Questo è il testo del volantino distribuito e affisso ieri da alcuni compagni all’università centrale in occasione dell’iniziativa “univillage” che vedeva fra le associazioni aderenti e con banchetto anche i “Giovani della Croce Rossa”.
CROCE ROSSA:
ORGANIZZAZIONE
UMANITARIA?
Questa è l’immagine “rispettosa” di facciata che siamo abituati a vedere e che spesso è quella percepita dai possibili volontari.
Invece la vera natura della CRI spesso e volentieri non ha niente a che fare con la solidarietà e l’aiuto a chi ne ha bisogno: è un corpo paramilitare, interessato com’è ovvio più al denaro e al potere che al rispetto della vita umana.
Denaro e potere che ottiene ad esempio gestendo diversi CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) dove vengono rinchiusi immigrati senza documenti.
Veri campi di internamento che nulla hanno a che fare con il rispetto dei diritti umani e dove stupri, violenze, pestaggi, umiliazioni sono pane quotidiano.
I militi della Cri non si fanno nessuno scrupolo a lasciar morire di polmonite un immigrato rinchiuso in un Cie, come accaduto nel 2008 ad Hassan a Torino, essere complici e omertosi di un tentativo di stupro da parte di un ispettore di polizia, come accaduto a Joy nel Cie di Corelli a Milano, collaborare ai pestaggi della polizia e negare le cure alle vittime.
Esemplare anche il caso venuto fuori dal Cie di Torino tempo fa: durante un presidio di solidarietà davanti al centro, è arrivato un messaggio da un recluso, dove si vedeva che il farmaco per l’asma che gli veniva somministrato dal personale della C.R.I. aveva superato da più di due anni la data di scadenza.
NON RESTIAMO IN SILENZIO:
NESSUNA PACE A CHI COLLABORA COI C.I.E. E IL SISTEMA DELLE DEPORTAZIONI!
…SE SEI UN VOLONTARIO DELLA C.R.I. FAI PRESSIONE SUI TUOI SUPERIORI PER L’IMMEDIATO ABBANDONO DELLA GESTIONE DEI NUOVI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
O NEGA SUBITO IL TUO APPOGGIO PER NON ESSERE COMPLICE.
CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE
Cosa sono I CIE sono luoghi di detenzione amministrativa, paradosso logico e giuridico, strutture in cui gli “ospiti” sono sottoposti di fatto ad un regime carcerario, ma senza permessi di uscita o di visita. Sono prigioni per persone che non hanno – o, sempre più spesso, non hanno più – i documenti in regola. Sono a decine sparsi per l’Italia, uno di questi a Gradisca d’Isonzo, a pochi chilometri da qui.
Come funzionano A volte, chi viene fermato senza permesso di soggiorno in regola, viene portato in uno di questi centri, ufficialmente in attesa di essere identificato ed espulso e può essere trattenuto fino a sei mesi. Possono essere clandestini appena arrivati, o fermati per strada, ma anche, ad esempio, persone uscite dal carcere (che quindi hanno già subito un processo, durante il quale la loro identità è stata accertata) o stranieri che per anni hanno soggiornato regolarmente e che poi perdendo il lavoro hanno anche perso il permesso di soggiorno…
La collettività paga a coloro che gestiscono questi centri (cooperative, strutture come la Misericordia, Croce Rossa…) un quota “ad ospite” che si aggira mediamente attorno ai 60-80 euro al giorno, senza contare i costi strutturali e la manutenzione straordinaria. Più “ospiti”, più soldi. Un business notevole, i cui conti restano ben poco trasparenti.
Come si curano
L’unica cura per questa “malattia democratica” è la chiusura immediata
di tutti i centri.
Per approfondire:
info-action.net (sez.antirazzismo)