Repubblica 16 nov |
Mentre in Val Susa si manifestava contro la TAV a Gradisca si è colta l’occasione della manifestazione (circa 400 partecipanti, più della metà da fuori regione) contro ogni ipotesi di riapertura del CIE, per portare in Piazza anche le bandiere No Tav |
Dal Piccolo del 17/11/13
«Mai più Cie», assalto con torce a Gradisca
di Luigi Murciano GRADISCA Brucia il tetto del Cie di Gradisca. Ma questa volta solo simbolicamente. Un fitto lancio di razzi e fumogeni oltre il “muro della vergogna” – come è stato definito – ha coreograficamente sancito ieri pomeriggio la conclusione della manifestazione antirazzista per la definitiva chiusura del Centro di identificazione ed espulsione per immigrati, decisa dal Viminale. «Il Cie non esiste più, questo lager non deve riaprire. Dei 13 centri italiani ne rimangono attivi solo 5, è il fallimento di una legge criminale come la Bossi-Fini» hanno gridato al microfono i militanti. E già oggi sarà la Lega Nord (attesi i big Calderoli e Salvini) a presidiare l’ex caserma Polonio per chiederne – al contrario – la pronta riapertura ed anzi un potenziamento. «È normale la “sincronia” tra la distruzione della struttura da parte degli “ospiti” del Cie di Gradisca e la parallela campagna mediatica del centrosinistra per la chiusura dei Cie? È normale l’attuale chiusura pur con un settore (la zona blu, ndr) ormai agibile? La verità è che lo Stato si è arreso ai violenti» suona la carica il senatore del Carroccio Mario Pittoni. La mobilitazione dei movimenti pacifisti e della galassia no-global di ieri si è svolta del tutto tranquillamente in una Gradisca blindata. L’iniziativa rientrava in una più ampia rete di manifestazioni in tutta Italia contro le grandi opere, in testa la Tav in Val di Susa. E sul numero di partecipanti è il solito balletto di cifre: un migliaio secondo uno dei leader dei centri sociali del Nordest Luca Tornatore. Poco meno di quattrocento secondo le forze dell’ordine. Di certo hanno raggiunto Gradisca in tanti, anche con pullmann provenienti da Vicenza, Padova e Venezia. Associazioni da sempre in prima linea contro i Cie, come Tenda per la Pace, gli ormai ex “disobbedienti”, associazioni umanitarie e studentesche, di assistenza ai migranti, movimenti anarchici, Legacoop, Rifondazione. Circa un centinaio gli uomini di polizia, carabinieri e guardia di finanza impiegati per l’ordine pubblico. «Sarà una manifestazione molto comunicativa» aveva promesso un altro leader della mobilitazione, l’ex consigliere regionale Alessandro Metz. Il primo coup de theatre poco dopo le 15, quando un militante si issa sulla gru di un cantiere del centro cittadino, a decine di metri d’altezza, e srotola un’enorme striscione con la scritta “No Cie”. Ha il volto mascherato e una tuta bianca, ad attenderlo alla fine del suo blitz ci sono altri compagni camuffati come lui in modo da non consentire l’identificazione. Il corteo percorre viale Trieste in direzione dell’ex caserma, l’asfalto è un’enorme lavagna su cui con la vernice vengono vergati gli slogan: “mai più Cie”, “no more lager”, “nessuno è clandestino”. «Se questo luogo aberrante ha chiuso – commenta Genni Fabrizio, di Tenda per la Pace – lo si deve ai migranti che hanno denunciato gli abusi e reso inagibile la struttura. Ora devono essere scarcerati, evadere da qui è legittima difesa». Sono le 16.35 quando il serpentone giunge infine dinnanzi al centro. Lo spiegamento di forze dell’ordine è imponente. I manifestanti collocano dei pannelli improvvisati sulla carreggiata: «Una mostra fotografica con tutte le nefandezze del Cie». Avrebbero voluto vergare la scritta “Mai più” sul cancello della struttura. “Tanto domani i leghisti lo cancellano”. Devono accontentarsi ancora del “muro della vergogna”, su cui la scritta “mai più” è riportata in tutte le lingue. Ma per francese e arabo, gli idiomi più parlati dai migranti, non sembra esserci spazio. Vogliono ultimare la scritta. «State difendendo l’indifendibile» gridano ai poliziotti. Dopo mezz’ora di trattativa gli agenti arretrano di cinque metri, la scritta è completata. L’ultimo atto è il lancio dei razzi contro il tetto del Cie: «Ce ne andiamo con la certezza che non esiste più». Oggi tocca alla Lega.
da Il Piccolo online 16 novembre 2013
“Mai più Cie”: in 400 sfilano a Gradisca
La manifestazione si è svolta senza incidenti. Lanciati alcuni petardi sul tetto del centro immigrati
Messaggero Veneto online 16 novembre 2013
Cie di Gradisca, in 200
alla marcia di protesta
Servizio del TGRegionale 16 novembre 2013 ore 19.30 (minuto 5.30)
il Piccolo 16 novembre 2013
Dal corteo pacifista al presidio della Lega Alta tensione al Cie
Sabato e domenica manifestazioni contrapposte all’ex Polonio Polizia in allerta. Il sindaco di Gradisca: «Niente allarmi»
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GRADISCA. Le lunghe giornate del Cie. Due manifestazioni di segno opposto in 48 ore sono destinate a riaccendere i riflettori della politica nazionale sulla discussa struttura per immigrati di Gradisca, recentemente sospesa a tempo indeterminato dal Viminale. La prima mobilitazione, in programma questo pomeriggio, è indetta da un vasto spettro di movimenti antirazziste, associazioni pacifiste, rete no global, partiti politici. Obiettivo: una chiusura che da temporanea diventi definitiva.
Neanche 24 ore dopo, sarà invece la Lega Nord a manifestare davanti all’ex Polonio. «Diamo una pennellata di legalità» lo slogan scelto per chiedere – al contrario – non solo la riapertura del centro di identificazione ed espulsione, ma un suo rafforzamento. E allo scopo il Carroccio schiera molti big: certa la presenza dell’ex ministro Roberto Calderoli e del candidato alla segreteria nazionale Matteo Salvini, così come del capogruppo al Senato Massimo Bitonci e del parlamentare Massimiliano Fedriga. In extremis potrebbero giungere a Gradisca addirittura qualcuno dei governatori regionali targati Carroccio: Roberto Maroni, Roberto Cota e Luca Zaia. In poche ore si incroceranno dunque a Gradisca due modi molto diversi, inconciliabili, di intendere il fenomeno-immigrazione. Anche per questo è massima l’attenzione delle forze dell’ordine.
La protesta dei No Cie
Il corteo, che si ritroverà nel piazzale dei giardini di Gradisca alle 14.30 per poi percorrere viale Trieste e raggiungere il Cie, si inserisce in una mobilitazione più ampia a livello nazionale (“No Grandi Opere”), che al Nord avrà due fronti di protesta: la battaglia no-Tav in Val di Susa e, per l’appunto, il Cie di Gradisca. All’appello hanno aderito nomi noti della cultura e della politica – tra cui don Luigi Ciotti, Paolo Ferrero di Rifonfazione, lo scrittore Massimo Carlotto -, e associazioni come Tenda per la Pace, Legacoop, LasciateCientrare e tanti altri. Realtà che chiedono la non riapertura dei centri “azzerati” come quello di Gradisca e la soppressione di quelli ancora aperti; ma anche «la scarcerazione degli immigrati che ne hanno provocato la chiusura».
«L’inutile, costoso e disumano sistema-Cie sta collassando – si legge nell’appello dei movimenti -. Uno alla volta hanno chiuso Crotone, Bologna, Modena, Gradisca e ormai è chiuso anche Milano. Al governo chiediamo coraggio: prenda atto che i tempi bui della detenzione amministrativa e della violazione dei diritti umani sono finiti. E non devono tornare mai più».
Il presidio della Lega
«Chiudendo il Cie, lo Stato si è arreso ai violenti» è invece la tesi di partenza del Carroccio, che ieri ha presentato a Gorizia l’iniziativa in programma domenica. «È irresponsabile chi, come il ministro Kyenge, vuole rimettere in libertà persone in attesa di espulsione per avere commesso gravi reati. La sinistra – attaccano i padani – gioca sull’ambiguità confondendo i clandestini del Cie con i migranti del vicino centro d’accoglienza. La Bossi-Fini non va smantellata, casomai rafforzata per permettere allo Stato e alle forze dell’ordine, cui va la nostra solidarietà, di fare rispettare la legalità. Ma questo non basta. Ue e Onu non possono lasciare l’Italia da sola. Un ministro serio come Maroni – è stato affermato – aveva avviato accordi bilaterali con i Paesi d’origine e gli sbarchi si erano ridotti sensibilmente. Bisogna contrastare il fenomeno alla radice ed evitare stragi come quella di Lampedusa. Ma i delinquenti che hanno devastato il Cie sono un’altra cosa».
La posizione del sindaco
Il Comune formalmente non aderisce alla manifestazione odierna, pur sposandone i contenuti. «L’obiettivo è lo stesso: chiudere il Cie. Sono certo – spiega il sindaco Franco Tommasini – che il concetto sarà espresso in maniera assolutamente pacifica, come è sempre successo anche in passato».
16 novembre 2013