PORDENONE: 25 aprile R*esistente [foto+report+vol.]

25_02Anche quest’anno il presidente della Provincia di Pordenone A. Ciriani, ex Fronte della Gioventù (MSI), poi Alleanza Nazionale e ora PDL, ha parlato dal palco ufficiale delle celebrazioni per il 25 aprile.

Anche quest’anno il suo discorso era pregno di revisionismo e offese a chi morì per la libertà e, non pago, ha incluso offese anche a chi da anni lo contesta, dando dei “facinorosi, patetici e ammuffiti” agli anarchici.

Anche quest’anno abbiamo sovrastato di canti partigiani e di fischi la sua indegna orazione.

Dalle 10.30 circa ci siamo trasferiti come consuetudine presso l’ex Caserma Martelli dove abbiamo allestito il presidio antifascista con musiche, cibo e interventi al microfono sulla storia della resistenza e sulla sua attualità. Oltre una sessantina di presenza hanno accompagnato il presidio.

Una delegazione ha deposto una corona di fiori sul muro, ancora crivellato di colpi, dove vennero fucilati dai fascisti i 10 partigiani del pordenonese.

NO PASARAN!

 

RESISTENZA: 1921-1947

Nessuno ve lo racconta, nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente, non lo sentirete nelle piazze delle “celebrazioni” ufficiali, zeppe di amministratori tricolorati e deserte di gente, soprattutto di giovani: la resistenza non è la storia di tutti, non lo è stata e mai lo sarà. Per chiudere definitivamente questa onda lunga di revisionismo nazionalista, che dagli anni ’90 tracima storie, valori e memorie, in un unico mare di merda ovvero la pacificazione nazionale, bisogna ricominciare a raccontare, ritrovare i fili spezzati della memoria, restituire gli occhi ai morti! 25_03

Perché questa è una pacificazione assai strana, che mentre chiede di riconoscere “tutti i morti” (i carnefici al pari delle vittime) con prepotenza inaudita pretende e impone la glorificazione di aguzzini: piazze, strade intitolate a fascisti, onore e pensioni di guerra a repubblichini che giurarono fedeltà al Terzo Reich ed ancora giornate e monumenti in nome di un nazionalismo che fu liberticida e che oggi viene fatto passare come sacrificio patriottico.

 

Tutto questo è potuto avvenire a causa di una recrudescenza razzista e reazionaria ma anche perché gli eredi di quel PCI tanto attento alla spartizione del potere, spesso sulla pelle di tanti sinceri militanti comunisti, stanno tentando di barattare i propri scheletri con un nuovo posto al sole. Un trasformismo che vorrebbe concedere ai vecchi nemici una parte della ragione e una buona dose di leggitimazione in cambio di un riconoscimento “democratico” definitivo: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdamoce o’ passato!

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti e senza scomodare luoghi metropolitani basta restare a Pordenone: uno che ha fatto carriera politica nelle file del Fronte della Gioventù (MSI), fan accanito di Almirante (firmatario nel 1938 del Manifesto della razza) ovvero Alessandro Ciriani, attuale presidente della Provincia di Pordenone, da anni parla dagli spalti ufficiali delle celebrazioni. Si, proprio il tale che 2 anni fa ebbe a chiamare la Casa del Popolo di Torrre, quartiere che fu roccaforte della resistenza al fascismo, con l’epiteto di “baracca del Popolo”.

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La resistenza che va ricordata è tutta, quella reale fatta di uomini e donne che già dall’estate del 1921 cominciarono ad armarsi per difendere il movimento operaio e contadino, le sedi sindacali, le camere del lavoro e i quotidiani socialisti ed anarchici dallo squadrismo in camicia nera, arrivando a contare 144 sezioni e 20.000 aderenti, la cui involuzione va accreditata alla pubblica diffida del PSI prima e del PCd’I dopo, lasciando solo il movimento anarchico a sostenere e supportare l’arditismo proletario. Con la crescente e micidiale repressione del regime la resistenza si trasferì in Francia e in Spagna e moltissimi antifascisti sostennero la difesa della Repubblica contro il golpe di Franco appoggiato da Hitler e Mussolini, per poi tornare in Italia al Confine e confluire in quella resistenza clandestina che muta ardeva fra i campi e le fabbriche esplodendo poi nel 1943 fino alla liberazione.

 

Ma non finì davvero, come molti credono, in quel simbolico 25 aprile del 1945, perchè all’indomani della sconfitta della dittatura furono molti i partigiani che non consegnarono i fucili e ritornarono in montagna. Tanti si accorsero che gli stessi aguzzini e carnefici di ieri erano amnistiati e ritornavano ai posti di comando mentre per molti proletari la disoccupazione e la miseria erano le uniche onorificenze che li attendevano. Questa resistenza andò avanti per quasi 2 anni e vide coinvolti ben oltre un migliaio di partigiani.

25_04Oggi chi vuole riposare sugli allori di una storia tagliuzzata a piacimento da chi ancora governa, in un paese sempre più impoverito, in mano a banchieri e padroni, tra precarietà diffusa, famiglie sul lastrico e dove la xenofobia e il razzismo si sono fatti legge, non trova e mai troverà il nostro consenso.
Non avrà le nostre bocche cucite e i capi chini a riverire amministratori della miseria, facilitatori di interessi partitici e spesso mafiosi, nè ci vedrà silenti difronte a presenze indegne di post fascisti con il lifting d’occasione, pronti a raccontarci che i “morti son tutti uguali” e che “uguali sono le parti”.  I nostri sono morti per la libertà, i loro per la dittatura e finchè avremo fiato, occhi e mani lo racconteremo sempre con l’orgoglio di chi non ha mai smesso di essere antifascista!

 

Iniziativa Libertaria