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Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dopo 65 ore di permanenza sui tetti la polizia ha chiuso il varco da cui salivano i migranti in lotta (cosa già tantata ma senza esito ieri) dopo che solo uno era rimasto sul tetto. Quel buco era diventato un simbolo di libertà al punto che uno dei reclusi per la disperazione ha ingoiato una lametta e altri oggetti. E’ stato portato al pronto soccorso di Gorizia, dove, di fronte alle ennesime prepotenze dei suoi aguzzini di scorta ha rifiutato le cure ed è tornato nel CIE. Nel frattempo sempre oggi una ventina di immigrati ha tentato la fuga durante il cambio turno e sei sono riusciti a darsi alla macchia.
Dal Messaggero Veneto online
GRADISCA. Sei immigrati ospiti del Cie sono riusciti a evadere dal centro dopo aver superato il muro di recinzione.
Approfittando del cambio turno e nonostante il maltempo, una ventina di clandestini ha tentato di fuggire dalla struttura: Polizia, Carabinieri ed Esercito, che presidiano il perimetro interno del centro, sono riusciti a bloccare la maggior parte degli stranieri, ma sei di loro sono riusciti a scavalcare il muro di recinzione e a far perdere le proprie tracce.
Controlli a tappeto sono in corso per individuare i fuggitivi, mentre all’interno del Cie sono iniziati i lavori di ripristino delle barriere divelte sabato scorso dagli immigrati, saliti sul tetto in contemporanea alla manifestazione organizzata all’esterno della struttura dalle associazioni pacifiste.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
dalla tenda della pace: i migranti continuano ad essere chiusi nelle loro stanze. La persona che ieri ha ingoiato la lametta e che da ieri è entrato in sciopero della fame, si trova al Cie, presso l’infermeria dove gli sarebbe stato somministrato dell’olio per agevolare l’espulsione della lama. Ci chiediamo se quello sia il luogo più idoneo a questo tipo di intervento che, da ignoranti, ci sembra non privo di rischi.
Un altro uomo, di 46 anni di origine algerina è in sciopero della fame dalla notte del Bairam, quando i festeggiamenti per la fine del Ramadan sono stati impediti e la protesta è stata poi soffocata nei lacrimogeni al CS.
L’uomo ha perso 17 chili in 10 giorni e ci ha dichiarato di aver tentato il suicidio 3 volte nell’ultimi 6 mesi, da quando cioè si trova rinchiuso al CIE di Gradisca d’Isonzo.
Due giorni fa ha ingoiato una ingente quantità di psicofarmaci e ha poi rifiutato ogni tipo di intervento medico, seppure gli sarebbe stato proposto anche il trasporto all’ospedale di Gorizia.
Soffre di problemi alla tiroide e ha interrotto anche le cure mediche per questi.
Chiede di parlare con qualcuno (al telefono la nomina come “commissione”) che si occupi di verificare le ingiuste e disumane condizioni di detenzione all’interno del CIE.
Domani 22 agosto alle 18.30 assemblea pubblica a Monfalcone presso l’Officina sociale in via Natisone
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dal Piccolo
23/08/13
Tensioni al Cie, la politica in campo
Resta accesa la polemica politica sulle leggi in materia di immigrazione e sulla possibile revisione della Bossi-Fini, invocata nelle ultime ore anche dal ministro Cecile Kyenge. «Per sconfiggere la piaga degli ingressi di clandestini in Italia la Bossi-Fini serve, eccome – afferma il deputato leghista Massimiliano Fedriga -, al pari della stipula di accordi bilaterali con i Paesi di provenienza degli immigrati. Trovo scandaloso – conclude – che ci siano ministri che, anzichè occuparsi del malessere dei cittadini onesti che non trovano lavoro o non arrivano a fine mese, perdono tempo in propagandistici sopralluoghi ai Cie». Un’accusa rinfocolata anche dal leghista friulano Mario Pittoni. «La ministra Kyenge – afferma – passa il tempo a tenere comizi in mezza Italia, rifiutando il dialogo con chi non la pensa come lei, evidenziando così la sostanziale inutilità del suo incarico» di Luigi Murciano GRADISCA D’ISONZO Sul Cie di Gradisca la parola passa ora alla politica. Quella chiamata a raccolta per il vertice in programma in mattinata nel Municipio della cittadina isontina. Vertice che vedrà confrontarsi la governatrice Debora Serracchiani e la sua squadra di governo dapprima con l’amministrazione comunale retta dal sindaco Franco Tommasini e quindi con i parlamentari del territorio, i consiglieri regionali e gli esponenti della Provincia di Gorizia. Sul tavolo le gravi criticità emerse all’interno della struttura per immigrati nelle ultime due settimane, fra rivolte, evasioni e molteplici appelli alla revisione (o superamento) della Bossi-Fini, del concetto di reato di clandestinità, delle restrizioni ai diritti fondamentali degli “ospiti” e infine dei tempi di trattenimento nei Cie che oggi possono arrivare sino a 18 mesi. La stessa Serracchiani nei giorni scorsi si era espressa chiaramente a favore della chiusura della struttura di Gradisca. Intanto al Cie la situazione pare tornata sotto controllo. Prefettura e Questura hanno fatto rientrare gli ultimi allarmi smentendo la notizia del presunto caso di tubercolosi polmonare riscontrata ad un cittadino bosniaco. Cittadino che, appunto, non risulta ammalato anche se verrà precauzionalmente sottoposto ad ulteriori esami. È stato invece già espulso e rimpatriato il giovane tunisino arrestato l’altra notte per violenza e resistenze alle forze dell’ordine. Il nordafricano è stato processato per direttissima, condannato a 4 mesi e quindi espulso: trasportato all’areoporto di Bergamo, è stato poi imbarcato alla volta del suo Paese. Quanto agli altri immigrati trattenuti nel centro, resta in vigore l’obbligo di restare all’interno delle camerate per ragioni di sicurezza e per consentire i lavori di ripristino delle zone devastate nei giorni scorsi. Devastazioni sulle quale è tornata a farsi sentire la voce del sindacato di polizia Sap: «I Cie in realtà ospitano il più delle volte clandestini pregiudicati, scarcerati in attesa del rimpatrio, e non semplici disperati immigrati clandestini come quelli sbarcati in questi giorni sulle nostre coste». Il sindacato, nel prendere ancora una volta le distanze dalla manifestazione di sabato scorso che avrebbe incitato gli immigrati alla protesta, definisce senza mezze misure «atti criminali» i danni prodotti dagli immigrati stessi alla struttura. «E i danni, ingenti, li pagherà la comunità». Su posizioni opposte la Camera Penale di Gorizia che, attraverso i consiglieri Sottosanti e Marchiori, pone l’accento «sulla drammaticità delle condizioni in cui sono costretti a vivere i soggetti ristretti nei Cie per diversi mesi. Non è garantito alcun rispetto delle basilari condizioni di vivibilità e dei diritti umani che sono, invece, garantite ai detenuti nelle carceri». La Camera penale goriziana ritiene che la funzione dei Cie «vada preservata, vista la necessità di una forma effettiva di controllo dell’immigrazione nel nostro Paese», ma ritiene «assolutamente imprescindibile» un intervento legislativo volto a garantire «l’effettivo rispetto dei diritti umani».
22/08/13
Minaccia un agente a Gradisca, arrestato
di Luigi Murciano GRADISCA D’ISONZO Resta incandescente il clima al Cie di Gradisca. Un ospite trattenuto all’ex caserma Polonio è stato arrestato l’altra notte con l’accusa di violenza e resistenze a pubblico ufficiale. Si tratta di un tunisino di 22 anni, Haichel Garouachi, che ha minacciato gli agenti in servizio con un pezzo di vetro. Il giovane, che ha opposto una strenua resistenza, è stato bloccato a fatica dalle forze dell’ordine, che successivamente ne hanno disposto l’arresto, il trasferimento al carcere di via Barzellini e, in seguito, il rientro all’ex Polonio. Struttura che, probabilmente, lascerà presto: per lui si profila un’espulsione in tempi rapidi. La situazione rimane dunque tesa. A surriscaldare ulteriormente gli animi, ieri, è stata anche la notizia, per ora non confermata, di un possibile caso di tubercolosi polmonare. Il malato sarebbe un giovane bosniaco, invitato a sottoporsi ad ulteriori analisi. Ma è bastato il semplice sospetto per allarmare gli altri ospiti, da 48 ore rientrati nelle camerate. Una misura che secondo le autorità si è resa necessaria sia per ripristinare la sicurezza dopo i dieci giorni di proteste culminate con l’occupazione del tetto e l’evasione di sei nordafricani, sia per consentire i lavori di riparazione delle barriere e delle vetrate divelte dagli ospiti negli ultimi giorni. Rimane comunque loro consentito l’utilizzo dei telefoni cellulari. Altre richieste basilari dei trattenuti riguardavano la possibilità di usufruire della mensa, degli spazi comuni, del campo di calcio. Migliorie che, tuttavia, non dovrebbero arrivare tanto presto visto il clima di strisciante tensione: le ultime perquisizioni e bonifiche svolte dagli agenti avevano portato al ritrovamento nelle camerate di spranghe e pugnali rudimentali. Fra gli ospiti (in tutto circa una sessantina) i più risoluti nella protesta avrebbero nel contempo deciso di astenersi dal cibo proclamando lo sciopero della fame. Intanto dei sei evasi – cinque nordafricani e un siriano – non vi è più alcuna traccia e le loro ricerche possono dirsi concluse. Del resto l’allontanamento volontario dal Cie di fatto non è un reato, per il semplice motivo che – perlomeno sulla carta, visto il dibattito in atto su gabbie e misure coercitive in atto -, non è un carcere ma un luogo deputato alla “detenzione amministrativa”. Ovvero non fa i conti con le disposizioni giurisdizionali della normativa penitenziaria.
22/08/13
Sei maghrebini evadono dal Cie di Gradisca
Un’interpellanza urgente per sollecitare il rapido intervento del governo Letta sulla situazione esplosiva del Cie di Gradisca. A depositarla ieri alla riapertura della Camera dei deputati, è stata la deputata di Sel Serena Pellegrino. «L’esecutivo – si legge nel testo – deve spiegare quali politiche intende attuare per affrontare concretamente le continue crisi al centro isontino». Pellegrino, oltre a ribadire la necessità di una revisione della legge italiana in materia di immigrazione, chiede un controllo regolare sulle condizioni relative al «rispetto della dignità umana e delle norme igienico sanitarie all’interno della struttura di Gradisca». Con l’interpellanza, in particolare, si rivolge al Viminale affinchè «le istituzioni competenti alle pratiche di identificazione dei trattenuti – in primis ambasciate e consolati – svolgano con maggior sollecitudine gli adempimenti necessari». Richieste per nulla condivise dal leghista friulano Mario Pittoni. «Se, come dice anche Serracchiani, i Cie sono strutture inadeguate a contenere violenti e facinorosi, il problema si risolve rafforzandoli, non certo smantellandoli come chiede invece la sinistra che, con i sui messaggi “buonisti” è la prima causa dell’emergenza». di Luigi Murciano GRADISCA D’ISONZO Fuga dall’ex Polonio. Non si allenta la tensione al Cie di Gradisca: l’altra notte sei immigrati trattenuti nel centro isontino sono riusciti a evadere approfittando, secondo le prime ricostruzioni, del cambio turno nel servizio di vigilanza svolto dagli agenti di polizia e dai militari del Genova Cavalleria. La fuga A tentare la fuga sono stati in venti, sostanzialmente lo “zoccolo duro” di ospiti che protesta ormai da dieci giorni contro le condizioni di vita all’interno del centro e i tempi giudicati eccessivi (al momento fino a 18 mesi) di permanenza nella struttura. Per sorprendere le forze dell’ordine e calarsi all’improvviso dal tetto, “occupato” ad oltranza da sabato scorso, avrebbero utilizzato una rudimentale corda realizzata con degli asciugamani. Solamente in sei, però, sono riusciti a mettere a segno il piano, raggiungendo l’area del vicino Cara-Cda (il centro per richiedenti asilo recentemente ampliato per fare fronte all’emergenza-sbarchi in Sicilia). Da lì sono riusciti a scavalcare più agevolmente la recinzione, facendo perdere le proprie tracce nella campagna circostante. Immediatamente sono scattate ricerche a tappeto per rintracciare i fuggiaschi ma, stando alle ultime informazioni, i sei immigrati, tutti di etnia maghrebina, risultano ancora uccel di bosco. Nel primo pomeriggio aveva iniziato a girare la voce dell’individuazione di tre evasi, ma fonti della Polizia successivamente l’hanno smentita. Sicurezza Nel frattempo, dopo dieci giorni di sostanziale anarchia, il Cie è stato “rimesso in sicurezza”. Gli ospiti infatti sono stati tutti riportati all’interno delle camerate e delle relative vasche esterne di “contenimento”. Gli immigrati possono tra l’altro utilizzare di nuovo i telefoni cellulari, prima sequestrati e ora appunto riconsegnati nella speranza di riuscire così, almeno in parte, a placare gli animi e far rientrare la protesta. Sempre nelle ultime ore, poi, gli agenti hanno condotto delle operazioni di bonifica delle camerate, dove sono state ritrovate armi rudimentali come spranghe e pugnali artigianali. Iniziati anche i lavori di ripristino delle barriere divelte sabato scorso. Emergenza sbarchi in Sicilia Sul fronte Cda a giorni, se non a ore, sono attesi nuovi arrivi di immigrati sbarcati sulle coste siciliane e non interessati – come noto – a richiedere asilo in Italia. Sinora almeno 75 dei 90 eritrei condotti a Gradisca non hanno fatto rientro al Cda dirigendosi verso il Nord Europa. Operatori esasperati Da registrare anche la rabbia dei dipendenti della Connecting People, il consorzio siciliano che gestisce il Cie di Gradisca dal 2008. Ieri un operatore, che ha chiesto l’anonimato, si è sfogato a nome dei colleghi. «Chi non ci lavora, non può capire cosa accade qui dentro – afferma -. Rischiamo la vita e non vediamo lo stipendio da tre mesi. Il centro è totalmente in mano agli immigrati e la decisione di restituire loro i telefonini non aiuta di certo: gli ospiti si raccordano con i loro connazionali di altri centri italiani per coordinare le rivolte. Lavoriamo sotto continue minacce di ritorsioni fisiche – si sfoga ancora l’operatore -. In poco tempo ho contato 27 aggressioni nei confronti dei colleghi. Prima o poi accadrà qualcosa di grave e anche gli episodi di autolesionismo sono all’ordine del giorno (uno anche ieri ndr). I politici – conclude – devono smetterla di strumentalizzare i Cie per interessi di bandiera. Decidano una volta per tutte cosa intendono farne». La possibile visita del ministro In attesa dell’arrivo a Gradisca della giunta Serracchiani, nti locali, trapela la notizia che la prossima settimana il ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge potrebbe giungere in visita al Cie di Gradisca. Frattanto si fa sentire anche la Provincia di Gorizia che «rivendica la necessità di una profonda riforma delle politiche relative all’immigrazione, di cui i Cie sono una vera e propria degenerazione. Bisogna prendere atto del fallimento totale di questo sistema»
21/08/13
«Nei Cie gli uomini sono chiusi in gabbia»
di Annalisa D’Aprile ROMA I Cie sono un «fallimento» perché sono delle «carceri» dove mancano «persino le garanzie minime di tutela dei diritti umani». È chiara la posizione di Luigi Manconi, presidente della commissione dei Diritti umani del Senato, che ieri ha chiesto un’ispezione al centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), teatro giorni fa di una protesta dei migranti. Senatore, cosa non ha funzionato in questi centri? «Il sistema dei Cie è inadeguato anche rispetto al suo fine principale, dal momento che poco più del 40% dei trattenuti vengono effettivamente rimpatriati. Dunque un enorme investimento di energie e denaro, uno scialo di sofferenza il cui risultato non è adeguato al suo intento». Cosa dovevano essere i Cie e, invece, cosa sono diventati? «Sono nati per consentire l’espulsione delle persone che non avevano diritto di circolare liberamente nell’area Schengen. All’inizio prevedevano una permanenza di 30 giorni, poi arrivata a 18 mesi: segno di una struttura che si è trasformata in un carcere per giunta privo di quel tanto di garanzie che il carcere offre. Inoltre, per ragioni economiche, si è passati ad una fase di riduzione estrema delle risorse, con la gestione dei Cie assegnata attraverso bandi al ribasso. Il centro di Capo Rizzuto ad esempio, prevedeva una spesa pro capite e pro die di 21 euro al giorno: una cifra ridicola che rende il servizio carente e le condizioni di vita disumane». Lei ne ha visitati molti, cosa ha visto? «Ho visto persone in condizioni di profonda alienazione, causa di frustrazione e risentimento alla base delle rivolte. Il Cie non è un carcere da un punto di vista giuridico, quindi la comunicazione con l’esterno dovrebbe essere consentita. Così non era in quello di Gradisca, dove avevano proibito l’uso dei cellulari, una decisione totalmente arbitraria. Anche il disegno architettonico dei Cie suggerisce l’idea della cattività, con quelle sbarre alte due-tre metri e quella dimensione di gabbia». Chi c’è in quelle “gabbie”? «Questa è l’incongruenza più atroce dei centri: non possono essere sottoposte allo stesso regime persone appena uscite dal carcere, che per giunta scoprono di dover subire la pena accessoria dell’espulsione, persone che devono ancora chiedere la protezione internazionale, altre che sono scappate dalle guerre, insieme ad altre ancora che hanno perso il lavoro e con esso il permesso di soggiorno. Tutti loro vivono nell’incertezza e si chiedono: perché sono qui? Quanto ci dovrò restare? E dove andrò dopo? Ecco il contesto di insensatezza dei Cie dove domina su tutto l’incertezza». Quale dovrebbe essere il ruolo dell’Europa? «Tutti i discorsi sull’accoglienza vanno ricondotti all’interno della Comunità europea. La posizione geografica dell’Italia non può diventare un handicap che deve affrontare da sola. Le politiche sull’immigrazione devono essere europee». Si parla di rivedere la Bossi-Fini, come? «Bisogna rovesciare l’ideologia di una legge nata col fine principale di escludere e respingere i flussi migratori. L’immigrazione va considerata un’opportunità di sviluppo. Ad esempio, si stima che 2 milioni di stranieri in Italia siano impiegati nella cura di minori e anziani. Ci siamo chiesti come potremmo fare senza di loro?»
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dalla Tenda per la Pace e i diritti
24 agosto
Arriviamo questa mattina con dei familiari del ragazzo che da due settimane è in come, dopo esser caduto dal tetto del CIE.
Uno dei due è un cugino di primo grado, l’unico familiare stretto in Italia. La famiglia, dal marocco, gli ha chiesto di precipitarsi qui per avere le notizie precise che continuano a mancare.
Ma il medico responsabile della terapia intensiva dice no: c’è un ordine della direzione sanitaria in accordo con la questura per il quale le uniche notizie vengono date attraverso la polizia.
Ci fornisce un numero: quello dell’ “ispettore del CIE”. Un capolavoro.
Invece non può esser così.
Il cugino ha il diritto di sapere. Lo stabilisce la circolare interministeriale (Min. Int e Min. Semplificazione) del 12/4/2012 stabilisce che un cittadino straniero regolarmente soggiornante può autocertificare il proprio gradi di parentela.
A questo punto la ripsosta è che si tratta “solo” di un cugino.
Ma l’art. 82 del codice sulla privacy stabilisce che non fa differenza, che l’ospedale ha l’obbligo di cercare il contatto, e dare notizie, anche a “famigliari” quando i parenti stretti non siano disponibili.
Minacciamo una denuncia ai carabinieri, cominciamo a chiamare Il Piccolo.
Alla fine dopo varie pressioni il cugino ad avere le informazioni sullo stato di salute del ragazzo.
Dal piccolo del 25/08/13
Gherghetta attacca sul Cie: «Non decida solo lo Stato»
di Luigi Murciano GRADISCA «Un’eventuale commissione di controllo sul Cie non dovrà essere composta soltanto da funzionari dello Stato». E’ chiara la posizione della Provincia di Gorizia in merito alle prossime mosse da compiere nella battaglia per il superamento o la chiusura del centro di identificazione ed espulsione di Gradisca. L’ente presieduto da Enrico Gherghetta ha partecipato all’incontro istituzionale di venerdi al municipio di Gradisca con la vicepresidente Mara Cernic e l’assessore Federico Portelli, sposando in toto la linea pro-chiusura del governo Serracchiani. «Se, come già avvenne con i governi Monti e Amato, dovesse giungere a un approfondito esame delle problematiche del Cie di Gradisca attraverso una commissione governativa – ha esordito Cernic – non sarebbe corretto che questa fosse formata esclusivamente da funzionari statali come avvenuto con la commissione istituita dall’allora ministro Cancellieri. Si dia spazio alle rappresentanze politiche, a quanti lavorano nei centri e alle realtà che conoscono la realtà dell’immigrazione. Bisogna restituire centralità – ha proseguito Cernic – alle persone ospitate in queste strutture, garantire loro il rispetto di diritti universali. Dopodichè è giusto diversificare risposte e tempistiche: l’immigrato che ha avuto un ruolo nella nostra società, e magari si è visto perdere il lavoro o scadere un documento, non puo’ essere assimilato a quello che ha avuto dei precedenti penali e attende il rimpatrio». Intanto nel dibattito sul futuro del Cie interviene anche l’on.Savino (Pdl), contraria a qualunque superamento della legge Bossi-Fini sull’immigrazione. «Sarebbe un atto irresponsabile, che non farebbe altro che aggravare una situazione già adesso d’emergenza: l’aumento degli sbarchi sulle nostre coste unita alla crisi generalizzata rischia di fare da innesco ad un clima di conflittualità sociale di cui l’Italia non ha bisogno. Per non parlare della sicurezza. Approfittare di quanto sta accadendo a Gradisca per rilanciare un approccio buonista all’immigrazione non mi pare una scelta particolarmente lungimirante». Torna a farsi sentire anche il Sap, sindacato autonomo di polizia, che in una nota esorta gli amministratori a prendere posizione: «Se non piace la legge, si studi una diversa soluzione. Colpisce che dal confronto politico di Gradisca sia uscita principalmente una richiesta di chiusura del Cie – è il parere del segretario provinciale Angelo Obit – e non una richiesta di efficienza. Gli immigrati protestano per i lunghi tempi di trattenimeno nei Cie? Hanno ragione. Ma la soluzione non può che essere un intervento con le autorità consolari, svolgendo i colloqui a Gradisca e facendo pressioni perchè le procedure di idenficazione siano celeri».
24/08/13
La Regione accelera sulla chiusura del Cie
di Stefano Bizzi GRADISCA «È tempo di ripensare il sistema di identificazione e questi luoghi di transizione». Una lettera congiunta firmata da Regione e Comune di Gradisca sarà inviata nei prossimi giorni al governo Letta per segnalare a Roma la necessità di un intervento importante e di un’approfondita revisione del Cie di Gradisca che vada in direzione della sua chiusura. Ieri mattina ospite a Palazzo Torriani del sindaco Franco Tommasini insieme alla sua giunta e ai parlamentari del Friuli Venezia Giulia (oltre ai consiglieri regionali e ai rappresentanti della Povincia di Gorizia), la presidente Debora Serracchiani ha ribadito la sua posizione di netta contrarietà alla struttura di via Udine. Sposando l’appello lanciato nei giorni scorsi da un operatore del centro immigrati isontino – esasperato per quanto sta accadendo all’interno del Cie -, la governatrice ha chiesto alle forze politiche di tutti i colori e di tutti i livelli di superare le ideologie di parte e lasciare perdere le strumentalizzazioni. La questione immigrazione va risolta alla radice. Non può più essere solo un terreno di scontro fertile per ogni tipo di battaglia. «Avremo valutazioni politiche diverse, ma è il momento di rivedere la legge sull’immigrazione adeguandola all’Europa», ha detto Serracchiani parlando di “cortocircuiti” del sistema. «Il Cie – ha ribadito – colpisce le persone per quello che sono, non per quello che fanno». Al loro interno vengono trattenuti individui con storie di immigrazione diverse: lavoratori stranieri che, per la crisi, hanno perso il lavoro e non hanno più potuto rinnovare il permesso di soggiorno dividono gli spazi con criminali veri e propri. «Tutti in un’unica realtà: è ovvio che la situazione difficilmente diventa gestibile. La Regione e il Comune di Gradisca scriveranno al governo in maniera congiunta». L’obiettivo finale è la chiusura della struttura ricavata all’interno dell’ex caserma Polonio. «L’esecutivo deve tenere contatti con gli enti territoriali. A questo sito si deve prestare attenzione particolare. Le nostre richieste devono coprire tutte le ipotesi. Anche la chiusura». Posizione differente invece per quanto riguarda il Cara, l’attiguo centro immigrati dove trovano ospitalità i richiedenti asilo. Quello sposa la filosofia del Friuli Venezia Giulia: l’accoglienza. La governatrice ha assicurato d’essere in contatto con il sottosegretario agli Interni con delega all’Immigrazione Domenico Manzione. «Ho parlato con lui e l’ho informato chiedendogli un intervento. Mi ha chiesto un approfondimento. Ho già acquisito diverse informazioni e nei prossimi giorni ci risentiremo». Nel corso del vertice di Gradisca, ai parlamentari del Fvg la presidente Serracchiani ha quindi chiesto di fare da mediatori e coinvolgere il governo su un tema nei confronti del quale «è necessario tenere alto il livello d’attenzione». Del fronte comune non farà sicuramente parte la Lega Nord. Il governatore veneto Luca Zaia, nelle stesso giorno in cui ha ribadito la totale intesa con la collega del Fvg sul progetto della Tav, ha piazzato un secco altolà alla chiusura del Cie di Gradisca. Premettendo di non voler «interferire in alcun modo con l’azione della vicina Regione», l’ex ministro del Carroccio ha confermato che la legge Bossi-Fini non è da modificare. Duro anche Massimiliano Fedriga, responsabile del dipartimento Welfare della Lega Nord: «Il Cie di Gradisca non va chiuso, ma reso sicuro e più controllato per non permettere a nessuno di poter anche solo pensare di scappare»
«La nostra parte l’abbiamo fatta Ora tocca ad altri dare risposte»
di Luigi Murciano GRADISCA «Umanizzazione immediata del Cie», «superamento o revisione della Bossi-Fini». Ma anche la consapevolezza che con l’attuale scenario politico la partita non sarà affatto semplice. Non si fanno troppe illusioni i parlamentari e i consiglieri regionali convenuti a Gradisca per il vertice Debora Serracchiani fortemente voluto dal sindaco della cittadina isontina già prima delle tensioni delle ultime due settimane. Sindaco che, nell’amministrazione regionale, ha trovato un alleato. «Credo che, rispetto al passato, il dibattito sul Cie parta finalmente da una posizione diversa – afferma Franco Tommasini -. Tutti i soggetti coinvolti hanno riconosciuto la necessità di agire per arrivare a un superamento di queste strutture. Per noi l’obbiettivo rimane la chiusura, anche se illusioni non ce ne facciamo più. Di certo la comunità di Gradisca ha dato molto in termini di assunzione di responsabilità nei confronti dello Stato e i suoi cittadini hanno pagato cara questa generosità sotto il profilo della percezione della sicurezza. Ma stiamo dando molto anche sotto l’aspetto dell’integrazione – ha rivendicato -. Proprio per questo la nostra cittadina non può più essere lasciata da sola». Un messaggio rivolto chiaramente ai tanti politici riuniti a Palazzo Torriani. Nessun parlamentare del Pdl e della Lega(a rappresentare il centrodestra solo il consigliere regionale Ziberna), tocca quindi a Pd e Sel dettare i tempi del vertice, mentre i 5 Stelle si limitano ad ascoltare e prendere nota. Fra i parlamentari è il senatore Carlo Pegorer (Pd) a rompere il ghiaccio: «Il Cie di Gradisca- dice – è la prova oggettiva del fallimento della Bossi-Fini. Non si può affrontare il problema dell’immigrazione soltanto sotto il profilo della sicurezza». Critico verso la norma, ma consapevole delle difficoltà di modificarla presto, anche il deputato Gian Luigi Gigli di Scelta Civica: «In questo momento il superamento della Bossi-Fini mi pare quantomeno poco realistico. Dobbiamo concentrarci sull’umanizzazione del centro». Per Gianna Malisani del Pd «questa politica sull’immigrazione non ha prodotto alcun beneficio. Assurda, poi, la difformità di regolamenti fra i diversi Cie italiani». Al democratico Giorgio Brandolin è toccato il compito di ricostruire la storia del Cie isontino. «Anche se avrebbe potuto rifiutarsi, come già aveva fatto il Comune di Gorizia, la comunità gradiscana aveva dato la propria disponibilità a un altro tipo di centro, deputato alla sola prima accoglienza. Poi le carte in tavola sono cambiate. Da allora sindaci, prefetti e questori che si sono alternati in questi 13 anni sono stati lasciati soli. Non dimentichiamo – ha scandito Brandolin – che il 90% degli ospiti del Cie nulla ha a che fare con i disperati che sbarcano a Lampedusa. Là dentro non ci sono ancelle della gioventù». «In 13 anni – afferma Rodolfo Ziberna – non un solo episodio di intolleranza si è verificato a Gradisca. Ma non ci si illuda che chiudendo un Cie il problema-immigrazione svanisca. Dobbiamo imporci con l’Ue per avere delle garanzie a livello finanziario e legislativo». «Ciò che ho visto – spiega Francesco Russo del Pd, che la situazione al Cie l’ha vista dall’interno – mi spinge a dire che bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare a una soluzione che ponga fine alle difficoltà sia del personale che lavora all’interno del Centro sia degli immigrati senza pregiudicare la sicurezza della comunità e il controllo dell’immigrazione clandestina». Quindi le esponenti del Sel: per l’assessore Loredana Panariti «le condizioni di trattenimento del Cie sono inumane a prescindere dagli eventuali precedenti degli ospiti», mentre secondo la parlamentare Serena Pellegrino «Regione e Provincia devono essere vigili sul territorio e effettuare un lavoro di pressione nei confronti del governo. Il Cie è peggio di un carcere». Pellegrino ha ringraziato le associazioni che da anni monitorano le condizioni di vita all’interno dei centri. Associazioni che avrebbero voluto prendere la parola ma sono state invitate da Serracchiani a rispettare «il carattere meramente istituzionale» del vertice, con la promessa di un successivo incontro.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
AGGIORNAMENTO DEL 02 SETTEMBRE dalla Tenda per la pace e i diritti:
Venerdì notte siamo state davanti al CIE perchè c’era una minaccia di uso della forza per tirarli giù dal tetto, dopo le fughe del giorno stesso.
Alla fine i migranti sono scesi e sono stati chiusi nelle camere. Da quel giorno le forze dell’ordine si trovano in maniera fissa nei corridoi antistanti le gabbie e camere (ricordiamo che l’accesso di polizia&co nella parte dove si trovano recluse le persone è consentita solo su chiamata per “emergenza” da parte degli operatori)
Evidentemente anche qui la Prefettura ha messo lo zampino per definire la situazione stabilmente emergenziale.
La presenza costante delle forze dell’ordine ha innescato un’escalation di provocazioni da una e dell’altra parte… che porterà a breve a far risaltare la situazione…
I migranti all’interno denunciano che 4 delle 10 persone fuggite sabato, sono state riprese e picchiate.
Dal Piccolo del 01/09/13
Evasione bis dal Cie, spariti due immigrati
di Luigi Murciano Ancora evasioni dal Cie di Gradisca. L’altra sera dodici immigrati, tra i principali attori dei danneggiamenti delle scorse settimane, hanno tentato di fuggire dall’ex caserma Polonio, in cui continua l’occupazione a oltranza dei tetti. Sei hanno abbandonato presto il disegno originale, rientrando rapidamente al centro, altri sei invece sono riusciti a riguadagnare la libertà. Soltanto due di loro, però, hanno centrato realmente l’obiettivo, allontanandosi e facendo perdere le proprie tracce. Gli altri sono stati intercettati poco dopo nelle vicinanze. Dei quattro immigrati riportati dentro i cancelli del Cie, due hanno accettato, seppur controvoglia, di far rientro nelle rispettive camerate, mentre altri due hanno dato letteralmente in escandescenze, dando vita a scontri con la polizia. Scontri nei quali sono rimasti lievemente contusi due agenti. I responsabili dell’aggressione sono già stati arrestati: si tratta di due cittadini marocchini, accusati di per resistenza e violenze. Uno avrebbe alle spalle gravi precedenti per rapina. I clandestini sono riusciti a fuggire ancora una volta dal lato confinante con il vicino Cara, approfittando del clima di confusione che regna nel centro, sempre interessato dalla “protesta dei tetti”. Una forma di mobilitazione che dura ormai da tre settimane e che, nelle ultime ore, ha registrato un picco di tensione legato alla proroga del trattenimento di alcuni ospiti dell’ex caserma. Durissimo il giudizio delle forze dell’ordine sui nuovi disordini. «Ci dicano a chi consegnare le chiavi – afferma ironicamente Angelo Obit, segretario provinciale del Sap -. Era evidente fin dall’inizio che non sistemare la rete di ferro lungo il tunnel centrale sul quale si aprono le vasche (è da li che gli immigrati salgono sui tetti nrd) si sarebbe rivelato un errore». Il problema individuato più volte dagli operatori di polizia è l’uscita in massa dalle zone comuni all’aperto, subito all’esterno delle camere. «Per questo era stata suggerita l’installazione di tornelli che, come noto, sono sistemi di controllo che permettono il passaggio di una persona per volta: ma è stata brutalmente scartata». E dire che è stato rinforzato il perimetro della struttura, fatta eccezione proprio per la parte confinante con il Cara, raggiunto il quale è un gioco da ragazzi dileguarsi. Soluzioni e punti deboli a quanto pare conosciuti benissimo dagli immigrati. «Eppure – conclude Obit – non si sono adottati rimedi: si va avanti con soluzioni tampone con l’unica disposizione di gestire l’ordine evitando soluzioni di forza. A questo punto chiediamo davvero a chi dobbiamo consegnare le chiavi. Converrebbe evidentemente – conclude il segretario del Sap – occuparsi della sicurezza dei cittadini della provincia e fare prevenzione sul territorio piuttosto che della vigilanza di una struttura che, per come è congegnata ed organizzata, non consente un controllo efficace. Qualcuno grida allo scandalo tirando in ballo la presunta, e in realtà del tutto infondata, “violazione dei diritti umani”. Ma il vero scandalo è il fatto che il Cie sia un territorio franco dove è consentito violare le leggi». Sul caso Gradisca tornano a farsi sentire anche gli esponenti regionali di Sel, pronti ad attaccare in particolare le posizioni “pro Cie” del Pdl. «La linea del partito di Berlusconi è sempre la stessa: deboli con i forti e forti con i deboli – attacca Giulio Lauri -. Ai consiglieri Pdl ricordo però i pregiudicati rappresentano solo una piccola percentuale dei migranti trattenuti nei Cie. Se uno straniero arriva lì, infatti, è perchè i propri conti con la giustizia, contrariamente ad altri che in Italia commettono i reati e non vanno in carcere, li hanno già saldati».
Dal Piccolo del 31/08/13
Immigrati sui tetti, al Cie protesta a oltranza
di Luigi Murciano GRADISCA Prosegue a oltranza la protesta dei clandestini al Cie di Gradisca. Gli immigrati continuano ad alternarsi a turno nell’occupazione del tetto della struttura, che erano riusciti nuovamente a raggiungere nella serata di mercoledi. Sono una quindicina i nordafricani più determinati nella protesta. Ha raccolto le loro istanze la deputata del Sel, Serena Pellegrino, che giovedi sera ha visitato l’ex caserma Polonio: «Di scendere dal tetto non se ne parla. Il coro è unanime: non più di sei mesi di trattenimento» riferisce la parlamentare. Gli immigrati sono risaliti sul tetto, dopo che uno degli ospiti, da 16 mesi rinchiuso al Cie, si è visto prorogare di ulteriori 60 giorni la sua permanenza. Secondo Pellegrino «i consolati e le ambasciate non fanno quanto potrebbero. Forse – aggiunge – se dopo 14 mesi non sono riusciti a “riconoscere” un proprio cittadino, il problema è che non lo vogliono riconoscere». Intanto arriva la conferma della visita alla struttura, il 9 settembre, da parte del senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani. Altri consiglieri regionali, in una delegazione capeggiata da Giulio Lauri (Sel) avrebbero dovuto visitare il Cie nei giorni scorsi, ma per un vizio burocratico il sopralluogo è stato rinviato. «È poco condivisibile – commenta Lauri – che un consigliere regionale del territorio o i giornalisti non possano visitare il Cie e rendersi conto con i propri occhi di ciò che avviene all’interno. La normativa va cambiata e, per come sono concepiti, i centri vanno chiusi, a partire da Gradisca. E non parlerei sensazionalisticamente di “rivolta” degli ospiti, ma di una ferma e condivisibile protesta contro questo sistema inaccettabile». Prosegue anche il dibattito sulle condizioni di sicurezza della struttura: «L’occupazione di massa dei tetti poteva essere evitata con il semplice utilizzo di tornelli – è il parere del Sap espressso dal segretario provinciale Angelo Obit -. Agli agenti fa male sentir dire che all’interno del Cie non vengono rispettati i diritti umani. Le forze dell’ordine si limitano ad applicare, spesso con enorme buonsenso, una normativa democraticamente approvata dalla politica. La stessa politica che oggi soffia sul fuoco della tensione adesso dovrebbe, se lo ritiene, cambiare quelle normative alla luce delle criticità emerse. Ma non si accusi in maniera ideologica chi serve e rappresenta lo Stato». Attualmente il normale dispositivo di sicurezza prevede 4 uomini della Questura – tra cui l’ispettore di turno -, altri 4 del reparto mobile di Padova o carabinieri, 2 finanzieri e 20 militari. Solo nei momenti di difficoltà ad ogni turno vengono aggiunti 10 operatori del Reparto Mobile. Per fare un paragone, al Cie di Torino il dispositivo prevede mediamente ben 50 uomini in più, nonostante le presenze siano le medesime.
30 agosto ore 16.00
I migranti sono tutt’ora sul tetto e intenzionati a resistere.
La questione su cui puntano l’attenzione in questo momento è il giudice di pace, in particolare chiedono che se ne vada il giudice che ha fatto le ultime 4 convalide…
Ieri sono entrate l’on. Pellegrino e la nuova assessore all’immigrazione della Provincia di Gorizia (Ilaria Cecot) niente di rilevante da segnalare tranne che i migranti hanno fatto capire la loro determinazione.
Sono scappati dal lato confinante con il vicino Cara approfittando del clima di confusione
GRADISCA Ancora evasioni dal Cie di Gradisca. Nel pomeriggio di venerdi 30 agosto quattro clandestini, tra gli autori dei danneggiamenti delle scorse settimane, hanno fatto perdere le proprie tracce dall’ex caserma Polonio, di cui i “trattenuti” stanno occupando a oltranza i tetti con una nuova protesta. I clandestini sono riusciti a fuggire ancora una volta dal lato confinante con il vicino Cara, approfittando del clima di confusione di queste ore. Durissimo il giudizio delle forze dell’ordine sull’episodio. «Ci dicano a chi consegnare le chiavi».(l.m.
Dal Piccolo del 30/08/13
Proteste senza fine al Cie, altri due feriti
di Luigi Murciano GRADISCA Clandestini nuovamente sui tetti, è ancora bagarre al Cie di Gradisca. L’allarme è scattato mercoledì sera, quando un gruppo di una ventina di trattenuti all’ex Polonio ha forzato le barriere, riuscendo ad uscire dalle vasche di contenimento e a salire nella zona già teatro delle proteste dei giorni scorsi. Almeno in due hanno tentato senza successo la fuga: uno di loro si è ferito in maniera non grave cadendo a terra nel tentativo di raggiungere il muro di cinta aggrappato ad una sorta di fune rudimentale che ha cercato di agganciare alle sbarre. L’uomo non ha voluto desistere dal suo proposito (con gli agenti che avevano piazzato una scala per farlo scendere) quando la corda improvvisata ha ceduto facendogli compiere un volo di 4 metri. E’ stato soccorso dagli uomini del 118 e ricoverato al nosocomio di Gorizia, dal quale è stato dimesso facendo ritorno al Cie già durante la notte. Rovinosa caduta anche per un secondo straniero che non è riuscito a scavalcare le barriere per questione di centimetri. Non vi sono stati comunque scontri fra gli “ospiti” e le forze dell’ordine. Fonti interne alla polizia smentiscono con decisione, fra l’altro, la notizia secondo cui anche gli agenti sarebbero saliti sui tetti nel tentativo di riportare nelle camerate i “rivoltosi”. L’ordine della Questura al contrario è quello di controllare la situazione evitando il contatto fisico. I trattenuti, quattordici, hanno continuato ad occupare il tetto per tutta la giornata, dichiarando di volervi rimanere ad oltranza. Il “casus belli” della nuova protesta sono state le convalide di fermo per altri due mesi comminate dal giudice di pace nei confronti di 4 delle persone trattenute al Cie, una delle quali si trova all’ex Polonio da ormai 14 mesi. Altre persone colpite dal provvedimento hanno moglie e figli nel nostro Paese. Altri due avrebbero inoltrato senza successo richiesta di rimpatrio . Torna quindi d’attualità il tema dei tempi di “detenzione” nei Cie, tempi che sono acuiti anche dalla lentezza e a volte negligenza con cui i Paesi d’origine di queste persone colpite da decreto di espulsione avviano le procedure di rimpatrio. «Non abbiamo prospettive», «La vita qui non conta più niente», «Siamo come cani, molto meglio il carcere». Altri ospiti hanno persino chiesto il trasferimento in altri Cie. Nel frattempo il trattenuto agerino che aveva spaccato il naso ad un operatore con un pugno al volto è stato processato per direttissima e condannato a sei mesi di reclusione. E’ stato tradotto a Gorizia, nella casa circondariale via Barzellini. Ieri sera l’on. Serena Pellegrino (Sel) ha svolto una nuova visita al Cie per proporre eventuali mediazioni. La nuova protesta è andata in scena proprio quando a Roma si è svolto un incontro fra i funzionari del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione e le Questure il cui territorio ospita un Cie. Sul tavolo le criticità di questi giorni e le possibili soluzioni operative.
Il Pdl: «A Gradisca delinquenti comuni»
Sul caso del Cie di Gradisca e sulla sua eventuale chiusura si muove anche la politica. In una lettera al presidente della Regione Serracchiani, i consiglieri del Pdl Ziberna, Novelli, Colautti, Cargnelutti, Ciriani e Riccardi esprimono la loro «perplessità». «Noi riteniamo – scrivono – che su problemi di questa portata, che si ripercuotono in diversi quanto delicati ambiti (dalla sicurezza degli ospiti a quella della popolazione, alle condizioni di vita all’interno delle strutture ed a quelle degli operatori di polizia, sino alle relazioni internazionali), si debba abbandonare quella demagogia con cui questa Giunta ha prevalentemente operato. Chi oggi chiede tout court la chiusura dei Cie in Italia – continuano i berluscones – è come se chiedesse la chiusura delle carceri e la conseguente messa in libertà dei detenuti. Perché chi fa questa proposta deve avere il coraggio di dire ai cittadini che la maggior parte dei clandestini stanno scontando pene detentive per stupro, rapina, spaccio di stupefacenti, violenza».
Dal Piccolo on line del 29/08/13
Immigrati di nuovo sul tetto del Cie di Gradisca: un ferito
Venti ospiti del Cie sono saliti attorno alle 23 sul tetto della struttura, scandendo lo slogan “Libertà! Libertà!”
Nuova rivolta al Cie di Gradisca. Venti ospiti della struttura per immigrati, sono saliti sui tetti attorno alle 23. Non si hanno notizie di feriti anche se sul posto è intervenuta l’ambulanza del 118. Al contrario delle altre volte, non sono stati allertati i vigili del fuoco. Sui tetti gli immigrati scandiscono lo slogan “libertà!libertà”. Un immigrato è caduto dal tetto ed è stato portato con l’ambulanza all’ospedale di Gorizia.
Dal Piccolo del 29/08/13
Immigrato aggredisce un operatore del Cie
di Luigi Murciano GRADISCA Con un cazzotto rompe il naso a un operatore del Cie di Gradisca: «Meglio andare in carcere che stare in questo inferno». È stato accontentato: prima con l’arresto, poi con il processo per direttissima. Protagonista dell’ennesimo episodio di tensione dentro le mure del centro isontino, un cittadino algerino, 38enne, di cui non sono state rese note le generalità. I dettagli dell’accaduto sono piuttosto frammentari, ma raccontano di una vera e propria aggressione che il nordafricano avrebbe perpetrato nei confronti di un dipendente della Connecting People, il consorzio siciliano che gestisce la struttura. L’aggredito sarebbe anch’esso del Nord Africa: un uomo di nazionalità marocchina, ma residente da tempo a Gradisca dove abita con la famiglia. Non è chiaro se il gesto sia scaturito da precedenti dissapori fra i due nordafricani o se piuttosto sia stato causato da un improvviso diverbio. Di certo l’algerino secondo la testimonianza di alcuni operatori avrebbe affermato in quei momenti “caldi” di non avere niente da perdere e di preferire di gran lunga una detenzione in carcere alla permanenza a tempo indeterminato nel Cie. «È un messaggio molto pericoloso – confida un operatore – perchè rischia di ingenerare altri episodi violenti. Siamo abituati alle continue minacce ma in questi giorni in molti hanno soffiato sul fuoco della tensione e la situazione all’interno è ancora molto delicata. Il Cie è peggio di un penitenziario? Vero o falso che sia – aggiunge -, se fra gli ospiti passasse il concetto che aggredire gli operatori vale un trasferimento in carcere qui dentro diventerebbe ancor di più un incubo». Nei mesi scorsi una dipendente era stata colpita alla testa con un lucchetto da un trattenuto al Cie di Gradisca. Intanto trapela anche la notizia che a Ferragosto ai dipendenti sono stati pagati gli stipendi di maggio. Sono quindi sempre tre le mensilità arretrate per dei lavoratori che continuano ad operare in condizioni estremamente complesse. Il Sap, sindacato autonomo di polizia, ha recentemente auspicato che gli operatori possano essere formati professionalmente per gestire situazioni di questo tipo anzichè essere mandati allo sbaraglio. Forze dell’ordine e militari come noto presidiano il perimetro esterno dell’ex Polonio e intervengono soltanto in caso di emergenze.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Il PD “scopre” che il CIE è un lager mentre il PDL da fiato alla bocca.
Dal Piccolo del 05/09/13
Il Pd interroga sul caso del Cie di Gradisca
UDINE Sottolineano il rispetto dei diritti delle persone, la cura della loro salute e della loro sicurezza, il supporto legale. Lo fanno presentando un’interrogazione e chiedendo un intervento urgente da parte della giunta regionale. L’iniziativa è dei consiglieri regionali del Pd Silvana Cremaschi, Franco Codega e Mauro Travanut, oltre che del consigliere di Sel Stefano Pustetto, dopo una visita al Cie di Gradisca. «Le condizioni di vita delle persone trattenute e le condizioni di lavoro di quanti operano all’interno della struttura – affermano – non ci sono apparse tali da far ritenere garantito il pieno rispetto della dignità e dei diritti delle persone, con l’insorgere di problemi di natura umanitaria, di diritto e di efficacia. Per questo ci rivolgiamo alla giunta Serracchiani – precisano – affinché verifichi le condizioni di vita delle persone trattenute e di quanti operano all’interno del Cie, facendosi carico, nei confronti del Ministero, di accertare in primis la costituzionalità delle leggi attuate in questi anni, attivandosi per l’abrogazione di eventuali norme non rispettose dei diritti dell’uomo ai sensi della Costituzione e della Carta dei Diritti umani». I consiglieri regionali si rivolgono alla Regione auspicando anche che si impegni con il ministero competente affinché «non lasci soli i Comuni che si trovano nelle condizioni di rispondere a un problema umanitario di interesse nazionale e internazionale, nel caso del Fvg il Comune di Gradisca». I consiglieri regionali, durante la loro visita, hanno potuto rendersi conto personalmente dell’eterogeneità di chi è ospitato nel Cie: immigrati clandestini, persone che vivono da decenni in Italia e che hanno famiglia e figli nati in Italia ma senza un lavoro regolare o con un permesso di soggiorno scaduto. Un’altra visita alla struttura è in programma per domani. Alessandro Cesare
Novelli (Pdl): il finto buonismo nuoce all?Italia
UDINE «Siamo alle solite: si esprime un pensiero ed ecco che puntualmente viene strumentalizzato in maniera ideologica e demagogica da un certo tipo di sinistra». Così il consigliere regionale del Pdl Roberto Novelli replica alla lettera aperta che gli esponenti del Pd di Cividale gli hanno inviato. «Sono ben consapevole – rileva Novelli – che il mio pensiero non può essere condiviso da tutti e rispetto (come ho sempre fatto) le obiezioni che sono state avanzate». «Mi pare, però, che ci siano molte altre persone di Cividale, ma anche dell’intero FVG, per non citare gli innumerevoli italiani, che la pensano come me. Personalmente ho cercato di esporre in maniera chiara e non offensiva quella che era la mia posizione in merito alle politiche che sta portando avanti il Ministero dell’Integrazione. Politiche che non possono trovare la mia condivisione, né la condivisione di tanti altri cittadini». «Ci sono immigrati, bravissime persone – prosegue l’esponente del Pdl – che vengono nel nostro Paese per avere una vita migliore, che trovano un lavoro, che si integrano nella nostra comunità e che sono anche indispensabili per la crescita economica dell’Italia, sia nella vita di ognuno di noi. Persone come quegli italiani che negli anni Venti hanno abbandonato l’Italia in cerca di fortuna, che facevano dignitosamente i lavori più umili, ma onestamente, e che la sinistra vuole equiparare ai clandestini nel nostro Paese». «Un altro discorso vale, invece, per quegli immigrati che vengono in Italia clandestinamente che non hanno nessuno intenzione di integrarsi e che delinquono. Non passa giorno, infatti, in cui non si sfogli un giornale, o si ascolti un telegiornale, e ci si imbatta in notizie di stupri (sì anche nel nostro tranquillo Friuli Venezia Giulia), aggressioni, furti, rapine, scontri ad opera di immigrati irregolari anche all’interno delle nostre strutture di accoglienza come il Cie di Gradisca. Struttura dove le nostre Forze dell’Ordine sono quotidianamente sottoposte ad insulti, ingiurie, aggressioni». «Mi dispiace per chi non la pensa come me – conclude Novelli – ma è una situazione che non può più essere accettata e che fa soltanto il gioco a quel finto buonismo che, alla fine, va a nuocere alle persone che arrivano nel nostro Paese costrette, spesso, a vivere ai margini della società e ad essere sfruttate dalla malavita per poter sopravvivere».
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Oltre allo striscione contro il CIE esposto dalla Tenda della Pace a Staranzano, c’è stato anche un volantinaggio sabato pomeriggio e sera a Gradisca da parte di compagn* triestini e dell’isontino.
QUI IL VOLANTINO
Dal Piccolo del 07/09/13
In 5mila ad ascoltare Roy Paci e la sua band
STARANZANO Successo annunciato giovedì sera per il grande Roy Paci e Aretuska, celebre band di livello internazionale, uno dei complessi più solari nel panorama musicale italiano, di orientamento ska/jazz (musica popolare giamaicana) e formato da musicisti con diverse esperienze musicali. L’immensa platea di oltre cinquemila spettatori di tutte le età, ma soprattutto giovanissimi, si è fatta trascinare dal ritmo travolgente della musica al quale è difficile resistere. E’ stata una notte indimenticabile per tanti, tiepida e sotto un cielo stellato, dove piazza Dante, presa d’assalto già qualche ora prima del concerto, è diventata come uno stadio dove una parete del municipio è diventata un megaschermo per la proiezione di immagini. Da una finestra è comparso anche uno striscione: “Cie di Gradisca, non te regghe più. Chiuso subito”. Il concerto, finito quasi a mezzanotte, è stato un coinvolgimento totale con il pubblico senza barriere con gli artisti. «Grazie di cuore – ha spesso ripetuto Roy Paci al termine di ogni canzone – siete meravigliosi. E’ proprio nei paesi come questi che si sente di più il calore delle comunità». La serata, inserita nella “Sagra de le raze” è stata organizzata un appassionato di musica della Compagnia del Carro, Thomas Peres soddisfatto per il risultato, che ha bissato il successo dello scorso anno con i Modena City Ramblers. «Da sempre – ha dichiarato – ho avuto come idea di far crescere la sagra anche dal punto di vista dei concerti. E’ il secondo anno che facciamo centro portando in piazza a Staranzano un altro grande artista». Tanti applausi, dunque, per uno scatenato e bravissimo Roy Paci (voce e tromba), si è imposto nei suoi concerti una missione. Ha suonato, scritto, arrangiato e collaborato con numerosi artisti. Tra gli italiani, Negrita, Vinicio Capossela, Piero Pelù, Subsonica e 99 Posse. Tra quelli stranieri, Manu Chao. «Ho creato questa band bravissimi musicisti nel 1998 – ci ha dichiarato Paci – non tanto per fare solo le canzoni, ma esprimere quello che di bello che ha la nostra terra, la Sicilia, che l’hanno fatto diventare sinonimo della mafia. Contro queste persone che la credono solo così abbiamo scritto una canzone di successo “Malarazza” che li condanna senza appello. Con la musica – continua Roy Paci – nel nostro piccolo combattiamo la mafia e il malaffare che hanno esteso le radici dappertutto ai danni la povera gente». «Inoltre – afferma Paci – lancio un messaggio: ogni paese deve le proprie tradizioni popolari i dialetti dappertutto nonostante le varie contaminazioni». Ciro Vitiello
«Le Ass monitorino le condizioni al Cie»
GRADISCA Più trasparenza al Cie. La Regione starebbe compiendo dei passi formali per ottenere che personale Ass possa monitorare regolarmente le condizioni di vita degli immigrati trattenuti. Lo hanno rivelato i consiglieri regionali Giulio Lauri (Sel) e Silvana Cremaschi (Pd) che ieri hanno visitato la struttura a qualche giorno dalle recenti tensioni e proteste. Lauri e Cremaschi, che hanno incontrato gli ospiti, la direzione del centro e i funzionari di Prefettura e Questura, nel loro sopralluogo sono stati accompagnati dal medico Angelo Righetti, responsabile Psichiatria della Regione. «Il Cie è meno umano del carcere – hanno affermato -. Una gabbia in cui abbondano lamiere e plexiglass e non vi sono spazi di socializzazione: niente mensa, niente campo di calcio. Chiunque potrebbe impazzire se vivesse per un anno e mezzo dentro a una gabbia, figuriamoci se è un uomo libero e l’unico ‘reato’ che ha commesso è quello della clandestinità, o se pur avendone commessi (secondo la Questura sarebbero 41 sui 42 ospiti attualmente presenti ndr) ha comunque già scontato la sua pena». Secondo Lauri e Cremaschi «i Cie devono chiudere, e Gradisca per primo». Ma fino ad allora «lo Stato deve garantire alla Regione di fare il suo mestiere: garantire attraverso i suoi tecnici l’assistenza sanitaria e verificare le caratteristiche urbanistiche di abitabilità e di dignità degli spazi. Oltre a questo, anche i consiglieri regionali devono poter entrare regolarmente nei Cie come i parlamentari». Secondo Lauri «in questa fase di emergenza le forze di polizia sono ancora all’interno della struttura, e ciò non può che alimentare la tensione». Versioni discordanti sulle conseguenze ai recenti tentativi di fuga. A detta dell’esponente Sel «per le forze dell’ordine non ci sarebbero stati scontri fisici, ma i trattenuti sostengono di essere stati malmenati una volta ripresi e riportati al Cie». (l.m.)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Fuori dal CIE era presente anche un piccolo gruppo di antirazzisti con lo striscione “Chiudiamo i lager di stato. Nè a gradisca nè altrove”.
Quando la delegazione è arrivata è stato scandito il coro “Libertà” e “Liberi tutti” ed è stato ribadito che tutti i CIE vanno chiusi. E’ stato importante essere presenti anche a questa scandenza per testimoniare e ribadire la lotta contro questo lager che dura dal 2004, portata avanti dai movimenti antirazzisti, e che è costata botte e denunce. Vedremo se alle dichiarazioni di Manconi seguiranno fatti concreti, in questi anni di dichiarazioni di intenti ne abbiamo sentite tantissime ma mai sono seguiti fatti concreti. Di sicuro continueranno le iniziative di denuncia e di lotta.
SERVIZIO DELLA RAI REGIONALE (DAL MINUTO 8.22)
ARTICOLO SU SENZAFRONTIERE
COMUNICATO E RIFLESSIONI DELLA TENDA PER LA PACE E I DIRITTI
Dal Piccolo
MERCOLEDÌ, 11 SETTEMBRE 2013
«Cie di Gradisca tra i peggiori d’Italia»
Il presidente della Commissione diritti umani del Senato Manconi in visita all’ex Polonio. Pressing sul governo per la chiusura
Russo solidarizza con le forze dell’ordine Pellegrino critica l’assenza della Regione
Piena condivisione del messaggio lanciato da Luigi Manconi e del suo forte richiamo alla revisione delle norme sull’immigrazione. Ad esprimerlo è il senatore Pd Francesco Russo. «Compito del Parlamento è vigilare affinché siano garantite le migliori condizioni possibili all’interno di queste strutture, che assomigliano a delle prigioni pur senza esserlo e che funzionano male a causa di una legge, la Bossi-Fini, non all’altezza di Paese civile. La nostra visita è stata, comunque, anche un modo per dimostrare vicinanza alle forze dell’ordine cui tocca un compito ingrato di vigilanza e, al tempo stesso, per rassicurare gli abitanti di Gradisca che la politica non si dimentica del territorio». Dalla deputata Sel, infine, una stoccata agli esponenti della giunta Serracchiani e della sua maggioranza. «Alla visita hanno partecipato autorità militari e amministratori locali. Non ho visto invece i protagonisti della politica regionale».
di Luigi Murciano GRADISCA D’ISONZO «Il Cie di Gradisca, in queste condizioni, va chiuso. Se sinora il problema non è stato affrontato e governato è anche per una gravissima sottovalutazione da parte delle autorità statuali». Non ha badato troppo ai giri di parole il parlamentare Pd Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani del Senato. Manconi e alcuni membri della commissione ieri hanno visitato la struttura di Gradisca accompagnati dal prefetto e dal questore di Gorizia, dai parlamentari Serena Pellegrino e Francesco Russo, dall’assessore provinciale Ilaria Cecot, e infine da delegati di varie associazioni e movimenti, tra cui Tenda per la pace, Asg e A buon diritto. «Oggi al Cie di Gradisca ci sono 44 persone che vivono in gabbia peggio dei carcerati. È illegale, qualcosa di indegno per un Paese civile. Non dimentichiamoci che una persona è tuttora in coma per avere cercato di sfuggire ad una situazione inumana. Un fatto che deve interrogarci e che da solo dovrebbe aprire una crisi istituzionale su questi temi» ha affermato Manconi, sostenendo che «i Cie sono in generale strumenti gravemente deficitari per la tutela dei diritti umani, inefficaci rispetto il raggiungimento dei loro obiettivi, e inutilmente dispendiosi. E quello di Gradisca – ha dichiarato Manconi, che ha successivamente incontrato la giunta comunale della cittadina isontina – è in condizioni più critiche di altri che ho visitato». Secondo il senatore Pd la Commissione «deve discutere l’intero sistema dei Cie, che va riformato. Intendo sostenere una mozione per far chiudere il Cie di Gradisca. Sostengo e condivido la richiesta elaborata dal governatore della Regione Serracchiani e dal sindaco Tommasini». Manconi ha invece esortato a fare «un distinguo tra Cie e Cara» nel dibattito attorno all’ex caserma Polonio. «La prossimità è un grave limite ed un errore, ma la struttura per richiedenti asilo presenta problematiche che, seppure impattino sulla cittadina di Gradisca, sono risolvibili. Apprezzo l’atteggiamento del sindaco e dei suoi concittadini che mai hanno dato vita a sterili invettive dimostrando grande civiltà e senso di responsabilità». Il tutto mentre a pochi chilometri di distanza il ministro della Difesa, Mario Mauro (Pdl) sul tema tagliava corto: «Non sono qui per parlare del Cie». Soddisfatto il commento sulla visita ispettiva di ieri da parte do Serena Pellegrino: «Manconi ha rilevato esattamente quanto avevo denunciato un mese fa: tutela dei diritti civili e principi umanitari non stanno di casa al Cie di Gradisca. La struttura così com’è va chiusa, a tutela delle persone trattenute e di tutti coloro che per ragioni di lavoro varcano i cancelli dei centri. L’intero sistema va ripensato».
Il Messaggero Veneto dell’11/09/13
«Se non mutano le condizioni il Cie va chiuso»
GRADISCA Tre ore di ispezione, accompagnati dai vertici di Prefettura e Questura. E una sentenza non scritta, pronunciata davanti al sindaco di Gradisca, Franco Tommasini: «Questo Cie, se permangono queste condizioni, va chiuso». Un parere personale, quello espresso dal presidente della commissione straordinaria per i diritti umani del Senato, Luigi Manconi (Pd), che probabilmente sarà appena accennato nella relazione conclusiva che raccoglierà le risultanze delle visite che i membri del consesso stanno effettuando nei centri che accolgono gli immigrati irregolari sparsi per lo Stivale. Con Manconi c’erano la parlamentare del Sel, Serena Pellegrino, il prefetto di Gorizia, Maria Augusta Marrosu, il questore Pier Riccardo Piovesana, l’assessore comunale gradiscano Linda Tomasinsig, l’assessore provinciale Ilaria Cecot, e i referenti delle associazioni pacifiste che da tempo si battono contro la chiusura del centro di via Udine. All’esterno della struttura, un drappello di manifestanti ha ribadito la richiesta di porre fine alla detenzione dei clandestini, che a loro volta hanno alzato la voce per chiedere la revisione delle leggi sull’immigrazione e la concessione di alcune deroghe sull’utilizzo degli spazi comuni del centro. Secondo Manconi «il problema del Cie può essere affrontato e governato, anche se non è stato fatto finora in alcun modo, complice una gravissima sottovalutazione da parte delle autorità statuali. È necessario distinguere poi il ragionamento tra Cie e Cara – ha detto il parlamentare democratico –. La prossimità tra i due centri a Gradisca è elemento critico ed errore, con una promiscuità che costituisce un grave limite». Per la deputata di Sel Pellegrino, «le conclusioni di Manconi sono quelle che auspicavo fossero: questa struttura così com’è va chiusa, a tutela delle persone trattenute e di tutti coloro che per ragioni di lavoro varcano i cancelli dei centri. E l’intero sistema dei centri va ripensato». Risoluto anche il sindaco della città isontina: «Dopo anni di silenzi da parte dell’amministrazione regionale, la presidente Serracchiani si è finalmente interessata al problema».(chr.s.)
Dalla Tenda per la Pace:
Alla conferenza stampa in seguito alla visita al CIE di Gradisca il Senatore Manconi ha ripetuto che il CIE di Gradisca, nelle condizioni in cui si trova attualmente, va chiuso. Ha inoltre ricordato che quella dell’uomo che si trova in coma ormai da un mese è una questione istituzionale, perchè la struttura in cui l’incidente è avvenuto è una struttura dello stato.
“Le persone vivono nelle gabbie 24 ore su 24, qui i diritti umani sono costantemente violati”.
dal Piccolo On line del 10/09/13
Il ministro Mauro a Redipuglia mentre al Cie di Gradisca c’è il caos (nota di INFOACTION è un bufala del piccolo dentro il CIE attualmente non è in corso nessuna rivolta)
Il titolare del dicastero della Difesa in visita al Sacrario: “Non sono qui per parlare degli immigrati” . Pochi chilometri più in là protesta esterna e rivolta interna
“Non sono qui per parlare del Cie di Gradisca d’Isonzo”. Così il ministro della Difesa, Mario Mauro appena giunto al Sacrario di Redipuglia, prima tappa di una serie di visite programmate in Friuli Venezia Giulia.
A pochi chilometri dal Sacrario si sta tenendo una manifestazione di protesta davanti al Centro identificazione espulsione di Gradisca in occasione della visita di Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani del Senato. Anche all’interno del Centro sale la tensione e i clandestini minacciano l’ennesima rivolta.
Sulla Siria il ministro Mauro ha ribadito che l’Italia auspica una soluzione politica della crisi e che le 33 missioni internazionali a cui stanno partecipanto le nostre Forze armate dimostrano l’impegno del nostro governo per la pace.
Ancora, Mauro ha confermato nuovi stanziamenti per la sistemazione del Sacrario di Redipuglia e del Colle di Sant’Elia. Il precedente governo aveva stanziato 500mila euro.
http://bora.la/2013/09/10/situazione-al-cie-illegale-lo-afferma-il-sen-luigi-mancone/
Situazione al CIE illegale: lo afferma il sen.Luigi Mancone
di Martina Luciani
“ Oggi al Cie di Gradisca d’Isonzo ci sono 44 persone che
vivono peggio dei carcerati. E’ illegale.”
L’ha dichiarato il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani (nella foto), al termina della sua visita al centro di Gradisca, questa mattina, 10 settembre.
“I Cie sono in generale strumenti gravemente deficitari per la tutela dei diritti umani, inefficaci rispetto il raggiungimento degli obiettivi che dovrebbero esser loro propri, inutilmente dispendiosi.”
” Quello di Gradisca – ha dichiarato ancora Manconi – è in condizioni più critiche degli altri che ho visitati. Le rivolte che ci sono state hanno causato danni e la struttura denuncia gravi difficoltà di funzionamento.
La Commissione che presiedo deve discutere l’intero sistema dei Cie, che va riformato. Ma intendo sostenere una mozione per far chiudere il CIE di Gradisca.
Attualmente questa struttura non è in grado di funzionare. E nel momento in cui sono violati i diritti dei trattenuti, non sono tutelati neanche i diritti di tutte le altre persone coinvolte.”
Manconi è stato accompagnato nella sua visita dal prefetto e dal questore di Gorizia, con i rispettivi vicari, dal comandante dei Carabinieri e dal comandante della Guardia di Finanza, dall’on Serena Pellegrino, che tra i primi aveva riferito proprio a Manconi delle inaccettabili condizioni di vita dei trattenuti, dal sen. Francesco Russo, dall’assessore provinciale Ilaria Cecot, da delegati di varie associazioni e movimenti., tra cui la Tenda per la pace e i diritti, l’Asgi, e A buon diritto.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
15 settembre 2013
IL REPORTAGE
TRA GLI IMMIGRATI DEL CENTRO D’IDENTIFICAZIONE DI GRADISCA DOPO LE RIVOLTE DELL’ESTATE
«Noi, uomini-impronta digitale»
Rinchiusi fino a un anno e mezzo perché per lo Stato non hanno un nome
Gli immigrati del Cie di Gradisca
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Da due mesi Tawfik è rinchiuso nel Cie di Gradisca, dove in agosto è stato un protagonista della rivolta che ha portato all’occupazione dei tetti, ingenti danneggiamenti, intervento massiccio delle forze dell’ordine con manganelli e lacrimogeni, dodici evasioni (sebbene tecnicamente non possano definirsi tali, giacché gli «ospiti» non sono detenuti) e un aspirante fuggiasco in coma dopo un volo da qualche metro d’altezza. È stata quella faccia da Corona a condurre la trattativa con la deputata di Sel Serena Pellegrino, per far cessare la protesta. I ribelli hanno ottenuto la riconsegna dei telefonini sottratti all’ingresso, nonostante non fossero vietati da alcuna norma, e la promessa di riapertura della mensa e del campo di calcio. Ma adesso Tawfik chiede altro: «Io voglio uscire e tornare in Marocco dalla mia famiglia», dice alla delegazione della commissione Diritti umani del Senato, guidata da Luigi Manconi, impegnata a verificare le condizioni di vita nei sette Cie attualmente in funzione, dove complessivamente sono custodite 550 persone. Il problema è che il Marocco sembra non volerne sapere di riprendersi questo ex galeotto, né risponde alle richieste delle autorità italiane. «Se mi fanno uscire vado io a parlare col console», insiste Tawfik, e si può immaginare che il console non sia ansioso di incontrarlo. Così il simil-Corona resta uno degli uomini-impronta chiusi qui dentro, riconosciuti e riconoscibili solo dalle impronte digitali, al pari degli altri 43 che vivono da prigionieri senza esserlo. Si tratta di condannati trasferiti direttamente dalla cella a pena esaurita, in attesa dell’identificazione e del rimpatrio (volontario o forzoso che sia) dovuto alla pericolosità sociale o altri motivi; oppure clandestini arrivati dalla strada, dopo un controllo di polizia che ha svelato impronte e precedenti penali, di solito droga o reati contro il patrimonio: l’unico dato certo, finché non si accertano nome e provenienza.
«Io sono stato fermato a Brescia senza documenti – racconta Jallo, dalla pelle color nero Senegal – dopo sei anni che stavo in Italia». Dice di avere una sorella e un fratello che vivono regolarmente a Parma e Brescia, ma chissà. E chissà se è vera la storia riferita da Morad Samud, tunisino che s’è visto negare la richiesta di asilo. Sostiene di essere approdato a Pantelleria, unico superstite di un equipaggio di quattro: «Gli altri tre sono annegati, nel mio Paese mi accusano di essere lo scafista di quel viaggio e dunque non posso rientrare».
Abdel Aziz Nazik è un sedicente algerino di quarant’anni che vive in Italia da diciotto, clandestino. Dal Cie di Torino è stato trasferito qui, oltre un anno fa. Ufficialmente è un senza patria: «L’Algeria ha risposto che non gli risulto, e così Marocco e Tunisia». Conseguenza, non si sa dove rispedirlo. Tra qualche mese – scaduto l’anno e mezzo che la legge prevede come limite massimo al trattenimento per gli uomini-impronta – tornerà libero con l’ordine di lasciare il Paese. Che verosimilmente non rispetterà, in attesa del fermo successivo. Un presunto connazionale di Nazik aspetta da diciassette mesi, per lui le porte si apriranno prima. A meno che non riaccada quel che è successo quando il Marocco ha accettato di riprendersi un «trattenuto» il giorno prima che scoccasse il diciottesimo mese.
La scarsa o nulla collaborazione delle autorità consolari – soprattutto dei Paesi del Maghreb, da cui proviene la maggioranza dei trattenuti – è uno dei principali ostacoli segnalati all’unisono da questore, prefetto e responsabili del Cie. Un altro è la mancata imposizione dell’identificazione delle persone in carcere. Nelle nostre prigioni gli uomini-impronta trascorrono la detenzione con nome e nazionalità virtuali, e solo quando escono comincia la trafila burocratica dell’identificazione. Di qui i trattenimenti che, secondo le statistiche di Gradisca, nel 60 per cento dei casi durano meno di sei mesi. Gli altri, quasi tutti di provenienza maghrebina, restano in media fino a un anno, qualcuno di più. Vivono in quella che, a vederla, è una galera a tutti gli effetti: camerate da otto letti e gabinetti in condizioni igieniche appena accettabili (ma dipende dagli standard di ognuno), protette da cancelli che adesso sono chiusi solo di notte mentre fino a poco tempo fa restavano serrati anche di giorno, con turni di apertura di 45 minuti ogni dodici ore, prestabiliti per ogni stanza. Ora invece, da mattina a sera, hanno libera circolazione nelle cosiddette «vasche», cortili recintati da sbarre e chiusi sopra le teste da reti metalliche, come per i mafiosi rinchiusi al «41 bis». Gabbie.
Tutti sostengono che nelle carceri vere si sta meglio, «lì il cibo è buono, qui fa schifo». Il tunisino Aymen Zini rimpiange la playstation del penitenziario svizzero dove era detenuto prima di essere mandato in Italia, perché qui gli avevano preso le prime impronte digitali. Mohamed Zeroki, algerino quasi cinquantenne, ha portato il suo materasso fuori dalla camera coi graffiti inneggianti Allah e contro gli «sbirri», dorme lì per via dell’asma. È stato condannato per «tentato furto», afferma esibendo il provvedimento dei giudici di Bologna che hanno annullato l’ordine di espulsione perché nel suo Paese «è praticata la tortura, come indicato da affidabili organizzazioni internazionali». Scontata la pena è approdato qui: «Dicono che per restare devo trovare un lavoro, ma se mi tengono qui come lo cerco?».
Siccome al momento la mensa è inagibile, come il campo sportivo, i pasti vengono distribuiti nelle camerate, dove vecchi televisori trasmettono immagini e parole inutili. Non c’è niente da fare, si aspetta solo che passi il tempo, in attesa di nulla. Un limbo blindato. In infermeria la dottoressa di turno spiega che quasi tutti gli «ospiti» chiedono psicofarmaci pesanti, che lei cerca di somministrare con parsimonia, e ogni tanto le portano qualcuno che s’è tagliato o ha ingoiato chissà che. «Atti di autolesionismo tipici dei luoghi di trattenimento coatto – dice il senatore Manconi, da sempre attento ai diritti dei reclusi -. In queste condizioni il Cie di Gradisca va chiuso». Il 20 agosto la deputata Pellegrino ha presentato un’interpellanza per chiedere ai ministri dell’Interno e dell’Integrazione «se non si intenda provvedere a una revisione della legge sull’immigrazione», nonché «verificare con regolarità che nel Cie di Gradisca vengano rispettati i livelli minimi di dignità umana e di rispetto della persona imposti dalla legge».
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Ecco gli aggiornamenti della tenda della Pace e i diritti, di seguito la rassegna stampa.
22/09 Dal CIE: “Verso le 3 del mattino 3 persone sono riuscite a scappare , ma una di loro è rimasta ferita in modo grave. Più tardi c’è stato un altro tentativo di fuga, bloccato dalla polizia. Ci sono poi stati violenti scontri con la polizia, ci sono due feriti: uno con 3 punti di sutura al viso e l’altro con contusioni al braccio e al ginocchio”
21/09 Da questa notte sono riprese le agitazioni all’interno del CIE di Gradisca d’Isonzo, le persone sono tornate sul tetto, la “causa scatenante” sembra essere stata ancora una volta la convalida ad una persona che chiede volontariamente il rimpatrio e gli viene “promesso” di settimana in settimana di esser mandato via. Durante la notte sono state tolte, da parte dei trattenuti, la maggior parte delle reti che chiudono dall’alto le gabbie. La polizia in tenuta antisommossa era sul tetto.
ore 14.30 un operatore della RAI è davanti al CIE vede del fumo, ma non sappiamo ancora l’origine (se incendio o gas lacrimogeni) all’operatore viene impedito di filmare ed è stato identificato. Le persone sono ancora sul tetto.
Dal Piccolo
23/09
Sedie contro gli agenti, tre evasi al Cie
di Luigi Murciano GRADISCA Il Cie di Gradisca è un colabrodo. Dopo un’evasione avvenuta nella giornata di sabato, altri tre immigrati sono riusciti a far perdere le proprie tracce nella notte successiva. All’interno della struttura isontina sono state, ancora una volte, ore turbolente. Una vera e propria rivolta all’ex caserma Polonio con gli ospiti che si sono alternati nell’occupazione del tetto della struttura, spaccando anche le ringhiere. E alla fine tre clandestini ce l’hanno fatta a scappare, un’evasione in pieno stile western: con delle corde improvvisate, infatti, hanno preso al lazo la ringhiera esterna e con un perfetto passaggio alla marinara sono riusciti a transitare dall’altra parte e darsi alla macchia dopo un salto nel vuoto di 4 metri. Il tutto mentre il contingente dei più facinorosi faceva arretrare dalle loro postazioni militari e poliziotti con lanci di sedie, bottiglie riempite di sassi trovati nel cantiere che, ironia della sorte, dovrebbe ripristinare la sicurezza nelle sezioni danneggiate. Il tutto è durato fino all’alba e la tensione non è scemata neppure nella giornata di ieri. «Nulla cambierà finché non saranno riparate le reti che impediscono la salita sui tetti e le uscite in massa degli ospiti. Il centro è in mano loro» protestano forze dell’ordine e operatori. I dipendenti della Connecting People, l’ente gestore del Cie, fra l’altro non ricevono lo stipendio da tre mesi. La causa dei disordini è stata la comunicazione di un rinvio di un giorno dell’uscita dalla struttura per uno degli immigrati, che successivamente alla notifica del provvedimento si sarebbe fatto prendere dal nervosismo. L’uomo, che aveva richiesto il rimpatrio volontario, dovrebbe ora essere rilasciato nella giornata di martedì. Così perlomeno gli sarebbe stato assicurato. Di certo in appoggio all’immigrato, che si è anche procurato un taglio piuttosto serio ad un braccio, è scaturita la notte scorsa anche la protesta dei compagni. Un gruppo di ospiti aveva divelto gran parte delle reti che avvolgono le cosiddette vasche di contenimento esterne alle camerate, e fra queste anche la rete che inibiva l’accesso al tetto del Cie, già teatro delle proteste di agosto. La polizia ha raggiunto i tetti, ma non vi sono stati scontri né uso di lacrimogeni per ripristinare le condizioni di sicurezza. Le nuove proteste degli immigrati arrivano a poche ore dalla risposta all’interpellanza della deputata Serena Pellegrino (Sel) al governo Letta sulle condizioni di vita all’interno della struttura. «Il Cie di Gradisca d’Isonzo e tutti i Cie d’Italia vanno completamente ripensati: attraverso un percorso parlamentare è necessario riconsiderare le modalità di funzionamento, i servizi necessari, i criteri per gli appalti» la risposta da parte del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, all’iniziativa della Pellegrino. Situazione del Cie isontino che, pochi giorni fa, il presidente della Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani, il senatore Luigi Manconi, aveva definito «illegale». «Ho ribadito nel mio intervento – spiega la deputata di Sel – che la permanenza a 18 mesi del trattenimento pone il nostro Paese al di fuori del consesso giuridico internazionale. La fuga dal Cie, è bene ricordarlo, per il nostro ordinamento non costituisce reato. Siamo pronti alla discussione in aula per rivedere le norme che regolano i Cie e l’intero impianto della legge Bossi-Fini. Non è un problema di risorse, per i Cie italiani sono già previsti interventi per 55 milioni di euro. Si tratterebbe solo di utilizzarli al meglio».
22/09
Nuove tensioni all’ex Polonio Gli ospiti tornano sul tetto
TRIESTE Torna a salire la tensione all’interno del Cie di Gradisca. La scorsa notte un gruppo di immigrati ha occupato nuovamente il tetto della struttura isontina, già teatro nelle scorse settimane di accese proteste e indicenti. Ad accendere la miccia questa volta, ha riferito la parlamentare di Sel Serena Pellegrino, sarebbe stata la comunicazione di un rinvio di un giorno dell’uscita dalla struttura per uno degli ospiti che, dopo aver ricevuto l’infelice notizia, si sarebbe fatto prendere dal nervosismo. E proprio per manifestare solidarietà al diretto interessato, un gruppetto di stranieri ha inscenato la protesta sul tetto, poi rientrata nel corso delle ore successive. Le difficili condizioni di vita all’interno dell’ex Polonio saranno al centro del dibattito intitolato “Cie, se lo conosci lo chiudi. Nuove politiche per l’accoglienza e l’immigrazione”, organizzato oggi alle 18 ad Aiello del Friuli nell’ambito della “Festa giusta” promossa dagli esponenti Sel del Friuli Venezia Giulia.