RONCHI DEI PARTIGIANI: un grande successo! Foto e report

riportiamo il report di Marco Barone.

 

Ronchi dei Partigiani e l’Armata dei Sonnambuli,una vincente giornata di cultura resistente

 

Il 14 giugno 2014, presso la nota area feste di Selz, a pochi passi dal luogo ove nacque la brigata proletaria il primo gruppo, di resistenza armata, nato contro il nazifascismo, a cui ha fatto anche parte la prima staffetta partigiana d’Italia, Ondina Peteani, si è svolto il convegno storico, sociale e culturale DI COS’È IL NOME UN NOME? Che ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di persone ed in serata, invece, vi è stata la partecipata prima presentazione in Friuli Venezia Giulia del nuovo libro del collettivo Wu Ming l’Armata dei sonnambuli, con la presenza di Wu Ming 1.
 
Questa giornata, vincente, segue la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini nel comune di Ronchi, organizzata dal gruppo Ronchi dei Partigiani che ha più di cinquecento adesioni su facebook, ma anche da parte di diverse personalità come Boris Pahor, Pino Cacucci, Massimo Carlotto, Wu Ming 1, Piero Purini, Carlo Ghirardato, Alberto Prunetti, Marta Cuscunà, Alessio Lega, Beatrice Baruffini, Zoran (Matteo Oleotto) Alessandra Kersevan, Maurizio Puntin, Radio Onde Furlane Radio Zastava e tanti e tante ancora… Il 17 maggio del 1924 il Consiglio Comunale a maggioranza fascista di Ronchi si riunisce in seduta straordinaria e delibera di nominare Benito Mussolini «cittadino onorario di Ronchi di Legionari». Il 2 novembre del 1925, con il Regio Decreto firmato da Rocco e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 283 del 5 dicembre, il governo ufficializzò il nome «Ronchi dei Legionari». Il 20 settembre 1938 Mussolini, dopo aver presentato a Trieste le Leggi Razziali, si fermò a Ronchi dei Legionari per consacrare la fascistizzazione del toponimo in armonia con la fascistizzazione dell’Italia razzista. Va precisato che la decisione di consacrare il nome di Ronchi ai legionari di D’annunzio, all’impresa di Occupazione ed italianizzazione di Fiume, avviene nel periodo delle leggi fascistissime. Ottenuta, dunque, la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini, nel Comune di Ronchi, è arrivato il momento di mettere seriamente in discussione la denominazione dei Legionari e di tutto ciò che vi è connesso, dall’Impresa di occupazione di Fiume al personaggio D’annunzio. Ben tenendo conto che ora ricorre il centenario della prima guerra mondiale, ed è un controsenso assurdo continuare, tra le altre cose, quando tanto si invoca e si parla di pace, ad intitolare una città ad un personaggio che urlava Viva la guerra, amante della guerra e guerrafondaio.Senza dimenticare che nessun cittadino di Ronchi ha partecipato all’impresa di occupazione di Fiume. Comunque, per saperne di più su questa proposta, sulle critiche sollevate ai legionari, a D’Annunzio, ed a tutto ciò che vi è connesso, rinvio a questo link: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=15535  il mio intervento su GIAP di Wu Ming, che poi è stato anche quello della mia relazione al convegno citato, da cui è partito tutto, che spiega la sostanza dell’iniziativa. 
 

 
Il convegno, al quale hanno aderito, ANPI provincia di Gorizia, ANPI Giovani di Monfalcone,ANPI di Ronchi, ANED Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, ARCI Eugenio Curiel di San Canzian, Circolo culturale e sportivo dell’Olmo di Selz, Libreria la Linea d’Ombra di Andrea Cianel, Casa editrice Kappavu, Associazione Culturale e Ricreativa Slovena Jadro , Istituto di studi storici e sociali Leopoldo Gasparini,  e collaborato il Centro Studi Libertari Germinal di Trieste,Cittadini Liberi e Pensanti di Trieste, Forum per Gorizia Gorica Gurissa, è stato introdotto da Luca Meneghesso, che ha curato l’organizzazione del convegno, il quale ha dedicato una particolare attenzione alla vicenda di Pietro Dominutti, nativo di Cervignano ma residente a Villaraspa (Staranzano), “era un’attivista oltre che dei Sindacati Giuliani del Partito d’Azione – che localmente e stato lontano dalle istanze libertarie di Giustizia e Liberta e per certi versi fu il catalizzatore di istanze nazionaliste dopo la caduta del regime fascista. Dominutti (come documentato da Silvano Benvenuti e Renzo Pincherle nel loro intervento contenuto nel libro “Nazionalismo e neofascismo nella lotta politica al confine orientale 1945- 1975)” si rese protagonista di trasporto e occultamento di armi assieme al ≪noto fascista≫ Minozzi e partecipo alle squadre d’azione protagoniste di atti di violenza e gesti di intimidazione anche con bombe e pugnali nei confronti di militanti di sinistra e sedi di partito od organizzazioni operaie nel corso del settembre 1947” ribadendo la contrarietà a dedicare od intitolare a Dominutti una piazza a Monfalcone. 
 
Piero Purini ha riportato una carrellata significativa di nomi di Comuni come modificati per omaggiare i regimi e gli autoritarismi delle diverse epoche. Interessante è stato il caso di Salvia di Lucania che diventò Savoia di Lucania per “farsi perdonare”, dai reali, l’oltraggio di aver conferito i natali a Passanante che attentò la vita ad Umberto I, città dove da alcuni anni è nato un comitato che si batte per cambiare la denominazione del Comune. In merito alla vicenda d’annunziana e di Ronchi, Purini, ha già avuto modo di ricordare che “Considerando che l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale fu una specie di colpo di stato antiparlamentare organizzato da Vittorio Emanuele, Salandra e Sonnino con l’aiuto della piazza sobillata in primis da d’annunzio e mussolini, mi pare che la figura di D’annunzio possa essere tranquillamente associata a quella di Junio Valerio Borghese o a De Lorenzo”.
 
Maurizio Puntin si è soffermato sulla storia della Bisiacaria e sul plurilinguismo di Ronchi, ricordando in materia che “ un coronimo minore, formatosi forse nel secolo XVII, ma diffusosi fra Ottocento e Novecento, è il nome del territorio di Monfalcone (fra Timavo ed Isonzo, escludendo i paesi carsici sloveni, detto popolarmente Bisiacarìa La voce bezjak / bizjak e antica e nota fin dal basso medioevo come nome di casato o cognome in Slovenia e soprattutto in Croazia, dove un etnico simile di uso dialettale indicò gli abitanti di alcune zone interne: per esempio l’area fra Varaždin e la Drava nel nordest, la zona fra Samobor e Karlovac (escludendo lo Žumberak) e Gimino nel centro-sud dell’Istria. Già nel secolo XVI il viaggiatore veneziano Marin Sanudo scrisse di una regione interna croata chiamata Beziathia. Purtroppo due fatti restano molto incerti.Uno è il significato originario di una supposta base *bez– /*biz–; esclusa del tutto dagli slavisti l’etimologia basata su beg ‘fuga’, sono state proposte altre che sono attualmente allo studio. L’altro fatto che rimane oscuro è la datazione di una eventuale immigrazione di elementi croati nel Monfalconese, un territorio che veniva chiamato in epoca patriarcale “Oltre-Isonzo” (Ultra Isoncium, Ultra Lisoncium, Oltra Lusinc) ed in epoca veneziana (1420-1797) Territorio di Monfalcone. Durante il medioevo si possono attestare in questo territorio un’infinità di voci, di toponimi e di soprannomi solamente nelle lingue friulana e slovena (Puntin 2010). Dopo le scorrerie turche (seconda metà del secolo XV) si ha un periodo di crisi in cui è ben testimoniata una fortissima immigrazione di elementi veneti, lombardi, istriani e balcanici; in questo nuovo ambiente prese piede una “lingua franca” basata sul veneto coloniale, ma con resti del dialetto precedente che era vicino al friulano parlato a Trieste (il “tergestino”). Fino a tutto il Settecento, però, questa differenza linguistica, rispetto al resto del Friuli, non produsse alcun senso di identità particolare”. Sottolineano che “ l’idea, priva di basi storiche, di una separatezza dal Friuli si è affermata, ma ancora confusamente, appena dopo la prima guerra mondiale, con la diffusione del concetto di “Venezia Giulia”. Ed è continuata nel secondo dopoguerra (dai primi anni Ottanta), ad opera di un gruppo di cultori della varietà dialettale bisiaca”. 
 
Alessandra Kersevan , ricollegandosi al Libro pubblicato dalla sua casa editrice e curato da Roberta Michieli e Giuliano Zelco: “Venezia Giulia: la regione inventata” ha ben evidenziato tutta la mistificazione che vi è stata intorno al significato di Venezia Giulia imponendo in sostanza una denominazione che ha compromesso la reale e variegata identità multietnica e culturale di questa piccola ma importate fetta di territorio, con l’azione determinante dell’irredentismo prima, fascismo poi.
 
Boris Pahor, invece, non essendo potuto venire personalmente, è stato video-intervistato, e condividendo le ragioni della proposta volta ad eliminare la denominazione dei legionari di Ronchi, dopo aver ribadito con lo scrittore alcuni connotati di chiara matrice razzista da parte di D’Annunzio( come scritto si rinvia all’intervento su GIAP), ha avuto modo di sottolineare in sostanza che dei legionari non ha più, oggi ragione e diritto di esistere, tolta la cittadinanza onoraria a Mussolini è altrettanto naturale togliere la denominazione dei Legionari di Ronchi, ben tenendo conto anche del fatto che oggi popoli e paesi come l’Italia, Slovenia e Croazia vivono in amicizia, e che Ronchi è un territorio multietnico, multiculturale e vista anche la presenza dell’aeroporto, sarebbe il caso di accogliere, chi giunge in questi luoghi, in modo diverso e non con la denominazione dei Legionari.
 
Wu Ming 1 ha relazionato sull’atrocità della guerra mondiale, sul carattere disumano e sul ruolo che ha avuto il linguaggio del sistema santificando l’eroismo e la patria, quando in realtà sono stati mandati al macello milioni di persone. D’altronde basta osservare il Sacrario di Redipuglia, il Sacrario della Morte per notare come la retorica nazionalistica ha trasformato cento mila persone in numeri, senza data di nascita e morte, spersonificando l’esistenza e plasmando la servitù al regime. Retorica, eroismo, patriottismo, non concilianti con la vera essenza della guerra, la morte. Sul caso Ronchi dei Partigiani, era già intervenuto più volte, ricordando che “ Il problema di tutte le rivisitazioni / rivalutazioni “da sinistra” degli ultimi anni è che, pur interessanti, si basano su una grandissima RIMOZIONE. In queste ricostruzioni è come se non esistessero – o sono pochissimo importanti – le popolazioni di lingua slava del Quarnero, dell’Istria e della Dalmazia. Popolazioni che pure erano la maggioranza in quelle zone. E che dalla fine della Grande guerra in avanti subirono la violenza dello spostamento a est del confine italiano, della dittatura fascista e dell’occupazione nazifascista. Di Fiume si capisce il senso solo se si “rovescia lo sguardo”, re-introducendo nel quadro gli slavi che l’italocentrismo (e/o la coda di paglia) costantemente rimuovono. Grande merito dell’intervento pubblicato suGIAP è di sottolineare, a colpi di citazioni e dati di fatto innegabili, lo schifoso razzismo di D’Annunzio e di tutta la retorica su cui si basava l’impresa. Razzismo antislavo che, come giustamente dice Tuco, è il principale anello di congiunzione col fascismo e – come dice Barone – con la seconda guerra mondiale, cioè con l’occupazione dei Balcani”. 
 
 
Poi dopo alcuni canti sulla resistenza, apprezzatissimi, del nascente nuovo coro triestino, si arriverà alla presentazione dell’Armata dei Sonnambuli. Un libro che ha avuto un successo, credibile, visto che è accaduto. 
 
Un libro dove libertà, uguaglianza e fratellanza, ben potrebbero essere rappresentante, pur nella loro connessa complessità, da Scaramouche, Marie e D’Amblanc, tre personaggi chiave nel e del libro. Impressionerà, molto, la figura di Marie, una donna che nel corso della vita, la sua vita, ha scoperto e compreso la necessità della rivoluzione, l’ha conosciuta, l’ha amata e non evitata, una donna che ha sciolto, con tutte le sofferenze del caso ma con elevata ed oggi quasi sconosciuta dignità, la sua individualità nella collettività, per una causa comune che era la causa del popolo, farina,pane e diritti. Donne rivoluzionarie e donne controrivoluzionarie, la solitudine della libertà in quel piccolo e grande umile uomo che sarà Scaramouche il quale combatterà l’inconsapevolezza di essere un manipolo di burattini per colpire il burattinaio che vuole la reazione alla rivoluzione. Magnetizzazione dello stato di consapevolezza, trance e luoghi e misteri duri e crudi come quella ghigliottina che ha mozzato teste borghesi e rivoluzionarie di cui oggi a Parigi non vi è traccia alcuna.  Insomma una giornata per la cultura resistente vincente, seguiranno nel tempo altre iniziative, senza dimenticare lo scopo primario del progetto, eliminare la denominazione dei Legionari di Ronchi perché Ronchi non è dei Legionari, non appartiene ai Legionari e se proprio si deve identificare con qualcuno questo qualcuno sono certamente i Partigiani, visto anche il prezzo altissimo conferito per la resistenza e la nostra libertà. Prossimamente verranno pubblicate sulla pagina di Ronchi dei Partigiani le foto dell’evento, i file audio delle relazioni nonché la video intervista a Boris Pahor ed altro ancora.
 

nota: si ringrazia Bruno Carini per alcune foto