Messaggero Veneto SABATO, 09 OTTOBRE 2010 Pagina 3 – Gorizia
Slogan contro il ministro Gelmini, sit-in davanti alla Provincia e all’incrocio di via Diaz
Allestiti ai Giardini pubblici
Cinquecento ragazzi hanno manifestato in centro per il diritto allo studio
WORKSHOP
Chiesta anche la valorizzazione delle strutture: molte sono fatiscenti
In 500 secondo l’Unione degli studenti, la metà secondo la Questura nel picco di massima affluenza, gli studenti delle scuole superiori della Provincia di Gorizia sono scesi in piazza, ieri mattina, per manifestare contro il ddl Gelmini e a favore di una riforma del sistema scolastico che metta al primo posto il diritto allo studio, la qualità della didattica e la valorizzazione delle strutture (nella maggior parte dei casi fatiscenti, lamentano i ragazzi). Una protesta, organizzata a livello nazionale in 60 città italiane, che non rimarrà isolata: sono annunciate altre manifestazioni a fine ottobre e in novembre.
Se in piazzale Martiri della Libertà, dal quale è partito il colorato corteo, aperto dallo striscione “Si raccoglie democrazia seminando cultura. Pensa al futuro con la scuola spazzatura”, il gruppo era numeroso, in poco più di 150, invece, sono arrivati fino al traguardo, i giardini pubblici di corso Verdi, dove sono stati allestiti workshop che hanno affrontato i temi del razzismo nella scuola e della tutela degli studenti in stage e laboratori creativi. «Qui sono rimasti coloro che ci credono veramente, oltre che quelli interessati alla musica techno», ironizza Sara, del D’Annunzio, indicando con un cenno del capo il furgone circondato da ragazzi in festa dal quale promana la musica a tutto volume, nei giardini. Gli altri si sono persi per strada. Chi è stato intravisto a scolarsi birre camminando, chi seduto al bar davanti a un cappuccino. «Comunque la partecipazione è stata maggiore e più sentita rispetto all’anno scorso», osserva Greta. Dopo il fermento di occupazioni e autogestioni del 2008, quando l’indignazione e la rabbia da parte degli studenti nei confronti del ddl Gelmini erano molto vive, anche per via del tamtam mediatico, la protesta aveva infatti ceduto il passo al silenzio.
«Molti ragazzi sono rimasti delusi, dicono che i cortei non servono a niente», spiegano gli studenti. Ora le cose però stanno cambiando. Ieri alla manifestazione si respirava grande entusiasmo nei partecipanti.
C’erano studenti di Gorizia e di Monfalcone, ma anche da Gradisca e da Cervignano. Sulle note degli evergreen “Quarant’anni” e “Contessa” dei Modena City Ramblers, gli studenti hanno attraversato a passo di marcia e anche di corsa le vie principali della città (corso Italia e corso Verdi) e improvvisato due sit-in, davanti al palazzo provinciale e all’incrocio fra via Diaz e via Garibaldi, con momenti di riflessione e discussione e slogan scanditi con i megafoni (“Ma quale pacifismo, ma quale non violenza. Ora e sempre, Resistenza!” e un motto sarcastico nei confronti della Gelmini e di Berlusconi). Seduti per terra, i manifestanti hanno spiegato meglio alla città le ragioni della manifestazione. «Diritto allo studio sono tre parole che racchiudono però un sacco di proposte – è entrata nel dettaglio Greta –. La scuola pubblica dovrebbe permettere a tutti d’istruirsi, ma questo diventa difficile quando i libri costano 500 euro all’anno e altrettanti soldi bisogna spendere per l’abbonamento ai mezzi di trasporto. Noi contestiamo i tagli ai fondi per l’istruzione e l’università (che sono stati spesi invece per altre cose, come il pacchetto sicurezza). Depauperando il sistema d’istruzione pubblico le istituzioni vogliono creare il popolo bue, più facile da governare. Senza cultura si accetta tutto acriticamente».
Nei giardini è stata costruita in legno una cella a grandezza naturale. Soci delle Officine culturali di Monfalcone e della Comunità Arcobaleno intendevano sensibilizzare i giovani sul tema dell’indulto e sul fatto che si stia abbassando l’età media della popolazione carceraria. «Viviamo in un clima preoccupante. A Monfalcone alla fine dello scorso anno ha fatto una retata a casa di un ragazzo una quarantina di carabinieri alle 5 del mattino per controllare se ci fosse droga», ha raccontato una ragazza.
Ilaria Purassanta
SABATO, 09 OTTOBRE 2010
Pagina 3 – Gorizia
«Ecco tutti i cambiamenti che ci danneggiano»
Le lamentele
«Al D’Annunzio non ci hanno fatto vedere “Videocracy” soltanto perché parlava di Berlusconi». Dalle parole degli studenti che hanno partecipato ieri alla manifestazione traspare tanta amarezza mentre raccontano come l’istruzione secondaria superiore stia cambiando.
Obiezioni che riportiamo qui di seguito. Al Liceo linguistico le matricole fanno appena due ore di latino nel biennio e non per cinque anni, all’indirizzo turistico hanno soppresso in terza le ore di conversazione in lingua inglese e si studia geografia appena al quinto anno, all’artistico hanno tolto i rientri pomeridiani con i laboratori.
Al Cossar «vogliono accorparci all’alberghiero di Grado e non potremo più fermarci al terzo anno, nonostante sia una scuola professionale.
Siamo una specie in via di estinzione», lamenta Ana Maria. I ragazzi sciorinano tutti i cambiamenti a loro avviso dannosi per la qualità della didattica ed elencano le necessità logistiche: gli edifici cadono a pezzi in molti casi. Elia è scappato dall’Agrario di Gradisca al D’Annunzio con indirizzo biologico: «Ci hanno tagliato le ore di laboratorio. Noi vendevamo all’esterno i prodotti dei campi per trovare i finanziamenti per pagare le spese dei laboratori. Se poi sul lavoro ti chiedono: fammi un’analisi del terreno, non sei capace di farla, perché non hai avuto una preparazione pratica. è una cosa inaccettabile». Insomma questi ragazzi scendono in piazza con cognizione di causa, per cambiare davvero la realtà in cui vivono, senza annegare l’azione politica nell’utopia. Qual è il senso di questo impegno politico? Risponde Yannick, liceale del classico: «Credo che sia un obbligo morale, quello di acquisire i problemi presenti nella società e interiorizzarli». «Io faccio politica perché è così che si capisce il mondo in cui viviamo. Non accetto che mi dicano che sono piccola e quindi non capisco. Noi giovani capiamo eccome come vanno le cose. Io una capra che segue il branco non voglio esserlo», spiega decisa Sara. (i.p.)