Da Il Piccolo del 11/06/10
IL CASO
Il Tar blocca l’espulsione di un senegalese
Smentita la Questura che gli negò la regolarizzazione in base alla
Bossi-Fini
Contestato il reato di clandestinità
di CLAUDIO ERNÈ
Una secca smentita alla Questura e alla Prefettura di Trieste. Viene
dai
magistrati del Tribunale amministrativo regionale che hanno bloccato
l’espulsione di un giovane senegalese che aveva chiesto di
regolarizzare
la propria posizione di giardiniere ma che in base a una
interpretazione
minoritaria della legge Bossi-Fini aveva ricevuto dal questore un
decreto che gli imponeva di lasciare il territorio italiano.
Il Tar ha bloccato l’iniziativa del ministero degli Interni e ha
implicitamente concesso a Ibraima Faye di continuare a lavorare a
Trieste almeno fino al momento in cui il suo ricorso verrà discusso nel
merito.
La vittoria in questa causa-pilota, promossa da Daniela Schifani
Corfini, vedova del giornalista Marco Luchetta ucciso nel 1994 a
Sarajevo, consente ad almeno altri 70 senegalesi che vivono a Trieste
di
evitare l’immediata espulsione decretata dalla Questura. Tutti
avevano
aderito alla “sanatoria” prevista dalla legge Bossi- Fini, ma
l’interpretazione fornita allo stesso provvedimento dalle autorità
locali ha riservato loro e ai loro datori di lavori una amara sorpresa.
«Mi sono autodenunciata; ho pagato tra i 700 e gli 800 euro per la
sanatoria. Ho versato quanto dovuto all’Inps per i contributi
previdenziali. Il ministero degli Interni da Roma mi aveva assicurato
che nulla ostava all’applicazione della sanatoria nonostante la
condanna
subita per clandestinità» spiega Daniela Schifani Corfini. «Invece si
sono fatti beffa di quanto avevano affermato e a Trieste hanno respinto
la domanda, sostenendo che Ibraima aveva subito una condanna. Subito
dopo l’hanno espulso. Volevano metterlo sull’aereo a brevissima
scadenza. Per questo sono ricorsa al Tar. Poi ho protestato col
ministero ma mi hanno risposto sostenendo che quanto avevano detto in
precedenza valeva poco o nulla perché il parere mi era stato trasmesso
via Internet e non con un documento ufficiale. I soldi che in tanti
abbiamo pagato però se li sono tenuti ben stretti».
Il Tribunale amministrativo nei giorni scorsi ha fatto chiarezza su
questa situazione, bloccando l’espulsione perché la pena inflitta
al
giovane senegalese per il reato di clandestinità, è inferiore a quelle
che secondo la legge Bossi-Fini consentono di adottare un provvedimento
ultimativo. Va aggiunto che il Tar del Friuli Venezia Giulia si
affianca
con questa decisione a quelli del Veneto e della Toscana. Di parere
opposto il Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna che ha
confermato le espulsioni decise dai questori di quella regione
indipendentemente dall’entità della condanna subita.
«Non credo che la guerra per salvare questi ragazzi dal rimpatrio
forzato sia vinta. È solo una battaglia che si è conclusa
favorevolmente
e per questo in tanti oggi tiriamo un sospiro di sollievo. La vera
delinquenza sta in altre sedi, in altri palazzi» dice, tra il
soddisfatto e il polemico, Daniela Schifani Corfini.