Messaggero Veneto 11 febbraio Udine, il sindaco Honsell agli esuli “Una via per i martiri delle foibe” |
Honsell? No grazie! Si può essere solidali con Honsell solo perché la teppaglia nazista che infesta Udine e che da anni è lasciata libera di fare quello che vuole (il CSA di Via Scalo Nuovo ne sa qualcosa visto che è stato vittima di numerosi attacchi fascisti, anche incendiari) ha fatto qualche scritta contro di lui? Si può certamente essere solidali con Enrico Pizza, per ragioni morali, poiché è stato vittima di un attacco omofobo, ma Honsell cosa c’entra? Nel suo caso la questione non è più morale, ma diventa politica. |
Non mi sembra il caso di appiattirsi su posizioni istituzionali anche di fronte alla necessità di rispondere, colpo su colpo, al fascismo, al razzismo e all’omofobia. Gli antifascisti non possono solidarizzare con chi mette la questione delle foibe allo stesso piano del nazifascismo. Honsell è un opportunista che si gira come gira il vento ed ecco che si è adeguato alla moda corrente ed anche lui inaugurerà una via ai “martiri delle foibe”. Non so quale imbarazzo questo possa provocare a Rifondazione Comunista ad Udine, visto che proprio in Regione storici di estrazione comunista si sono battuti e si battono contro ricostruzioni mistificate sul problema delle foibe; quello che è stupefacente è che una organizzazione politico-sindacale che dichiara di richiamarsi all’anarchismo vada 1) a solidarizzare con un Sindaco, che è comunque un rappresentante delle Istituzioni dello Stato e 2) per di più Honsell non è certo un “uomo di sinistra”, tanto per mantenersi ancorati a qualche riferimento politico abbastanza preciso. Porre rimedio forse è sempre possibile, ma le azioni e i fatti politici restano.
Honsell? No Grazie 11 febbraio 2010 Cespuglio – Paolo De Toni
Messaggero Veneto 11 febbraio 2010
Giorno del ricordo, “Udine avrà una via per i martiri delle foibe”
UDINE. Un via della città sarà intitolata ai martiri delle foibe. L’impegno è stato preso ieri dal sindaco Furio Honsell, dopo la precisa richiesta di Silvio Cattalini, presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – comitato provinciale di Udine. La proposta è stata fatta in occasione della cerimonia di omaggio al monumento ai caduti giuliano-dalmati, al cimitero di via Firenze. Sotto la scultura dell’artista Nino Gortan, esule di Pinguente, è stata deposta una corona d’alloro. L’o pera rappresenta due uomini agganciati per un braccio che cadono nel vuoto di una foiba.
La cerimonia è stata molto toccante. Prima monsignor Ottavio Belfio ha letto, insieme ai presenti, la preghiera per le vittime delle foibe. Poi c’è stato l’intervento di Honsell, che visibilmente commosso ha sottolineato che «è un nostro preciso dovere intitolare una via a queste vittime, perché bisogna ricordare che i martiri della tragedia non hanno avuto nemmeno il loro nome scritto su una lapide». E ha aggiunto: «Sono scomparsi, lasciando un vuoto incolmabile nelle loro famiglie. Se viviamo in questa società libera, lo dobbiamo anche al sacrificio di queste vittime». Cattalini da parte sua ha ricordato che «le foibe sono state una delle cause dell’esodo, perché, oltre a questa tragedia, bisogna ricordare che quelle terre erano governate da un rigido sistema militare, che impediva alle gente di condurre una vita libera. Per questo molti decisero di abbandonarle».
Alla celebrazione hanno partecipato anche il prefetto Ivo Salemme e il viceprefetto Francesco Palazzolo. Prima della cerimonia è stata anche celebrata una santa messa, all’oratorio della Purità, in piazza Duomo. Qui, monsignor Belfio, nella sua omelia, ha paragonato la vicenda storica dell’esodo alla Pasqua di Cristo. «Anche gli esuli – ha spiegato – hanno vissuto prima la morte, poi il silenzio su quegli avvenimenti, e infine, grazie all’istituzione della Giornata nazionale del Ricordo, la loro resurrezione».
E Cattalini ha ribadito che «il clero ha sempre rappresentato nella storia dell’Istria e della Dalmazia un importante punto di riferimento, costituendo un centro di aggregazione culturale». E ha aggiunto: «Inoltre, in quegli anni, anche molti preti sono stati costretti all’esilio e da quelle terre se ne andarono in 200. Anche loro sono stati perseguitati per la loro fedeltà al Vangelo. I sacerdoti – ha concluso – si sono impegnati affinché potesse nascere dalle rovine della guerra una nuova società più giusta e più libera».