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CIE DI GRADISCA: buona notiza, assolti 9 reclusi!

Dal Piccolo del 11/02/13

Danneggiamenti al Cie, 9 assoluzioni

 

GRADISCA Dopo cinque udienze, alcune rinviate, nove immigrati nordafricani (otto marocchini e un egiziano), ospiti del Cie, sono stati assolti dall’imputazione di danneggiamento aggravato per non aver commesso il fatto. L’episodio incriminato era accaduto nell’agosto del 2009 nel centro immigrati di via Udine. Forse dell’ordine avevano scoperto, a circa 2 metri da terra, un foro del diametro di 50 centimetri che permetteva di arrivare al sottotetto della struttura. Foro che era occultato con dei fogli di giornale. Era il periodo di continue evasioni dal Cie e anche di vari danneggiamenti provocati dagli immigrati proprio per cercare di fuggire. E il foro era stato realizzato proprio per agevolare la fuga degli immigrati. Le indagini condotte dalla polizia aveva portato alla denuncia dei nove immigrati, che erano stati poi rinviati a giudizio per danneggiamento aggravato dal fatto di aver agito su un edificio pubblico. Ma le deposizione rese dai testimoni nelle varie udienze non hanno chiarito se erano stati gli imputati – su tre di questi sono emersi forti dubbi sulla loro identificazione – a compiere i danneggiamenti. Proprio puntando sull’incertezza delle accuse i difensori degli imputati – gli avvocati Elena De Luca e Marzia Como dello studio legale Marchiori – hanno sostenuto l’insussistenza di prove sufficienti alla condanna, in primis esistendo seri dubbi sulla corretta identificazione di diversi imputati. Argomentazione che sono state accolte dal giudice monocratico Raffaele Russo, che ha assolto tutti gli imputati per non aver commesso il fatto. Il pm Laura Santagiuliano aveva chiesto pene varianti da un anno e 3 mesi a un anno e un mese. (fra. fem.)

Gradisca: sciopero al CIE

da Il Piccolo del 26 febbraio 2014

Ritardi negli stipendi, a Gradisca il Cie sciopera

L’astensione dal lavoro è stata fissata pe ril prossimo 7 marzo

 

altGRADISCA. Ritardi negli stipendi, si va verso un clamoroso sciopero dei dipendenti del Cie/Cara di Gradisca. I lavoratori del doppio centro immigrati isontino hanno proclamato per venerdì 7 marzo una giornata di sciopero con presidio davanti alla sede della Prefettura di Gorizia.

La decisione è stata presa nel corso di una riunione indetta ieri dalle tre principali sigle sindacali (Cgil Funzione Pubblica, Fisascat Cisl, Uil Fpl), nella quale è emersa in tutta la sua drammaticità non soltanto la situazione dei dipendenti del consorzio siciliano Connecting People e dei liberi professionisti (medici e infermieri), ma anche un probabile collasso della struttura stessa, gestita da una cooperativa a un passo dal crac. I lavoratori e le lavoratrici del consorzio Connecting People impiegati al Cara e al Cie (attualmente chiuso per ristrutturazione) sono nuovamente senza stipendio dal novembre del 2013.

Risale alla fine di dicembre scorso l’ultima erogazione dei salari: già allora le mensilità arretrate erano 4, e solo dopo una lunga trattativa i sindacati erano riusciti ad ottenere che le spettanze fossero liquidate direttamente dalla Prefettura (senza che il denaro passasse dunque attraverso l’ente gestore), seppure nella misura del 80%. A seguito dell’ennesima rivolta che a novembre ha portato alla chiusura del Cie, i dipendenti di quella struttura sono in Cassa integrazione in deroga fino al 31 marzo. Ad oggi i lavoratori non hanno percepito lo stipendio di novembre, dicembre e la tredicesima 2013, oltre a quelli di gennaio e febbraio di quest’anno. Sono dunque cinque le mensilità pregresse.

Medici e infermieri a partita Iva non vedono un soldo addirittura da 10 mesi e ieri hanno esposto dei cartelli di protesta al di fuori dell’ex Polonio. Come mai la Prefettura non ha proseguito nell’erogazione diretta dei salari, bypassando Connecting? Il procedimento, è stato spiegato, è stato sospeso per la sopraggiunta ingiunzione di una ditta creditrice nei confronti del consorzio, la Serenissima ristorazione, che forniva i pasti al Cie/Cara.

L’ufficio territoriale del governo, in sostanza, ha congelato i pagamenti come forma di autotutela. Quella fra Prefettura e Connecting People è la storia di un rapporto controverso, sfociato in un processo che vede imputati alcuni funzionari per truffa ed esponenti della coop siciliana per associazione a delinquere. Con il procedimento ancora in corso, ente governativo e coop siciliana sono legate l’una all’altra mani e piedi pur non essendosi mai amate. E l’incubo per i lavoratori si è dunque rinnovato. Di certo la situazione ora sta diventando insostenibile.

Gradisca: protesta degli “ospiti” del CARA

Omettiamo il commento triviale di Fedriga.

 

dal Messaggero Veneto del 27 febbraio 2014

Gli ospiti del Cie di Gradisca hanno bloccato la Sr 305 FOTO

Un centinaio di immigarti di origine africana si sono anche distesi sull’asfalto. La manifestazione è durata due ore. Dura nota di Fedriga (Lega)

GORIZIA. Un centinaio di immigrati di origine africana, ospitato nelle strutture del Cara di Gradisca d’Isonzo ha bloccato stamani per due ore la Strada regionale 305 all’altezza della rotatoria sul ponte sul fiume Isonzo.

Gli stranieri, che si sono anche distesi sull’asfalto per impedire il transito delle automobili, hanno protestato per le condizioni di vita all’interno del centro e per le normative sull’immigrazione.

Dopo due ore la situazione è tornata alla normalità. L’area è stata presidiata dalle forze dell’ordine.

[…]

 

 

dal Messaggero Veneto del 28 febbraio 2014

Statale bloccata per protesta a Gradisca d’Isonzo, 77 denunciati Foto

Gli ospiti del Cara avevano bloccato la regionale 305 per due ore distendendosi sull’asfalto

GRADISCA D’ISONZO. Sono stati denunciati per interruzione di pubblico servizio i 77 immigrati africani ospiti del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Gradisca d’Isonzo, che avevano bloccato per due ore la strada regionale 305 per protestare contro le condizioni di permanenza all’interno del centro.

A guidare la protesta due nigeriani, un ghanese e un guineano, individuati come promotori dell’iniziativa e per questo motivo denunciati per mancato preavviso di pubblica manifestazione.

CIE-CARA DI GRADISCA: aggiornamenti del 02 e 05 marzo

Dal Piccolo

05/03/14

Dipendenti Cie senza stipendio sospeso lo sciopero di venerdì

di Luigi Muciano GRADISCA Si apre uno spiraglio per la sorte dei dipendenti del Cie/Cara di Gradisca senza stipendio da cinque mesi. Lo sciopero ad oltranza annunciato a partire da venerdi è stato ufficialmente sospeso nelle ultime ore, dopo che dalla Prefettura sono giunte alcune rassicurazioni sullo sblocco della liquidità per le mensilità spettanti ai lavoratori. Non solo. Anche la delicata situazione del personale sanitario, che ieri aveva manifestato l’intenzione di dimettersi in blocco (medico e infermieri, liberi professionisti a partita Iva, non vedono evase le proprie fatture addirittura da 10 mesi), sembra vicina a una svolta positiva, con le rassicurazioni arrivate dal Prefetto anche a questa categoria di operatori. Alla base dell’infinita vicenda-stipendi vi sono i gravi problemi di liquidità dell’ente gestore, il consorzio siciliano Connecting People. Lunedi è stato fatto il punto della situazione nel corso di un vertice tenutosi al Palazzo del Governo fra il Prefetto di Gorizia, Vittorio Zappalorto, il viceprefetto vicario, Gloria Allegretto, e le organizzazioni sindacali. Il Prefetto ha informato che Connectig People ha richiesto, presso il Tribunale di Trapani, un concordato in bianco, pubblicato l’8 febbraio, che prevede da parte del Giudice il blocco di tutti i pagamenti e delle ingiunzioni di pagamento fino a risoluzione dell’istruttoria. La Prefettura si è rivolta all’Avvocatura dello Stato per comprendere se esista la possibilità di effettuare il pagamento degli arretrati: novembre, dicembre, tredicesima, gennaio (per i quali i fondi e i mandati di pagamento erano già disponibili a gennaio) e se esista la possibilità per la Prefettura di effettuare, in seguito, il pagamento diretto delle retribuzioni sostituendosi a Connecting. Stando a quanto emerso nelle ultime ore, la risposta dell’Avvocatura dello Stato sarebbe stata positiva. Di qui la decisione delle organizzazioni sindacali di sospendere lo sciopero in attesa di un documento scritto che fornisca le opportune rassicurazioni sulla percorribilità dell’iter. «Nonostante ciò – precisano i sindacati – la Prefettura ha dichiarato di non aver nulla in contrario a mantenere la convenzione con Connecting People, previa rimodulazione dell’accordo». Prefettura che è stata ufficialmente informata anche del fatto che le forniture del materiale per la sanificazione degli ambienti, per l’igiene degli ospiti e per i medicinali e il materiale sanitario si stanno pericolosamente esaurendo, rendendo nuovamente precaria la sicurezza all’interno dell’istituto. «Restiamo stupiti e fortemente in disaccordo con la decisione della Prefettura di voler continuare la convenzione con Connecting People – concludono i sindacati – D’ora in avanti riconosceremo la sola Prefettura come unico interlocutore per le trattative e qualsiasi problematica riguardante i dipendenti».

 

02/03/14

Finisce in cella a Viterbo una delle menti della rivolta

di Luigi Murciano GRADISCA È stato arrestato uno dei protagonisti delle rivolte scoppiate la scorsa estate all’interno del Centro di identificazione e espulsione di Gradisca d’Isonzo. I gravi episodi di danneggiamento della struttura isontina di identificazione ed espulsione, accaduti nei mesi di agosto e settembre scorsi e culminati nella chiusura per inagibilità della struttura stessa, hanno portato ieri ad un ulteriore arresto: quello di un algerino di 35 anni, rintracciato ad Orte, in provincia di Viterbo. L’uomo, che partecipò ai danneggiamenti messi in atto da una ventina di persone ritenute responsabili di danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, in particolare si era “dedicato” a rendere completamente inservibile l’impianto di allarme rompendo e dilaniando le parti metalliche di sostegno dello stesso per poi aprire un varco nella rete metallica di contenimento che impediva la salita al tetto della struttura. Assieme ad altri extracomunitari trattenuti all’interno del centro isontino era stato ritratto nelle immagini della videosorveglianza e quindi, dopo le indagini volte alla sua identificazione, nonostante si fosse abilmente camuffato il volto per rendersi irriconoscibile, a suo carico era stata richiesta l’emissione di una misura di custodia cautelare in carcere. Nella mattinata di ieri, probabilmente ignaro del provvedimento gravante a suo carico, il trentacinquenne è stato rintracciato e arrestato nella cittadina laziale dagli uomini del comando dei carabinieri. Gli autori delle rivolte dell’estate scorsa erano stati tutti identificati grazie alle indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Gorizia. In precedenza, fra ottobre e novembre, altri protagonisti dei tumulti al Cie erano stati arrestati dopo esser stati intercetatti e bloccati nei territori di Trento, Torino e Mestre.

 

Gradisca: sciopero al CARA

da Il Piccolo di DOMENICA, 9 MARZO 2014 – Pagina 52 – Gorizia-Monfalcone

I lavoratori del Cara sciopereranno il 14 marzo

GRADISCA Lo sciopero a oltranza dei lavoratori del Cie/Cara torna a essere più che una semplice eventualità. Sospeso nei giorni scorsi, dopo alcune rassicurazioni della Prefettura, ieri pomeriggio l’iniziativa è stata nuovamente proclamata – con tutti i crismi dell’ufficialità – per venerdì 14 marzo. A deciderlo è stata un’assemblea dei lavoratori, assistiti dalle principali sigle sindacali: Fp Cgil, Fisascat Cisl e Lp Uil. Le ragioni che hanno portato i dipendenti della Connecting People a proclamare nuovamente lo sciopero sono molteplici. Senza stipendio da 5 mesi – e nel caso del personale sanitario a partita Iva addirittura da 10 senza vedere evase le fatture per le proprie prestazioni professionali – i lavoratori chiedevano anzitutto che la Prefettura subentrasse in maniera definitiva e continuativa all’ente gestore nel pagamento dei salari. L’ente statale almeno per ora ha però prospettato ai sindacati una soluzione-tampone, sulla falsariga di quanto già avvenuto la scorsa estate: il pagamento (e all’80%) di tre mensilità pregresse, vale a dire novembre, dicembre e tredicesima. Questo non è bastato ai sindacati e ai lavoratori. «Siamo rimasti fermi sulla nostra posizione – spiegano -. Chiedevamo tutto il dovuto maturato dal personale, ma soprattutto una soluzione a lungo termine come il definitivo subentro alla cooperativa da parte della Prefettura, che continuiamo a ritenere l’unico interlocutore, nell’erogazione dei salari». Per ora non vi sono notizie sulla liquidazione del 20% ancora spettante ai dipendenti dalla scorsa estate e i sindacati manifestano altresì “grande perplessita’” sul fatto che il prefetto abbia fatto sapere di voler proseguire nella convenzione con Connecting People, seppure rimodulata sulla base delle attuali esigenze logistiche del Cie/Cara.

Comunicato della Tenda della Pace sugli arresti per le rivolte al CIE di Gradisca

Detenzione discrezionale, condizioni igieniche indecenti, uso (e abuso) di un potere esercitato tramite manganelli e lacrimogeni, somministrazione sistematica di psicofarmaci, violazioni dei diritti umani.
 
Questo è stato per anni il CIE di Gradisca d’Isonzo, situazioni denunciate da avvocati, medici, giornalisti, associazioni ma anche commissioni governative e decine di parlamentari.
 
Per tutto questo nessuno ha pagato.
 
Nessuna indagine è mai stata aperta.
 
Evidentemente per qualcuno l’esistenza di un mostro simile sul territorio italiano è da considerarsi normale, un elemento imprescindibile per le leggi di criminalizzazione degli esseri umani.
 
A distanza di mesi dalla sua chiusura, che ci auguriamo sia definitiva, gli unici che stanno pagando un prezzo altissimo, la propria libertà, sono coloro accusati di aver danneggiato quel mostro che in un groviglio di reti e sbarre metalliche negava loro anche di poter vedere il cielo.
 
Un consigliere regionale del Partito Democratico, riferendosi agli incendi che hanno portato alla chiusura del CIE, aveva pubblicamente dichiarato: “Hanno fatto quello che avremmo dovuto fare noi con altri sistemi, ma per loro quella era l’unica possibilità”
 
Una tesi che trova riscontro anche nella giurisprudenza, viste alcune sentenze che riconoscono come difesa personale il ribellarsi all’interno dei CIE (la prima fu del Tribunale di Crotone nel 2012).
 
A pagare in questo momento sono coloro che, nei tragici giorni estivi del CIE di Gradisca, sono accusati di aver rotto le reti che circondano il centro per salire il tetto e comunicare con l’esterno.
 
Sono cinque le persone accusate di aver danneggiato la struttura, quattro le persone attualmente soggette a un provvedimento di custodia cautelare che si protrarrà fino alla fine delle indagini:
 
I. e S. sono in carcere da ottobre. Sei mesi per aver rotto un plexiglass e qualche pezzo di ferro.
 
Tra il 4 e il 5 marzo altre due persone sono state arrestate e si trovano attualmente in stato di detenzione con la medesima accusa. Probabilmente pensavano che l’incubo fosse finito, ignorando di aver a che fare con una giustizia che diventa improvvisamente solerte quando deve difendere plexiglass, reti metalliche e sistemi d’allarme.
 
Noi da quella giustizia invece non abbiamo mai avuto risposte.
 
Non sappiamo per esempio se qualcuno ha mai indagato cio’ che davvero accadde la notte che Majid cadde dal tetto del CIE, nell’agosto 2013. Majid è in coma da più di sei mesi, e l’unica reazione davvero solerte che abbiamo riscontrato è stata quella di tentare di impedire ai suoi cugini, arrivati da un’altra regione italiana dove risiedono da più di 10 anni, di vederlo. “L’ispettore del CIE dice che nessuno può entrare a vederlo, nemmeno i parenti, è un caso riservato” ci dissero i medici dell’Ospedale di Cattinara (Trieste)
 
Non sappiamo neanche che ne sia stato di Radouane, che per fuggire dal CIE di Gradisca nel 2012 saltò da quel maledetto tetto rompendosi entrambi i talloni. Due settimane di ospedale, e poi di nuovo nella bocca del mostro, a muoversi con le stampelle in una struttura certamente non pensata per i disabili. “Non avrei dovuto saltare – ci disse – il muro era alto, ma io avevo preso molti psicofarmaci e non me ne sono reso conto.”
 
Non sappiamo se qualcuno si sia mai posto il problema di capire perché, per sedare queste “illegittime” rivolte, si sia pensato di far cadere piogge di lacrimogeni su persone intrappolate dentro a delle gabbie; non ci risulta sia normale, nemmeno in un paese come il nostro.
 
Non sappiamo infine se qualcuno, nelle alte sfere, si sia mai domandato se e’ normale non evacuare un edificio dato ripetutamente alle fiamme per cinque giorni, forse la punizione per aver appiccato quell’incendio e’ stata rimanere la’, in mezzo al fumo e alla cenere, fino alla fine.
 
Non sappiamo se qualcuno abbia mai indagato sui pestaggi denunciati per anni dai migranti, non sappiamo se chi prescrive misure di custodia cautelari per i migranti “ribelli” sia al corrente del fatto che in tanti, pur di fuggire da quel garbuglio di reti, gabbie e burocrazia hanno martoriato i propri corpi con ferite autoinferte, inghiottendo lamette, batterie, e tutto quel poco che era loro concesso tenere con se’ (persino i libri, la’ dentro, erano considerati pericolosi perche’ infiammabili).
 
Ma forse abbiamo sbagliato tutto, e dobbiamo solo essere riconoscenti ad una giustizia rimasta silente per anni perche’ non c’era niente di strano in questa storia fatta di sangue e privazioni, mentre invece questa ridicola caccia all’uomo contro i distruttori di plexiglass va portata avanti fino alla fine.
 
Cio’ che ci auguriamo e’ che gli echi di quella sentenza che a Crotone scosse le fondamenta del sistema CIE, il 12 dicembre 2012, arrivino finalmente anche a Gorizia. Forse allora ci sara’ qualcosa di cui parlare.
 
Tenda per la pace e i Diritti-monfalcone
 
Dal Piccolo

13/03/14

«Distruggere il Cie è legittima difesa»

 

GRADISCA «Gli immigrati sono gli unici che stanno pagando per il fallimento del sistema-Cie». È la presa di posizione dell’associazione antirazzista Tenda per la Pace ed i diritti, che esterna la propria indignazione a seguito degli arresti di alcuni ospiti ritenuti responsabili dei danneggiamenti alla Cie di Gradisca, attualmente chiusa per ristrutturazione proprio a seguito degli incidenti che l’hanno resa inagibile. «Detenzione discrezionale, condizioni igieniche indecenti, uso (e abuso) di un potere esercitato tramite manganelli e lacrimogeni, somministrazione sistematica di psicofarmaci, violazioni dei diritti umani. Questo – è il parere di Tenda per la Pace – è stato per anni il Cie di Gradisca. Per tutto questo nessuno ha pagato. Nessuna indagine è mai stata aperta». Secondo l’associazione isontina «a distanza di mesi dalla sua chiusura, che ci auguriamo sia definitiva, gli unici che stanno pagando un prezzo altissimo, la propria libertà, sono coloro accusati di aver danneggiato quel mostro che in un groviglio di reti e sbarre metalliche negava loro anche di poter vedere il cielo. Un consigliere regionale del Pd, riferendosi agli incendi che hanno portato alla chiusura del Cie, aveva dichiarato: “Hanno fatto quello che avremmo dovuto fare noi con altri sistemi, ma per loro quella era l’unica possibilità”. Una tesi che trova riscontro anche nella giurisprudenza, viste alcune sentenze che riconoscono come difesa personale il ribellarsi all’interno dei Cie». Sono cinque le persone accusate di aver danneggiato la struttura, quattro le persone attualmente soggette a un provvedimento di custodia cautelare che si protrarrà fino alla fine delle indagini. Tra il 4 e il 5 marzo altre due persone sono state arrestate e si trovano attualmente in stato di detenzione con la medesima accusa. «Probabilmente pensavano che l’incubo fosse finito, ignorando di aver a che fare con una giustizia che diventa improvvisamente solerte quando deve difendere plexiglass, reti metalliche e sistemi d’allarme. Noi da quella giustizia invece non abbiamo mai avuto risposte: non sappiamo per esempio se qualcuno ha mai indagato ciò che davvero accadde la notte che Majid cadde dal tetto del Cie, nell’agosto 2013. Majid è in coma da più di sei mesi, e l’unica reazione davvero solerte che abbiamo riscontrato è stata quella di tentare di impedire ai suoi cugini, arrivati da un’altra regione italiana dove risiedono da più di 10 anni, di vederlo. Non sappiamo se qualcuno abbia mai indagato sui pestaggi denunciati per anni dai migranti, non sappiamo se chi prescrive misure di custodia cautelari per i migranti “ribelli” sia al corrente del fatto che in tanti, pur di fuggire da quel garbuglio di reti, gabbie e burocrazia hanno martoriato i propri corpi con ferite autoinferte, inghiottendo lamette, batterie, e tutto quel poco che era loro concesso tenere con sè (persino i libri, là dentro, erano considerati pericolosi perchè infiammabili). Ma forse abbiamo sbagliato tutto, e dobbiamo solo essere riconoscenti ad una giustizia rimasta silente per anni perché non c’era niente di strano in questa storia fatta di sangue e privazioni, mentre invece questa ridicola caccia all’uomo contro i distruttori di plexiglass va portata avanti fino alla fine».(l.m.)

CIE DI GRADISCA: va avanti il processo contro la Connecting People

Dal Piccolo

12/03/14

Vertenza Cie no all’incidente probatorio

 

GRADISCA Bisognerà attendere il 25 marzo la decisione del gup sul procedimento giudiziario che vede coinvolti il viceprefetto vicario, un funzionario della Prefettura e i vertici della Connecting People, il consorzio che gestisce i centri Cie e Cara di Gradisca. Ieri il gup Rossella Miele ha respinto la richiesta dei difensori degli imputati, gli avvocati Tarlao e Campeis, che avevano xhiesto un incidente probatorio teso a ottenere una perizia per verificare con esattezza la documentazione fornita dalla difesa. Su quell’istanza si era opposto il pm Michele Martorelli. Nella prossima udienza è rpevista la dicussione tra le parti e non è escluso che il gup decida sul rinvio a giudizio degli imputati o sul loro proscioglimento. I vertici della Connecting people sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa dello Stato. Secondo il capo di accusa, infatti, nelle fatture inviate alla Prefettura sarebbe stato indicato un numero maggiore di ospiti di quelli effettivamente presenti nelle due strutture gradiscane, per una truffa complessiva di quasi 1,5 milioni di euro. Il viceprefetto vicario e il ragioniere capo della Prefettura sono accusati di falsità materiale e ideologica in atti pubblici per non aver verificato la congruità delle fatture.

 

CIE DI GRADISCA: in 13 rinviati a giudizio per truffa

Dal Piccolo

2014-03-28

I legali degli imputati: al processo chiariremo che i dati sono esatti

GRADISCA «Siamo certi che nel dibattimento processuale faremo valere le nostri ragioni e si arriverà al proscioglimento degli imputati»: così gli avvocati Enrico Agostinis e Alberto Tarlao, difensori di alcuni imputati rinviati a giudizio per truffa nei confronti dello Stato nella vicenda delle fatture gonfiate riguardanti le presenza degli immigrati nei centri Cie e Cara di Gradisca. La loro fiducia è riposta in quell’indagine compiuta dalla Prefettura, avallata anche dal ministero dell’Interno, che attestava, secondo le argomentazioni della difesa, come i numeri delle presenza degli immigrati, nel periodo dal 2008 al 2011, fossero coerenti con quelli riportati nelle fatture. Tanto che il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile nel procedimento. D’altra parte sia Agostinis che Tarlao, durante le udienze preliminari, avevano insistito sulla richiesta di un incidente probatorio che vertesse sulla relazione della Prefettura, richiesta che per due volte fu respinta dal gup. «Il materiale acquisito è centrale in questa vicenda – sostiene Agostinis -; pieno rispetto per le decisioni del gup, ma un più approfondito esame dibattimentale potrà far emergere la verità». Anche il legale del Consorzio Connecting People sostiene che quelli raccolti dalla Guardia di finanza, che ha svolto le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica, sono parziali. E sulla correttezza di comportamenti e fatture insiste anche l’avvocato Giuseppe Campeis, che difende il vice prefetto vicario Gloria Allegretto, imputata di falso materiale e ideologico. Il legale ha assicurato che la sua cliente non intende dimettersi. Ed anche sulle forniture d’acqua, sigarette e schede telefoniche la difesa degli imputati sostiene la correttezza dei comportamenti anche se le forniture venivano fornite da ditte subappaltanti. Come abbiamo già ricordato gli imputati sono tredici e il processo è fissato per il prossimo 12 giugno. E si prevedono tempo mediamente lunghi per arrivare alla sentenza: tra eccezioni procedurali, l’escussione di un numero piuttosto consistente di imputati che verranno citati da accusa e difesa e, infine, la discussione tra le parti ci vorranno, se tutto va bene, non meno di dieci udienze. Tra pausa estiva e tempi non certo celeri del tribunale goriziano la sentenza nona arriverà prima del prossimo anno. (fra. fem.)

 

2014-03-26,

Fatture gonfiate al Cie, tredici a processo

Il consorzio Connecting People, originario di Trapani, è ancora gestore dei centri immigrati di Gradisca. Chiuso temporaneamente il Cie per ristrutturazione, la cooperativa cura attualmente il Cara, il centro per richiedenti asilo politico, dove sono ospitati mediamente 200 persone. Secondo l’appalto il gestore riceve 42 euro al giorno per ogni immigrato al quale deve fornire pasti, medicinali, vestiario e quanto di altro necessario. Una gestione non facile dal punto di vista finanziario visto che la Prefettura ha dovuto anticipare in questi ultimi mesi gran parte degli stipendi ai dipendenti che più volte hanno minacciato lo sciopero. Nell’ultima occasione, una settimana fa, sono stati precettati dopo aver indetto una giornata di sciopero. Non percepiscono un euro da quasi un anno per i professionisti che operano a partita Iva come medici e infermieri. di Franco Femia wGORIZIA Tutte rinviate a giudizio le 13 persone coinvolte nell’inchiesta sulle fatture gonfiate al Cie-Cara di Gradisca d’Isonzo. Il viceprefetto vicario di Gorizia Gloria Sandra Allegretto e il ragioniere capo della Prefettura Telesio Colafati sono imputati di falso materiale e ideologico in atti pubblici. Undici persone tra i vertici della Connecting people, il consorzio siciliano che gestisce i due centri immigrati di Gradisca sono invece imputati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato a inadempienze di pubbliche forniture. Gli imputati sono Giuseppe Scozzari presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante della Connecting people, Ettore Orazio Micalizzi vice presidente del Cda, Vittorio Isoldi direttore della Connecting people all’epoca dei fatti, Giovanni Scardina direttore del Cie, Gloria Savoia direttrice del Cara (centro che ospita i richiedenti asilo politico), Mauro Maurino componente del Cda e Giuseppe Vito Accardo sindaco supplente. Rinviati a giudizio anche quattro dipendenti del Consorzio con le stesse imputazioni del vertici della Connecting people. Il gup Rossella Miele, al termine di sette udienze preliminari, ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero Michele Martorelli, mentre i difensori (avvocati Alberto Tarlao, Enrico Agostinis, Giuseppe Campeis, Francesco De Benedictis e i siciliani Granata e Licata) hanno chiesto il proscioglimento di tutti gli imputati. Tarlao e Agostinis hanno insistito sulla richiesta di incidente probatorio sulle perizie contabili essendoci a loro dire incongruenze e dati non omogenei, ma il gup ha respinto la richiesta. La Procura della Repubblica contesta ai vertici della Connecting people di aver ottenuto nel periodo tra marzo del 2008 e dicembre del 2011 somme ben più alte di quelle dovute sulla gestione degli immigrati. Secondo l’indagine condotta dagli uomini della Digos e della Guardia di finanza, nelle fatture presentate alla Prefettura sarebbe stato indicato un numero maggiore di ospiti di quelli effettivamente presenti nelle due strutture gradiscane. Secondo l’accusa la truffa ammonterebbe a quasi un milione e mezzo di euro. Inoltre sono accusati di non aver fornito agli extracomunitari ospitati nelle due strutture gradiscane alcuni servizi che erano invece contrattualmente previsti come carte telefoniche prepagate e acqua minerale. All’Allegretto e al funzionario della Prefettura viene contestato il fatto di non aver verificato la congruità delle fatture presentate e di averle vistate autorizzandone il pagamento.

 

Riportiamo a questo proposito un articolo preso dal blog Anarresinfo.noblogs.org

Da Trapani a Gradisca. Etica e affari

Si è chiusa con 13 richieste di rinvio a giudizio l’inchiesta giudiziaria sugli appalti al Cie e al Cara di Gradisca d’Isonzo. Il gup ha fissato per il prossimo 2 luglio l’udienza preliminare per tredici imputati.
Tra cui il viceprefetto Gloria Sandra Allegretto e il ragioniere capo della Prefettura Telesio Colafati accusati di falso materiale e ideologico in atti pubblici. I vertici di Connecting people, il consorzio siciliano che gestisce dal 2008 i due centri, vanno alla sbarra per associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e a inadempienze di pubbliche forniture.

Gli imputati sono Giuseppe Scozzari presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante della Connecting people, Ettore Orazio Micalizzi vice presidente del Cda, Vittorio Isoldi direttore di Connecting people, il direttore del Cie Giovanni Scardina, e quella del CARA Gloria Savoia, Mauro Maurino componente del Cda e Giuseppe Vito Accardo sindaco supplente.

I vertici del “sinistro” consorzio avrebbero ottenuto somme ben più alte di quelle dovute sulla gestione degli immigrati. Avrebbero presentato fatture dove era gonfiato il numero di immigrati presenti al CARA e al CIE. Scozzari e la sua allegra compagnia si sarebbero intascato persino i soldi, che in base al capitolato d’appalto, erano destinati per l’acquisto di carte telefoniche e acqua.
Al vice prefetto Allegretto e al funzionario della Prefettura viene contestato il fatto di non aver verificato la congruità delle fatture presentate e di averle vistate autorizzandone il pagamento.

Si va dal 2008 al 2011, i tre anni in cui Connecting people ha gestito il centro di via Udine dopo aver vinto l’appalto. La gestione è poi proseguita ed è tuttora affidata al consorzio siciliano perché la gara d’appalto lo scorso anno non è stata aggiudicata per un vizio formale che ha escluso la vincitrice, una cordata guidata dalla francese Gepsa.

Sin qui i fatti.
Non possiamo dire di essere stupiti. Chi sgomita per gestire una struttura detentiva, lo fa per i soldi. In questi anni i professionisti dell’umanitario di soldi se ne sono messi in tasca tantissimi. Secondo calcoli del Ministero dell’Interno la macchina delle espulsioni costa intorno ai 18 milioni di euro l’anno, parte dei quali presi dalle tasce dei lavoratori immigrati con permesso di soggiorno, gente uscita dalla clandestinità che potrebbe tornarci se resta senza lavoro.
Uno dei paradossi feroci del paese degli italiani brava gente.

Difficile dimenticare l’arrogante sicumera di Mauro Maurino, responsabile di Connecting People a Torino, che, nel 2009 aveva tentato di aggiudicarsi la gestione del CIE di corso Brunelleschi.
Ad un gruppo di antirazzisti che gli avevano occupato l’ufficio, dichiarò che, la loro gestione, una gestione di “sinistra”, sarebbe stata sicuramente preferibile a quella della Croce Rossa. Mentre parlava agitava il treccione a dred e si lisciava il costosissimo maglione etnico.
Da quel momento divenne uno degli interlocutori preferiti del giornalista di nera del quotidiano “La Stampa”, Massimo Numa, che lo intervistava in occasione di rivolte al CIE o iniziative degli antirazzisti.
D’altra parte, ai responsabili della Croce Rossa, in prima fila il responsabile di allora, il colonnello e poi generale Antonio Baldacci, era stato imposto il silenzio stampa. Decisamente poco edificanti furono le dichiarazioni rilasciate dopo la morte di Fathi Nejl, un tunisino lasciato morire nel CIE, nonostante fosse gravemente malato.

Quest’anno la gara per l’assegnazione del CIE di Torino è stata disertata persino dalla Croce Rossa: troppo basso il guadagno, in una struttura sull’orlo del collasso, semidistrutta dalle continue rivolte.
Nel frattempo proseguono in sordina i due maxi processi contro 67 antirazzisti torinesi. Per chi fosse interessato le prossime udienze si terranno mercoledì 9venerdì 11 aprile.

Il CIE di Gradisca è chiuso da mesi in attesa di una sempre più improbabile ristrutturazione.

Ancora aperto è il CIE di Trapani Milo. A metà gennaio il Prefetto Falco ne aveva annunciato la chiusura per ristrutturazione. Il Centro trapanese, considerato una struttura modello, ha infatti il record di fughe, le ultime solo tre giorni fa. Per tappare i buchi del colabrodo di contrada Milo sono previsti nuovi e più sofisticati sistemi di sorveglianza, muri più alti e filo spinato.
Durante la chiusura Falco avrebbe provato a dipanare la matassa ingarbugliata della gestione del centro. Cacciata la famigerata cooperativa Oasi, la cui gestione del CIE di Modena, ne aveva accelerato la chiusura, Falco si era ritrovato la patata bollente della cooperativa palermitana Glicine, che pur essendosi aggiudicata l’appalto, aveva deciso di rinunciare.
I giochi della politica e degli affari hanno rimescolato le carte: il centro trapanese è rimasto aperto, senza gestore. I reclusi, cui mancava persino la carta igienica, hanno dato vita a nuove proteste, rendendo ancora incandescente il clima.
Secondo alcuni la Croce Rossa potrebbe aggiudicarsi presto la gestione del Centro.

Anarres ne ha parlato con un antirazzista trapanese, Alberto La Via. Ne è scaturita una chiacchierata a tutto campo, che è stata anche occasione per fare il punto sulle lotte dei richiedenti asilo nei tre CARA del trapanese.

Ascolta la diretta

CIE di Gradisca: sentenza a sorpresa

 

mv online 2 aprile 2014

 

CIE DI GRADISCA: è morto Majid

Diffondiamo il comunicato della Tenda per la pace e i diritti.
 
 
Di CIE si muore.
Se ne facciano una ragione i politicanti di verde vestiti, che continuano al di là di ogni logica a propagandarli come hotel a 5 stelle.
Se ne renda conto quella massa acritica che  al muro di Gradisca e agli altri muri d’Italia si è rapidamente abituata, rigettando qualsiasi impulso a domandarsi cosa essi nascondono.
Di CIE si muore, e il 30 aprile 2014 un ragazzo è morto.
Non si è mossa foglia attorno a lui per mesi. 
Una parvenza di movimento suscitò la notizia della sua caduta dal tetto del mostro di Gradisca, ad agosto. Quell’agosto in cui una pioggia di lacrimogeni cadde sui migranti “colpevoli” di voler festeggiare la fine del Ramadan all’aperto.
Notti di agosto in cui i detenuti salirono sul tetto del CIE per vedere il cielo, sfuggire all’aria impestata dai CS e gridare ad una cittadina indifferente che non ne potevano più di quell’isolamento. 
Per un attimo sembrava che le vite dei reclusi senza nome del CIE potessero avere un valore mediatico, perché una notte di agosto Majid è caduto dal tetto, ed ha battuto la testa. 
Per un attimo solo i riflettori si sono accesi sul CIE di Gradisca mostrandolo per quello che è, un luogo di negazione, non solo di diritti ma della vita stessa.
Poi però il sipario è velocemente calato.
Calato su quei successivi giorni di caldo e ansia, in cui i compagni di sventura di Majid hanno cercato in ogni modo di rintracciare la sua famiglia in Marocco, perché sembrava che le autorità avessero altro a cui pensare, o forse non era così importante dire ad una madre che suo figlio giaceva in coma in un paese straniero.
Calato sull’ospedale di Cattinara, a Trieste, dove i finalmente rintracciati cugini di Majid, residenti in Italia, hanno cercato di fare visita al loro congiunto e si sono trovati di fronte un muro fatto di burocrazia e negligenza. Perché, disse loro una solerte dottoressa, “dall’ispettore del CIE” arrivava l’ordine di non fare entrare nessuno in quella stanza. Perché i cugini andavano identificati, non fosse mai che due finti cugini cercassero di vedere un ragazzo in coma per chissà quali loschi fini.
Nessuno si curò di renderlo noto, come se fosse normale che la longa manus del CIE arrivasse addirittura fin dentro ad un ospedale, come se Majid fosse un sorvegliato speciale, come se ci fosse un interesse superiore da tutelare nel tenerlo isolato.
Nessuno si curò neanche di facilitare la venuta del fratello di Majid dal Marocco. Perché si sa, quella frontiera che l’Europa difende a costo di migliaia di vite è invalicabile, se non si possiede un visto. E quel visto, ai familiari di Majid in Marocco, nessuno ha pensato di concederlo.
I mesi sono passati, e il silenzio è stato il fedele compagno della lotta di Majid in un letto d’ospedale. Luci spente, perché gli ultimi non saranno mai i primi, non in questa vita.
Sei giorni prima della sua morte, abbiamo chiesto al nuovo Prefetto di Gorizia se un’indagine fosse mai stata aperta su quanto accadde la sera della caduta dal tetto. “Non mi risulta”, detto con la stessa partecipazione emotiva che si potrebbe avere dicendo che no, stasera in centro non c’era traffico.
Chissà se al Prefetto risulta che questo ragazzo è morto, e se si rende conto che il CIE, diretta emanazione di uno stato segregazionista, lo ha ucciso.
Chissà se ora il Prefetto sa spiegare perché la famiglia di Majid è stata avvisata della sua morte con una settimana di ritardo.
Chissà se sa spiegare perché è stata disposta un’autopsia senza interpellare la famiglia. 
 
Abbiamo visto Majid qualche giorno prima che morisse, i suoi occhi guardavano un punto intangibile di uno spazio a noi sconosciuto. Quel ragazzo descritto dai cugini come una forza della natura stava ancora lottando, e sicuramente non ha smesso di farlo fino all’ultimo.
Noi sommessamente abbiamo lottato per lui in questi mesi, ma non è servito a tenerlo in vita.
 
Ora lottare significa fare in modo che di Majid ci si ricordi.
 
Tenda per la Pace e i Diritti