ristrutturazione con nuove tecnologie, all’alimentazione al carbone “pulito” di tipo fossile e forse a una nuova tipologia di “scarti” che si ottengono con un trattamento sperimentale di certi rifiuti riciclabili. Tramonta del tutto, almeno per ora, la possibilità di alimentazione con il gas. Per ora si tratta soltanto di ipotesi per la centrale elettrica A2A di Monfalcone, ma la decisione per questo futuro è molto vicina, sarà presa in autunno e questo progetto di rilancio, o meglio di re-vamping della vecchia centrale vale almeno 800 milioni di euro di investimento. «Non è stato deciso ancora nulla, si tratta ancora di ipotesi, bisogna attendere l’approvazione dei vertici», fanno sapere da A2A anche se sul fronte monfalconese il gruppo energetico si è già mosso con valutazioni tecniche approfondite che riguardano l’approvvigionamento della centrale con il carbone. Lo conferma lo stesso Consorzio industriale di Monfalcone. «A2A sta valutando la possibilità di recuperare la vecchia ferrovia che collega la centrale e che in parte è stata dismessa togliendo alcuni binari – fa sapere il direttore, Gianpaolo Fontana -. I tecnici hanno eseguito un sopralluogo per recuperare il tratto che dalla centrale finisce al bivio di via Solvay per garantire l’approvvigionamento di carbone alla centrale sia via mare che via terra con carri merci dedicati». Si tratta di un binario lungo circa un chilometro e su cui dovranno essere fatti investimenti e bisognerà anche stringere accordi commerciali con le Ferrovie sui treni blocco, sempre che non scoppi la guerra tra i Consorzi e le Fs sulla gestione sempre più onerosa dei raccordi collegati alla rete ferroviaria nazionale. Dismissione completa dei vecchi gruppi a olio e passaggio, completo, al carbone fossile di vario tipo e soprattutto di diverse miscelature e diverso valore energetico. Questo a quanto si sa il futuro della centrale elettrica di Monfalcone che dovrebbe essere ristrutturata con un forte investimento (800 milioni appunto) per garantire all’impianto di poter avere un bassissimo impatto ambientale. È il famoso “carbone pulito” di cui si parla, una risorsa fossile presente in abbondanza nel mondo e che garantisce alle centrali di non sottostare alle politiche di “cartello” dei vari giganti del petrolio, ma anche del gas. Fin qui la parte tradizionale, ma c’è anche una seconda parte. Per Monfalcone si starebbe studiando di applicare una avanzatissima tecnologia, su cui sta lavorando con approfondite ricerche A2A, che prevede di utilizzare una particolarte tipologia di rifiuti già trattati che derivano dalla raccolta differenziata e che vengono tramutati in una materia che non più un rifiuto. Una ricerca che va sulla scia di quella che riguarda gli impianti sperimentali per trasformare in sale le ceneri dell’incenertitore che brucia i rifiuti. L’idea (riguarda per ora Buffalora nel Bresciano) è quella di tentare di trattare le ceneri in casa piuttosto che in Germania dove vengono mandate ma la cui trasformazione costa ben 130 euro a tonnellata.
REPRESSIONE/ Arrestato il compagno Massimo Passamani
Marzo 17th, 2017 — Complotti, General
Trentino – Operazione repressiva, arrestato Massimo Passamani
All’alba del 27 agosto 2012, prosegue l’offensiva estiva contro il movimento anarchico. Le informazioni sono ancora poche, ma si parla di 43 indagati per associazione sovversiva (270bis) e diverse perquisizioni principalmente tra Trento e Rovereto, tra cui lo spazio El Tavan. Una compagna, Daniela, è stata messa agli arresti domiciliari, mentre un compagno, Massimo, è stato tratto in arresto presso il carcere di Tolmezzo.
Per scrivere al compagno:
Massimo Passamani
C.C. di Tolmezzo
via Paluzza, 77 – 33028 Tolmezzo (UD)
Solidarietà con le compagni e i compagni perquisiti e indagati, Massimo e Daniela liberi!
Seguiranno aggiornamenti
Lun, 27/08/2012 – 10:08
Trento, operazione della Digos: due arresti tra gli anarchici, dieci perquisizioni domiciliari
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Blitz della Digos: arrestati due anarchici, perquisiti i centri
Oltre 10mila le intercettazioni ambientali effettuate e passate al vaglio, 92mila le ore di riprese video analizzate,148.990 i contatti telefonici, 18.000 le comunicazioni telematiche intercettate

Massimo Passamani
Massimo Passamani, storico leader degli anarchici roveretani, è stato arrestato con l’accusa di associazione eversiva questa notte dalla Digos di Trento nel corso di un’operazione condotta dalla Direzione centrale di prevenzione della polizia di Stato. Passamani, la cui “attività anche in val di Susa”, si spiega in una nota, “ha destato allarme ed attenzione”, è ora rinchiuso nel carcere di Spini di Gardolo. Nell’operazione è stata arrestata anche un’altra militante del movimento anarchico. Daniela Battisti, 35enne a cui il gip ha però concesso gli arresti domiciliari. Sono state anche effettuate delle perquisizioni in due centri a Trento e Rovereto, oltre che in dieci abitazioni di altrettante persone ritenute dagli inqurenti vicine al movimento. Durante il blitz sono anche stati sequestrati oggetti, documenti e materiale informatico “di interesse investigativo”,
Il procuratore della Repubblica di Trento Giuliano Amato tiene a precisare che questa operazione non è stata condotta al fine di reprimere un’ ideologia, ma “quando un messaggio ideologico si trasforma in qualcosa di violento che va contro la legge, la questione si sposta sul piano penale e va quindi contrastata”. Dello stesso avviso è anche il questore Jacobone: “tutti possono esercitare il diritto costituzionale di manifestare e portare il proprio dissenso in piazza, ma nella legalità”
Le indagini sono state condotte dalla Digos che ha tenuto sotto controllo il G.A.I.T. (gruppo anarchico insurrezionalista trentino) Gli episodi contestati sono 28, si va dagli attentati contri i ripetitori Vodafone e Wind, ai cavi tesi lungo la ferrovia per disturbare il passaggio del Frecciargento durante la festa della sicurezza a Rovereto il 12 aprile 2012, ai danneggiamenti di mezzi dell’ esercito, Polfer e Trenitalia. Vandalismi a sportelli bancari, situazioni di conflitto tra anarchici e forze dell’ordine durante lo sgombero dell’ Assillo Occupato di via Manzoni, fino alle azioni di disturbo commesse fuori provincia, in Val di Susa, a Roma e in Grecia. In totale gli indagati sono 43, otto di loro sono i leader del gruppo. Nel corso delle perquisizioni, una decina, sono stati sequestrati bastoni, coltelli, maschere antigas, caschi ed un computer. Nessuno degli oggetti sequestrati è stato trovato nelle abitazioni delle due persone arrestate. Ispezionate anche le sedi degli anarchici a Rovereto e a Trento, in via San Martino. La perquisizione ha richiesto l’ impiego di cinquanta uomini tra Questura di Trento e commissariato di Rovereto
I numeri: oltre 10mila le intercettazioni ambientali effettuate e passate al vaglio, 92mila le ore di riprese video analizzate,148.990 i contatti telefonici, 18.000 le comunicazioni telematiche intercettate, 80 gli eventi giudiziari presi in considerazione di cui 28 sono stati considerati nell’ ambito di questo procedimento. Le indagini sono iniziate il 6 Ottobre 2009 e hanno avuto termine il 21 agosto 2012.
Passamani ha alle spalle una lunghissima militanza: una coerenza portata avanti dagli anni Novanta, quando era poco più che ventenne, sia per le prese di posizione a favore di un gruppo di anarchici arrestati sul Garda e poi condannati per essere gli autori di alcune rapine in Trentino, sia per la contrarietà alla leva militare (allora obbligatoria). Scappato in Francia per sfuggire a un mandato di cattura in seguito a un’indagine dei Ros, venne arrestato perché sorpreso con documenti falsi, detenuto alla Santè di Parigi e poi rilasciato dopo che le accuse si rivelarono del tutto infondate. Tornato a Rovereto, è diventato il riferimento delle battaglie politiche del movimento anarchico, di cui diffonde le idee anche attraverso interventi sulle riviste anarchiche diffuse nel mondo.
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Nel 2050 tutti vegetariani per necessità
Marzo 17th, 2017 — General, Notizie flash
Iniziative contro la repressione e l’arresto di Passamani
Marzo 17th, 2017 — Complotti, General
Appello alla mobilitazione
Contro la repressione del Movimento No Tav, che si batte per una causa giustissima e si trova di fronte la congiura Stato-Banche-Mafia, sono in preparazione da parte del Comitato No Tav Udine
1. un volantinaggio per lunedì 3 settembre a Tolmezzo dalla 10.00 alle 13.00 al mercato
2. un presidio per sabato 8 settembre davanti al carcere di Tolmezzo dalle 16.00 alle 19.30
Ulteriori info nei prossimi giorni
Si ricorda che il Comitato No Tav Udine adotta come unico simbolo di rappresentazione politica la bandiera No Tav
La scelta di Tolmezzo è ovviamente dovuta al fatto che in quel carcere di massima sicurezza è stato incarcerato il compagno Massimo Passamani