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CIE DI GRADISCA: iniziato lo svuotamento!

da Il Piccolo on line del 5 novembre 2013

Al Cie di Gradisca non sarà sgombero totale

Secondo la Questura sono ancora agibili 18 posti letto, Intanto 36 immigrati vengono trasferiti a Trapani

È iniziato lo svuotamento del Cie di Gradisca con il trasferimento a Trapani di 36 immigrati. Ma al momento non è previsto lo sgombero totale perchè all’interno della struttura dovrebbero rimanere una decina di ospiti. Secondo la Questura di Gorizia restano infatti agibili complessivamente 18 posti letto. Aria di fermento anche tra i dipendenti della Connecting people, la cooperativa che gestisce il centro immigrati, che da mesi attendono di essere pagati. Hanno convocato un’assemblea per decidere iniziative da intraprendere per arrivare a una soluzione del loro problema.

 

 

Scatta lo sgombero del Cie di Gradisca

 

Roma dispone il trasferimento degli immigrati: i primi 38 partiranno oggi per Trapani. Il Sap: «Lo Stato si arrende»

di Luigi Murciano

 

GRADISCA. Il Cie di Gradisca, ormai in ginocchio, sarà svuotato. Da subito. La clamorosa decisione è stata presa ieri dal Ministero dell’Interno ed è trapelata nel tardo pomeriggio: per disposizione del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale sarà attuato un maxi-trasferimento di ospiti al Cie di Trapani. Secondo alcune indiscrezioni, potrebbe essere il primo passo verso una temporanea chiusura del centro in attesa che sia ripristinata la sua completa funzionalità dopo i tumulti degli ultimi mesi che lo hanno praticamente distrutto.

Scatola vuota

Il provvedimento preso ieri riguarda ben 38 clandestini che questa mattina alle 11.30 partiranno alla volta della Sicilia. A questi vanno sommati i 12 stranieri irregolari per i quali in queste ore sono state accelerate le operazioni di rimpatrio o di allontanamento dall’ex Polonio. Altri potrebbero avere la stessa sorte nelle prossime ore. Di fatto, dunque, da oggi l’ex Polonio – che ospitava poco più di una sessantina di persone – diventa una scatola praticamente vuota. È invece pienamente operativo il vicino Cara-Cda, che ospita profughi e richiedenti asilo e non presenta profili di criticità.

Il giallo della chiusura

Un provvedimento talmente forte che in serata si sono diffuse voci – non confermate – sul fatto che tale provvedimento del Viminale possa costituire il preludio ad una possibile chiusura temporanea dell’ex caserma Polonio. Provvedimento a lungo invocato dal centrosinistra (sia a livello nazionale che locale, in primis dal governatore Serracchiani), ma che sarebbe tutt’al più finalizzato al completamento dei lavori di ripristino delle sezioni letteralmente devastate dai migranti nel corso degli ultimi tre anni. L’impressione è che la situazione sia molto fluida, al punto che neppure Prefettura e Questura hanno confermato o smentito qualsivoglia scenario.

Il realismo del sindaco

Senza conferme ufficiali da parte delle istituzioni statali, il sindaco della cittadina isontina Franco Tommasini non pare volersi fare troppe illusioni. Ma è convinto che il momento per chiedere a gran voce la chiusura del Cie è non era mai stato piu’ propizio. «La chiusura mi sembrerebbe in questo momento un passaggio logico – afferma senza mezze misure -. Sappiamo perfettamente in che situazione si trovi la struttura in questo momento. Presenta condizioni precarie per la sicurezza e la dignità sia dei trattenuti sia di chi vi lavora, operatori e forze dell’ordine su tutti. Non c’erano mai state sinora condizioni più adatte di queste per chiedere la chiusura del Cie. Auspico – conclude – che ora la politica possa fare sentire la sua voce in questa fase di transizione. Ma non mi faccio illusioni, e non voglio che se ne facciano i miei concittadini».

La reazione dei poliziotti

«A quanto pare quella presa a Roma è una decisione politica, non operativa – commenta Angelo Obit, segretario provinciale del Sindacato Autonomo di Polizia/Sap -. Di fatto lo Stato si arrende a chi ha devastato il centro. Persone, lo ricordo, in attesa di espulsione e rimpatrio perchè provenienti dal circuito carcerario e ritenute pericolose. Persone che con i disperati di Lampedusa o i richiedenti asilo del Cara non c’entrano nulla. Il messaggio che passa con questo provvedimento – conclude amaro – è che con la violenza si può ottenere tutto, persino la sospensione di regole democraticamente votate e alle quali la politica non è sinora stata capace di proporre delle alternative».

La situazione oltre le sbarre

Anche ieri, intanto, si sono registrati momenti di tensione. Gli ospiti hanno trascorso la giornata ammassati nell’unica camerata ritenuta agibile e sul pavimento del corridoio che conduce al centralino. Due immigrati hanno compiuto atti di autolesionismo: uno ha ingoiato diversi oggetti tra cui mollette, chiavi e pezzi di plastica. Un secondo si è ferito alla testa sbattendosela nelle sbarre. Sullo sfondo, altre tre situazioni arroventano il caso-Cie: oggi i dipendenti denunceranno gli ennesimi ritardi nell’erogazione dei salari; sabato la galassia di movimenti e associazioni anti-centro protesterà davanti alla struttura; domenica invece è annunciato a Gradisca il segretario del Carroccio Matteo Salvini.

 

da Il Piccolo del 05 novembre 2013

 

«La politica dica basta una volta per tutte»

GRADISCA «Bisogna avere una volta per tutte il coraggio di dichiarare che questa struttura è completamente inagibile». Serena Pellegrino sulla possibile svolta nel caso Cie è stata quasi profetica. La parlamentare del Sel ieri mattina si era recata in visita all’ex Polonio per verificare di persona la situazione dopo le rivolte che hanno messo in ginocchio il centro di Gradisca. L’impressione è che il pressing della deputata friulana, così come la precedente interpellanza urgente del senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, nelle ultime ore abbiano giocato un ruolo chiave nel giungere alla clamorosa decisione del maxi trasferimento di immigrati irregolari a Trapani. Al termine del suo sopralluogo Pellegrino aveva descritto la situazione al centro dopo i disordini e gli incendi delle scorse notti, sollecitando per l’ennesima volta la chiusura. «Ho voluto entrare al Cie per verificare di persona il contesto in cui si trovano gli immigrati – ha affermato -. Non servono le mie competenze tecniche di architetto per affermare che la struttura va chiusa: è inagibile nella sua interezza visto che le stanze si trovano in assoluto stato di degrado e che le persone sono trattenute in condizioni igienico sanitarie indescrivibili. Nelle prossime ore intendo verificare concretamente questa vergognosa situazione». A fine mattinata, la Pellegrino aveva chiamato le istituzioni alle loro responsabilità: «Il mio intervento politico pone una domanda di evidente gravità: chi si assume la responsabilità del fatto che il Cie di Gradisca è rimasto comunque operativo, nonostante le ripetute specifiche denunce e le richieste di chiusura, e nonostante il ministro dell’Interno abbia formalmente riconosciuto che il meccanismo nel suo complesso va rivisto e che in tutti i centri le modalità di gestione debbano assicurare alle persone il rispetto della dignità umana e garantire normali condizioni igienico sanitarie? Mi è stato riferito – ha proseguito Pellegrino – che dopo i disordini di questi giorni si sono succedute con significativa rapidità le espulsioni dall’Italia e lo spostamento di diverse persone in altri Cie italiani. Ritengo che questo processo possa proseguire scongiurando l’accadere di nuovi incidenti e di ulteriori manifestazioni». (l.m.)

CHIUSO IL LAGER DI GRADISCA!

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FOTO E RASSEGNA STAMPA DEL CORTEO

 

Sabato 16 corteo CIEmaipiù

Rassegna stampa 14 novembre

 

Foto e report del presidio
 

SABATO 9 NOVEMBRE ALLE 17.00 SOTTO IL CARCERE DI GORIZIA PRESIDIO SOLIDALE COI RECLUSI INCARCERATI

DOPO LE RIVOLTE NEL CIE

Aggiornamenti 9 novembre
 

Aggiornamento 7 novembre:il CIE è ufficialmente chiuso. Ora inizia la battaglia affinchè non riapra mai più.
Aggiornamento 6 novembre ore 15.00:

è ormai ufficiale il CIE chiuderà entro oggi pare per almeno sei mesi.

Aggiornamento 6 novembre ore 10.25: gli ultimi detenuti dovrebbero essere usciti tutti nelle prime ore del mattino di oggi. Due persone avevano fatto richiesta di asilo, hanno fatto la commissione di urgenza ieri pomeriggio e sono in questo momento in volo verso Trapani. Gli altri, tutti algerini, sembra avessero i documenti per essere rimpatriati e che abbiano fatto richiesta di rimpatrio volontario (erano al CIE da “poco” tempo). Non abbiamo notizie se i rimpatri sono già avvenuti…

 

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CIE DI GRADISCA: rassegna stampa del 06-7-8/11

Dal Piccolo del 08/11/13

 

Il Viminale “dimentica” il Cie di Gradisca

Nessuna comunicazione ufficiale sui lavori di ristrutturazione. Gli immigrati trasferiti in Sicilia innescano nuove proteste

di Luigi Murciano

GRADISCA. Non esiste una data per l’inizio dei lavori di ristrutturazione del Cie di Gradisca. E non è chiaro neppure se l’eventuale riapertura dell’ex Polonio sarà progressiva o bisognerà attendere che siano recuperate in blocco tutte e tre le sezioni rese inagibili dalle rivolte degli ospiti degli ultimi tre anni. L’impressione è che, dopo averne azzerato le presenze, sulla struttura di Gradisca il Viminale voglia quasi prendersi una pausa di riflessione. A confermare come da Roma non vi siano novità sostanziali è Giuseppe Donadio, capo di gabinetto della Prefettura di Gorizia. «Ad oggi non abbiamo comunicazioni ufficiali sull’inizio dei lavori e sulla loro durata – spiega – nè sappiamo se l’eventuale riapertura avverrà a blocchi o bisognerà attendere che tutte e tre le sezioni siano ripristinate». Una situazione di incertezza che ricorda da vicino quella di altri Cie italiani: nei mesi scorsi a chiudere temporaneamente i cancelli erano stati i centri di Brindisi, Bologna, Modena e Crotone, mentre le altre 8 strutture ancora operative registrano ogni giorno la chiusura di alcuni padiglioni a causa delle rivolte degli ospiti.

Un’altra certezza su Gradisca però c’è: ed è che per disposizione del Ministero dell’Interno i giornalisti non potranno visitare ciò che rimane dell’ex caserma. Disposizione che, però, non riguarda i consiglieri regionali. Oggi gli esponenti di Sel e Pd Giulio Lauri, Silvana Cremaschi, Diego Moretti e Stefano Pustetto visiteranno il Centro di identificazione ed espulsione.

Intanto dalla Sicilia rimbalza la notizia che i 36 immigrati trasferiti da Gradisca al Cie di Milo hanno dato vita a una veemente protesta non appena sistemati nel centro trapanese, salendo sui tetti e urlando la propria rabbia sino a sfiorare il contatto con le forze dell’ordine. In una situazione di stallo ed enorme incertezza, la dialettica politica non cessa di arroventarsi. Per il presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato, Luigi Manconi, il provvedimento di chiusura temporanea «deve diventare presto una chiusura definitiva. Quegli spazi vengano utilizzati per ampliare il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara-Cda ndr) situato a pochi metri». Per la consigliere del M5S Ilaria Del Zovo le condizioni di trattenimento degli immigrati al Cie erano ormai «oscene». «Questo non per colpa degli operatori e delle forze dell’ordine – precisa – che anzi hanno operato in condizioni difficili e alle quali va la nostra solidarietà. Ma è giunto il tempo di una totale revisione della normativa sull’immigrazione». Il deputato della Lega Nord Massimiliano Fedriga punta l’indice sulle dichiarazioni rilasciate dal centrosinistra: «Le parole di Serracchiani, Gherghetta e del sindaco Tommasini lasciano esterrefatti. Chiudere la struttura significherebbe alzare le mani e ufficializzare la sconfitta dello Stato di fronte alla violenza di un manipolo di clandestini. Razzismo il nostro? No – conclude Fedriga – razzista è chi non tutela i cittadini di questa regione». Duro anche il Pdl: «La sinistra – attacca il Pdl Rodolfo Ziberna – non ha mai condannato l’inaudita violenza dei protagonisti e, anzi, ha solidarizzato con loro». Anche il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti, infine, aderisce all’appello di Melting Pot per la chiusura del Cie di Gradisca che culminerà in una mobilitazione della galassia antirazzista sabato 16 novembre.

 

 

Dal Piccolo del 07/11/13

Cie di Gradisca chiuso per almeno 6 mesi

La struttura devastata, dopo la partenza degli ultimi nove ospiti, attende i lavori di bonifica. Bagarre politica sulla riapertura
Gli addetti del centro accusano Pellegrino: «Sposta il problema e ci lascia senza lavoro»

Monta la preoccupazione dei lavoratori di Connecting People. Già provati dalla vicenda dei ritardi nell’erogazione degli stipendi – dalle 4 alle 6 mensilità arretrate – per i lavoratori della coop siciliana lo stop al Cie rischia di rappresentare il colpo di grazia. Il loro timore è che, a causa della chiusura, arrivino i tagli di organico. La preoccupazione serpeggia su Facebook contro la parlamentare Serena Pellegrino (Sel). «Da anni senza essere ascoltati ma dipinti come aguzzini abbiamo tentato di migliorare le condizioni di vita degli ospiti e nostre – uno dei commenti – lei in soli tre mesi riesce non solo a far chiudere la struttura spostando soltanto il problema in altre regioni, ma ad aumentare il mare di disoccupati che la chiusura comporterà». E un altro: «Da domani resterò a casa. Non prendo la paga da luglio ma ho sempre continuato a lavorare senza protestare platealmente. Ho visto invece persone contrarie al Cie sfasciare tutto, ottenere la chiusura del centro e addirittura la solidarietà di parlamentari. Devo forse sfasciare ed incendiare qualcosa anch’io?». Pellegrino ha cercato il dialogo: «Tenere in cattività delle persone perché generano posti di lavoro non è giustificabile». (l.m.)
di Luigi Murciano wGRADISCA Almeno sei mesi. Secondo indiscrezioni sarebbe questa la durata della chiusura temporanea del Cie di Gradisca decisa dal Ministero dell’Interno. Da ieri, completamente svuotata, l’ex caserma Polonio è a disposizione del Viminale. Uno stop per ora meramente tecnico e necessario ai lavori di ripristino (definiti «urgenti») della completa agibilità della struttura: in particolare nella “zona rossa” messa a ferro e fuoco dagli “ospiti” nel corso degli ultimi due mesi. Il prefetto di Gorizia Maria Augusta Marrosu ha confermato come proseguiranno i lavori di ripristino in altre due sezioni, la “zona verde” e la “zona blu” (quella più capiente con i suoi 136 posti). Quest’ultima sarebbe in realtà la più prossima ad ottenere l’agibilità, essendo i lavori di restauro praticamente conclusi. Eppure, per molti a sorpresa, ciò non ha indotto il Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del Viminale a tenere aperta la struttura, neppure a basso regime. Anche da questo elemento si evince come la decisione proveniente da Roma sia stata più politica che tecnica, per usare un’espressione circolata fra i bene informati. Quello che è certo è che l’azzeramento del Cie da ieri è completato. Anche l’ultimo manipolo di clandestini ha lasciato la struttura di via Udine: erano in tutto 9, principalmente di nazionalità algerina. Sono stati in parte trasferiti nelle strutture “gemelle” di Milano e Trapani (qui anche due immigrati che avevano richiesto la protezione internazionale e per i quali è stata convocata d’urgenza l’apposita commissione) e in parte espulsi con accompagnamento alla frontiera. Chiuso un capitolo, ne resta aperto un altro. Quello del dibattito politico sul destino della struttura. Se dal centrodestra si è parlato esplicitamente di «sconfitta dello Stato e delle regole» e si auspica una riapertura in tempi ragionevoli, sul versante opposto il “punto” messo a segno con lo svuotamento e azzeramento del Cie apre nuove prospettive. C’è chi intravede lo spazio per fare in modo che la chiusura da temporanea diventi definitiva e chi si accontenterebbe se la struttura diventasse solo un centro per richiedenti asilo politico. «Non dava più alcuna garanzia di sicurezza e di civiltà. Siamo pronti a un confronto con il governo per trovare delle alternative, mi pare sensato di risistemare gli spazi del Cie e allargare il Cara» dice la governatrice Debora Serracchiani. Se la Regione e il Comune di Gradisca si erano impegnati a chiederne la chiusura o l’«umanizzazione», il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta rincara: «Questo è il momento giusto per mettersi assieme e dare una definitiva spallata al Cie – dice – Scriveremo al ministero dell’Interno per la chiusura della struttura di Gradisca e inviteremo i venticinque comuni e la Regione a fare altrettanto». Giulio Lauri, presidente del gruppo Sel in consiglio regionale, di «umanizzazione» non vuole sentire parlare, ma soltanto di chiusura. All’orizzonte, ad arroventare ulteriormente il caldo autunno del Cie, due manifestazioni di segno opposto: sabato 16 quella della galassia di associazioni antirazziste, appena 24 ore dopo quella della Lega Nord (erano stati annunciati Calderoli, Salvini e Fedriga) inizialmente destinata a “ripulire” il muro dell’ex Polonio dalle scritte pro-libertà e chiusura del Cie da parte degli attivisti no-Cie (il muro è stato precauzionalmente fatto imbiancare dalla Prefettura). «La sinistra vuol far credere che queste persone siano costrette a subire trattamenti inumani da parte degli operatori e delle forze dell’ordine – dice il deputato leghista Massimiliano Fedriga – Oltre a ledere l’immagine di chi svolge il proprio lavoro, fornisce il pretesto alle organizzazioni criminali per intensificare i cosiddetti viaggi della speranza». L’impressione è che la partita sul centro immigrati di Gradisca sia ancora tutta da scrivere. Daccapo.

 

 

Dal piccolo on line del 06/11/13

Via gli ultimi nove ospiti. Poi il Cie chiude

 

Stop provvisorio per ripristinare l’agibilità della struttura. Già in giornata il probabile completamento dello sgombero

di Luigi Murciano

 

GRADISCA. L’«azzeramento» del Cie di Gradisca non si ferma. E anzi, probabilmente già oggi, l’ex Polonio potrebbe chiudere fino a data da destinarsi. Lo sgombero avviata a sorpresa dal Viminale ieri mattina ha vissuto, come anticipato dal Piccolo, la sua prima puntata: 36 ospiti sono stati trasferiti nel Centro di identificazione ed espulsione di Milo (Trapani) con un volo targato Poste Italiane partito dall’areoporto di Ronchi. Per altri 13 stranieri irregolari, invece, sono state disposte,e accelerate, le operazioni di rimpatrio nei paesi d’origine. Due immigrati avrebbero nel frattempo formalizzato richiesta di protezione umanitaria. Secondo quanto appreso, sino al tardo pomeriggio di ieri dietro le sbarre dell’ex caserma Polonio rimanevano solo nove immigrati, a fronte di una capienza di 248 posti. E già oggi, secondo alcune indiscrezioni, anche loro dovrebbero lasciare Gradisca per essere smistati tra i Cie di Milano, Torino e Trapani.

Per tutta la giornata di ieri, mentre il filo diretto Roma-Gorizia era evidentemente tanto serrato quanto riservato, si sono rincorse voci ed ipotesi su quale sarà ora il destino della struttura. Il Cie isontino, appare a questo punto scontato, verrà presto interessato da lavori di ristrutturazione e ripristino della sicurezza. Ma è chiaro che sotto il cielo della politica c’è chi – fra gli schieramenti contrari alle attuali norme sull’immigrazione – spera che la chiusura da provvisoria possa diventare definitiva. O auspica, come obiettivo minimo, che si arrivi ad una “umanizzazione” del centro. In attesa di conferme ufficiali sullo stop, seppur provvisorio, all’operatività del centro che tardano ad arrivare, la Questura di Gorizia si è limitata a precisare che nel centro sono attualmente agibili ancora 18 posti letto e che «al momento non è contemplata l’ipotesi di uno sgombero totale». A quanto risulta però, come detto, anche per i nove ospiti rimasti stanno per scattare – a seconda dei casi – o il trasferimento in altri Cie (nella fattispecie Milano, Torino e Trapani), oppure del rimpatrio, o infine dell’intimazione a lasciare il territorio italiano entro una settimana.

Uno scenario che porterebbe dunque al definitivo svuotamento della struttura. E che sarebbe avvalorato anche da un secondo retroscena: sarebbe infatti già pronta una disposizione della Questura destinata ad azzerare nei giorni a venire anche i dispositivi di vigilanza. «Provvedimento che avrebbe del clamoroso, se si pensa che la struttura è stata sorvegliata persino negli anni della sua costruzione quando non aveva neppure ospitato il primo clandestino», riflettono i sindacati di polizia, che continuano a parlare di «uno Stato che si è arreso» e respingono sdegnati al mittente le accuse di violenze e pestaggi sugli immigrati.

Sul destino della struttura sembra non avere dubbi invece il presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato, Luigi Manconi. «Il Cie di Gradisca è stato svuotato e temporaneamente chiuso come ripetutamente chiesto al ministro Alfano negli ultimi mesi, anche da parte di parlamentari e amministratori del territorio. A questo punsto, propongo che si arrivi alla chiusura definitiva e che la struttura venga utilizzata, una volta ristrutturata, per ampliare il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara-Cda) situato a pochi metri».

Intanto, in una situazione a dir poco fumosa, la polizia ha individuato una parte dei responsabili dei disordini scoppiati all’interno del Cie tra mercoledì e sabato scorsi. Alcuni immigrati sono stati denunciati per danneggiamento; un cittadino nordafricano è accusato di lesioni per aver aggredito un altro ospite del centro, che si sarebbe rifiutato di gettare addosso agli operatori una bottiglia riempita con escrementi.

 

 

La giunta accelera sull’addio definitivo

Torrenti: «Il governo sposi la nostra linea». Pdl critico: «Lo Stato non ceda». Fedriga scrive ad Alfano

TRIESTE Gli sviluppi inattesi del caso Gradisca, hanno riacceso lo scontro politico sul destino del Cie. Se nel centrosinistra fiutano che il momento è propizio come non mai per insistere sulla chiusura dell’ex Polonio, nello schieramento opposto si parla senza mezze misure di «sconfitta del diritto». «Auspichiamo che le posizioni espresse da tempo dalla giunta regionale sul Cie di Gradisca siano fatte rapidamente proprie anche dal governo nazionale – afferma l’assessore Gianni Torrenti -. Il Cie era una struttura sorta con criticità intrinseche e ormai insostenibile già da tempo, da prima che cominciassero i recenti ed eclatanti episodi di rivolta». «Lo svuotamento della struttura in atto in queste ore – rincarano la dose Serena Pellegrino e Giulio Lauri di Sel – non rappresenta il punto d’arrivo, ma di partenza. Vorremmo il Cie chiuso per sempre, anche questo risultati oggi appare irrealistico». Pellegrino propone quindi che il Cie sia destinato – come i Cara – ad accogliere persone per tempi molto brevi, in condizioni abitative ed igieniche più adeguate e capaci di tutelare anche operatori e forze dell’ordine. Di altro tenore le argomentazioni di Rodolfo Ziberna. Pur ammettendo che la chiusura del Cie «non può essere messa in discussione a seguito dell’ormai totale inagibilità», il consigliere Pdl auspica che la struttura, una volta ristrutturata e riparata, venga riaperta. «È necessario – rileva – che i responsabili delle devastazioni di questi giorni, degli atti di inciviltà e dei danneggiamenti ad una struttura pagata con i soldi dei contribuenti, siano individuati e per questo perseguiti. A differenza di altri immigrati bisognosi di accoglienza, questi stranieri irregolari hanno deciso di far valere la loro ragione con la forza. La chiusura – è una sconfitta del diritto, delle regole democratiche ed assistenziali e della corretta accoglienza». Sulla stessa lunghezza d’onda il collega Roberto Novelli: «Che i detenuti al Cie siano trasferiti è una buona notizia per Gradisca, trattandosi nel 97% dei casi di persone con precedenti penali – riflette – Ma c’è anche l’altro lato della medaglia: non è ammissibile che lo Stato abbia ceduto alle pretese di alcuni immigrati che negli ultimi mesi non hanno fatto altro che alzare il livello dello scontro per scampare all’espulsione». Critico anche il deputato leghista Massimiliano Fedriga, che ha presentato un’interrogazione al Viminale: «È la stessa direttiva comunitaria sui rimpatri a prevedere la presenza sul suolo nazionale dei Cie, in quanto funzionali all’identificazione e all’espulsione dei clandestini – afferma -. Pertanto il ministero deve chiarire la propria posizione sul futuro del Centro di Gradisca, indicando con trasparenza le tempistiche dei lavori di ripristino al fine di riportarlo a una piena operatività, e rende noto il bilancio dei danni provocati durante le proteste». (l.m.)

 

LA PROTESTA

Operatori senza paga Pressing sul Viminale

pazienza al limite Scatteranno nuove forme di lotta se Roma non darà risposte

TRIESTE Un giovane algerino, da 12 anni regolarmente in Italia, che si vede sospendere il figlio dall’asilo perchè la famiglia non riusciva più a permettersi la retta. Una signora della zona che si vede offrire aiuto da una profuga: «Se ti servono soldi per mangiare, te li presto io». Forse bastano queste due istantanee per fotografare in maniera cruda ma reale la situazione dei dipendenti di Cie e Cara di Gradisca. Proprio nelle ore in cui il primo dei due centri immigrati di via Udine sta per chiudere, i lavoratori – che a questo punto temono anche seriamente di restare senza impiego – si sono riuniti in assemblea per denunciare i continui ritardi nell’erogazione degli stipendi. Non ce la fanno più. Non solo il loro lavoro è rischioso e usurante, ma molti dei dipendenti della Connecting People – il consorzio trapanese che gestisce le due strutture – non ricevono la paga da 4 mesi. E i liberi professionisti che prestano servizio a Cie e Cara (compresi medici e infermieri) sono fermi alla mensilità di aprile e in qualche situazione persino a gennaio. «Forse anche nel nostro caso i diritti umani vengono calpestati, ma i politici che ora fanno passerella ci hanno completamente dimenticato». In tutto i lavoratori del centro sono una settantina. E ora, ricucito lo strappo con i sindacati (all’assemblea di ieri erano presenti Luca Manià, Cgil Funzione Pubblica, e Michele Lampe per la Uil-Fpl di Gorizia) fanno sul serio. Presenteranno un documento ufficiale al Viminale e alla Prefettura di Gorizia per chiedere non solo quanto dovuto, ma che d’ora in poi sia proprio quest’ultimo ente ad erogare direttamente gli stipendi. «La procedura per arrivare a questo parta con effetto immediato. Questi lavoratori stanno servendo lo Stato e sono alla fame». Se il documento non sortirà effetti, altre iniziative sono allo studio per dare voce alla protesta. L’origine del problema è il palleggio di responsabilità fra la Prefettura di Gorizia, ente appaltante, e la Connecting People come ente gestore. Stando alle ricostruzioni di Manià e Lampe, la coop siciliana lamenta infatti che la carenza di liquidità sia dovuta alla Prefettura, che sbloccherebbe a rilento le risorse provenienti dal Viminale per la gestione del Cie. L’organo prefettizio scarica invece la responsabilità sul consorzio, posizione che convince maggiormente i sindacati. «Un accordo risalente a settembre – è stato spiegato – prevedeva che il denaro per i salari arretrati sarebbe stato “scongelato” solo se Connecting People avesse presentato i cedolini dimostrando il pagamento dei salari di giugno. Cosa che ad oggi non è avvenuta. Connecting è inadempiente. E il fatto che vi sia un processo in corso (quello per presunta truffa ai danni dello Stato, ndr) in cui sono rinviati a giudizio sia i vertici della coop sia i funzionari prefettizi, sicuramente non ha agevolato gli operatori». La presentazione dei cedolini consentirebbe se non altro ai dipendenti di avviare un decreto ingiuntivo nei confronti del datore di lavoro. In loro assenza, invece, l’unica strada è chiedere che sia la Prefettura ad erogare direttamente gli stipendi. Operazione, però, più complessa. (l.m.)

 

CIE DI GRADISCA: rassegna stampa del 09/11

Il Piccolo

«Il Cie di Gradisca non va riaperto”

di Gianpaolo Sarti wTRIESTE Il centrosinistra fa quadrato e dichiara la sua netta opposizione all’ipotesi di una riapertura del Cie di Gradisca. La presa di posizione è emersa ieri nel corso di un convegno a Trieste dedicato alla situazione in cui versano i centri in Italia e in Europa. Al dibattito, proposto dall’associazione culturale “Spaesati”, hanno preso parte l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), gli organizzatori della campagna nazionale “Lasciateci entrare” e il Consorzio italiano di Solidarietà (Ics). Dopo i fatti che hanno portato allo sgombero e alla chiusura della struttura, devastata dagli ospiti, Pd e Sel hanno sposato la stessa linea politica sul futuro dell’ex caserma Polonio: la Regione non consentirà di ripetere l’esperienza del Cie, una realtà definita senza mezzi termini “disumana, inutile e costosa” a cominciare dal mondo dell’associazionismo presente ieri in sala. «La situazione è disastrosa, tutto è bruciato – ha affermato Silvana Cremaschi (Pd), che in mattinata aveva preso parte a un sopralluogo all’interno del sito -. Non vogliamo più un Cie qui né nel resto d’Italia, tutte le regioni dovranno opporsi. A Gradisca il ministero dell’Interno non stava garantendo il rispetto dei diritti umani e la Regione ha il dovere di vigilare perché è responsabile di tutti i cittadini che sono nel suo territorio». Il Pd propone la trasformazione dell’ex caserma in un Cara, ma sul modello di Centro Balducci di Zugliano: «Una trasformazione completa – ci tiene ad evidenziare ancora Cremaschi – creando spazi davvero vivibili». D’accordo Franco Codega: «Soluzioni come il Cie sono inefficaci, devono essere assicurate condizioni di vita nell’assoluto rispetto dei diritti umani». Da Sel, presente al dibattito con la deputata Serena Pellegrino, i consiglieri Stefano Pustetto e Giulio Lauri, una netta condanna all’esperienza di Gradisca. «La politica ha fallito, una struttura del genere non può più riaprire perché quel luogo è uno strumento punitivo» ha evidenziato Pustetto. Pellegrino si è soffermata «sul giro di affari di milioni di euro che il ministro Alfano si guarda bene dal fermare. Il Cie è una macchina da soldi sulla pelle delle persone». «Gradisca è la peggiore d’Italia, ma dobbiamo riflettere su tutti i centri di detenzione del Paese e del continente», ha rilevato Gianfranco Schiavone (Asgi). «E non è affatto dimostrato che siti di questo tipo siano efficaci rispetto all’obiettivo finale, cioè l’espulsione (solo l’1% viene rimpatriato, ndr) – gli ha fatto eco Alessandra Capodanno, che coordina la campagna internazionale “Open Access Now” -. Noi continuiamo a impegnarci per rivendicare il diritto di accesso ai centri. Ne abbiamo visitati 56 in 13 Paesi Ue. L’accesso deve essere incondizionato e non per accompagnare i parlamentari in visite guidate». Una ricerca di Grazia Naletto (Lunaria), infine, ha analizzato anche la spesa dello Stato per Cie, Cpsa, Cda e Cara. «Limitandoci ai documenti accessibili, tra il 2005 e il 2011 l’Italia ha impiegato oltre 1 miliardo di euro»

La visita nell’ex caserma Polonio devastata: «Roma non pensi che basta una verniciata»

 

Un luogo devastato, zero ospiti al suo interno, un presidio ridotto di forze dell’ordine, gli operatori della Connecting People che rischiano il posto di lavoro. È lo scenario che si è presentato davanti ai consiglieri regionali Giulio Lauri (Sel), Silvana Cremaschi e Diego Moretti (Pd) che ieri mattina – rispetto al divieto per i giornalisti – hanno potuto visitare ciò che resta dell’ex Polonio. Una visita programmata prima ancora della clamorosa decisione del Viminale di azzerare il centro. «Il Cie è completamente inagibile, e dopo averlo visto si fa fatica a capire come nella zona rossa rimanga la capienza teorica dichiarata di 18 posti: noi non abbiamo visto alcun ambiente in cui la permanenza di esseri umani possa avvenire in condizioni igienico-sanitarie e di civiltà adeguate a garantire i più elementari diritti» raccontano i consiglieri. Al di là dei danni collegati alle ultime proteste l’impressione è quella di «un luogo non riformabile in quanto costruito con criteri peggiori di un carcere. Ci auguriamo che nel governo nessuno pensi che basti dargli una riverniciata o ristrutturarlo per poi riaprirlo». Il riferimento è all’ipotesi di rinconversione del Cie in Centro di accoglienza, ampliando le funzioni del vicino Cara così come ipotizzato da Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per i diritti umani. Un pensiero dei consiglieri anche per gli operatori: «Lo Stato oltre a pagare gli operatori deve rispettare integralmente il contenuto di contratti e convenzioni e non deve lasciarli in strada» (l.m.)

Foto e report del presidio sotto il carcere di Gorizia

gorizia9nov2013carcere

 Al presidio davanti al carcere di Gorizia,  tenutosi sabato 9 novembre hanno partecipato una trentina di compagne e com

pagni arrivate dai quattro angoli del FVG. 
Gazebo, Striscione, Volantinaggio.
Tanta polizia, carabinieri, digos.
E Bomba d’Acqua

Vento, Tuoni, Fulmini e Saette 
Nubifragio!

Che ha impedito l’arrivo dell’impianto e ha fatto scappare
utt* dopo le 18.
La presenza è durata circa un’ora e mezza.

 

CIE DI GRADISCA: di nuovo tensione

Messaggero Veneto del 06/08/12

Intemperanze al Cie: immigrati sul tetto ma l?allarme rientra

 

GRADISCA Nella giornata di ieri è tornato a “riscaldarsi” il clima nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Gradisca. Verso le 17 è risuonato infatti l’allarme per le intemperanze messe in atto da un gruppo di immigrati trattenuti nella struttura di via Udine. Sono riusciti a salire sul tetto e lì sono rimasti per qualche minuto mentre nel frattempo venivano messe in allarme anche le altre forze dell’ordine, Carabinieri compresi, oltre al presidio già presente nella struttura. Nel giro di poco tempo l’allarme è rientrato e nel centro per immigrati gradiscano è tornata nuovamente, almeno in apparenza, la calma. Un improvviso aumento della tensione, quello che si è registrato ieri nella struttura di via Udine, che va in controtendenza rispetto alle ultime settimane, caratterizzate da una certa tranquillità. In questi giorni, tra l’altro, gli immigrati di religione islamica osservano il Ramadam e non potendo mangiare fino al tramonto non sono certo nelle migliori condizioni fisiche per inscenare intemperanze o atti di protesta. Inoltre, in questo periodo il Cie ospita non più di una settantina di immigrati. Da ricordare però che la scorsa settimana un immigrato trattenuto nel Cie gradiscano era riuscito a fuggire facendo perdere le proprie tracce nei campi retrostanti la struttura. Ad attuare il piano di fuga erano stati due immigrati ma uno di essi era stato bloccato prima che riuscisse a raggiungere l’esterno del centro. Tre giorni prima, un altro immigrato del Cie, che era stato portato in ospedale per aver ingoiato volontariamente dei pezzi di vetro, aveva approfittato del breve ricovero per allontanarsi dal nosocomio. (pi.ta.)

CIE DI GRADISCA: rassegna stampa 11-23 agosto

da IlPiccolo

23/08

 

«Inchiesta Cie, vedute divergenti tra i pm»

Sono stati i pubblici ministeri Valentina Bossi e Luigi Luigi Leghissa di loro iniziativa, con due distinte istanze, a chiedere al Procuratore capo della Repubblica l’assegnazione ad altro collega dell’inchiesta sugli appalti al Cie, che vede indagata la vice prefetto vicario Allegretto assieme a due funzionari della Prefettura e due responsabili della cooperativa che gestisce il Cie. Una decisione scaturita da una non omogenea veduta dei due pubblici ministeri nella gestione del processo. Lo afferma il Procuratore della Repubblica Caterina Ajello in una nota, che è stata controfirmata anche dai cinque sostituti in servizio alla Procura goriziana. «Preso atto di ciò – afferma la Ajello – ho designato secondo i criteri tabellari gli unici due restanti sostituto facenti parte del Gruppo reati contro la pubblica amministrazione, cioè i dottori Enrico Pavone e Michele Martorelli». L’inchiesta sul Cie riguarda la gestione e gli appalti al centro di identificazione ed espulsione di Gradisca. In un primo momento l’accusa ipotizzata era di falso ideologico e negli ultimi mesi mesi era stata ventilata anche l’ipotesi della corruzione. Inoltre la Ajello, come avevamo anche scritto, ricorda che in autunno i pm Leghissa e Bossi saranno impegnati a sostenere l’accusa nelle ultime battute del maxi processo per le morti da amianto – la preparazione della requisitoria richiederà uno sforzo non indifferente per la necessità di effettuare la sintesi e la raccolta di tutti i dati processuali – e quindi «la riassegnazione dell’inchiesta Cie ad altri magistrati ben si concilia temporalmente e logicamente con lo sgravio di lavoro riguardante quest’ultimo procedimento». La Procuratrice coglie anche l’occasione nel sottolineare che grazie al suo interessamento «da un anno e mezzo quattro finanzieri e un esponente della Digos si dedicano quotidianamente ed esclusivamente a queste indagini, venendo supportati in alternanza da altri esponenti delle forze dell’ordine. Vale a dire che non sono mai stati risparmiati uomini e iniziative investigative dell’Ufficio della Procura per approdare alla reale verità dei fatti, e alla scoperta di illeciti di rilievo penale».

 

22/08

Ospite del Cie fugge dall’ospedale

È durata poco la fuga di un immigrato ospite del Cie di Gradisca. È stato fermato dai carabinieri dopo essere fuggito dall’ospedale San Giovanni di Dio di Gorizia. Un giovane tunisino di 27 anni, ospite del centro immigrati di via Udine, era stato ricoverato all’ospedale civile di Gorizia per accertamenti. Ieri mattina, eludendo l’attenzione del personale sanitario, il giovane nordafricano si era arbitrariamente allontanato dal nosocomio del capoluogo isontino. La sua assenza è stata notata subito dai medici, che contattavano il “112”. In breve una pattuglia del Nucleo radiomobile in servizio perlustrativo in città rintracciava il giovane magrebino che, in fase di accertamento dell’identità, declinava ai militari operanti generalità false. Accompagnato al Comando Carabinieri di corso Verdi per espletare le formalità di rito, il giovane veniva denunciato a piede libero alla locale Procura della Repubblica per false dichiarazioni sulla identità personale e riaccompagnato al Centro di identificazione ed espulsione della città della fortezza. Non è la prima volta che extracomunitari che si trovano al Cie si fanno ricoverare all’ospedale, magari dopo gesti di autolesionismo, per cercare poi di fuggire eludendo la sorveglianza del personale. Un sistema che in qualche occasione ha anche funzionato.

 

12/08

Appalti al Cie, escono di scena i pm “storici”

GORIZIA Da falso ideologico a corruzione: l’inchiesta sui due centri migranti di Gradisca, il Cie e il Cara, imbocca una nuova strada. Indagata con l’ipotesi di corruzione è il viceprefetto vicario di Gorizia Gloria Allegretto, implicata nella vicenda già dal marzo scorso ma con l’ipotesi meno grave di falso ideologico. Ma su questa linea dura, intrapresa dal pm Valentina Bossi, non tutti sono d’accordo in Procura a cominciare dal capo dell’ufficio, la dottoressa Caterina Ajello, che conferma l’indagine per corruzione, ma non è convinta ed esprime qualche dubbio che questa accusa possa reggere. E forse questa identità di vedute diverse che ha spinto Bossi, dopo un’indagine condotta per un anno e mezzo, ad abbandonare l’inchiesta. Ajello sostiene che l’avvicendamento è dovuto per Bossi e per il collega Leghissa, che pure indaga sul Cie, perché impegnati in altri processi. I due pm infatti seguono le inchieste sulle morti da amianto: sono impegnati nel maxiprocesso che è alle battute conclusive, ma stanno arrivando a giudizio altri quattro filoni legati sempre ai decessi per asbestosi. Così Ajello ha affidato l’inchiesta sul Cie ad altri due pm che seguono i reati contro la pubblica amministrazione. Ma gli spifferi che giungono dal secondo piano del Palazzo di giustizia danno una versione diversa dei motivi che hanno portato alla rinuncia da parte della Bossi, convinta invece nel portare avanti con decisione l’ipotesi di corruzione nel giro di soldi, 1,5 milioni, avvenuto per la gestione del Cie e del Cara. Il pm ha ipotizzato che parte dei soldi che dal ministero dell’Interno giunge alla Prefettura per la gestione dei centri immigrati sia finito in tasca a qualche privato. Un’indagine, che tocca la Prefettura, e quindi scomoda. Da prendere con le pinze. Non è solo Gloria Allegretto ad essere indagata, ci sono anche tre dipendenti della stessa prefettura ma con ipotesi diverse che vanno dal falso ideologico al favoreggiamento. A questi vanno aggiunti due esponenti della Connecting people, il consorzio di Trapani che gestisce da 4 anni Cie e Cara di Gradisca. Sono accusati di falso e truffa per aver dichiarato più presenze di immigrati di quelle effettive intascando così più soldi di quanti dovuti con il visto della Prefettura. Secondo l’appalto il gestore riceve 42 euro al giorno per ogni immigrati al quale deve fornire pasti, medicinali, vestiario e quanto di altro necessario. (fra. Fem.)

 

11/08

I posti disponibili scendono a 70 per colpa dei danni

I Cie di Gradisca continua a rimanere a basso regime. Nella struttura per migranti le presenze si attestano appena sulle 70 unità, a fronte di una capienza reale (mai toccata) di 248 posti. “Colpa” degli infiniti lavori di ristrutturazione delle sezioni danneggiate in questi anni. All’appello manca la zona verde e una parte della zona blu, quella danneggiata nel giugno scorso dopo che era stata appena resa nuovamente agibile. Lavori attesi anche nella zona rossa e nell’area esterna: a settembre sarà dotata di teloni per impedire agli immigrati d’issarsi sui tetti e saltare fuori fuggendo.

 

11/08

Lo chiudono al Cie, ingoia pezzi di vetro

di Luigi Murciano GORIZIA Ha ingoiato uno dopo l’altro 15 pezzi di vetro infrangibile per protestare contro il proprio trattenimento al Cie di Gradisca. Oggi è ricoverato in Chirurgia del nosocomio di Cattinara dopo un delicato intervento al ventre. Quella di Hatem (il nome è di fantasia) è una storia come tante nascoste dietro al muro dell’ex Caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo. Ma è una storia che per una volta riesce a scavalcare quell’invalicabile recinzione ed arrivare all’opinione pubblica. Hatem, 43 anni, è un cittadino tunisino. Lavorava nel nostro Paese ormai da anni – «perfettamente in regola», avrebbe assicurato – ma il suo permesso di soggiorno è scaduto. E non è più stato possibile rinnovarlo. E così, da un giorno all’altro, la vita di Hatem è cambiata. È stato disposto il suo fermo amministrativo e la sua traduzione nel Cie di Gradisca d’Isonzo in attesa di espulsione. Si è trovato a dividere la camerata con altri immigrati maghrebini: alcuni con alle spalle storie molto simili alla sua, altri invece provenienti dal circuito carcerario e in attesa di rimpatrio dopo avere scontato la pena. Proprio questo, pare, ha fatto perdere la testa ad Hatem. «Io non ho fatto nulla, non ho reati alle spalle, perchè mi trovo rinchiuso con queste persone? Non sono un delinquente» si sarebbe sfogato prima di passare alle vie di fatto. Qualche compagno gli deve avere suggerito di fare come tanti altri: ingoiare qualche bullone o qualche pezzo di vetro per tentare la strada del ricovero in ospedale. Per molti, l’unica vera possibilità di fuga: una volta al nosocomio, infatti, gli immigrati vengono piantonati solo in caso di esami di routine; in caso di ricovero le forze dell’ordine non sono tenute a sorvegliarli. Chissà se Hatem voleva davvero tentare la corsa verso la libertà o solamente inscenare una protesta: fatto sta che i dolori lancinanti hanno indotto il personale sanitario del Cie a decidere per il ricovero all’ospedale di Gorizia, dove la situazione è sembrata grave al punto da disporre il trasferimento dell’uomo a Cattinara per l’intervento chirurgico di rimozione dei frammenti ingoiati. Una storia come quella di Hatem, assicurano i sindacati di polizia, è ormai all’ordine del giorno. Prova ne sia che è stato disposto un servizio, garantito da Carabinieri e Guardia di finanza, per il trasporto all’ospedale degli immigrati. Prassi ormai quasi quotidiana. «Praticare atti di autolesionismo per ottenere il ricovero in ospedale è un comportamento sempre più diffuso fra i trattenuti al Cie – riflette Angelo Obit, segretario provinciale Sap -. Senza volere generalizzare su questo caso, la pratica d’ingerire vetri e bulloni è l’unica reale possibilità di fuga a disposizione di queste persone. Spesso funziona pure». L’ultimo caso qualche settimana fa, quando un ospite del Centro è riuscito a darsi alla macchia dopo avere ottenuto il trasferimento al nosocomio di Gorizia. «Alcuni arrotondano i pezzi di plexiglass in modo che non s’infilzino sugli organi interni – svela Obit -. Insomma, esistono anche tecniche piuttosto affinate. Ma quello che bisogna chiedersi è come sia possibile che le persone trattenute riescano a procurarsi questo genere di materiali da ingerire». Un aspetto del Cie che continua a fare discutere, comunque, è la pericolosa promiscuità fra tipologie di immigrato troppo diverse fra loro per convivere sino a sei mesi. Nella stessa cella convivono migranti come Hatem, che si sono ritrovati clandestini da un giorno all’altro per un documento scaduto o per essere stati pizzicati dopo anni di sfruttamento sul mercato nero del lavoro; e soggetti pericolosi che hanno sì saldato il loro debito con la giustizia, ma ai quali viene affibbiato un supplemento di pena (il trattenimento al Cie, appunto) in attesa che il Paese d’origine li riprenda indietro. Un mix esplosivo.

CIE DI GRADISCA: resta la connecting people

Dal il piccolo del 18/09

Connecting people confermata gestore ufficiale del Cie

 

di Luigi Murciano GRADISCA È destinata a proseguire la gestione di Connecting People al Cie di Gradisca. Il consorzio trapanese, che da 4 anni cura i servizi interni della struttura di espulsione per immigrati irregolari e quella del vicino Centro per richiedenti asilo, dovrebbe vedersi riconoscere l’aggiudicazione definitiva della gestione per il triennio 2011-2014. Stiamo parlando, in sostanza, della contestata gara d’appalto che aveva visto prevalere in un primo momento il consorzio temporaneo d’impresa presieduto dal colosso francese Gepsa. Al secondo posto si classificò proprio la coop siciliana, gestore uscente. Un epilogo che scatenò una vera e propria guerra a colpi di carte bollate, proseguita con il ricorso di Connecting People al Tar del Friuli Venezia Giulia che dapprima aveva accolto la richiesta di sospensiva della procedura di affidamento ai transalpini, e infine aveva stabilito l’illegittimità del primo posto di Gepsa in graduatoria, contestando dunque alla Prefettura di Gorizia l’intera procedura. Ora una nuova puntata, probabilmente decisiva, viene da un’ordinanza del Consiglio di Stato, con la quale è arrivata una nuova doccia gelata per Gepsa: ne è stata infatti respinta l’istanza cautelare sul ricorso contro la sentenza del Tar. L’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, con proprio parere, ritiene inoltre che si debba procedere con l’affidamento definitivo all’impresa seconda classificata, l’uscente Connecting People. «La sentenza nel merito della vicenda deve ancora essere emessa, ma tale ordinanza fa presupporre che non vi siano molte possibilità che l’orientamento del Consiglio di Stato possa essere sovvertito», spiegano i legali del consorzio capitanato da Gepsa. Connecting People da oltre un anno gestisce Cie e Cara in regime di prorogatio, con mini-prolungamenti al suo contratto precedentemente scaduto. Una situazione di grande incertezza che di riflesso non ha certo potuto giovare alla delicata struttura gradiscana. Alle problematiche interne – le più o meno periodiche fughe, rivolte ed evasioni – si erano aggiunte anche le istanze dei dipendenti, che molto spesso hanno denunciato ritardi nella riscossione degli stipendi e condizioni di lavoro e di sicurezza quantomeno da migliorare. A tutto questo si era aggiunta l’indagine nei confronti della stessa Connecting People e della Prefettura, con ipotesi che vanno dal falso ideologico, al favoreggiamento, alla corruzione, alla truffa ai danni dello Stato. Secondo l’accusa infatti sarebbero state “gonfiate” i numeri delle presenze degli immigrati nelle due strutture collocate a Gradisca d’Isonzo al fine di intascare più soldi di quanto dovuto dallo Stato per la gestione dei due centri.

CIE DI GRADISCA: i giovani del PD senza vergogna!

Putroppo si è saputo dell’incontro solo all’ultimo. Sarebbe stato il caso di fargli sapere con forza cosa pensiamo di loro e dei lager che hanno contribuito a edificare e sostenere.

 

 

Dal Piccolo del 25/09/12

Giovani Pd: il Cie ha fallito troppi sprechi di risorse

 

GRADISCA Trattenimento ed espulsione hanno fallito. Il Cie si dimostra un gigante dai piedi d’argilla non solo dal punto di vista economico, con uno spreco costante delle risorse, ma anche dal punto di vista dei risultati. I concetti sono emersi nel corso dell’incontro “Cosa Cie dietro quel portone”, organizzato dai Giovani democratici di Gradisca sul tema delle due strutture per immigrati presenti nella cittadina della Fortezza. Sono intervenuti il segretario provinciale del sindacato di polizia Siulp Giovanni Sammito e l’avvocato Andrea Guadagnini per spiegare ai gradiscani (e non) presentì alla Casa del Popolo chi e perché vive dietro quel muro quasi invalicabile. Sammito ha spiegato ai presenti – non tutti a conoscenza di questo aspetto – che la doppia struttura di Gradisca per persone ospitate è la più grande d’Italia situata nel centro più piccolo fra quelle sede di altri centri immigrati. All’incontro non sono mancati alcuni ospiti del Cara, tra i quali Massud Latifi, che ha raccontato la sua difficile storia e il suo travagliato viaggio dall’Afghanistan all’Italia. dignità delle persone migrate. (l.m.)

CIE DI GRADISCA: il lager che non paga i dipendenti

L’infinita e tragica telenovela del lager isontino continua….

 

Dal Piccolo del 04/10/12

GRADISCA Ancora incertezza per i dipendenti di Cie e Cara di Gradisca. Nonostante i passaggi giudiziari che sembrano avere rimesso definitivamente in sella la cooperativa siciliana Connecting People (bocciato il ricorso del colosso francese Gepsa che inizialmente si era visto classificare al primo posto nella gara d’appalto per la gestione 2011-2014, si attende la firma del nuovo contratto con l’attuale gestore in prorogatio) la situazione di precarietà denunciata dagli operatori ancora non sembra risolversi. I ritardi nel pagamento degli stipendi sembrano tornati d’attualità. «C’è un palleggio di responsabilità fra la cooperativa e la Prefettura», fanno sapere in via ufficiosa alcuni operatori. In sostanza Connecting People asserisce di non avere ottenuto le liquidità dall’ente governativo per girare poi le spettanze ai dipendenti e ai fornitori. «Situazione verosimile – ammettono gli operatori – ma ad ogni modo inaccettabile. Fra le garanzie che l’impresa deve fornire da contratto c’è anche la solidità finanziaria: non possiamo pensare che la cooperativa debba per forza attendere i trasferimenti dalla Prefettura per saldare ai dipendenti quanto spetta per il loro lavoro che, ricordiamo, rimane altamente pericoloso e logorante». Intanto la struttura gradiscana è stata visitata dal consigliere regionale del Sel, Stefano Pustetto. Che lo definisce «una vergogna per un Paese che si dice civile». «Ho voluto visitare nuovamente il Cie – afferma Pustetto – per verificare, una volta di più, se le notizie che faticosamente filtrano dall’interno corrispondessero al vero. E all’interno ho trovato un popolo dolente, arrabbiato, deluso da una nazione che credevano civile e che, invece, si dimostra ingiusta e vendicativa”. Pustetto ricorda come Cie sia l’acronimo di “Centro d’Identificazione ed Espulsione”, “eppure la quasi totalità degli internati è stata identificata da anni e prima di essere espulsi possono essere trattenuti in quella struttura, che per certi versi è peggiore del carcere, per 18 mesi. Quelli che vengono dal carcere – prosegue l’esponente di Sinistra Ecologia e Libertà – hanno già scontato per intero la pena; e gli altri possono essere lì semplicemente perchè il loro datore di lavoro (il più delle volte italiano) non li ha messi in regola o perchè il loro permesso di soggiorno è scaduto” Pustetto conferma quanto più volte raccontato dal Piccolo: molti migranti dormono per terra perchè i materassi, danneggiati nell’ultima rivolta, sono stati rimpiazzati solo in minima in parte. (l.m.)