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CIE DI GRADISCA: nuove sommosse (agg.al 06/06)

 

Il Piccolo del 06/06/12

«Al Cie siamo in emergenza Il prefetto apra il confronto»

di Luigi Murciano GRADISCA Creare un immediato tavolo di confronto sul Cie di Gradisca. Altrimenti rimarrà una bomba perennemente innescata con il rischio che prima o poi “ci scappi” il morto. A 48 ore dalla pesante rivolta che ha rimesso in ginocchio la struttura isontina per immigrati, l’appello viene dall’ente gestore del centro. Mauro Maurino, membro del cda di Connecting People non ha dubbi: solo ripristinando il dialogo la tensione potrà calare. E quando dice dialogo si riferisce sia al rapporto con gli immigrati che alla collaborazione con le istituzioni: Prefettura e Questura. Qual è il clima in cui lavorano gli operatori di Connecting People? Hanno paura? La situazione è di vera emergenza. I lavoratori sono in prima linea. Ma il personale è sufficientemente esperto per affrontare situazioni molto difficili. Più che la paura prevale lo scoramento, perchè di fatto sono bastati pochi giorni per ripiombare indietro di un anno. Perchè si è ritornati a una tensione alta? Non ci è stato dato il tempo di costruire un rapporto con i nuovi arrivati, che poi hanno generato le sommosse. La decisione di prevedere 80 nuovi arrivi in poche ore credo si commenti da sola per una struttura che fino al giorno prima era a un decimo del suo regime potenziale. Come si costruisce un rapporto coi trattenuti? La questione è molto complessa. Senza volere giustificare le violenze, va detto che spesso gli ospiti nemmeno sanno perchè sono al Cie. Se provengono dal carcere hanno già scontato la pena e potrebbero essere rimpatriati: invece si trovano a fare i conti con una reclusione supplementare. Altri finiscono nel centro per un documento scaduto. Questa coesistenza fra tipologie diverse crea una miscela pericolosissima. E il clima a volte diventa torrido anche fra operatori e agenti. Così non può andare. La tensione andrebbe depotenziata occupando meglio il tempo libero degli ospiti. Ma non dipende solo da noi. I sindacati di polizia continuano a criticare la difformità di regole nei diversi Cie… Sono d’accordo con i poliziotti. La rigidità fine a sè stessa non conduce a niente di buono. Si fissino regole omogenee e le si facciano rispettare. Bisogna punire chi sbaglia ma anche premiare chi si comporta bene. Le restrizioni sul fumo o l’ora d’aria, a esempio, non possono valere per tutti. Pensi poi che il campo da calcio è inutilizzato da tempo. Potrebbe invece svolgere una funzione importantissima. Perchè non è stato fatto? Non sta a me dirlo, nè mi permetto di criticare chi ha la delicata responsabilità di gestire queste strutture. Ma sarebbe già determinante se Prefettura e Questura prendessero atto che l’ente gestore e gli operatori di polizia su questo la pensano alla stessa maniera. Sia aperto un tavolo di confronto sul Cie di Gradisca. Ci ascoltino tutti assieme: ancora non è stato fatto.

 

Dal Piccolo del 05/06/12

Cie di Gradisca Convalidato l’arresto di un tunisino

 

GRADISCA Il bilancio delle sommosse al Cie di Gradisca sarà al centro di un vertice convocato per domani alla Questura si Gorizia e al quale parteciperanno, oltre a rappresentanti della Prefettura, anche le forze dell’ordine. Un bilancio comunque pesante. Una tragedia sfiorata. Il Centro per immigrati è nuovamente al collasso (ospita 118 immigrati a fronte di una capienza ridotta a 74), nonostante il centinaio di milioni di euro spesi per renderla un carcere di massima sicurezza. La furia di 60 immigrati ha vanificato un anno di lavori. L’ennesima giornata di follia vissuta all’interno del Cie di Gradisca, con la violenta sommossa di domenica, avrebbe potuto avere conseguenze ben più pesanti. Basta pensare alla cancellata da 5 quintali che i rivoltosi sono riusciti a scardinare e lanciare come un’arma che fortunatamente non ha investito gli agenti. Da tempo al Cie non si rendeva necessario l’utilizzo dei lacrimogeni per sedare una rivolta. Ma non sono un mistero i gravi danneggiamenti alla struttura, alcune camerate appena restaurate al costo di milioni di euro sono già nuovamente inagibili. Un 23enne tunisino si trova in carcere dopo essere stato arrestato per violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Il giudice ieri ha convalidato l’arresto. Ma non sono esclusi ulteriori arresti nelle prossime ore. Per tutta la giornata di ieri, inoltre, sono continuate le operazioni di perquisizione e bonifica delle stanze: il timore degli agenti è che nel marasma di domenica i più facinorosi fra gli ospiti, per buona parte di etnia maghrebina, possa essere riuscito ad appropriarsi di altri corpi contundenti. Le forze di polizia sono allo stremo delle forze. Ed è polemica. «Non si può continuare a confidare sulla professionalità degli agenti e sulla buona sorte – così Giovanni Sammito del Siulp – perchè qui prima o poi ci scappa il morto». Luigi Marciano

 

 

Messaggero Veneto del 05/06/12

Cie, un arresto e capienza ridotta

 

GRADISCA Rivolta al Cie, un 23enne tunisino è stato arrestato per violenza e resistenza a pubblico ufficiale ed è stato condannato nel processo per direttissima. Intanto sono ancora in corso le operazioni di identificazione degli immigrati coinvolti nelle due sommosse che hanno infiammato la giornata di domenica alla ex caserma Polonio di Gradisca. Potrebbero scattare, dunque, altre denunce. Per sedare la rivolta sono arrivati uomini e mezzi delle volanti, della polizia di frontiera, dei carabinieri. Alcuni agenti sono rimasti contusi negli scontri, ma sono stati medicati unicamente sul posto. Nel frattempo si fa la conta dei danni: tre camerate nella zona blu, fresca di ristrutturazione, sono inagibili. I trattenuti hanno distrutto il sistema anti-intrusione, divelto una grata, spaccato vetrate. La capienza del Cie è stata, pertanto, ridotta, da 118 a 74 unità. Al momento, però, a Gradisca ci sono 110 trattenuti, 36 in più, che dovranno quindi essere trasferiti in altre strutture. Il Sindacato autonomo di polizia (Sap) insorge, chiedendo di «attrezzare i Cie per la loro funzione», ovvero il trattenimento coatto. «I fatti di domenica e degli ultimi giorni – osserva il segretario provinciale del Sap, Angelo Obit – dimostrano il fallimento della cosiddetta detenzione amministrativa, priva di regole. È possibile fare i rivoltosi la mattina e nel pomeriggio giocare con i compagni all’esterno della camerata, per poi ritornare a fare i rivoltosi in serata. Si può prendere aria sul tetto o tentare la fuga e poi riposarsi dalla fatica guardando la televisione e magari raccontando ai compagni le imprese della giornata. Si parte con tutti i diritti senza rischiare di perderne nessuno. Così non va bene. Perché a pagare sono lo Stato e quindi i cittadini. Non è pensabile che una struttura di colpo annulli la presenza sul territorio delle forze dell’ordine o che si affrontino “battaglie” come quella di domenica. O ancora che si permetta ai trattenuti di continuare a causare danni che tanto non pagano». Il Sap invita le autorità competenti a prendere provvedimenti per chi viola il regolamento. «In carcere – conclude Obit – la pena ha una funzione rieducativa. Nei Cie, i trattenuti sono all’ultima spiaggia, in attesa del decreto di espulsione, ma dovrebbero essere previste misure per scoraggiarne “l’intraprendenza” e per tutelare gli altri ospiti. Non sta a noi indicarli. Di due cose siamo certi: l’avevamo previsto e così non si può andare avanti». (i.p.)

 

 

Il Piccolo del 04/06/12

Al Cie di Gradisca scoppiano due nuove sommosse

 

di Luigi Murciano GRADISCA Vetri spaccati, lavandini divelti, atti di autolesionismo e lacrimogeni: è allarme costante al Cie di Gradisca. Dopo la “rivolta dei bulloni” di pochi giorni fa, quella di ieri nella struttura isontina di espulsione per immigrati è stata l’ennesima, interminabile giornata di passione Due sommosse in poche ore, una delle quali molto violenta: tanto che per sedarla si è reso necessario l’utilizzo dei lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine, che hanno realizzato un numero imprecisato di arresti. Un paio di agenti negli scontri hanno riportato lievi contusioni. Medicati sul posto invece alcuni ospiti che di proposito si erano procurati dei tagli. I danni all’ex Polonio sono ingenti e già vanificano un anno di lavori di restauro: diverse camerate della zona blu appena ristrutturata sono state rese inagibili dalla furia dei rivoltosi, principalmente soggetti “a rischio” di etnia maghrebina di recente trasferiti da altri Cie. Il primo allarme poco prima delle 13, quando 8 ospiti si sono arrampicati sul tetto. Il pronto intervento degli agenti ha fatto rientrare la situazione piuttosto rapidamente. Ma la tregua è durata poche ore: attorno alle 16 la tensione è tornata a salire, questa volta in maniera drammatica. Gli immigrati sono riusciti a sradicare con una spranga una grata in acciaio. Se la sono poi presa con quel che rimane del sistema anti-fuga. Hanno reperito con facilità bulloni e pezzi di vetro con cui hanno minacciato gli agenti e si sono procurati delle ferite, in maniera da ottenere il ricovero ospedaliero e una chance di fuga. La sommossa è stata sedata alle 19, ma fino a tarda ora gli agenti hanno dovuto perquisire le camerate nel timore che gli stranieri siano riusciti a procurarsi corpi contundenti da utilizzare nelle prossime ore. I sindacati di polizia puntano il dito: anche ieri tutte le volanti del territorio sono state distolte dai servizi per accorrere al Cie.

 

Messaggero Veneto del 04/06/12

Sommossa al Cie arresti e contusi

 

di Flavio Nanut GRADISCA Ancora una volta il Cie di Gradisca è stato al centro di un episodio di violenza. Nel tardo pomeriggio di ieri è andata in scena l’ennesima protesta di un gruppo di extracomunitari. Non ne volevano sapere di rimanere nella struttura di via Udine e per manifestare il proprio dissenso sono saliti sul tetto da dove, secondo un piano ripetuto già in precedenti occasioni da altri ospiti, avrebbero tentato di scappare. Ma la protesta non ha fatto altro che provocare l’intervento delle forze dell’ordine: agenti di Polizia e carabinieri sono intervenuti per placare quella che, con il trascorrere dei minuti, ha assunto i contorni di una vera e propria sommossa. Poliziotti e militari hanno cercato di fermare i rivoltosi anche, da quanto si è appreso, facendo uso di lacrimogeni. E, alla fine, le due fazioni sono venute allo scontro: due agenti sono rimasti feriti, per fortuna in maniera lieve. Gli extracomunitari si sono visti costretti a ritornare sui loro propositi, ma alcuni non si sono arresi e, per disperazione, si sono resi protagonisti di gesti di autolesionismo. Il personale sanitario è accorso per medicare ospiti che si sono tagliati le vene. Dopo la confusione iniziale, le forze dell’ordine sono riuscite a prendere in mano la situazione e a sedare la rivolta. Alcuni immigrati sono finiti in manette. Già nei primi giorni della settimana scorsa, tre stranieri erano riusciti a fuggire dal Cie e altri sei avevano ingerito dei bulloni in maniera da poter essere trasferiti in ospedale. E questi sono soltanto gli ultimi di una lunga serie di fatti che si sono accavallati negli ultimi mesi, tutti con lo stesso canovaccio: il tentativo di ribellarsi alla permanenza nella struttura, da cui gli extracomunitari hanno tentato di evadere. Nel bene o nel male. E, in quest’ultimo caso, ricorrendo anche a gesti estremi. Anche sul tentativo di evasione di ieri va registrata la presa di posizione del Sap, il sindacato di Polizia che più volte è intervenuto su episodi analoghi. «Se a Gradisca – ha sottolineato il sindacato – contuinuano a essere dirottati i soggetti più pericolosi di altri Cie disseminati nella Penisola, da questa situazione sarà molto difficile uscire»

VAL ROSANDRA: otto indagati per la devastazione

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Dal Piccolo del 08/06/12

Taglio degli alberi in Val Rosandra, gli indagati sono otto

 

Avvisi di garanzia al vicepresidente della giunta regionale Ciriani e al responsabile regionale Berlasso. Nei guai anche il sindaco di San Dorligo Premolin e il suo vice. Viene contestata la disastrosa operazione “Alvei puliti” di fine aprile: l’accusa è di deturpamento di bellezze naturali

 

 

Il vicepresidente del Friuli Venezia Giulia, Luca Ciriani, e il responsabile della Protezione civile regionale, Guglielmo Berlasso, sono indagati per il presunto “scempio” della Val Rosandra, nel marzo scorso, a causa di contestati lavori di deforestazione. Assieme a loro hanno ricevuto un avviso di garanzia altre sei persone, tra cui il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, e il suo vice.

 

La notifica dell’iscrizione nel registro degli indagati è stata notificata dalla Procura della Repubblica di Trieste a Legambiente del Friuli Venezia Giulia, che in seguito alla vicenda aveva presentato un esposto alla magistratura.

 

Nei confronti degli indagati, il sostituto procuratore Antonio Miggiani ha ipotizzato la contravvenzione di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, prevista dagli articoli 733 bis e 734 del codice penale.

 

L’azione dei volontari della Protezione civile si era svolta il 24 e 25 marzo scorsi, nell’ambito del progetto “Alvei puliti 2012”, con la pulizia di sponde arginali, il taglio di piante pericolanti in corrispondenza degli argini, l’eliminazione dalle sponde di vegetazione infestante. Secondo esponenti ambientalisti, biologi e politici locali, che avevano organizzato anche clamorose proteste pubbliche, l’azione era stata troppo invasiva e aveva portato al grave depauperamento di alberi e piante rari.

 

Lo scempio della Val Rosandra era emerso un paio di giorni dopo essere stato commesso grazie alla mobilitazione sul web. La pagina Facebook del Piccolo e questo sito erano stati sommersi dai messaggi di condanna dell’operato della Protezione civile regionale.

TAV/ Trieste-Capodistria, niet sloveno

Il Piccolo venerdì 8 giugno 2012

 

nietsloveno

 

Trieste-Capodistria, niet sloveno – I 27 ministri Ue approvano l’Adriatico-Baltico ma Lubiana non vuole collegare via treno i due porti
TRIESTE Anche i 27 ministri dei Paesi Ue approvano il Corridoio Adriatico-Baltico, ma Lubiana rifiuta di collegare via ferrovia i porti di Trieste e Capodistria. Sta prendendo forma definitiva la rete Ten-T (transeuropea di trasporto) che comprende dieci corridoi. Quello Adriatico-Baltico parte da Helsinki e dagli scali marittimi dei Paesi baltici (Tallinn in Estonia, Riga in Lettonia e Klaipeda in Lituania) attraversa Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Austria e da Tarvisio scende verso Udine e Cervignano fino a identificare come sbocchi portuali naturali Trieste con Monfalcone e Porto Nogaro, Capodistria a Est e Venezia e Ravenna a Sud con possibile prolungamento fino ad Ancona. La Pontebbana dunque, struttura già esistente e sottoutilizzata, viene ufficialmente compresa, mentre sembra non trovare riscontro il tracciato caldeggiato dalla Slovenia che nella parte meridionale doveva passare attraverso Maribor e Lubiana prima di sfociare in Adriatico. Risulta ancora più clamorosa dunque la decisione che è stata presa ieri dalla delegazione slovena di non prendere in considerazione l’invito giunta da parte italiana per la realizzazione del collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria, forse perché Lubiana spera di rimettere in discussione il tracciato nelle Commissioni Trasporti e Industria dove il dibattito è previsto a novembre e all’esame finale del Parlamento, nel gennaio 2013. Il ministro italiano Mario Ciaccia, che ha partecipato ieri a Lussemburgo alla riunione del Consiglio dei ministri dei Trasporti ha confermato che verso le reti Ten-T l’Europa convoglierà 31,7 miliardi (19,7 in conto capitale, 10 miliardi a valere sul Fondo coesione e 2 miliardi per project bond). «Per valutarne l’effetto positivo sull’economia dell’Unione europea – ha detto Ciaccia – bisogna considerare che i 31,7 miliardi fanno da leva finanziaria per circa 200 miliardi perché ad essi vanno sommati anche i finanziamenti degli Stati membri». Nelle infrastrutture ferroviarie di Cervignano, l’Adriatico-Baltico incrocerà il Corridoio Mediterraneo (l’erede del Corridoio quinto) che dalla Francia, attraverso Italia, Slovenia e Ungheria, raggiungerà l’Ucraina. «Si sta materializzando un grande successo, un risultato che potrà segnare il futuro del Friuli Venezia Giulia – ha commentato l’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi – l’Adriatico-Baltico corrisponde infatti nel suo sviluppo alla richieste formulate dalla Regione. Servono però – ha ammonito – politiche e parità di condizioni all’interno dell’Europa, in campo doganale, fiscale, di costo della manodopera, per la gestione dei traffici, e anche capacità di rispettare le regole vigenti». Sui singoli Corridoi, l’Europa potrà intervenire finanziariamente fino alla misura del 40% per quanto riguarda le tratte transfrontaliere, dal 20 al 30% su quelle tratte interne ai singoli Stati ritenute “colli di bottiglia” e per il 50% sui progetti. Altri due dei dieci Corridoi totali, attraversano l’Italiae sono quello che unisce Genova a Rotterdam e quello che parte da Helsinky per prolungarsi fino a La Valletta nell’isola di Malta.
Silvio Maranzana

Serracchiani: «Il rifiuto di considerare la proposta italiana è poco lungimirante»
«Il rifiuto della Slovenia a prendere in considerazione l’ipotesi di collegamento ferroviario tra i porti di Trieste e Capodistria non è un’ottima premessa all’integrazione portuale dell’alto Adriatico». Lo afferma l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani commentando il rifiuto della delegazione slovena alla proposta italiana di prendere ulteriormente in considerazione il collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria, in quanto le priorità vanno al collegamento Trieste-Divaccia e al raddoppio della Capodistria-Divaccia, già concordati. Secondo Serracchiani, «anche mentre è in corso una legittima competizione tra lo scalo di Trieste e quello di Capodistria, dovremmo essere più lungimiranti di quanto non suggerisca il calcolo delle convenienze nazionali. Sarà il tempo a dirci se far sistema di due porti contigui non grandi inseriti in aree politico-amministrative piccole è una possibilità tra le altre o un obbligo dettato dalle necessità di scala».

 

UDINE/ La movida sfida il Comune

Udine/ contro il coprifuoco

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SPAGNA/ la rivolta dei minatori

La movida che ci piace di più

spagna

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SUICIDI DI STATO: “Baffi si dimetta dalla commissione asilo”

Da Il Piccolo del 10/06/12

 

«Baffi si dimetta dalla commissione per le richieste d’asilo politico»

 

di Lorenza Masè

 

L’ex dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura Carlo Baffi – rimosso dall’incarico e trasferito all’Ufficio personale dopo l’avvio dell’indagine a suo carico per sequestro di persona e omicidio colposo in relazione alla morte di Alina Bonar Diaciuk – è ancora componente supplente della Commissione territoriale di Gorizia cui spetta l’esame delle domande d’asilo presentate in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige. Baffi, che fa parte della Commissione da un anno e mezzo, risulta inoltre aver partecipato ad una seduta dei lavori anche dopo l’avvio dell’inchiesta che lo riguarda. Una presenza che i rappresentanti di Ics – Consorzio Italiano di Solidarietà giudicano assolutamente inopportuna. «Posto che la nomina dei componenti avviene con decreto del ministro – afferma Gianfranco Schiavone, presidente dell’Ics e componente del direttivo nazionale Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) – è chiaro che una revoca dell’incarico deve avvenire con procedimento analogo e opposto. Ma prima di questo procedimento, considerate da un lato l’estrema delicatezza del ruolo che ricoprono i componenti delle Commissioni territoriali per il diritto d’asilo, e dall’altro la gravità delle accuse mosse a suo carico, Baffi, anche a tutela della sua stessa immagine, potrebbe presentare le dimissioni dall’incarico. Ed è questo – ha concluso Schiavone – ciò che ci si aspetta». Al momento invece, come conferma il viceprefetto di Gorizia e presidente della Commissione Adolfo Valente, Baffi continua a tutti gli effetti a far parte dell’organismo. Il fatto che ci siano indagini in corso, cioè, non ha prodotto alcuna sospensione dall’incarico. «Il dottor Baffi è ancora formalmente membro della Commissione – precisa Valente -. La nomina non è stata revocata né dal diretto interessato né dal ministero dell’Interno, l’unico deputato alla modifica della nomina tramite nuovo decreto. Da quando è in corso l’inchiesta – ha proseguito il viceprefetto – Baffi ha partecipato una sola volta ai lavori della Commissione (che si riunisce in Prefettura a Gorizia 4 o 5 volte alla settimana, a seconda delle necessità ndr) e in questi giorni non verrà». Impossibile raccogliere le valutazioni dello stesso Baffi. Nonostante i ripetuti tentativi telefonici, il dirigente è risultato irraggiungibile. A intervenire sul caso è invece Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. «Poiché vi sono delle indagini in corso, non vorremmo commentare la vicenda personale di un membro della Commissione. Allo stesso tempo però – prosegue Boldrini -, fino a che non viene fatta chiarezza sulla vicenda, il richiedente asilo potrebbe avere delle riserve in merito alla neutralità di valutazione delle domande da parte del componente indagato. In generale, per quanto riguarda la composizione delle Commissioni territoriali, – conclude Boldrini – l’Alto Commissariato per i Rifugiati auspica che i componenti abbiano una funzione dedicata e che la loro selezione avvenga sulla base della competenza in materia di asilo e di diritti umani». Dieci in tutta Italia, le Commissioni territoriali sono l’unico organismo deputato ad accogliere o bocciare le richieste d’asilo nel nostro Paese. Quella di Gorizia che, non a caso, ha sede vicino al Cara di Gradisca, è costituita da quattro membri nominati dal ministro dell’Interno con incarico triennale e rinnovabile. I componenti effettivi, in questo momento, sono appunto il viceprefetto Adolfo Valente, la rappresentante Unhcr Veronika Martelanc, la rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato – città e autonomie locali Renata Donati e il funzionario della Polizia di Stato Emilio Di Vitto. Per ciascuno dei membri effettivi sono appunto previsti uno o più supplenti. Le Commissioni hanno il delicato compito di condurre l’audizione – la cosiddetta intervista – del richiedente, decidendo a maggioranza (in caso di parità il voto del presidente vale doppio) se la persona abbia diritto o meno alla protezione internazionale che nel nostro Paese prevede tre formule: status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria. Viste da vicino le Commissioni mostrano più di qualche falla nel sistema d’asilo del nostro Paese: i componenti non ricevono una formazione specifica in materia di asilo e di diritto dei rifugiati. Ne consegue una disomogeneità del modus operandi delle dieci Commissioni con il rischio che la procedura d’esame delle richieste d’asilo sia affidata alla casualità del commissario che conduce l’intervista quel determinato giorno. Il requisito di collegialità nella prassi è infatti spesso disatteso poiché, dopo firma dell’apposita liberatoria da parte del richiedente all’inizio dell’intervista, si preferisce procedere al colloquio davanti un unico membro che poi in sede di votazione riporterà il caso agli altri componenti. Eloquenti sono i dati riferiti al periodo 2008-2010 contenuti nello studio “Il Diritto alla Protezione” diretto dall’Asgi: la Ct di Gorizia ha un tasso di rigetto delle domande d’asilo pari al 59,4%, ben sopra la media nazionale della percentuale di riconoscimento di protezione che si attesta sul 50%. A Trapani le domande rigettate nel triennio sono state il 25% mentre a Torino hanno superato il 60%

TRIESTE/ il carcere uccide. Presidio sabato 16 giugno

Riceviamo e pubblichiamo.

 

Volantino del Presidio contro il Carcere. Trieste sabato 16 giugno ore 16.30 davanti al Coroneo

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CIE DI GRADISCA: anche gli sbirri dicono di chiuderlo

Dal Messeggero Veneto del 12/06/12

Sicurezza a rischio nel Cie la Polizia: meglio chiudere

 

GRADISCA La mancanza cronica di personale, il protrarsi dei lavori di ristrutturazione, le scarse condizioni di sicurezza per gli ospiti e per chi vigila su di essi, la mancanza di collaborazione tra le forze di polizia: è quanto denuncia la segreteria regionale del Consap (Confederazione sindacale autonoma di polizia) in una nota in cui vengono ribadite con forza tutte le problematiche legate alla sorveglianza del Cie-Cara di via Udine, a Gradisca. «Da quando è stato istituito il Cie più grande d’Italia – si legge nel testo firmato dal segretario regionale, Pietro Di Stasio – la Questura di Gorizia ha iniziato a sopperire a una mancanza cronica di personale. Il deficit organico per gestire questa struttura è di circa 55 unità e ad oggi il ministero dell’Interno non ha mai rinforzato le fila degli operatori della sicurezza». Secondo il Consap, l’avvicinarsi della stagione estiva è foriero di ulteriori problematiche, dato che «l’emergenza aumenta a causa delle invasioni di persone in fuga dal terzo mondo, in cerca di condizioni di vita migliori». A far salire ulteriormente la tensione ci sono anche i ritardi nell’ultimazione dei lavori di adeguamento e ristrutturazione. «L’opera si protrae oltre i tempi previsti – denuncia il Consap – con gli stanziati un milione e 600mila euro. Tali lavori sono affidati a ditte esterne che, a quanto pare, ben poco tengono in considerazione la sicurezza degli occupanti: trattenuti e personale della Polizia di Stato, dato che già ora traspaiono gravi falle sulla sicurezza passiva e attiva». In merito ai lavori, la Consap chiede ai responsabili della gestione dei lavori «la messa a norma della struttura e, in caso di mancata agibilità, la chiusura della stessa». Non solo problemi oggettivi, ma anche una sinergia tutt’altro che adeguata fra le forze dell’ordine. Nella nota, il Consap non adopera giri di parole per denunciare «la totale mancanza di collaborazione tra le tre forze di polizia impegnate in tali compiti di accompagnamento per l’espulsione, nonostante le continue sollecitazioni del questore di Gorizia (Pier Riccardo Piovesan,a ndr), ciò ne comporta che tale impegno lo deve comunque assolvere la Polizia di Stato». L’effetto che ne consegue, secondo il Consap, è «la messa in discussione i servizi fondamentali, come il controllo del territorio tramite le Volanti e la vigilanza Cie». La struttura realizzata all’ex caserma Ugo Polonio è ancora lontana dal ritorno al pieno regime, eppure le polemiche già divampano. Giuseppe Pisano

NO TAV/ Volantino sulla nuova situazione

algeciras-bagnaria
Giovedì 14 giugno  si è svolta, nella Sala Consigliare di Mestre, l’iniziativa di Legambiente denominata
“La Ferrovia da Venezia a Trieste. Può il territorio essere protagonista delle scelte?” (vedi sotto il programma)
<– Qui a lato il volantino distribuito dal Coordinamento No Tav
Report sull’iniziativa
Evidentemente già il titolo faceva sospettare, ma la realtà è stata decisamente peggiore.
(continua)
Video integrale della conferenza e degli interventi dal pubblico


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SUICIDI DI STATO: la normalità dell’abuso.

http://senzafrontiere.noblogs.org/post/2012/06/14/trieste-la-normalita-dellabuso/

Della tragica vicenda di Alina Bonar Diachuk, ucraina di 32 anni suicidatasi nel commissariato di Opicina (TS) durante un fermo illegale ci siamo già occupati. Dopo qualche settimana è necessario fare un aggiornamento. Dopo che il caso è esploso sui media,  la questura ha dapprima messo il responsabile dell’ufficio immigrazione Carlo Baffi in ferie “forzate”, dopodichè lo ha spedito all’ufficio personale nell’ambito di un generale rimpasto fra i vari funzionari. E’chiaro che Baffi era diventato un personaggio un po’impresentabile, ma ovviamente di sospenderlo non se ne parla. Ora però un comunicato della Uil-polizia aggiunge un nuovo interessante elemento sulla pratica dei fermi illegali degli immigrati divenuta prassi quotidiana. Pare infatti che tutto questo non fosse farina del sacco di qualche “mela marcia” ma semplicemente la messa in pratica di una circolare interna del Questore Nicola Argirò del lontano 2002 e mai accantonata. Per cui tutt* sapevano e tutt* seguivano gli ordini senza fiatare come sempre. C’è voluta una ragazza morta suicida affinchè qualche sbirro si decidesse a parlare, non certo per rimorsi di coscienza ma con il chiaro intento di parare il culo a Baffi e ai suoi colleghi.