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TRIESTE: Su quella gru c’eravamo tutti! 500 persone in corteo

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Volantino, foto e rassegna stampa dal corteo di Trieste del 20 novembre.

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ANTIRAZZISMO/ Udine volantinaggio per la chiusura del CIE

Rilanciamo la lotta

per la chiusura

del CIE

di Gradisca d’Isonzo

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TRIESTE: volantino antirazzista

Quello che segue è il volantino distribuito da Comitato primo marzo in centro città venerdì 24 in occasione della giornata dei ricercatori e del clandestinoday.

 

 

CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE

 

Cos’è I CIE sono luoghi di detenzione amministrativa, paradosso logico e giuridico, strutture in cui gli “ospiti” sono sottoposti di fatto ad un regime carcerario, ma senza permessi di uscita o di visita. Sono prigioni per persone che non hanno – o, sempre più spesso, non hanno più – i documenti in regola. Sono a decine sparsi per l’Italia, uno di questi a Gradisca d’Isonzo, a pochi chilometri da qui.

Come funziona A volte, chi viene fermato senza permesso di soggiorno in regola, viene portato in uno di questi centri, ufficialmente in attesa di essere identificato ed espulso e può essere trattenuto fino a sei mesi. Possono essere clandestini appena arrivati, o fermati per strada, ma anche, ad esempio, persone uscite dal carcere (che quindi hanno già subito un processo, durante il quale la loro identità è stata accertata) o stranieri che per anni hanno soggiornato regolarmente e che poi perdendo il lavoro hanno anche perso il permesso di soggiorno…

La collettività paga a coloro che gestiscono questi centri (spesso cooperative, come il consorzio Connecting People a Gradisca) un quota “ad ospite” che si aggira mediamente attorno ai 60-80 euro al giorno, senza contare i costi strutturali e la manutenzione straordinaria. Più “ospiti”, più soldi. Un business notevole, i cui conti restano ben poco trasparenti.

Come si cura L’unica cura per questa “malattia democratica” è la chiusura immediata di tutti i centri.

 

Questa è una lettera di alcuni reclusi nel CIE di Gradisca, che illustra le ragioni della loro più recente protesta.

Crediamo che meglio di qualsiasi nostra parola, renda evidente la realtà di degrado e abusi che queste persone sono costrette a subire

Noi stiamo scioperando perché il trattamento è carcerario, abbiamo soltanto due ore d’aria al giorno, una al mattino e una la sera, siamo tutti rinchiusi qui dentro, non possiamo uscire. Ci sono tre minorenni qui dentro, sono Tunisini e hanno 16 anni, ci chiediamo come mai li hanno messi qui se sono minorenni? Il cibo fa schifo, non si può mangiare, ci sono pezzi di unghie, capelli, insetti…

Siamo abbandonati, nessuno si interessa di noi, siamo in condizioni disumane. La polizia spesso entra e picchia. Circa tre mesi fa con una manganellata hanno fatto saltare un occhio ad un ragazzo, poi l’hanno rilasciato perché stava male e non volevano casini, e quando è uscito, senza documenti non poteva più fare nulla contro chi gli aveva fatto perdere l’occhio.

Ci trattano come delle bestie. Alcuni operatori [di Connecting People n.d.r.] usano delle prepotenze, ci trattano male, ci provocano, ci insultano per aspettare la nostra reazione, così poi sperano di mandarci in galera, tanto danno sempre ragione a loro.

C’è un ragazzo in isolamento che ha mangiato le sue feci. L’hanno portato in ospedale e l’hanno riportato dentro. È da questa mattina che lo sentiamo urlare, nessuno è andato a vederlo, se non un operatore che l’ha trattato in malo modo.

Il direttore fa delle promesse quando ci sono delle rivolte, poi passano le settimane e non cambia mai niente. Da due giorni siamo in sciopero della fame, e il medico non è mai entrato per pesarci o per fare i controlli, entra solo al mattino per dare le terapie.

Continueremo a scioperare finchè non cambieranno le cose, perché 6 mesi sono troppi e le condizioni troppo disumane. Questo non è un posto ma un incubo, perché siamo nella merda, è assurdo che si rimanga in queste gabbie. Sappiamo che molta gente sa della esistenza di questi posti e di come viviamo. E ci si chiede, ma è possibile che le persone solo perchè non hanno un pezzo di carta debbano essere rinchiuse per 6 mesi della loro vita?

Reclusi del CIE di Gradisca – 15 settembre 2010

 

Flussi migratori: emigrano i cervelli e ce la prendiamo con chi entra in Italia, salvandola dal baratro.

Nessuno sembra preoccuparsi di porre fine alla drammatica emorragia di laureati che abbandonano l’Italia per trovare un lavoro dignitoso all’estero, mentre sembra evidente che l’immigrazione rappresenti per l’Italia un problema devastante. Ma è davvero così?!

 

Il problema sono i clandestini!!!

FALSO! Gli irregolari sono meno del 10% della popolazione straniera in Italia. Gli altri lavorano e pagano le tasse e le pensioni agli italiani.

 

Beh, ma gli stranieri tolgono lavoro agli italiani!!!

FALSO! I dati mostrano che il lavoro straniero ha quasi naturalmente colmato un vuoto provocato da fattori demografici: l’Italia è un Paese sempre più vecchio, e decine di migliaia di laureati continuano a trovare fortuna all’estero. Inoltre il contributo dei lavoratori stranieri al PIL italiano è, in media, più alto di quello dei lavoratori italiani!!

 

Ma com’è possibile?! Si tratta di una massa di ignoranti!!!

FALSO! I lavoratori stranieri (anche gli irregolari) hanno un’istruzione pari, e a volte superiore, a quella degli italiani! E anche per i lavori che non richiedono un titolo di studio la produttività degli stranieri è superiore a quella degli Italiani!

 

Può darsi, ma rimane il fatto che sono davvero troppi!!!

FALSO! In Irlanda gli stranieri sono il 12.6%, in Spagna l’11.6%, in Austria il 10.6%, in Germania l’8.8%. In Italia sono appena il 5.8%.

 

Cribbio! Ma allora aboliamo la fuga dei cervelli e mandiamo a casa gli immigrati, così risolviamo il problema. Insomma, prima di tutto gli Italiani!

Anche in questo caso si tratta di un’obiezione giustificata solo dalla pessima informazione. Trascurando esempi estremi come gli Stati Uniti o l’India, e confrontando la realtà italiana con quella, ad esempio, della Germania o dell’Inghilterra, ci accorgiamo che il problema dei flussi migratori in Italia è solo l’effetto di problemi più “a monte”.

 

Per esempio, in Inghilterra e Germania non si cerca a tutti i costi di impedire il libero movimento di “cervelli” né di lavoratori. Esiste un continuo flusso di lavoratori che abbandonano questi Paesi per andare a lavorare all’estero. Per ogni lavoratore che emigra un altro entra. E in passato, quando c’era più immigrazione che emigrazione, l’orientamento è stato verso l’integrazione, con ottimi risultati.

 

Ok, mi avete convinto… ma smettetela di criticare e trovate una soluzione!!!

 

Il problema è nello sfruttamento dei lavoratori, sia italiani che stranieri. Le leggi razziste (Bossi-Fini, Turco-Napolitano, pacchetto sicurezza), insieme alla precarizzazione selvaggia del lavoro, hanno provocato una concorrenza al ribasso per accaparrarsi pochi posti di lavoro, precari e mal pagati. Questo processo impoverisce il nostro Paese e gli impedisce di crescere, tanto in ricchezza quanto in benessere.

 

Per questi motivi è necessario smetterla di dare la “caccia al clandestino”, come se fosse l’origine di tutti i mali, e formare un fronte comune dei lavoratori, sia italiani che stranieri.

 

Comitato Primo Marzo Trieste.

 

 

ANTIRAZZISMO/ Trieste: Barcolana contro i respingimenti

L’iniziativa di venerdì pomeriggio non è stata l’unica di questo weekend. Questa mattina gli attivisti del Comitato primo marzo sono tornati a far sentire la propria voce. In una ventina siamo andati in molo audace dove sono stati messi in mare sagome umane a simboleggiare i migranti morti in mare…

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TRIESTE: continua l’attività del comitato primo marzo

da Il Piccolo del 10/05/10

 

Al via il doposcuola multietnico

 

Un pomeriggio di incontro in piazza Cavana per parlare di diritti e soprattutto di «Scuola e migranti». Lo ha organizzato nei giorni scorsi il Comitato primo marzo, che anche a Trieste ha preso il nome dal primo sciopero nazionale dei lavoratori migranti organizzato appunto in quella data. Dopo lo sciopero e dopo la partecipazione al corteo del Primo maggio con uno striscione antirazzista, il Comitato in piazza Cavana ha voluto lanciare un dibattito sul sistema scolastico italiano. “Qui nessuno è clandestino. Scuola zona franca”, si leggeva sugli adesivi stampati per l’occasione. È stata poi presentata una serie di iniziative che coinvolgono tutti gli studenti, anche stranieri, che frequentano le scuole triestine. Da oggi per i bambini delle scuole elementari nella sede dell’Officina Arci inizierà un doposcuola multiculturale per aiutare gli studenti nei compiti, soprattutto quelli che hanno bisogno di un supporto con la lingua italiana. «Abbiamo offerto la nostra disponibilità alle scuole, che ci hanno accolto a braccia aperte», ha spiegato Serena Pulcini del Centro Multicultura che, assieme all’Arci organizza il doposcuola. «La scuola – ha proseguito Pulcini – non ha i fondi per mettere a disposizione un maestro, noi ci siamo offerti come volontari per aiutare i bambini, soprattutto stranieri. Molto spesso i genitori non parlano italiano e per loro è difficile seguirli nei compiti». Durante l’incontro si è parlato tra l’altro degli episodi di intolleranza che hanno coinvolto di recente bambini stranieri, ma anche della riforma Gelmini che secondo il Comitato «rientra tra le “leggi razziste” di questo governo». «Il tetto del 30% di studenti stranieri nelle classi, le cosiddette “classi ponte” mirate a insegnare agli stranieri l’italiano e per poi inserirli in quelle permanenti, ha spiegato Gianluca Gabrielli del Comitato primo marzo, non aiutano l’integrazione». In piazza Cavana si è anche parlato di un video in cui gli studenti del Carducci, durante lo sciopero dei migranti del primo marzo, hanno raccolto una serie di interviste. Il progetto “Un mare di radici”, accompagnato da un sito internet, sarà presentato il 3 giugno al Teatrino di San Giovanni. ( i.gh. )

 

per contattare il comitato:

 

http://primomarzotrieste.blogspot.com/

TRIESTE: Foto, report e rassegna stampa del 5 giugno

Oltre 300 persone hanno partecipato al corteo del comitato 1 marzo.

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SANATORIA-TRUFFA: primo ricorso al TAR accolto!

Da Il Piccolo del 11/06/10

IL CASO
Il Tar blocca l’espulsione di un senegalese
Smentita la Questura che gli negò la regolarizzazione in base alla
Bossi-Fini
Contestato il reato di clandestinità

di CLAUDIO ERNÈ

Una secca smentita alla Questura e alla Prefettura di Trieste. Viene
dai
magistrati del Tribunale amministrativo regionale che hanno bloccato
l’espulsione di un giovane senegalese che aveva chiesto di
regolarizzare
la propria posizione di giardiniere ma che in base a una
interpretazione
minoritaria della legge Bossi-Fini aveva ricevuto dal questore un
decreto che gli imponeva di lasciare il territorio italiano.
Il Tar ha bloccato l’iniziativa del ministero degli Interni e ha
implicitamente concesso a Ibraima Faye di continuare a lavorare a
Trieste almeno fino al momento in cui il suo ricorso verrà discusso nel
merito.
La vittoria in questa causa-pilota, promossa da Daniela Schifani
Corfini, vedova del giornalista Marco Luchetta ucciso nel 1994 a
Sarajevo, consente ad almeno altri 70 senegalesi che vivono a Trieste
di
evitare l’immediata espulsione decretata dalla Questura. Tutti
avevano
aderito alla “sanatoria” prevista dalla legge Bossi- Fini, ma
l’interpretazione fornita allo stesso provvedimento dalle autorità
locali ha riservato loro e ai loro datori di lavori una amara sorpresa.
«Mi sono autodenunciata; ho pagato tra i 700 e gli 800 euro per la
sanatoria. Ho versato quanto dovuto all’Inps per i contributi
previdenziali. Il ministero degli Interni da Roma mi aveva assicurato
che nulla ostava all’applicazione della sanatoria nonostante la
condanna
subita per clandestinità» spiega Daniela Schifani Corfini. «Invece si
sono fatti beffa di quanto avevano affermato e a Trieste hanno respinto
la domanda, sostenendo che Ibraima aveva subito una condanna. Subito
dopo l’hanno espulso. Volevano metterlo sull’aereo a brevissima
scadenza. Per questo sono ricorsa al Tar. Poi ho protestato col
ministero ma mi hanno risposto sostenendo che quanto avevano detto in
precedenza valeva poco o nulla perché il parere mi era stato trasmesso
via Internet e non con un documento ufficiale. I soldi che in tanti
abbiamo pagato però se li sono tenuti ben stretti».
Il Tribunale amministrativo nei giorni scorsi ha fatto chiarezza su
questa situazione, bloccando l’espulsione perché la pena inflitta
al
giovane senegalese per il reato di clandestinità, è inferiore a quelle
che secondo la legge Bossi-Fini consentono di adottare un provvedimento
ultimativo. Va aggiunto che il Tar del Friuli Venezia Giulia si
affianca
con questa decisione a quelli del Veneto e della Toscana. Di parere
opposto il Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna che ha
confermato le espulsioni decise dai questori di quella regione
indipendentemente dall’entità della condanna subita.
«Non credo che la guerra per salvare questi ragazzi dal rimpatrio
forzato sia vinta. È solo una battaglia che si è conclusa
favorevolmente
e per questo in tanti oggi tiriamo un sospiro di sollievo. La vera
delinquenza sta in altre sedi, in altri palazzi» dice, tra il
soddisfatto e il polemico, Daniela Schifani Corfini.

PORDENONE: comunicato stampa sull’ambulatorio

COMUNICATO STAMPA SULL’AMBULATORIO

Leggiamo con favore l’intenzione del Comune di Pordenone di porre rimedio all’azione regionale razzista della Lega (e fatta propria da tutto il PDL) di far chiudere l’ambulatorio per immigrati irregolari a Pordenone, trovando un’altra sede e garantendo la prosecuzione del servizio a chi è malato senza se e senza ma.
Come Inziativa Libertaria siamo in campo da anni a sostegno dei migranti cercando di arginare questa deriva xenofoba e fascista che li vorrebbe solo come merce da lavoro e poi se non più utili rispediti al mittente come fossero cose e non persone.
Noi crediamo che difronte al razzismo di stato non basti la testimonianza e neppure l’indignazione ma che bisogna mettersi di mezzo: contrastare retate e deportazioni, rifiutare ronde e militari in strada, sostenere chi lota nei CIE (lager di stato) e chi sciopera contro la schiavitù legale, sostenere le cure a tutti regolari e non.
Per questo ribadiamo che nel caso la Lega Nord intenda ostacolare la ripertura dell’ambulatorio troverà anarchici e libertari pronti scendere in strada come per le ronde padane prima e quelle militari poi. Il razzismo di questi impudenti va estirpato, la solidarietà allargata.
Iniziativa Libertaria, Pordenone

TRIESTE: foto della passeggiata antirazzista

Buona riuscita della “passeggiata antirazzista” organizzata venerdì pomeriggio dal Comitato Primo Marzo per le vie del centro città.

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IMMIGRAZIONE: i medici contro la lega

Da Il Piccolo

 

GIOVEDÌ, 15 APRILE 2010

Cure negate ai clandestini, i medici contro Narduzzi

«È contro la legge» La risposta: va bene ma poi devono essere espulsi

TRIESTE La Lega Nord chiede a Renzo Tondo di proporre al governo «l’obbligo di segnalazione degli stranieri non in regola». I clandestini, insomma. Da denunciare non appena risultino privi di documenti di identità e tessera sanitaria. Le “spie” incaricate? Posto che non lo possono fare i medici, gli addetti amministrativi.

Danilo Narduzzi, il capogruppo, e i consiglieri Franz, De Mattia, Piccin, Picco e Razzini sottoscrivono la mozione “Reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato: obbligo di segnalazione nell’ambito degli enti del servizio sanitario regionale”. Un testo in cui, con la premessa della legge nazionale del 2009 che introduce il reato di clandestinità e dell’articolo 5 dello statuto del Friuli Venezia Giulia che definisce competenza concorrente la materia «igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera, nonché il recupero dei minorati fisici e mentali», immaginando così una possibile iniziativa regionale autonoma, si impegna la giunta «ad attivarsi presso il parlamento e il governo nazionale per la modifica del decreto legislativo 286/1998 affinché sia introdotto l’obbligo di segnalazione degli stranieri non in regola con le norme in materia di ingresso e soggiorno nel nostro Paese alle autorità competenti anche in ambito sanitario».

«Le cure vanno erogate – spiega Narduzzi -, ma subito dopo chi è clandestino se ne deve ritornare al suo Paese». Una posizione che il presidente dell’ordine dei medici di Udine Luigi Conte non digerisce.

«Confermiamo il nostro parere negativo contro ogni forma che ci mette nelle condizioni di non esercitare al meglio il nostro mandato etico, deontologico e sociale di garantire a tutte le persone che hanno bisogno tutte le cure, indipendentemente dalla loro condizione sociale, dal loro credo e posizione politica». E ancora: «E’ altamente pericoloso per la salute dei cittadini lasciare che queste persone malate possano diventare mine vaganti in giro per le nostre città, sfuggendo, per paura di essere denunciati, al controllo della sanità pubblica. Lo ripetiamo una volta di più: noi non diventeremo mai né gendarmi né delatori. Ciò significa tra l’altro fare il bene prima di tutto dei cittadini del Friuli Venezia Giulia, in una logica generale di tutela e autotutela della sanità e della salute».