Amianto: ripartono i processi ma intanto si muore ancora

Parte il maxi processo bis sull’amianto

GORIZIA Il 20 gennaio inizierà il maxiprocesso-bis per le morti da amianto. E sarà il giudice monocratico Nicola Russo a gestire questo nuovo procedimento che, se non sarà complesso come il precedente, comunque occuperà il tribunale per tutto il nuovo anno. Se non oltre. Lo stesso giudice infatti ha accennato che, a causa della carenza di personale nel Palazzo di giustizia, ci sarà la necessità di riprogrammare l’intera attività di giudizio dei procedimenti legati alle inchieste sulle morti per amianto nei cantieri monfalconesi. A gennaio, riuniti i due fascicoli, il giudice procederà anche a una prima calendarizzazione dell’udienze, le prime delle quali saranno dedicate agli adempimenti procedurali. Ieri, intanto, oltre alla costituzione di parte civile di una trentina di familiari di lavoratori deceduti, si sono costituiti come parti offese la Fiom-Cgil, il Comune di Monfalcone e l’Associazione esposti amianto. È stata richiesta dalle parti civili pure la citazione della Fincantieri quale responsabile civile, ma su questo il giudice deciderà nell’udienza del 20 gennaio. Parte dei familiari delle vittime invece hanno trovato un accordo extragiudiziale con la Fincantieri e hanno rinunciato alla costituzione di parte civile. Imputati di omicidio colposo sono 19 tra dirigenti dell’ex Italcantieri (due nelle more dell’inchiesta sono deceduti), responsabili della sicurezza nei cantieri e titolari delle ditte esterne, che lavoravano all’interno dello stabilimento di Panzano. Si imputa loro di non aver adottato le necessarie misure di sicurezza per eliminare o ridurre l’esposizione all’amianto dei lavoratori e senza assicurarsi dell’effettivo impiego di mezzi per la protezione indoviduale quali adeguate mascherine. I lavoratori deceduti sono 71 di cui 41 per carcinoma polmonare correlato all’asbestosi. Secondo la Procura – l’inchiesta è stata condotta dai sostituti procuratori Luigi Leghissa e Valentina Bossi, ma in udienza ci sarà solo la Bossi dopo il trasferimento di Leghissa alla Procura di Caltanissetta – il tumore polmonare sarebbe stato provocato proprio dalla presenza della fibra killer. Sarà comunque il dibattimento processuale, nel quale avranno un ruolo importante le consulenze medico-legali, ad accertare le vere cause dei decessi. Corposa anche questa volta la documentazione prodotta dalla Procura: 12 faldoni contenenti 1593 fogli, consulenze mediche, verbali di perquisizioni e sequestri. Centinaia i testimoni che saranno citati complessivamente dalle diverse parti. Il periodo preso in esame dalla Procura, attivatasi anche su denunce-querele dei familiari di lavoratori morti, va dagli anni Settanta agli Ottanta fino a quando nel cantiere di Panzano veniva usato l’amianto per la costruzione delle navi. Anche se poi i decessi sono avvenuti molti anni dopo. È noto infatti che la malattia ha un’incubazione molto lunga, che può toccare anche i quarant’anni.

 

da Il Piccolo del 19 dicembre 2013 Pagina 26 – Gorizia-Monfalcone

Ucciso dall’amianto a 62 anni ex saldatore dell’Italcantieri

Claudio Olimpo viveva in Venezuela . Gli era stata diagnosticata l’asbestosi nel giugno 2012. Aveva lavorato anche alle acciaierie SiMo, AAA e alla Ferriera

Si è spento in Venezuela a Puerto Cabejo per colpa dell’amianto che ha respirato nella sua Monfalcone, lavorando come saldocarpentiere allo stabilimento Italcantieri, alla SiMo, alle Acciaierie Alto Adriatico, in porto e alla Ferriera di Servola. Ucciso da un mesotelioma della pleura. L’ennesima vittima della fibra killer è Claudio Olimpo, aveva 62 anni. Suo fratello Flavio, personaggio assai noto nel Monfalconese premiato per aver salvato una bambina caduta accidentalmente in acqua quando aveva soli 14 anni, lo piange con disperazione e rabbia: «Claudio non se n’è fatta mancare una di fabbriche maledette». Claudio Olimpo aveva scoperto di aver contratto l’asbestosi nel giugno dello scorso anno, in Venezuela, dove si era trasferito dalla seconda metà degli anni ’70 e aveva messo su famiglia con la moglie Norha e i figli Daniel e Claudia. Era tornato in Italia per farsi operare quando già la malattia era degenerata in mesotelioma. Si era fermato a Monfalcone per sei mesi, per sottoporsi a tutte le cure accessorie. Poi era tornato in Venezuela dove ormai si svolgeva la sua vita. L’ultimo rientro a Monfalcone nel giugno scorso per un ciclo di chemioterapia. La notizia della sua morte, avvenuta a Puerto Cabejo, è arrivata martedì sera al fratello, pure alle prese con gravi problemi respiratori. Flavio ora non può nemmeno, viste le sue condizioni precarie di salute, partecipare ai funerali del fratello. La famiglia Olimpo è stata decinata dall’amianto. Il padre di Flavio e Claudio, Carmelo, è a sua volta stato ucciso dalla fibra killer. «Senza però poter contare – ricorda Flavio – sulla. Quando si ammalò non riuscì a trovare le “testimonianze” sufficienti del suo contatto con l’amianto». Claudio Olimpo aveva iniziato a lavorare da saldocarpentiere proprio nello stabilimento navalmeccanico di Panzano negli anni in cui l’impiego dell’amianto era diffuso. Poi aveva cambiato ripetutamente luogo di lavoro, passando alla SiMo e alle Acciaierie del gruppo Maraldi, fabbriche di cui non restano che gli “scheletri” in zona industriale, passando quindi alle dipendenze del porto e della Ferriera di Servola. «Mio fratello ha pagato – afferma ancora Flavio – ambienti di lavori inquinati, malsani. Ha sofferto tanto». La morte di Claudio Olimpo arriva alla vigilia dell’apertura del secondo maxi-processo amianto che partirà il 20 gennaio al Tribunale di Gorizia.