TRIESTE: altri 4 sbirri indagati per Alina

Dal Piccolo

SABATO, 15 DICEMBRE 2012

Pagina 26 – Cronaca Trieste

Caso Alina, altri 4 agenti indagati

Sono i poliziotti dell’Ufficio immigrazione che prelevavano gli
stranieri e li rinchiudevano illegalmente

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di Corrado Barbacini Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta del pm
Massimo De Bortoli sull’attività dell’Ufficio stranieri della questura,
indagine scattata dal caso Alina (la donna che si era uccisa nel
commissariato di Opicina) all’interno della quale sono indagati l’ex
responsabile dell’ufficio Carlo Baffi e il suo vice Vincenzo Panasiti.
Nel mirino della Procura questa volta sono finiti quattro poliziotti
addetti alle pattuglie dello stesso ufficio immigrazione della Questura.
Sono indagati di sequestro di persona, arresto illegale e falso
ideologico. Secondo il pm De Bortoli i quattro, un sovrintendente, un
ispettore e due assistenti, avrebbero gestito i cosiddetti trasporti e
la detenzione nel commissariato di Opicina secondo modalità ritenute
fuorilegge dalla Procura. Arresti ritenuti illegali di cittadini
extracomunitari che, in attesa dell’espulsione, erano stati, così
risulta dagli accertamenti, trattenuti anche per giorni all’interno del
commissariato. Si tratta della stessa struttura all’interno della quale
si era suicidata Alina Bonar Diachuk, la giovane ucraina che in quella
tragica circostanza si era scoperto fosse stata detenuta illegalmente
dopo la scarcerazione: nello scorso mese di maggio, aveva messo fine ai
propri giorni impiccandosi in una stanza del commissariato. La
perquisizione – tenuta assolutamente riservata – è scattata l’altra
mattina in Questura. Era presente anche il pm Massimo De Bortoli. Con
lui una decina tra finanzieri e poliziotti della Procura. Negli uffici
dell’immigrazione al terzo piano della Questura sono stati sequestrati,
su ordine del magistrato, i fascicoli relativi a 21 episodi
riconducibili all’attività dei quattro poliziotti finiti nel mirino. I
quali, secondo la Procura, agivano su esplicita disposizione dell’ex
capo dell’ufficio, Carlo Baffi e del suo vice Vincenzo Panasiti. No
comment da parte della Questura. Ma un episodio, avvenuto ieri
pomeriggio, la dice lunga sullo scompiglio che la perquisizione ha
provocato. Il questore Giuseppe Padulano durante la presentazione della
mostra sui presepi, visibilmente commosso, ha interrotto il suo discorso
e dopo aver dato notizia al pubblico dell’accaduto ha detto: «Mi sento
umiliato». Ma torniamo all’inchiesta. Il ruolo del gruppo di agenti che
erano alle dirette dipendenze dei funzionari indagati, sarebbe stato
quello di pattugliare soprattutto di notte le strade cittadine alla
ricerca di stranieri extracomunitari. Che – così è emerso in 21 casi –
venivano presi e accompagnati a Opicina seppur in assenza di qualsiasi
provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tra questi che il Codice indica
come parti offese c’è chi è stato recluso per ore e anche chi per
giorni. Nello scorso mese di ottobre lo stesso pm Massimo De Bortoli e i
suoi investigatori avevano perquisito altri uffici dell’immigrazione tra
cui quello del vice responsabile Vincenzo Panasiti. In quella
circostanza erano stati sequestrati altri 128 fascicoli. Dossier che
avevano integrato i 49 fascicoli che erano stati acquisiti nel corso
della perquisizione effettuata il 9 maggio sempre da De Bortoli e dalla
sua squadra di finanzieri e poliziotti quando era stato notificato
l’avviso di garanzia al capo dell’ufficio Carlo Baffi.

 

Dal Piccolo del 16/12/12

Scontro Questura-Procura Padulano: «Noi trasparenti»


«Non intendo commentare le parole del questore Padulano», ha detto, riferendosi in particolare alla frase «Mi sento umiliato» detta pubblicamente l’altro pomeriggio durante l’inaugurazione della mostra sui presepi. È secco e perentorio il procuratore capo Michele Dalla Costa. Poi aggiunge: «Ciascuno svolga i propri compiti. Non posso dire altro». E intanto interviene il sindacato di polizia Coisp. In un volantino si legge: «Quello che vogliamo esprimere con il cuore e l’anima è la vicinanza agli amici e colleghi dell’ufficio immigrazione». Il sindacato Sap manifesta la preoccupazione nei confronti della magistratura «dovendo constatare che almeno una parte di essa sta scegliendo una linea incomprensibilmente dura nel vaglio di un’attività che la Questura e le altre Forze di Polizia svolgono da anni alla luce del sole». di Corrado Barbacini Tre perquisizioni all’ufficio immigrazione della Questura in pochi mesi sono troppe secondo Giuseppe Padulano. L’ultima quella di giovedì in cui sono stati contestualmente indagati quattro poliziotti. Prima era toccato al vicecapo Vincenzo Panasiti e prima ancora al funzionario responsabile Carlo Baffi. Insomma, tutto l’ufficio immigrazione sotto accusa. La rabbia, ma soprattutto l’amarezza del questore Giuseppe Padulano era esplosa pubblicamente venerdì sera in occasione dell’inaugurazione della mostra sui presepi: aveva interrotto bruscamente il filo logico del suo intervento e aveva sommessamente confessato: «Mi sento umiliato». Ma la sua amarezza e il suo disagio per ciò che viene già da tempo definito come uno scontro istituzionale con la magistratura non è più un segreto. Nè in Questura nè in Procura. «Come rappresentante di un’istituzione – afferma il questore Padulano – ho il massimo rispetto per l’autorità giudiziaria. Però mi sento veramente amareggiato. Ho la consapevolezza e la certezza che si riuscirà a far capire come si sia agito sempre per adempiere un dovere nel rispetto della dignità delle persone e che si sia agito senza dolo alcuno per applicare una legislazione complicata, spesso confusa e contraddittoria, attraverso l’applicazione di una procedura che è stata condivisa da tutte le forze dell’ordine da circa 10 anni». E poi attacca: «Voglio ribadirlo con forza, siamo una Questura sana, ed in questo momento sono più che mai vicino a tutti coloro che stanno vivendo questo momento, tutti padri di famiglia, persone perbene, dipendenti fantastici sulla cui onestà intellettuale e comportamentale non dubiterò mai. Sono certo che noi non abbiamo mai “prelevato” alcun clandestino ma, in presenza di un cittadino straniero clandestino, abbiamo sempre e semplicemente applicato quanto previsto dalla legge, con l’avvio della complessa procedura di espulsione, che può durare per più giorni, prevedendo il rintraccio e il trattenimento dello straniero. Voglio ribadirlo affinché non venga disperso quel patrimonio di credibilità che tutti, agenti e funzionari hanno contribuito ad accrescere sempre più in questa città che ha molta fiducia nella Polizia perché ha compreso che essa contribuisce in maniera determinante a rendere serena la vita dei triestini, attraverso professionalità, impegno e umanità». Incalza: «Giorno dopo giorno ci assumiamo le responsabilità a favore della collettività. Siamo sempre disponibili al dialogo. Abbiamo compiuto scelte trasparenti, specie in caso di criticità e sempre nell’ottica di sinergia istituzionale. E qui punta il dito: «Quella sinergia istituzionale che avevo richiesto due anni orsono, allorquando la problematica dei rintracci, dei lunghi tempi di trattenimento degli stranieri presso gli uffici di tutte le forze dell’ordine o della sala fermati del commissariato di Opicina, era già stata rappresentata da me. Ma non vi furono significativi risultati che ci si aspetta da coloro che hanno il dovere di una buona amministrazione . In quella emblematica circostanza tutti, giudice di pace, ordinario, direttore del carcere esposero le proprie problematiche, carenze strutturali, organizzative, tutte effettive e reali, senza però giungere alla definizione di un protocollo operativo che potesse risolvere la delicata problematica. Non voglio sconti, ci mancherebbe, ma che non si paghi per carenze del sistema»