Intervento interessante. Unica nota: non esiste a Udine nessuna USI che abbia relazioni con il movimento anarchico.
da Il Piccolo del 2 ottobre 2014 – Segnalazioni, p. 35
Gorizia ai tempi della federazione anarchico-comunista
Una cinquantina gli aderenti nell’Isontino. Le marce antimilitariste e antinucleare
Si attendono con ansia nuovi ’68 e ’77 pur con la consapevolezza che i mezzi usati dal potere oggi sono molto più raffinati e meno violenti di un tempo
Sono rimasto abbastanza sorpreso dalla quantità e qualità dello spazio dato sui giornali (in particolare Il Piccolo) alla ricerca di Luca Meneghesso sugli anarchici a Monfalcone, poi alla manifestazione se a Ronchi sia corretto aggiungere dei Legionari o dei Partigiani e ultimamente sulla femminista e anarchica statunitense Emma Goldham. Restando in ambito provinciale i locali legionari di D’Annunzio sono stati al massimo una ventina, i partigiani della Garibaldi Natisone più di 5.500 distribuiti fra Isontino e Bassa friulana. La mia sorpresa era dovuta all’ostruzionismo, al limite del boicottaggio, e alla disinformazione che abbiamo subito e sono benvenuti approfondimenti che ristabiliscono fatti custoditi gelosamente negli archivi della polizia. Una premessa: la stampa e gli avversari politici hanno impedito in genere di far apprezzare il reale peso del movimento libertario, a esempio pochi sanno che gli anarchici erano il secondo gruppo numericamente più ampio di reclusi al confino fascista. È anche vero che il riflusso è stato evidente in particolare nelle forme di opposizione non classiche a partire dagli anni ’90 del 900. Fuori Trieste negli anni 50 del secolo scorso erano presenti delle individualità fra cui ricordo un dipendente della Biblioteca Statale e Isontina di origine meridionale. Del nucleo già richiamato da Luca Meneghesso, formato da un non piccolo gruppo di dipendenti dell’allora Italcantieri ma non solo (ricordo un calabrese di professione calzolaio) molti se non tutti decisero di smettere di fumare per non dare soldi allo Stato e che un componente si recava al lavoro e rientrava in bicicletta da Gradisca anche per sostenere meglio la famiglia. Dopo le lotte studentesche del 1968 e quelle operaie del 1969 nacque a Gorizia il gruppo Obiettivo Comune insieme a giovani marxisti alla ricerca di unità d’intenti e di azione, ci fu anche un primo gruppo che si riuniva regolarmente all’ Aquila Nera per deliberare stando in compagnia e per discutere di anarchismo e del miglior modo di fare politica libertaria; uno dei componenti in seguito contribuì molto all’attivazione di servizi per pazienti psichiatrici e morì nel soccorrerne uno. Un altro fu molto attivo nell’antimilitarismo e ci fu una non lieve condanna rispetto al reato di opinione di vilipendio alle forze armate; in seguito questo reato previsto dal Codice fascista Rocco ma ereditato dalla Repubblica è stato limitato. Nacque “Nuvola Rossa” radio libera goriziana molto seguita e ricordata ancora oggi di cui qualche arredo è ancora utilizzato. Insieme al Germinal di Trieste aiutammo l’effettuazione di varie edizioni della Marcia antimilitarista Trieste-Aviano che vedeva accese discussioni politiche con i radicali. Altre attività erano quelle all’ Università e alle allora Scuole medie Superiori e alcune di tipo ecologico specie antinucleari. Le lotte del ’77 videro altri giovani avvicinarsi all’anarchismo e formare un gruppo che agiva fra Gorizia e Monfalcone, un altro nucleo si formò a Ronchi indirizzandosi a produzioni artistiche e cercando in seguito di riaprire il ristoro sul Lago di Doberdò non riuscendovi specie per le eccessive complicazioni burocratiche (potenza dello Stato!), naque anche un gruppo a Cervignano e Aquileia; un altro gruppo coordinato da Paolo, soprannominato “Cespuglio” per l’allora folta capigliatura, opera ancora a San Giorgio di Nogaro. A Lucinico contemporaneamente una fattoria fu trasformata dal proprietario in comune agricola con le prime coltivazioni biologiche. La lotta contro i decreti delegati ci vide sconfitti, eravamo per la centralità dell’assemblea, e la “squola” iniziò a essere normalizzata con i bei risultati di oggi derivati dalla riforma (si chiama così) Gelmini. Andavamo a visitare la Casa del Popolo (anarchica, una delle due l’altra è a Genova) a Pesariis, a Travesio, a Visinale dello Judrio, a Moggio Udinese dove un ex emigrante leggeva ogni giorno due giornali francesi. Nella seconda metà degli anni 70 sostenemmo e accompagnammo compagni che svolgevano qui il servizio militare fra cui ricordo un fiorentino e si aggiunse una maggior presenza sindacale nel mondo del lavoro. In provincia riuscimmo a raggiungere il rispettabile numero di oltre 50 aderenti e questo dato suscita oggi meraviglia e incredulità ma era proprio così; ci chiamammo Federazione Isontina Anarco-comunista forse con un pizzico di prosopopea ma erano quei tempi e soprattutto quella linea politica che cercava di coniugare la libertà con l’eguaglianza e la solidarietà. Instaurammo rapporti politici di confronto e scambio in particolare con il Movimento anarco-comunista bergamasco e con gruppi veneti in particolare in zone di recente industrializzazione come l’Alto Vicentino e bellunese. All’interno del movimento fummo una delle principali organizzazioni a battersi per la riattivazione dell’Unione Sindacale Italiana, nata nel 1912 dalla scissione dalla CGIL: non esservi riusciti in quegli anni è la principale critica da fare e farmi. Hanno contribuito la perplessità e anche l’opposizione del movimento organizzato ufficiale ma in qualche modo l’occasione fu sprecata: oggi sezioni dell’USI sono presenti oltreché in Italia a Trieste, a Udine e anche in altri luoghi del Friuli Venezia Giulia grazie ai compagni e alle compagne presenti fra cui vanno ricordati senza dubbio Marione e Renato ma riuscire a farlo alla fine degli anni 70 del 900 avrebbe avuto ben altro impatto. È ben vero che la Storia può non insegnare niente: di dualismo organizzativo ne parlava l’ucraino Nestor Mackno ai tempi della rivoluzione russa mentre si opponeva ai latifondisti tedeschi e ucraini, ai russi bianchi e all’ esercito rosso guidato da Lev Trokcj, nonostante Lenin apprezzasse le idee e il contributo degli anarchici russi. E la guerra di Spagna, per gli anarchici e non solo “la rivoluzione sociale”, è stata possibile grazie al radicamento nelle masse popolari tramite il sindacato libertario Confederacion National de Trabajo che insieme alla Federazion Anarquica Ispagnola organizzò, partendo dalla Catalogna, la resistenza al golpe antidemocratico di Franco. E un qualche merito lo debbono avere avuto anche dopo se, nonostante l’oltre milione di uccisi dopo la vittoria franchista, la Spagna non entrò in guerra a fianco della Germania nazista e dell’Italia fascista per il timore del fronte interno. Ricordo ancora Rudolf residente a Salcano (Soucan diceva lui) rientrato da Lubiana deluso dal comunismo jugoslavo, la sua insistenza per implementare l’uso dell’esperanto, le sue molte idee anche in tema di trasporti; se ne avesse brevettato una sarebbe stato ricco! Una presenza c’è ancora oggi ma abbastanza poco incisiva (ma oggi esiste incisività a sinistra?) e trovare attivisti con meno di quarant’anni è difficile. Allora merita ricordare per informare e capire meglio e collaborare a un futuro migliore. Si attendono con ansia nuovi ’68 e ’77 pur con la consapevolezza che i mezzi usati dal potere sono molto più raffinati, oggi apparentemente meno violenti di un tempo e più soporiferi. Pino Ieusig Gorizia