Sabato 15 giugno: altre due iniziative sul tema dei CIE
Onda Resistente
Marzo 18th, 2017 — CIE = Lager
Sabato 15 giugno: altre due iniziative sul tema dei CIE
Marzo 18th, 2017 — CIE = Lager
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Il Piccolo è sempre più demenziale nei suoi articoli, la cui inattendibilità emerge anche dal linguaggio triviale (“sbronzi”, alzare il gomito).
Il fatto evidentemente è stato ben più contenuto visto che di questo episodio non se ne ha menzione qui in zona.
Resta il fatto che un paio di ragazzi, con un passato recente segnato dall’attraversamento del canale di Sicilia e la dura accoglienza a Lampedusa (dove continuano le proteste dei migranti), hanno esploso la loro rabbia contro coloro che blindano il loro presente e futuro.
Uno della zona
da Il Piccolo del 16 luglio 2013
Fermati a fatica e rinchiusi in carcere due eritrei appena giunti al Cara da Lampedusa che si sono resi protagonisti di ripetute violenze
GRADISCA. Hanno seminato il panico fra gli automobilisti e preso a sassate i carabinieri, prima di finire in carcere e perdere con tutta probabilità ogni speranza di rimanere in Italia. Istanti di ordinaria follia l’altra sera a Gradisca lungo via Roma, all’altezza della vecchia uscita autostradale. Protagonisti due ragazzi di nazionalità eritrea (rispettivamente di 23 e 22 anni) ospiti del vicino Cara – il centro per richiedenti asilo – nel quale erano arrivati da pochissimo. A quanto si apprende si tratta di due giovani da poco sbarcati a Lampedusa con una delle tante “carrette del mare” che solcano il Mediterraneo. Una realtà recentemente toccata con mano anche da Papa Francesco. Trasferiti a Gradisca per la loro richiesta di asilo politico, i due ragazzi devono aver voluto festeggiare il nuovo approdo alzando un po’ troppo il gomito. Visibilmente alterati dall’alcol, i due eritrei non contenti hanno ben pensato di regalarsi qualche brivido in più. L’episodio si è verificato attorno alle 19: incuranti del pericolo e del traffico i due africani, particolarmente sbronzi, si sono messi al centro della carreggiata e hanno cominciato a fermare le vetture in transito. Poi si sono messi a minacciare di morte gli automobilisti e in alcuni casi a percuotere violentemente il cofano delle loro macchine. Alcuni di loro, inevitabilmente spaventati, hanno contattato via cellulare la stazione carabinieri di Gradisca. Una prima vettura del Nucleo Radiomobile è arrivata in pochi minuti ed i militari sono inizialmente riusciti a ridurre a più miti consigli i due giovani, convincendoli a spostarsi dalla strada. Quando però i carabinieri hanno tentato di procedere alla loro identificazione, gli extracomunitari hanno dato nuovamente in escandescenze, resistendo con violenza alle forze dell’ordine, insultandole e addirittura cercando di colpire i due militari con dei sassi. I carabinieri se la sono cavata soltanto con qualche escoriazione. L’arrivo di una seconda gazzella ha permesso agli uomini del Radiomobile di procedere pochi istanti dopo al definitivo arresto dei due indemoniati, che sono stati immediatamente tradotti nel carcere goriziano di via Barzellini con una serie piuttosto fitta di imputazioni: ubriachezza molesta, resistenza, violenza e minacce a pubblico ufficiale. Ma vista la gravità dell’episodio, soprattutto, i due giovani si sono giocati quasi certamente ogni residua speranza di vedersi concedere lo status di rifugiati. E così, una volta scontata la pena, per i due eritrei anzichè le porte del Cara rischiano di aprirsi quelle dell’adiacente Cie, il centro di espulsione dove vengono trattenuti gli immigrati irregolari in attesa di rimpatrio.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Se ne sono accorti finalmente…
da Il Piccolo del 3 agosto 2013
L’assessore regionale al Lavoro, Loredana Panariti, ha presentato nella riunione di giunta una relazione sulla sua recente visita al Cie (Centro identificazione ed espulsione) di Gradisca d’Isonzo, efefttuata assieme ai consiglieri regionali Franco Codega, Silvana Cremaschi, Stefano Pustetto e Mauro Travanut. La Panariti ha descritto le condizioni degli ospiti parlando di “caldo soffocante”, “camerate/gabbie”, “cibo di scarsissima qualità”, condizioni di fatto di “prigionieri” per gli ospiti “trattenuti”, che sfociano in episodi frequenti di autolesionismo. «Ho riscontrato – ha detto l’assessore Panariti in giunta – più di una analogia con gli ospedali psichiatrici pre Basaglia: gabbie in condizioni di assoluta precarietà igienica e sociale, con annessa abbondante somministrazione di psicofarmaci. Dove sta la necessità di tanta repressione e di tanto degrado? Le spiegazioni addotte dal responsabile della gestione, abbondantemente insufficienti, vanno da presunti problemi connessi alla ristrutturazione della sede a questioni di regolamento e di incolumità». La Panaeriti ha chiesto che l’Amministrazione regionale intervenga verso il Prefetto e le autorità competenti affinché siano ripristinate le condizioni strutturali e igieniche che rispettino almeno i livelli minimi di dignità umana, attualmente gravemente violati. In seconda istanza la Panariti chiede un intervento del Parlamento per chiudere i Cie.
da Il Piccolo del 3 agosto 2013 Pagina 17 – Regione
Panariti denuncia le condizioni di vita degli ospiti e sollecita l’intervento del Parlamento per chiudere il centro di Gradisca
I diritti violati Dalle gabbie agli psicofarmaci perchè tanta repressione?
GRADISCA Il Cie di Gradisca d’Isonzo assomiglia più a un manicomio dell’era pre Basaglia che a una struttura per ospitare gli immigrati in attesa di identificazione ed espulsione. Ne è convinta l’assessore regionale al Lavoro, Loredana Panariti, e lo ha detto a chiare lettere nella relazione presentata nell’ultima seduta della giunta regionale. La Panariti ha visitato nei giorni scorsi la struttura gradiscana assieme a quattro consiglieri regionali (Franco Codega, Silvana Cremaschi, Stefano Pustetto, Mauro Travanut), amministratori locali, esponenti politici e di associazioni. L’assessore regionale ha descritto le condizioni degli ospiti parlando di “caldo soffocante”, “camerate/gabbie”, “cibo di scarsissima qualità”, condizioni di fatto di “prigionieri” dei cosiddetti “trattenuti”, che sfociano in episodi frequenti di autolesionismo. «Ho riscontrato – ha relazionato l’assessore Panariti in giunta – più di una analogia con gli ospedali psichiatrici pre Basaglia: gabbie in condizioni di assoluta precarietà igienica e sociale, con annessa abbondante somministrazione di psicofarmaci. Dove sta la necessità di tanta repressione e di tanto degrado? Le spiegazioni addotte dal responsabile della gestione, abbondantemente insufficienti, vanno da presunti problemi connessi alla ristrutturazione della sede a questioni di regolamento e di incolumità». «Di fronte a una situazione come questa – ha aggiunto la Panariti – l’Amministrazione regionale deve intervenire con urgenza, verso il Prefetto e verso le autorità competenti affinché siano ripristinate le condizioni strutturali e igieniche che rispettino almeno i livelli minimi di dignità umana, attualmente gravemente violati». In seconda istanza, l’esponente di Sel ha chiesto «un intervento immediato del Parlamento per chiudere tutti i Cie». Una giudizio negativo lo aveva espresso anche Codega del Pd all’uscita dalla struttura gradiscana,«struttura che non solo non ha praticamente quasi nessuna utilità, ma si è trasformata in un luogo in cui spesso sono a rischio i più elementari diritti». «Le mense sono chiuse, gli ospiti mangiano nelle loro stanze e gli unici spazi di aria sono i cortili ristretti circondati da gabbie di ferro – rileva Codega -. Si è di fronte a un vero e proprio zoo: nessuno spazio comune, telefonate centellinate, cellulari sequestrati e contatto con l’esterno affidato a una carta telefonica di 5 euro ogni due giorni. Attività ricreativa inesistente. Ci sono disfunzioni organizzative pesanti: da due mesi le lavatrici non funzionano e vestiti e lenzuola o restano sporchi o vengono lavati a mano dagli stessi trattenuti. La consulenza legale registra ampie falle: per quattro giovani siriani non sono state ancora avviate le pratiche di asilo politico. E dopo 18 mesi in questa situazione verranno tutti rilasciati liberi.Che senso ha tutto questo», si chiede ancora Codega che come la Panariti sostiene che i Cie vanno chiusi sull’intero territorio italiano. Attualmente il Cie di Gradisca d’Isonzo, che per grandezza è il secondo in Italia, ospita 67 extracomunitari sui 240 posti disponibili. Per la loro sorveglianza vengono utilizzate 150 persone al giorno, carabinieri ed esercito. Di queste 67 persone, 20 provengono da altre carceri e 47 sono trattenute solo in attesa di identificazione. La gestione è affidata alla Connecting people, una cooperativa di Trapani. La presenza ridotta di extracomunitari è stata decisa dopo i gravi incidenti avvenuti nell’estate di tre anni fa quando avvennero nel giro di tre mesi una serie di rivolte con un totale di 60 evasioni e ingenti danni alla struttura. A fianco del Cie c’è il Cara, il Centro di accoglienza richiedenti asilo politico che invece di posti disponibili ne ha 138 che possono arrivare in caso di necessità a160. Attualmente nel Cara sono ospitati 150 immigrati.
Appello firmato da Pd, Sel e M5S per garantire dignità agli immigrati rinchiusi
TRIESTE Un’azione urgente e decisa, necessaria per garantire il rispetto e la salvaguardia della salute di chi è trattenuto nel Cie. La chiedono con voce sola sei consiglieri regionali di Pd, Sel e Movimento Cinquestelle, firmatari di un’interpellanza rivolta alla giunta. Interpellanza che prende le mosse dalla criticità delle condizioni di vita degli ospiti della struttuta, toccata con mano da Silvana Cremaschi, Franco Codega, Diego Moretti e Mauro Travanut del Pd, Ilaria Dal Zovo (M5S), Alessio Gratton e Stefano Pustetto. Quel viaggio nei giorni infernali del Cie ha permesso agli eletti di registrare «situazioni di fragilità e vulnerabilità psichica che richiedono assistenza non attuabile in un sistema di contenzione» e di verificare condizioni di vita «apparsi non tali da garantire il pieno rispetto della dignità e dei diritti delle persone». Abbastanza insomma per ritenere che «nei confronti del Cie di Gradisca si ponga un problema umanitario, di diritto e di efficacia», che non può più essere ignorato. Di qui l’appello all’esecutivo Serracchiani. «La giunta – si legge nel testo dell’interrogazione – deve intervenire nei confronti di Prefettura, Questura e altri enti competenti affinché siano garantiti il rispetto dei diritti delle persone e le condizioni di sicurezza per ospiti e operatori. Deve poi farsi parte attiva con il Viminale per il rispetto della Costituzione e per evitare che il Comune di Gradisca venga lasciato solo». Un appello per nulla condiviso dal leghista Massimiliano Fedriga. « «La giunta regionale – afferma – si occupi dei problemi della gente e non di andare a verificare se al Centro di identificazione ed espulsione fa caldo o meno»
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Di seguito riportiamo il report della visita dentro il lager della Tenda per la Pace e i Diritti.
Tenda per la Pace e i Diritti ha partecipato, con 4 membri, all’ingresso al CIE di Gradisca d’Isonzo organizzato il 26 luglio 2013 dalla Campagna LasciateCIEntrare
Qui di seguito e in allegato il nostro Report:
“SE QUESTO È UN UOMO”
Non è la prima volta che entriamo, sappiamo cosa aspettarci (e sappiamo che sarà sempre intollerabile), ma la visita al CIE di Gradisca del 26 luglio 2013 ha rilevato una situazione sempre più drammatica. L’ingresso, organizzato dalla Campagna LasciateCIEntrare, ha portato all’interno del CIE il parlamentare Nazzareno Pilozzi (SEL), il responsabile nazionale immigrazione di SEL, quattro consiglieri e un assessore della Regione Friuli Venezia Giulia, un assessore del Comune di Staranzano, due membri di ASGI, quattro di Tenda per la Pace e i Diritti e Gabriella Guido referente nazionale della campagna LasciateCIEntrare.
Capiamo già molto quando entriamo nel piccolo atrio che porta all’ala delle stanze o meglio alle celle.
Nell’atrio ci sono sei persone, di cui una di loro con le stampelle, una con la mano fasciata e un’altra con visibili tagli al collo. “Trasferitemi, vi prego fatemi trasferire in un altro CIE” –K. H. ci racconta di aver avuto problemi con altre persone. “Nessuna stanza mi ha accettato” ci spiega, facendoci vedere che la soluzione individuata dall’ente gestore Connecting People è stata farlo dormire da settimane in un corridoio, senza bagno e così ora non può nemmeno lavarsi.
Arriviamo al settore rosso, l’unico in funzione con 67 persone su 68 posti. Dalle camere da otto o dieci letti, con bagni, si accede solo a delle gabbie esterne.
È il luogo in cui stanno i trattenuti per tutto il giorno, tranne il breve tempo in cui, a piccoli gruppi, possono recarsi ai telefoni a muro dell’atrio, le volte in cui sono chiamati a recarsi negli uffici o condotti in infermeria.
Anche il cibo, di cui lamentano la scarsissima qualità, viene servito nelle camere poiché la mensa, rimessa a nuovo dopo i danneggiamenti delle rivolte di due anni fa, non viene utilizzata in quanto potrebbe rappresentare un luogo di assembramento e quindi portare ad un rischio di rivolta.
Non sono supposizioni nostre, sono le spiegazioni di rappresentanti di Prefettura, Questura e Connecing People, solo pochi minuti dopo aver ricordato che la struttura è stata costruita (a son di milioni e milioni di euro) per gestire 248 persone!
Le recinzioni esterne alle stanze da poco sono state chiuse anche con una rete metallica sopra le teste: “Questo è il cielo che vediamo noi” dice un giovane guardando verso l’alto.
L’angoscia ci prende quando l’unica immagine che la mente trova è quella delle gabbie di uno zoo…e quasi ci sforziamo a guardare bene perchè forse ci stiamo sbagliando, no, non ci sbagliamo, non ci sono animali dentro, ma uomini.
Iniziamo a parlare con le sbarre che ci dividono, un ragazzo il cui braccio è completamente segnato da tagli, si alza la maglietta
“Sto andando fuori di testa, non mi sono mai tagliato così e me ne vergogno. Voglio solo andarmene da qui, ho chiesto di essere rimpatriato, ho consegnato tutte le carte, ma il passaporto non ce l’ho e il consolato tunisino non mi riconosce come cittadino. Io 18 mesi qui non me li faccio, piuttosto mi ammazzo.”
Guardandoci attorno, ancora “fuori dalle gabbie”, vediamo due persone in sedia a rotelle, un altro con le stampelle e ancora tagli e cicatrici.
Chiediamo al responsabile della Prefettura che ci accompagna che ci aprano le celle, le porte si aprono e si richiudono subito alle nostre spalle.
Basta scambiare poche parole per capire chi è qui da più tempo e chi è arrivato da poco. Si distinguono gli sguardi di chi mantiene ancora un po’ di lucidità e vita da quelli spenti e assenti di chi assume psicofarmaci per riuscire a sopportare la detenzione.
Lo stesso direttore del CIE afferma che con il rinnovo dell’appalto (1 aprile 2013) – riconfermato alla Connecting People – in collaborazione con l’ASS 2, si sta regolamentando l’uso di psicofarmaci e ammette che in precedenza la somministrazione era massiccia, mentre ora riferisce di una riduzione di circa un terzo. “Li prendiamo, li prendiamo alla mattina e alla sera. Anche chi non ha mai preso psicofarmaci prima ,qui dentro li chiede. Però adesso se ne vuoi di più ti dicono che non ci sono”ci raccontano alcuni ragazzi.
Appare chiaro che l’uso strumentale degli psicofarmaci serve per sostenere una situazione di sempre maggiore svilimento umano. Non vi è una corrispondenza tra ciò che una persona ha fatto (un reato) e una pena (il carcere), perchè il CIE non è un carcere, ma in modo ancor più spietato vi è la detenzione e l’isolamento totale. Non è consentito possedere il proprio telefono cellulare e non si ha accesso neppure a libri, giornali e a qualsiasi materiale infiammabile. Per questa stessa ragione, le persone detenute non possono neppure avere copia del Regolamento Interno del CIE e nemmeno le informazioni legali sui Diritti dei trattenuti, ci rivela il direttore con una tale tranquillità che ci fa pensare che forse non si rende neppure conto della gravità.
S.A. è già stato trattenuto ai CIE di Roma, Milano e Caltanisetta. A Gradisca è arrivato 18 mesi fa, la sua detenzione dovrebbe concludersi ma gli hanno comunicato che, a causa di una fuga avvenuta a dicembre, il trattenimento inizierà da quando è stato ri-catturato.
Come fosse un gioco le cui regole cambiano a seconda dell’estro del momento.
Ancora da chiarire la presenza di 4 ragazzi che, secondo le carte redatte dalla Questura di Cagliari, dove sono stati soccorsi in mare, sono di cittadinanza siriana. La delegazione ha raccolto la loro volontà di fare richiesta di protezione internazionale e non si capisce perchè non gli sia stato possibile farla prima, dal momento che si trovano ormai da molti giorni al CIE di Gradisca.
Alla richiesta di spiegazioni il funzionario della Questura di Gorizia ha risposto che secondo loro non si tratta di siriani. Quando abbiamo evidenziato che non è questa la procedura prevista dalla legge, che va garantito il diritto d’asilo e lasciato l’accertamento a chi di dovere, è stato semplicemente risposto: “Ecco sì, così dopo vedrete che diranno tutti che vengono dalla Siria”
Sempre più i CIE ricordano la realtà dei manicomi, Istituzioni Totali che non svolgono la funzione per cui sono state create (si leggano tutti i dossier con i dati sulla “efficienza” rispetto a rimpatri/esplusioni, mentre siamo in attesa di ricevere quelli sul CIE di Gradisca), ma luoghi di esclusione di chi è ritenuto un peso sociale.
In questa nuova forma vi è forse una “finezza di tecnica”, che scade nel sadismo, le persone non vengono torurate direttamente, ma si creano attorno ad esse le condizioni affinchè lo facciano da sole…
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
da Il Piccolo
Tensioni innescate dal rifiuto di un gruppo di immigrati a rientrare nelle stanze dopo la cerimonia di fine Ramadan
Chiusura del Ramadan turbolenta l’altra notte al Cie di Gradisca d’Isonzo. Gli agenti della polizia, in assetto antisommossa, hanno dovuto sparare alcuni lacrimogeni e usare i manganelli per avere ragione di un gruppo di immigrati che, al termine del Ramadan, non aveva alcuna intenzione di rientrare nelle proprie stanze ed aveva chiesto di rimanere negli spazi aperti del centro, anche per il grande caldo.
Nel parapiglia, anche per sfuggire ai gas, alcuni ospiti, utilizzando una sedia a rotelle che si trovava nei paraggi, hanno infranto una lastra in plexigas spessa 28 millimetri per cercare una via di fuga. C’è voluto un bel po’ di tempo e una colluttazione tra agenti e ospiti per riportare la calma in un Cie, dove da tempo si levano segni di insofferenza da parte degli immigrati nonostante il numero sia ridotto a un terzo della capienza massima, stimata in 200 posti.
A raccontare questa turbolenta notte – i fatti sono stati confermati anche da fonti interne del Cie – è stata la parlamentare di Sel Serena Pellegrino.
da Il Piccolo del 12 agosto 2013 Pagina 13 – Regione
LA TESTIMONIANZA
GORIZIA «È stata una notte indescrivibile quella vissuta al Cie di Gradisca d’Isonzo e che ha concluso il Ramadan: i racconti che le persone recluse mi hanno consegnato durante la mia visita alla struttura sono una testimonianza delle modalità inumane con cui è gestito il Centro. E io sento l’obbligo civile e morale di portar fuori da quel recinto, ormai simile ad un lager, questa ennesima storia di violenza e violazione dei diritti umani». Questa la dichiarazione con cui Serena Pellegrino, deputata di Sel alla Camera, rilasciata al termine della visita fatta al Centro di identificazine ed espulsione e di Gradisca. «I detenuti, visto il caldo torrido di questo periodo e le condizioni bestiali in cui sono rinchiusi normalmente, hanno chiesto di poter stazionare nelle aree aperte anche al termine del Ramadan – racconta la Pellegrino -. Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: sono stati lanciati lacrimogeni e alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male, non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas». L’onorevole Pellegrino ha presenziato anche all’arrivo al Cara del gruppo di eritrei sbarcato sulle coste della Sicilia. «Nessuno dei passeggeri voleva scendere dalla corriera – dice -: la loro intenzione era ed è quella di transitare oltre l’Italia verso altri Paesi europei. Messo piede a terra, sapevano di essere immediatamente schedati, e che questo avrebbe determinato l’immediato rientro in Italia qualunque fosse la destinazione raggiunta. Quel che dicevano era che si sarebbero fatti tagliare le mani piuttosto che farsi prendere le impronte digitali». Dopo è stato raggiunto un accordo con la Questura. «Si sono fidati – dice la Pellegrino -, sono scesi e sono stati accolti – si fa per dire visto che in realtà sono stati ammucchiati uno sull’altro – al Centro. Mi auguro possano ripartire quanto prima, del resto sono consapevoli che il nostro Paese non offre loro alcuna possibilità». La Pellegrino ha riportato immediatamente la propria testimonianza alla Presidenza della Camera dei deputati, denunciando l’accaduto e sollecitando le opportune discussioni e iniziative alla ripresa dell’attività parlamentare.
Chiusura del Ramadan turbolenta l’altra notte al Cie di Gradisca d’Isonzo. Gli agenti della polizia, in assetto antisommossa, hanno dovuto sparare alcuni lacrimogeni e usare i manganelli per avere ragione di un gruppo di immigrati che, al termine del Ramadan, non aveva alcuna intenzione di rientrare nelle proprie stanze ed aveva chiesto di rimanere negli spazi aperti del centro, anche per il grande caldo. Nel parapiglia, anche per sfuggire ai gas, alcuni ospiti, utilizzando una sedia a rotelle che si trovava nei paraggi, hanno infranto una lastra in plexigas spessa 28 millimetri per cercare una via di fuga. C’è voluto un bel po’ di tempo e una colluttazione tra agenti e ospiti per riportare la calma in un Cie, dove da tempo si levano segni di insofferenza da parte degli immigrati nonostante il numero sia ridotto a un terzo della capienza massima, stimata in 200 posti. A raccontare questa turbolenta notte – i fatti sono stati confermati anche da fonti interne del Cie – è stata l’onorevole Serena Pellegrino, che poche ore dopo ha fatto visita al centro immigrati e ha raccolto le testimonianze degli ospiti. Ma per operatori e forze dell’ordine si è aggiunta poi anche una difficile situazione venutasi a creare nell’adiacente Cara, il centro per richiedenti asilo politico. Era da poche ore finito il parapiglia al Cie, che dalla Sicilia sono arrivati una quarantina di clandestini di nazionalità eritrea sbarcati nei giorni scorsi a Lampedusa. Il gruppo, tra loro c’era anche una giovane incinta, non voleva scendere dalla corriera perché non volevano essere schedati: il loro obiettivo non era l’Italia ma altri paesi europei e quindi temevano di non poter lasciare il nostro territorio. Sono rimasti per ore a bordo della corriera mentre iniziava una lunga mediazione con le autorità e solo l’intervento della Questura ha permesso di sbloccare la situazione. Al gruppo degli eritrei è stato assicurato che sarebbero evitate le consuete procedure previste: sarebbero stati provvisti di un documento con fotografia e generalità, idoneo a riprendere il viaggio in territorio italiano verso l’estero. Intanto il ministero dell’Interno, proprio per i continui sbarchi di immigrati sulle coste della Sicilia e della Calabria, ha quasi raddoppiato il numero dei posti disponibili al Cara portandoli da 138 a 204. Questo significa che nei prossimi giorni potrebbero arrivare a Gradisca d’Isonzo, che ha uno dei centri per immigrati più grandi d’Italia, altri gruppi di extracomunitari.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
da Il Piccolo
Dura presa di posizione di Serracchiani: «I centri di identificazione sono luoghi di cui dobbiamo fare a meno»
Seconda giornata di tensioni al Cie di Gradisca. Dopo gli scontri con la polizia avvenuti al termine della cerimonia di conclusione del Ramadan, alcuni ospiti ha nno deciso di proseguire la protesta salendo sul tetto del centro di identificazione ed esplusione, portando con sè anche materassi e cuscini. Gli immigranti hanno contestato alcune decisioni della magistratura locale riguardo alla posizione di alcuni migranti e chiesto una modifica alle attuali leggi sull’immigrazione.
Momenti di alta tensione, dunque, risolti solo grazie all’intervento dei funzionari della Prefettura che, al termine di una mediazione durata diverse ore, hanno convinto gli immigrati a scendere dai tetti, dove si erano rifugiati dopo aver divelto alcuni vetri di protezione antisfondamento con delle spranghe di ferro recuperate all’interno del Cie.
L’episodio ha inevitabilmente riacceso le polemiche sulla gestione della struttura e sulle condizioni di vita degli ospiti. E, per la prima volta, ad intervenire con forza è stata anche la presidente della Regione Debora Serracchiani. ««Quanto accaduto al Cie di Gradisca impone una riflessione in sede nazionale sul futuro dei centri di raccolta per immigrati perchè credo siano luoghi di cui di debba assolutamente fare a meno». Lo ha detto a Udine commentando gli episodi avvenuti in queste ultime ore. Serracchiani per Gradisca ha già fatto intervenire l’assessore all’Immigrazione Gianni Torrenti che – ha detto – «ha preso immediatamente contatto con il Prefetto e con le istituzioni locali».
dal sito della Tenda della pace
Sono circa le 21.30 del 12 agosto 2013 al CIE di Gradisca d’Isonzo (Go). Poco più di ventiquattr’ore fa l’Onorevole Pellegrino (SEL) ha effettuato una visita a sorpresa alla struttura per verificare i fatti della notte di giovedì 8 agosto (in cui cadeva la fine del Ramadan), in cui ci sarebbero stati degli scontri tra migranti e forze dell’ordine con lancio di lacrimogeni nei cortili interni delle camerate.
Motivo degli scontri il rifiuto dei detenuti di fare rientro nelle proprie stanze (stanze che si affacciano su cortili “protetti” da vetri antisfondamento ai lati e da una grata di ferro nella parte superiore) per festeggiare la fine del Ramadan e godere della frescura notturna, date le elevate temperature interne delle camerate (“aerate” dall’apertura di piccole finestrelle).
Queste le parole dell’Onorevole Pellegrino dopo la visita di sabato: “I detenuti , visto il caldo torrido di questo periodo e le condizioni bestiali in cui sono rinchiusi normalmente, hanno chiesto di poter stazionare nelle aree aperte anche al termine del Ramadan. Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: le forze dell’ordine in assetto anti sommossa hanno cominciato a lanciare lacrimogeni e ad usare i manganelli. Alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male , non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas; ne è seguita una violenta colluttazione. “
Nonostante questa denuncia, ieri sera la scena si è sostanzialmente ripetuta: dal pomeriggio quattro detenuti erano saliti sul tetto per protestare contro la situazione di totale repressione che si respira all’interno del centro: dal 2011 persiste il divieto di possedere i cellulari, provvedimento d’urgenza prorogato modificando il regolamento interno della struttura (che invece ne consente il possesso, come avviene in tutti i CIE d’Italia), i detenuti non possono uscire dai cortili-gabbia su cui si affacciano le camerate in cui dormono dalle 8 alle 10 persone se non a gruppi di due o tre, la mensa non è accessibile per evitare assembramenti (e potenziali rivolte), ad ogni tentativo di protesta la risposta rimane unicamente l’uso della forza. Con il calare della sera la situazione è degenerata, in molti si sono uniti alla protesta dei quattro (tra le venti e le trenta persone e il centro attualmente ne ospita 67), che si è fatta ancora più forte quando è partito il lancio di lacrimogeni (ben udibile anche al di fuori della struttura).
In pochi minuti al centro hanno fatto ingresso diverse camionette dei carabinieri e della polizia, un pullman dell’esercito e una camionetta dei vigili del fuoco. Chi si trovava al di fuori ha prontamente allertato il 118 (sapendo che all’interno ci sono almeno due persone con documentati problemi d’asma), che si è rifiutato di intervenire perchè la richiesta non proveniva dall’interno. Solo l’intervento telefonico dell’Onorevole Pellegrino sulla Questura di Gorizia ha sbloccato la situazione e in pochi minuti anche un’ambulanza ha avuto accesso al centro.
Consapevoli dell’interessamento della parlamentare, i detenuti si sono detti disponibili a trattare con le forze dell’ordine per scendere dal tetto, chiedendo che venisse rimosso il divieto di possedere i telefoni e che venisse ripristinato il diritto d’accesso agli altri spazi della struttura.
In molti inoltre hanno chiesto di essere trasferiti ad altri CIE, dove le procedure di identificazione (ed espulsione) sono più rapide e non si arriva a scontare una detenzione di 18 mesi: “vogliamo tornare a casa nostra, rimandateci nei nostri paesi”. Tante richieste, che da una parte evidenziano come la gestione della struttura da parte della Prefettura di Gorizia sia (volutamente?) esasperante ed oppressiva in un contesto già certamente non facile, e dall’altra mettono in luce il malfunzionamento di un sistema che continua a rivelarsi fallimentare: per stessa ammissione del sindacato di polizia Sap (in una nota di qualche settimana fa) se l’identificazione non avviene entro 60 giorni dalla detenzione è difficile che si ottenga successivamente, quindi a che pro mantenere il limite massimo dei 18 mesi? I detenuti si chiedono inoltre perchè chi ha già scontato una pena carceraria debba essere soggetto anche alla detenzione amministrativa, quando sarebbe molto più facile ( e meno dispendioso) avviare la procedura di identificazione dal carcere?
Nonostante l’arrivo, verso le due di notte, dell’Onorevole Pellegrino che ha cercato di trovare una mediazione per far scendere i detenuti dal tetto e far ottenere loro alcune delle concessioni richieste, la situazione è in questo momento in fase di stallo: già stanotte un responsabile del Viminale è stato allertato della situazione, ma per ora sembra che il Prefetto di Gorizia non si sia ancora reso disponibile a trattare.
I detenuti hanno passato sul tetto e si trovano ancora là, stremati ma determinati a ottenere ciò a cui hanno diritto.
Video di stanotte:
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
L’uomo, ricoverato in gravi condizioni all’ospedale triestino di Cattinara, stava protestando con altri clandestini sulla copertura della struttura isontina, quando nel tentativo di fuggire si è lanciato a terra, finendo per colpire violentemente una barriera
GRADISCA. Un giovane immigrato ospite del Cie di Gradisca d’Isonzo è rimasto gravemente ferito dopo essere caduto da una struttura del Centro mentre tentava di fuggire.
Soccorso, è stato portato all’ospedale di Cattinara a Trieste. Con lui è rimasto ferito, in modo più lieve, anche un altro immigrato.
L’immigrato – secondo quanto si è appreso – è rimasto gravemente ferito nella notte, dopo essersi lanciato dal tetto della struttura.
L’uomo, ricoverato in gravi condizioni all’ospedale triestino di Cattinara, stava protestando con altri clandestini sulla copertura della struttura isontina, quando nel tentativo di fuggire si è lanciato a terra, finendo per colpire violentemente una barriera.
Il secondo uomo, che aveva ugualmente tentato di fuggire, è stato trasportato all’ospedale di Gorizia.
Nelle prossime ore saranno effettuati lavori d’urgenza per ripristinare le vetrate e gli infissi divelti nel corso delle proteste dei giorni scorsi.
GRADISCA. Dopo i gas lacrimogeni, le proteste sul tetto. Non si allentano le tensioni al Cie di Gradisca, teatro da giorni di scontri tra forze dell’ordine e ospiti. Ospiti che appunto, dopo le scintille con gli agenti di polizia scoppiate in occasione della chiusura del Ramadan, hanno scelto di gridare ai quattro venti la loro insofferenza.
E l’hanno fatto salendo sui tetti, per denunciare le condizioni inumane e i tempi infiniti di trattenimento, arrivati a 18 mesi con provvedimento dell’allora titolare del Viminale Roberto Maroni. «Siamo trattati come scimmie – hanno urlato gli ospiti, in massima parte di etnia maghrebina -. Rivogliamo la libertà».
Gli immigrati per tutta la mattina sono stati guardati a vista dagli uomini della Questura di Gorizia, della Mobile di Padova e dai militari del Genova Cavalleria. E solo nel primo pomeriggio, dopo la mediazione dei funzionari della Prefettura, la trentina di ospiti asserragliati sui tetti ha accettato di scendere e rientrare nelle camerate. Nel frattempo nelle stesse ore si evolveva anche la situazione relativa ai 44 immigrati eritrea che, da Lampedusa, sono stati condotti a Gradisca per l’identificazione. Una novità non da poco, perchè con decreto del ministro dell’Interno Alfano la struttura isontina è stata destinata, oltre che a Cie e Cara (centro per richiedenti asilo) anche a Centro di accoglienza, vista l’emergenza sulle coste siciliane.
Un ampliamento di funzioni già vissuto in passato. Il gruppo di eritrei – fra loro anche una donna incinta – ha rifiutato di scendere dal pullman per le procedure di identificazione. Dopo lunghe trattative con la Questura è stato chiesto loro solamente di dichiarare le proprie generalità mentre gli era fornito un foglio di libera entrata e uscita dall’ex Polonio. Risultato: nessuno di loro è rientrato in caserma. Sono spariti.
E ieri, per la prima volta, è intervenuta con decisione anche Debora Serracchiani. «Quanto accaduto a Gradisca impone una riflessione in sede nazionale sul futuro dei centri di raccolta per immigrati. Luoghi – ha affermato la governatrice, annunciando per oggi l’incontro tra l’assessore all’Immigrazione Gianni Torrenti con il prefetto di Gorizia – in cui le condizioni di vita sono terribili e di cui bisogna assolutamente fare a meno».
da Il Piccolo
Le sue condizioni sono giudicate gravissime dai sanitari dell’ospedale di Cattinara. L’uomo, un marocchino di 35 anni, era giunto a Gradisca quattro giorni fa ed aveva in tasca il decreto di espulsione. In arrivo a ore altri 50 eritrei sbarcati gironi fa in Sicilia
Rischia di morire l’immigrato feritosi mentre cercava di fuggire dal Cie di Gradisca. Si tratta di un immigrato di 35 anni, marocchino, le cui condizioni sono giudicate gravissime dai sanitari dell’ospedale di Cattinara dove il giovane è ricoverato in terapia intensiva. L’uomo verso le 3 era salito sul tetto del Cie con l’obiettivo di evadere ma è precipitato a terra sbattendo violentemente contro delle barriere metalliche. L’uomo era stato scarcerato pochi giorni fa e da quattro si trovana al Cie. Nei suoi confronti era stato emesso un decreto di espulsione. Secondo quanto si è appreso, non intendeva rientrare nel suo Paese. L’altro immigrato, pure feritosi nel tentativo di fuga, ha riportato una ferita alla gamba e le sue condizioni non sono gravi. Intanto è atteso in queste ore l’arrivo a Gradisca di un gruppo di 50 eritrei proveniente dalla Sicilia.
da bora.la
La situazione al CIE di Gradisca d’Isonzo da sabato notte era estremamente tesa. Pareva essere culminata – dopo richieste, dinieghi, proteste, gas lacrimogeni, colluttazioni, danneggiamenti alle strutture, forze dell’ordine giunte da ogni arma possibile – con un gruppo di detenuti sul tetto del Centro.
E pareva poi essersi risolta, grazie ad una paziente opera di mediazione, cui ha partecipato con un ruolo fondamentale Serena Pellegrino, deputata di Sel alla Camera: riuscita infatti ad ottenere un incontro con Prefetto e Questore di Gorizia, i detenuti erano scesi. Una serie di richieste degli immigrati , di cui la Pellegrino si era fatta portavoce, sono state accolte: ad esempio l’uso dei cellulari e il ripristino del servizio mensa.
Ma la tensione è risalita nuovamente alle stelle la notte scorsa, quando due persone, in un tentativo di fuga, sono rimaste ferite, una molto gravemente, e sono ricoverate all’ospedale di Cattinara di Trieste e all’ospedale civile di Gorizia.
“Il ministero dell’interno intervenga immediatamente prima che succeda una nuova tragedia ha affermato la deputata di Sel che, oltre a informare costantemente il Viminale, è stata chiamata in mattinata dal sen.Luigi Mancone, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, per un aggiornamento sulla situazione. Ne è seguito l’intervento ripreso poco fa dalle news di Repubblica : “La Commissione diritti umani del Senato – conclude Manconi – aveva già programmato una visita al centro per il 10 settembre. Di fronte a quanto è accaduto nelle ultime ore, chiedo al Ministro dell’interno Angelino Alfano di affrontare con urgenza e alla radice la questione dei Centri di identificazione ed espulsione e di riconsiderare, alla luce dei risultati critici di questi anni, l’intero sistema di gestione dell’immigrazione nel nostro Paese”.
” È ora – afferma dal canto suo Pellegrino – che il governo, e la strana maggioranza che lo sostiene, si occupino di rivedere le politiche di immigrazione cancellando la Bossi-Fini e il reato di clandestinità.
Un paese civile non può più accettare questi centri di detenzione, vere e proprie galere senza le minime condizioni umane, che chiamiamo Cie. La regione Friuli Venezia Giulia , oltre a dichiararsi contro il permanere del Centro, assuma iniziative più specifiche in ambito politico e si affianchi più concretamente a coloro che si stanno battendo per la revisione normativa”
Sulla questione è intervenuto anche il consigliere regionale, capogruppo di SEL in regione, Giulio Lauri, il quale dopo si è recato questo pomeriggio a Gradisca per provare ad accertare direttamente la situazione al CIE. ”Dopo avere parlato con l’on. Pellegrino che mi ha informato di seguire direttamente la situazione all’interno del CIE, assieme a Padre Paolo Zuttion della Caritas mi sono recato all’ospedale di Gorizia per incontrare il ferito più lieve e avere una conferma della dinamica dei fatti di questa notte, ma ci è stato comunicato che era stato prelevato dal Pronto Soccorso intorno alle 14 per essere riportato al CIE di Gradisca.”
“Nel corso della giornata ho chiesto all’Assessore Torrenti un intervento deciso della Regione sul Governo, fin da queste ore, per una chiusura immediata del CIE di Gradisca, dove l’emergenza è continua ed è necessario intervenire immediatamente.
Così Andrea Bellavite, presidente del Forum Gorizia, in una nota stampa: “I Cie e i Cara non risolvono di fatto che in minima parte i problemi che ne hanno – secondo molti iniquamente – giustificato l’istituzione; aggravano semmai la situazione, esasperando i ristretti e creando immensi problemi sociali, spesso azzerando significativi tentativi di autentica integrazione nella reciprocità. Quando l’asfittica politica italiana riuscirà a trovare una risposta diversa da quella che ha portato a costruire delle vere e proprie gabbie di ferro intorno a esseri umani colpevoli soltanto di aver creduto ne mito della libera circolazione delle persone?”
Seguiremo con attenzione gli sviluppi della vicenda e vi terreno aggiornati.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
29 AGOSTO DI NUOVO SUL TETTO! Agg. al 02 settembre RASSEGNA STAMPA 24-25 AGOSTO Gradisca d’Isonzo 17 agosto 2013 (superate le 1700 visite a questa pagina) |
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Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
GORIZIA. È tornata la calma al Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo dopo i tafferugli e le proteste dei giorni scorsi.
Operai incaricati dalla Prefettura di Gorizia hanno riparato i danni causati dagli immigrati, ripristinando serramenti e vetrate antisfondamento al fine di impedire agli ospiti di avere accesso ai tetti della struttura.
Continuano comunque episodi di autolesionismo. Ieri sera un immigrato trattenuto nella struttura ha ingoiato in segno di protesta una lametta da barba ed è stato trasportato all’ospedale di Gorizia.
Intanto è stato dimesso ieri pomeriggio dal nosocomio goriziano l’immigrato che ieri mattina, saltando dal tetto, aveva riportato lievi traumi alle gambe. Resta in gravi condizioni invece il marocchino di 34 anni che si era procurato gravi ferite dopo essersi lanciato dal tetto contro una barriera nel tentativo di fuggire.
Nel pomeriggio è atteso intanto l’arrivo al Cara di una cinquantina di immigrati eritrei provenienti da Lampedusa.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
dal Messaggero Veneto 17 agosto 2013
I 64 immigrati: portateci un altro centro. Restituiti i telefonini e aperta la mensa. Sel: è una pentola a pressione pronta ad esplodere. Oggi una manifestazione
GRADISCA. «Non vogliamo più stare qui: trasferiteci altrove, anche in un altro Cie». Gli immigrati ospitati dal Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca – 64 in tutto a ieri – lo hanno chiesto a gran voce nelle scorse settimane ai rappresentanti delle associazioni autorizzate a visitare la struttura, definita «la più a rischio» nel suo genere in Italia dal deputato di Sel, Serena Pellegrino, che ieri ha effettuato un nuovo sopralluogo all’interno dell’ex caserma Polonio. Dove la situazione è tornata tranquilla, dopo i tafferugli dei giorni scorsi, anche grazie all’intervento della Prefettura, che ha deciso di accettare alcune delle richieste dei clandestini che soggiornano nel centro. E per oggi pomeriggio, è previsto un presidio di protesta, con manifestanti che arriveranno anche da fuori regione.
È tornata la calma
Impossibile, per ovvie ragioni, accettare la richiesta degli immigrati di rivedere il comma della legge Bossi-Fini che dispone la permanenza dei clandestini nei Cie fino a un massimo di 18 mesi. Prefettura e Questura, però, su pressione della Pellegrino, hanno riconsegnato ieri agli ospiti del cento i loro cellulari, sequestrati nei mesi passati.
Altra concessione: è stata riaperta la sala mensa, dove gli immigrati potranno consumare i pasti. Fino a oggi pranzi e cene erano distribuite in stanza o negli spazi comuni, «autentiche gabbie, degne di uno zoo», ha spiegato Jenny, referente dell’associazione Tenda per la pace e i diritti. Nei prossimi giorni sarà ripristinato inoltre il campetto di calcio, chiuso da due anni.
«Rispetto ai giorni dei disordini la situazione è certamente più tranquilla, ma all’interno del centro si vive una situazione di emergenza costante – ha spiegato la deputata di Sel –. Il Cie gradiscano è quello più a rischio a livello nazionale, è una pentola a pressione. Con, in più, una situazione igienico-sanitaria che resta di alto degrado».
Oggi la manifestazione
Per questo pomeriggio (dalle 17) è previsto un presidio di protesta pacifico organizzato davanti al Centro dall’associazione Tenda per la pace e i diritti: «Chiederemo la chiusura del Cie, una struttura nella quale è stato progressivamente tolto tutto – ha spiegato una referente del sodalizio –. Un paradosso? Gli operatori ormai non consegnano neppure più il regolamento agli immigrati per timore che questi lo usino per appiccare incendi. Assistiamo a continue violazioni, delle quali è responsabile la Prefettura: per questo chiediamo che il prefetto di Gorizia rassegni le dimissioni».
Tre settimane fa alcuni componenti dell’associazione hanno avuto modo di visitare il Cie e parlare con gli ospiti: «Ci hanno detto che pur di non stare qua sarebbero disposti ad andare in altre strutture analoghe, che in molti casi hanno già visitato, a dimostrazione che quello di Gradisca è uno dei peggiori in Italia».
All’incontro di ieri all’esterno del Cie hanno preso parte anche il garante dei detenuti del carcere di Gorizia, don Alberto De Nadai e don Pierluigi Di Piazza del Centro Balducci di Zugliano: «Nel Cie sono violati tutti i diritti più elementari e costantemente lesa la dignità umana: un luogo come questo va chiuso subito. L’Italia, purtroppo, non ha un vero progetto sull’immigrazione», ha detto il sacerdote.
M5S e Pd: va chiuso
«Era prevedibile che il Cie di Gradisca diventasse per l’ennesima volta teatro di episodi di violenza e di disperazione. Fino a oggi non si è fatto nulla per risolvere la situazione». È la presa di posizione della consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo, che paventa il rischio che «in regione arrivino almeno 500 immigrati al mese, destinati ad aumentare a dismisura il numero dei clandestini presenti in Fvg. È una situazione insostenibile».
Sulla necessità di chiudere il Cie insiste anche Franco Codega (Pd): «Lo avevamo già detto all’indomani della visita di qualche settimana fa: il centro, almeno così come oggi è gestito, va chiuso – spiega Codega –. Le condizioni di vita delle persone ivi trattenute sono inaccettabili. Sono molto più restrittive di quanto previste dalle direttive europee in proposito e sono spesso al limite del rispetto dei diritti umani».