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Scienza ed Anarchismo: la necessità dell’eco-fisica

Scienza ed anarchismo. La necessità dell’eco-fisica.


La scienza

Bisogna innanzitutto cogliere i caratteri essenziali, fisici e metafisici, della “natura delle cose”.

I temi dominanti nel dibattito scientifico-epistemologico nel novecento sono stati i concetti di realtà, di verità, di falsificazione, di paradigma  ed altri sostanzialmente interni  alle problematiche della fisica riduzionista.

Accanto a questi temi è stato separatamente dibattuto anche il problema dell’irreversibilità, ma è stato trattato sostanzialmente come problema matematico, risolvibile, apparentemente, con un approccio statistico alle leggi della fisica.

Oggi, peraltro dopo 150 dalla nascita della teoria darwiniana dell’evoluzione, possiamo dire che anche le scienze “dure” sono state contaminate dalle tematiche evoluzioniste, soprattutto grazie alla cosmologia.

La nuova cosmologia infatti ha più o meno 40 anni di vita, in quanto nasce dopo il 1965, data della scoperta della Radiazione Cosmica di Fondo (CMBR Cosmic Microwave BackGround Radiation), scoperta che ha permesso la fondazione  coerente della teoria del Big Bang e, in epoca ancora più recente, scalciato definitivamente le teorie dell’universo stazionario. Possiamo dire che stiamo vivendo la “Golden Age” della cosmologia, come si può vedere dal numero di nuovi libri prodotti negli ultimissimi anni. Inoltre i problemi cosmologici della “Dark Energy” e della “Dark Matter” pongono la fisica di fronte ad un nuova svolta epocale.

Tuttavia siamo oramai certi di un fatto e cioè della caratteristica evolutiva, quindi irreversibile, della storia dell’universo. Nessuno mette più, almeno ufficialmente, in dubbio l’esistenza di una “freccia del tempo” cosmologica.

Se facciamo il passo ulteriore ed  assumiamo che l’irreversibilità sia una caratteristica intrinseca della natura nel suo insieme e cioè che si manifesti autonomamente a tutti i livelli della sua organizzazione macroscopica, allora l’irreversibilità deve anche essere una caratteristica fondazionale della nuova scienza, che ora chiameremo eco-fisica in quanto denominazione già in atto ed in effetti la più appropriata.

Questo punto viene enunciato perché  tutta la fisica è invece fondata sull’ipotesi che le leggi fondamentali della natura siano reversibili e matematicamente espresse in forma simmetrica rispetto al tempo.

Questa è una contraddizione che si trascina da 150 anni è non è mai stata risolta, anche se la maggior parte della comunità scientifica la ritiene opportunisticamente risolta attraverso una concezione “statistica” dell’entropia, ma questo atteggiamento  risulta insoddisfacente di fronte ad un’ analisi veramente approfondita del problema.

Va anche detto che l’irreversibilità come tendenza generale del comportamento della natura in tutti i suoi aspetti, non è per nulla in contraddizione con  la comparsa della vita, ed in generale di “strutture organizzate”, anzi la dinamica  di creazione di strutture è proprio interna alla “freccia del tempo” cosmologica e si manifesta in tutta l’evoluzione dell’universo: galassie, stelle; sistemi solari e tutte le meraviglie che la cosmologia continua a scoprire. Un teoria dell’universo stazionario avrebbe molte più difficoltà ad esprimersi sulla nascita delle strutture, dell’organizzazione, dell’informazione e della vita.

Contemporaneamente  oggi si può e si deve, cogliere l’occasione per allargare il discorso e fondare su nuove basi, esplicitamente  etiche, una nuova scienza.


Il problema da risolvere.

Questo oggi in pratica significa che la fondazione dell’eco-fisica può/deve assumere, in modo consapevole ed esplicito, il compito della riconciliazione fra società e natura.

Questo compito per ora è stato espresso in maniera soddisfacente solo per la parte eco-filosofica e non si deve credere che pur esistendo una larga diffusione di movimenti e di pratiche ecologiche e scientifiche alternative questo possa rappresentare un serio pericolo per la scienza dominante.

L’eco-fisica si occupa ovviamente di questioni pratiche ma  non è riducibile ad una “fisica applicata all’ambiente” (magari per sfruttarlo più razionalmente!).

L’eco-fisica fa parte di una riorganizzazione generale delle nostre conoscenze, condotta al di fuori delle “epistemologie del dominio”.

L’opzione principale per realizzare questo risultato è certamente ancora quella che coinvolge il problema della sensibilità.

Una sensibilità non-gerarchica riconosce il fondamentale valore dell’unità nella diversità come “principio unificante dell’ecologia e della ragione” (Bookchin) e può quindi generare una vera e propria epistemologia. Questo è un obiettivo filosoficamente già raggiunto con la nascita dell’ecologia sociale di Murray Bookchin.

Ora si tratta di fare il passo successivo e cioè quello di sfidare la razionalità del dominio nel suo ambiente più specifico e favorevole, cioè nella matematizzazione della natura o quanto meno nella “organizzazione” delle teorie scientifiche.

Il passaggio obbligato a questo punto è la riformulazione della termodinamica a partire dalle caratterizzazioni  ecologiche e sociali che le  devono necessariamente essere attribuite, e ciò già in fase fondazionale.

 

Cosmologia, ecologia, società

Una volta stabilito che, come abbiamo detto,  è la cosmologia che legittima fisicamente un nuovo contesto fondazionale della termodinamica, si pongono concretamente altri due passaggi che riguardano  ora la fondazione di una “termodinamica geocentrica” , adatta al pianeta Terra e che contiene in se anche la “Fisica del Clima”, interagisce con la “Biofisica” e si occupa di spingere al massimo l’uso efficiente dell’energia da parte dei “Sistemi Sociali”.

Da un lato c’è, diciamo, una “termodinamica ecologica” che è di tipo non-antropomorfo e studia la natura (compresa quella vivente) per come essa effettivamente si manifesta. All’interno di tale approccio l’eco-fisica può ereditare molti aspetti delle cosidette termodinamiche di non-equilibrio in quanto una termodinamica ecologica si occupa per definizione di sistemi aperti, lontani dall’equilibrio (“all’equilibrio la materia è «cieca»…” , “lontano dall’equilibrio incomincia a «vedere»Prigogine)

Dall’altro lato c’è una “termodinamica sociale” (uso questa denominazione per indicare quello che gli esperti chiamano termo-economia o exergo-economia) che invece eredita gli aspetti principali della migliore termodinamica ingegneristica, per esempio tutto quanto riguarda le analisi di efficienza nelle trasformazioni energetiche, oramai saldamente ragruppate sotto denominazione internazionale di  “exergy analysis” cioè dell’ analisi exergetica.

Però deve essere chiaro che non basta una riconversione, anche se ben pianificata, della termodinamica in chiave ecologica ed exergetica.

 

Riassumendo

La sfida è molto audace e consiste nel fatto che è effettivamente necessaria una rifondazione integrale della termodinamica secondo una strategia che non è ancora mai stata sperimentata e che consiste di tre livelli.

 

1) Ridefinire i concetti termodinamici sulla base delle aquisizioni della fisica moderna: meccanica quantistica, relatività generale e cosmologia.

2) Adattare i concetti così definiti alla temodinamica di un pianeta caratterizzato da cicli bio-geo-chimici.

3) Mettere in esplicita evidenza, il ruolo sociale e politico che questa scienza ha  sempre esercitato, soprattutto in maniera occulta, per il fatto di NON essere stata effettivamente e rigorosamente applicata per quello che già aveva chiarito  fin dalla sua nascita e cioè l’analisi di efficienza nei processi di conversione energetica.

 

Il carattere evoluto di questa operazione sta, nel riconoscere la “non neutralità della scienza”, ma, soprattutto, nel valorizzare gli aspetti, effettivamente intrinseci (neutrali) della scienza che emergono dall’approccio cosmologico da un lato e di quello ecologico dall’altro.

Separando nettamente gli aspetti antropomorfi (socialmente condizionabili) da quelli intrinseci (neutrali)  si realizza un percorso costruttivo cristallino e perfettamente controllabile in tutti gli stadi del suo sviluppo.

In realtà sarebbe un dato tranquillizzante che la scienza fosse effettivamente neutrale, (era quello che sperava Kropotkin alla fine del 1800) ma, di fatto, così non è.

Comunque in questo modo, con l’individuazione e la separazione  dei tre livelli nella termodinamica, si dà un contributo alla fisica anche in senso “internalista”.

Infine una volta separati e sviluppati, l’approccio intrinseco-ecologico e quello antropomorfo-ingegneristico, devono poi essere nuovamente riunificati per dare operatività alla “termodinamica geocentrica” cioè ad una scienza globale, dell’eco-sfera, con l’obiettivo dichiarato di definire le modalità secondo cui va organizzata,  in maniera vincolante, la vita delle società, per garantire la sostenibilità rispetto all’ecosistema e il futuro alle prossime generazioni.

Il motivo per cui è la termodinamica il campo scientifico privilegiato per questa sfida, peraltro difficilissima, consiste nel fatto che in un certo senso la termodinamica è il contenitore di tutte le altre scienze o quantomeno è senz’altro vero  che ogni ramo della scienza è collegato al tronco della termodinamica.

 

Paolo De Toni