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NO TAV/ Luca Mercalli su il fatto quotidiano

 

 

Ambiente & Veleni Il Fatto Quotidiano | 22 febbraio 2012

Commenti (112)

 


L’appello degli esperti: “Monti ripensi alla Tav, la peggiore infrastruttura possibile

Sono 360 i docenti, ricercatori e professionisti che chiedono al presidente del Consiglio di tener conto dei risultati scientifici sull’Alta velocità ferroviaria in Val Susa. I cui benefici economici sono incerti, a fronte di costi elevatissimi e di un pesante impatto ambientale

Saggia decisione quella del governo Monti di non avallare la candidatura di Roma alle Olimpiadi. Proseguendo con lo stesso rigore si dovrebbe ora affrontare la questione della linea ferroviaria ad Alta velocità Torino-Lione. Il 9 febbraio scorso 360 docenti universitari, ricercatori e professionisti hanno inviato al professor Monti un appello che sollecita ancora una volta, dopo quello inascoltato inviato al presidente Napolitano nel luglio 2011, l’applicazione del metodo scientifico all’oggettiva valutazione degli scenari che – secondo i proponenti – motiverebbero l’opera. Attualmente si viaggia già in Tgv da Milano a Parigi sulla linea esistente via tunnel del Frejus, incluse le fermate Torino e Lyon, separate da poco più di tre ore e mezza di viaggio.

La nuova linea con tunnel di 57 chilometri appare sempre più anacronistica e priva di priorità: un’opera con tempi di realizzazione ultradecennali, del tutto rigida sul piano degli adattamenti alla rapidissima evoluzione sociale – generata dalla onnipresente penetrazione delle tecnologie informatiche – ed economica in tempo di crisi e contrazione strutturale dei consumi.

Detto in altro modo, mentre cablare l’Italia con la banda larga è un progetto che presenta innumerevoli vantaggi in tutti i settori della vita quotidiana e professionale, quel tunnel serve a una e una sola cosa: farci passare delle merci e forse dei passeggeri che un domani potrebbero non esserci e che già oggi dispongono di valide alternative. Se si sbaglia, è un lavoro buttato, oltre ai danni ambientali locali.

Recenti studi suggeriscono al professor Monti di considerare attentamente la scelta di lanciarsi in un cantiere così ambiguo: una ricerca di Paolo Beria e Raffaele Grimaldi, del Politecnico di Milano, di cui è comparsa notizia su il Sole 24 Ore del 31 gennaio scorso, svela la grave sofferenza economica delle linee Av italiane; un’analisi di Bent Flyvbjerg della Said Business School dell’Università di Oxford, pubblicata nel 2009 sulla Oxford Review of Economic Policy, ha esaminato il caso di 258 grandi infrastrutture trasportistiche in 20 nazioni, dimostrando che le previsioni dei costi sono regolarmente sottovalutate e le stime dei benefici regolarmente sopravvalutate, al punto che il titolo del paper è “la sopravvivenza del meno adatto, perché la peggior infrastruttura è quella che viene costruita”.

Dal punto di vista energetico e delle emissioni, lo sbandierato minor consumo e inquinamento del treno rispetto alla gomma viene messo in dubbio nel caso del gigantismo ferroviario in tunnel dal lavoro di Westin e Kageson del Royal Institute of Technology di Stoccolma, comparso a inizio 2012 sulla rivista Transportation Research. Insomma, quando un’opera serve, come un acquedotto o una fognatura, non ci sono dubbi sulla sua utilità e si cerca di realizzarla nel modo migliore e senza sprechi. Nel caso del Tav Torino-Lione, per non tacere poi la Napoli-Bari e il terzo valico di Genova, il carico di incertezze, dubbi, contraddizioni e scarsa trasparenza è così elevato, a fronte di costi spaventosi, che non vi dovrebbero essere indugi da parte della pubblica amministrazione a mettere tutto in un cassetto e chiudere la pratica.

Se poi in futuro le condizioni economiche e sociali richiederanno queste opere, si potrà sempre realizzarle, invece quelli che nel presente risulterebbero solo inutili buchi nella roccia e nella pubblica finanza, una volta fatti, sarebbero irreversibili e nessun tribunale potrà dopo risanare i danni. Facciamo tesoro della vicenda Eternit, ora che è ancora possibile!

di Luca Mercalli

VALSUSA: attaccata la Baita Clarea, grave un NOTAV, blocchi ovunque

PRESIDI SOLIDALI A Trieste | Udine | Pordenone

Questa mattina intorno alle 8 la polizia in assetto antisommossa è uscita dalle reti ed ha circondato la Baita Clarea, intimando ai No Tav di andarsene. Intendono prendere la Baita e occupare l’intera zona per avviare i lavori del tunnel  geognostico.
Il compagno Luca Abbà è salito su un traliccio dell’alta tensione, per rallentare l’azione della polizia ma viene inseguito da un carabiniere. Luca  lo invita ripetutamente a desistere, perchè mette a rischio la sua incolumità. Poco prima era in diretta a Radio Blackout. Il carabinere ignora l’avvertimento e continua ad arrampicarsi. Luca sale più in alto, cade da una decina di metri dopo essere stato folgorato.

Luca Abbà nella foto da No Tav.info

Luca Abbà

 

Ascolta la registrazione della diretta alla radio | Scarica il file
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INIZIATIVE SOLIDALI CON LA VALSUSA IN LOTTA

trieste01032012

Trieste 1 marzo 2012
Rispondendo all’appello venuto dalla valle dopo le violenti cariche di questa notte e i rastrellamenti nei paesi nuova mobilitazione in regione come in decine e decine di città italiane (leggi qui l’elenco).
….
Giovedì 1 marzo
Trieste: ore 18 in p.Unità sotto il Comune
Pordenone: ore 17.30 in piazzetta Cavour
Udine: volantinaggio con ore 18 in p.Libertà


Appuntamenti per sabato 3 marzo

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Rassegna stampa PORDENONE – solidarietà alla Val Susa

Il Gazzettino Venerdì 2 Marzo 2012

 

LA PROTESTA

 

Ieri in piazza la solidarietà con la Val Susa

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PORDENONE – «Siamo qui a testimoniare la nostra solidarietà alla lotta della popolazione della Valsusa contro il Tav, contro la repressione e contro lo stato di occupazione militare in cui è sottoposta un’intera valle». Oltre una ventina di militanti anti-Tv di Pordenone ha accolto, ieri pomeriggio, l’appello lanciato dall’assemblea piemontese dei No-Tav che nella notte tra mercoledì e ieri aveva chiesto mobilitazioni in tutta Italia. Una prima manifestazione era st2407ata organizzata martedì scorso. Ieri i No-Tav sono tornati in piazza Cavour (annunciando iniziative per i prossimi giorni) con bandiere e slogan di solidarietà a Luca Abbà, il militante caduto dal traliccio. «Siamo qui a ricordare – hanno scritto in un volantino distribuito ai cittadini – che il Tav riguarderà anche il Friuli Venezia Giulia con una spesa incredibile di 7,4 miliardi di euro, mentre il servizio ferroviario per i pendolari è sempre più precario e inefficiente».

Solidarietà a Tobia in sciopero della fame!

Diamo voce a Tobia!

Tobia Imperato, uno degli arrestati per la resistenza No Tav allo sgombero
della Maddalena, è ormai al quarto giorno di sciopero della fame.
In carcere aveva già perso cinque dei suoi 89 chili, in tre giorni di
digiuno ne ha persi altri quattro. Il giudice gli impone il divieto di
comunicare all’esterno in qualsiasi modo: non può scrivere lettere o mail,
non può telefonare.
Un’imposizione odiosa che rende i suoi domiciliari quasi peggiori del
carcere, dove poteva scrivere e ricevere visite.
Chi lo costringe a scegliere tra il silenzio e il carcere sarà obbligato a
sentire la risacca profonda della sua protesta.
Ha fatto richiesta di poter essere visitato da un medico ma sinora il
giudice non ha risposto.
Alcuni amici e compagni hanno pensato di proporre a tutti un’azione di
sostegno alla sua lotta di libertà.
Diamo voce a Tobia!
Tutti sono invitati a scrivergli, inviando ovunque copia della lettera.
Potete scrivere ad anarres@inventati.org. Tutte le lettere gli saranno
inoltrate.

http://anarresinfo.noblogs.org
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Fine dello sciopero della fame. Tobia ha ottenuto un pezzettino di libertà

Fine dello sciopero della fame. Tobia ha ottenuto un pezzettino di libertà

Dopo 13 giorni Tobia ha interrotto lo sciopero della fame. Da oggi torna e mangiare, perché da oggi può nuovamente scrivere lettere e mail, telefonare, ricevere visite. Non potrà però andare a lavorare. La sua lotta – anche grazie all’ampio sostegno ricevuto – ha pagato.
Questa sera lo abbiamo riabbracciato, bevuto insieme un dito di vino e parlato delle tante cose capitate dal 26 gennaioquando Ada, la sua compagna, chiamò per avvertire che gli uomini dello Stato se lo stavano portando via.
Un fiume di parole, il racconto di un pezzetto di vita separata nei corpi, ma unita nel comune sentire una lotta che cresce giorno dopo giorno.

Di seguito la prima lettera di Tobia.

Ho ricevuto nel pomeriggio, da parte del mio avvocato, la comunicazione che il giudice ha revocato il “divieto di comunicare con qualsiasi mezzo”, emesso nei miei confronti dal giorno della concessione – da parte del tribunale del riesame – della detenzione domiciliare – il 13 febbraio – e mantenuto sino ad oggi. L’altra mia richiesta, di poter recarmi al lavoro presso l’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea, è stata negata.
Pur amareggiato per il fatto che non venga riconosciuto il mio diritto a guadagnarmi il pane, reputo la conquista del diritto a comunicare, imposizione che non aveva ragioni dal punto di vista delle esigenze cautelari, un passo avanti verso il ridimensionamento dell’inchiesta contro il movimento No Tav, che ogni giorno di più si rivela per quello che è: un’odiosa macchinazione repressiva ad uso meramente politico e mediatico.
Pertanto dichiaro di aver sospeso da stasera lo sciopero della fame iniziato il giorno il 3 marzo.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto in questa battaglia.
A sarà dura!

Tobia Imperato

Torino, 15 marzo 2012

da anarresinfo.noblogs.org

NOTAV: report dalla Valsusa sul Piccolo e il Messaggero

VAL DI SUSA»IL REPORTAGE

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di Maria Rosa Tomasello inviata a TORINO

«La vedi la Madonna del Rocciamelone? E’ là, in alto, in mezzo alla neve». Dal sentiero balcone, il tracciato che da Giaglione porta al cantiere militarizzato, unico accesso dopo che la via da Chiomonte è stata vietata, la statua sulla montagna è invisibile. E’ un atto di fede, la metafora della lotta della Val di Susa contro l’alta velocità in un territorio già sezionato da due linee ferroviarie, due statali e un’autostrada, contro la paura dell’amianto e dell’uranio, contro il rischio di sventramento delle falde acquifere e di un’emorragia di denaro pubblico, insopportabile in un territorio che viveva di tessile e indotto Fiat e oggi è dissanguato dalla disoccupazione. Il vecchio Italo Pent, che cammina con la figlia verso la baita Clarea, il punto zero della protesta, protetto dal filo spinato israeliano e da un esercito di divise, ripone il binocolo: «Noi andiamo a pregare» dice, «sapete che anche un carabiniere ha detto il Padre nostro con noi?». Nella valle la preghiera e la lotta procedono insieme: «Noi non dobbiamo tirare pietre» osserva Pent, «ma loro ci sparano addosso lacrimogeni ad altezza d’uomo…». La protesta che per alcuni è il nuovo laboratorio dell’antagonismo italiano e per altri solo un atto di abiura al progresso ha diviso la politica, col centrosinistra sul fronte del no, il Pd spaccato e il centrodestra a favore dell’opera, ma ha creato una nuova comunità. Un singolare melting pot che va dai Cattolici per la valle fino agli anarchici e ai centri sociali come Askatasuna, passando per gli ambientalisti e i docenti universitari che contestano l’opera a suon di dati. «Vogliono andare avanti? Sarà dura» fa Gigi Richetto, il filosofo, mentre distribuisce opuscoli sulla non violenza, «perché devono portare una trivella grande come un missile e noi potremmo essere lì, e dovranno mettere le mine, e trecento persone potrebbero essere sedute sulla montagna: sì che vorrebbero farci saltare, ma sono 23 anni, sono cambiati i governi, e noi siamo ancora qui…». Nello storico presidio no Tav di Venaus, uno dei tanti venuti su a partire da Rivoli, il primo brindisi è sempre per l’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi: «E’ lui che ci ha riuniti». Ma la valle che conserva l’eco delle lotte partigiane è sempre stata sulle barricate: «Negli anni Ottanta scendevamo al casello a protestare contro l’autostrada» ricorda il sindaco di San Didero Loredana Bellone, «ora ci parlano di compensazioni, allora ci dicevano: niente pedaggio. Non è stato così». «E’ un’opera inutile, venti miliardi che a consuntivo saranno triplicati, e finirà come il Tunnel sotto la Manica, sottoutilizzato» dice Piero Sobrà di Legambiente. Il nuovo giorno X è l’11 aprile, quando la società Ltf prenderà formalmente possesso dei terreni della Val Clarea, già occupati – «illegalmente» secondo il movimento – con ordinanza prefettizia: 64 particelle, solo una manciata delle quali appartengono ai 72 No Tav che avevano comprato i terreni per ostacolare le ruspe. Uno è Luca Abbà, il contadino volato giù dal traliccio dell’alta tensione: per dargli una mano gli amici hanno raccolto nei suoi campi cavoli, broccoli e melanzane e li hanno venduti durante un’assemblea nella sala consiliare di Bussoleno stipata all’inverosimile. «Noi non ci fermiamo, faremo opposizione agli espropri, ma se ne fregheranno come sempre: finora nessun ricorso è stato discusso» commenta Alberto Perino, portavoce delle proteste. Per l’11 aprile Perino, un braccio rotto e la voce roca per i gas respirati durante lo sgombero dell’autostrada di fine febbraio, ha proposto una mobilitazione nazionale. «Il tavolo convocato dal governatore Cota è una foglia di fico, la politica ha perso, tant’è che hanno detto ai sindaci: “non possiamo darvi la valutazione costi-benefici perché la fareste girare”. Non è serio: se io fossi Monti non prenderei a scatola chiusa quello che mi racconta il primo che si presenta» dice, lanciando una stoccata al commissario straordinario Mario Virano. Il 28 marzo Virano dovrà illustrare ai sindaci i dettagli del progetto «low cost», che prevede, dopo il tunnel geognostico, la realizzazione della galleria di 57 chilometri tra Italia e Francia e della stazione internazionale di Susa, spesa prevista per Roma circa 3 miliardi di euro. «Ma il collegamento c’è, la Fiat ha spostato auto durante il boom senza che nessuno rilevasse la saturazione della linea» commenta al primo piano del municipio di Avigliana Carla Mattioli, uno dei sindaci dissidenti ed ex del Pd in una pausa della riunione convocata per discutere delle elezioni di maggio, obiettivo una candidatura No Tav: «Ci parlano di 20 milioni di compensazioni per 87 Comuni, ma solo io in 10 anni, qui, ho speso 43 milioni: 20 mi fanno il solletico». L’ipotesi di portare da 7 a 4 ore la percorrenza Milano-Parigi, dice, è una «viranata»: «La tratta di cui stiamo parlando permetterà di risparmiare solo un’ora tra Torino e Chambery». Neppure l’abbattimento della pendenza, oggi 1250 metri, porterà un aumento del trasporto merci: «Per convogli con quel tonnellaggio, lunghi anche 750 metri, bisogna sistemare tutta la linea» sostiene, «perché se dopo il tunnel il treno si reimmetterà sul tracciato esistente, com’è previsto nella prima fase, dovrà usare i criteri della linea meno efficiente». «Se vorranno andare avanti, dovranno militarizzare sempre di più la valle: continueremo a fare azioni, vedremo chi si stanca» avverte Mario Actis, che guida Legambiente in Val di Susa mentre apre la strada tra le capanne del villaggio neolitico che sovrasta il cantiere. Tutti qui rifiutano l’equazione No Tav uguale violenza, nata dopo gli incidenti dell’estate scorsa, quando fu sgomberato l’accampamento della Maddalena, con un bilancio di 200 agenti feriti e uno strascico di 26 persone arrestate a gennaio, tra le quali un ex Br: «Una parte fisiologica che tira le pietre ci sarà sempre, questo non significa che il movimento sia violento, noi abbiamo fatto solo iniziative pacifiche. I violenti ci sono anche dall’altra parte: dopo l’occupazione dell’autostrada a Chianocco c’è stata una vergognosa caccia all’uomo, con persone inseguite e pestate, e non c’è nessuna indagine». In basso, il museo del Neolitico e la cantina della cooperativa Clarea, sono irraggiungibili: «L’accesso al vigneto è vietato ai non autorizzati, la cantina è chiusa con dentro 50 mila litri di vino» protesta Andrea Turio, «e quello che vediamo non è niente rispetto al cantiere vero. Noi di cosa vivremo? Parlano di duemila posti di lavoro, ma io voglio fare il vignaiulo, non l’operaio. Ho sempre creduto nello Stato, ma questa è una imposizione».

 

«La salute è a rischio, qui abbiamo paura»

Il racconto di un abitante di Susa: durante i lavori pericoli per l’esposizione da amianto e polveri

dall’inviata SUSA La prima cosa che fa Luca Perino è mostrare un estratto dello studio di impatto ambientale allegato al progetto preliminare della Ltf, la società Lyon Turin Ferroviaire. Data 9 luglio 2010. «Monti dice che ha letto la documentazione, ma l’ha fatto?» chiede. La casa in cui Luca vive con la sua famiglia è un’abitazione bianca e marrone che sorge all’uscita dello svincolo autostradale di Susa, nel punto in cui nascerà la stazione internazionale della Torino-Lione. Al balcone c’è uno striscione: «Qui condannati a morte dal Tav». La ragione è contenuta nelle pagine 268 e 269 dello studio: «Dicono che durante il cantiere non potranno garantirci dai rischi per la salute, che ci sarà un aumento del mesotelioma, e io che abito qui che faccio?». «Il rischio di esposizione della popolazione non può essere scongiurato dal mantenimento di livelli di contaminazione al di sotto di quanto previsto dalle norme» si legge alla voce amianto. A preoccupare è la presenza di vene asbestifere ipotizzata nei primi 400 metri dello scavo, mentre a causa degli ossidi nitrosi è possibile attendersi «un incremento delle affezioni respiratorie intorno al 10/15%», e le polveri potrebbero determinare un incremento di patologie cardiocircolatorie e respiratorie del 10%. Alla gente le rassicurazioni di Ltf non bastano: per ridurre i potenziali rischi «la prima attività di prevenzione coincide con il progetto stesso» sottolinea la società, mentre all’eventuale dispersione di fibre di amianto si farà fronte con barriere ad acqua e incapsulamento del materiale. Ma Perino non si fida. «Noi siamo stati informati del progetto nel 2010 dal Comitato no Tav, quando mancavano dieci giorni alla scadenza delle osservazioni» racconta. «La casa è stata fotografata e l’immagine allegata al progetto perché avremo dei problemi: mia moglie ha notato qualcuno scattare foto a bordo di un’auto, ha cercato di fermarli per chiedere spiegazioni, ma sono scappati. Un sotterfugio, un metodo non democratico». A poche decine di metri dall’abitazione di Perino tre case dovranno essere abbattute: il gigantesco cantiere della stazione, otto anni di lavori, nascerà accanto alla residenza per anziani san Giacomo e al centro psichiatrico. «Il piazzale dello scalo internazionale sarà a un’altezza di 12 metri, sopra ci sarà la stazione per i treni locali e la caffetteria, con il tetto a 26 metri. E attorno a casa mia passerà lo svincolo della nuova viabilità. Ma a che serve tutto questo, se già oggi si va da Ulzio a Parigi in 4 ore e mezza, e se l’Autostrada ferroviaria che trasporta i grandi tir viaggia semivuota?». Francesco, 17 anni, non ha dubbi: «Resteremo qui, faremo resistenza». Per non avere guai durante le manifestazioni si è fatto regalare il codice penale: «Un giorno ho scoperto che si era seduto per terra con altri a bloccare l’autostrada» ricorda il padre, «l’ho chiamato, ma lui mi ha detto: stai tranquillo, conosco la legge: resto qua, questa è la mia terra». (m.r.t.)

 

 

Un maxi tunnel lungo 57 chilometri

il progetto

Il progetto preliminare della nuova ferrovia Torino-Lione è stato approvato dal Cipe nel gennaio scorso. E’ prevista la realizzazione dell’opera in due fasi: prima la costruzione del tunnel di base da 57 chilometri, 12,3 dei quali in territorio italiano, e gli interventi di adeguamento del nodo di Torino. Quindi se dovesse essere ritenuto necessario, si procederà con la tratta in bassa Valle di Susa (Bussoleno-Avigliana). Il cosidetto “progetto low cost” prevede anche la costruzione delle due stazioni internazionali di Susa e S. Jean de Maurienne. Il costo complessivo è 8,2 miliardi di euro, di cui meno di 3 a carico dell’Italia. I lavori dovranno essere preceduti dallo scavo del cosiddetto tunnel geognostico della Val Clarea, la zona oggi militarizzata: 7,4 chilometri di galleria esplorativa (143 milioni, 35 a carico dell’Italia) che, a opera completata, sarà usata come collegamento di servizio.

NOTAV:No Tav. Meno catene per Tobia, Mambo, Jacopo. Intervista a Tobia.

No Tav. Meno catene per Tobia, Mambo, Jacopo. Intervista a Tobia

In questa settimana si sono allentate le catene per alcuni dei No Tav
arrestati il 26 gennaio per la resistenza allo sgombero della Maddalena.
A Jacopo, che si trova ai domiciliari, è stato permesso di comunicare con
l’esterno, Mambo e Gabriele sono passati dalla galera alla prigione
casalinga.
Tobia, reduce da una settimana di ricovero in ospedale dopo la fine dello
sciopero della fame, sta meglio. Il giudice gli ha ulteriormente ridotto
le misure restrittive: da venerdì ha l’obbligo di dimora a Torino con
coprifuoco serale e notturno. Sabato mattina è passato al presidio contro
la crisi in corso Vercelli, lunedì è tornato a lavorare.
Sono ancora in carcere sette No Tav: Juan, Maurizio, Marcelo, Niccolò,
Luca, Giorgio, Alessio.
Sabato pomeriggio i compagni di Giorgio, rinchiuso in semi-isolamento a
Saluzzo, hanno organizzato un presidio al carcere. Di fronte alle altre
carceri i presidi solidali si erano svolti contemporaneamente l’11
febbraio.

Anarres intervistato Tobia sul suo 27 giugno. Qui puoi ascoltare il
racconto di Tobia:
http://anarresinfo.noblogs.org/2012/03/26/no-tav-verso-l11-aprile-una-primavera-resistente/

NOTAV: video sulle violenze delle “forze dell’ordine” il 3 luglio

Ecco il video da vedere e diffondere. (basta cliccare)

 

 

NOTAV: 11 aprile. Appello dal movimento No Tav

11 aprile. Appello dal movimento No Tav

Questo appello è rivolto a tutti gli uomini e donne che, in questi lunghi
mesi di occupazione militare, in questi mesi di lotta e resistenza NoTav,
si sono schierati al nostro fianco in ogni dove d’Italia.
Grazie a voi è stato chiaro a chi ha cuore e intelligenza che la lotta dei
No Tav di quest’angolo di Piemonte è la lotta di tutti coloro che si
battono contro lo sperpero di denaro pubblico a fini privatissimi, contro
la devastazione del territorio, contro la definitiva trasformazione in
merce delle nostre vite e delle nostre relazioni sociali.
Difendere la propria terra e la propria vita è difendere il futuro nostro
e di tutti. Il futuro dei giovani condannati alla precarietà a vita, degli
anziani cui è negata una vecchiaia dignitosa, di tutti quelli che pensano
che il bene comune non è il profitto di pochi ma una migliore qualità
della vita per ciascun uomo, donna, bambino e bambina. Qui e ovunque.
In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni
piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni
fabbrica dove Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta,
ci sono le nostre ragioni.

Dopo la terribile giornata del 27 febbraio, quando uno di noi ha rischiato
di morire per aver tentato di intralciare l’allargamento del fortino della
Maddalena, il moltiplicarsi dei cortei, dei blocchi di strade, autostrade,
porti e ferrovie, in decine e decine di grandi e piccole città italiane ci
ha dato forza nella nostra resistenza sull’autostrada.
In quell’occasione abbiamo capito che, nonostante le migliaia di uomini in
armi, il governo e tutti i partiti Si Tav erano in difficoltà. Si sono
aperte delle falle nella propaganda di criminalizzazione, si sono aperte
possibilità di lotta accessibili a tutti ovunque.

Il 27 febbraio non si sono limitati a mettere a repentaglio la vita di uno
dei noi, hanno occupato un altro pezzo di terra, l’hanno cintata con reti,
jersey, filo spinato.

Il prossimo mercoledì 11 aprile vogliono che l’occupazione diventi legale.
Quel giorno hanno convocato i proprietari per la procedura di occupazione
“temporanea” dei terreni. Potranno entrare nel fortino fortificato come
guerra solo uno alla volta: se qualcuno non si presenta procederanno
comunque. L’importante è dare una patina di legalità all’imposizione
violenta di una grande opera inutile. Da quel giorno le ditte potranno
cominciare davvero i lavori.

I No Tav anche questa volta ci saranno. Saremo lì e saremo ovunque sia
possibile inceppare la macchina dell’occupazione militare.

Facciamo appello perché quel giorno e per tutta la settimana, che
promoviamo come settimana di lotta popolare No Tav, ci diate appoggio.
Abbiamo bisogno che la rete di solidarietà spontanea che ci ha sostenuto
in febbraio, diventi ancora più fitta e più forte.
Non vi chiediamo di venire qui, anche se tutti sono come sempre benvenuti,
vi chiediamo di lottare nelle vostre città e paesi.
Vi chiediamo di diffondere la resistenza.

Movimento No Tav