NOTAV: ancora polemiche in veneto e non solo

Dal Piccolo

 

07/01/11

Del Bello alla Serracchiani: salviamo il Carso

La Tav si fermi a Ronchi, ai piedi del Carso, procedendo al potenziamento delle linee ferroviarie esistenti. Il consigliere comunale e provinciale del Pd, Fabio Del Bello, si associa alla proposta espressa dai consiglieri regionali Giorgio Brandolin e Franco Brussa, in occasione dell’assemblea indetta lo scorso gennaio dal sindaco di Doberdò del Lago. E la pone all’attenzione del segretario regionale del Pd, onorevole Debora Serracchiani, affinché venga assunta quale posizione del partito. Del Bello, infatti, ha inviato una lettera e ben 8 elaborati tecnici alla Serracchiani (coinvolgendo anche il segretario provinciale del Pd, Omar Greco, nonché i consiglieri Brandolin e Brussa), esponendo la critica al progetto preliminare della nuova linea Av-Ac Venezia-Trieste e la proposta alternativa, ai fini dell’espressione di una posizione unitaria del Pd a livello regionale.

Del Bello ricorda poi quanto dichiarato dall’assessore regionale Riccardo Riccardi, sulla «necessità di emarginare gli estremismi di chi dice che quest’opera non di deve fare»: «Siamo di fronte – osserva – all’ennesimo rovesciamento della realtà, tipico della stagione berlusconiana: in questo caso, chi difende l’ambiente da un’opera inutile e costosissima sarebbe estremista, chi invece vuole eseguire tale opera sarebbe un moderato e benpensante». Il consigliere ricorda inoltre quanto stabilì la Commissione nazionale di impatto ambientale alcuni anni fa: «La realizzazione di gallerie profonde nelle formazioni carsiche pone l’attenzione sulla tutela delle risorse idriche sotterranee e non fornisce garanzie sulla fattibilità dell’operazione e sui rischi, anche in fase di esercizio, nonchè sull’indeterminazione dell’onere economico derivante». Ripropone la decisione del Consiglio di Monfalcone che il 29 maggio 2008 approvò a larga maggioranza una mozione: «Il Consiglio si pronunciò affinché venissero prese in considerazione soluzioni alternative alla galleria carsica Trieste-Monfalcone, valutandone la progettazione con i portatori di interesse e le comunità interessate». E commenta: «La mia posizione prende le mosse e si sviluppa da quell’indirizzo consiliare, tuttora valido e pertanto ineccepibile sotto il profilo della correttezza e linearità istituzionale. Sono invece fuori linea coloro che oggi sposano acriticamente le proposte regionali». Del Bello conclude: «La società civile si sta mobilitando tramite l’istituendo Coordinamento di Zona per la difesa del Carso e del Timavo, con sede a Monfalcone, e presto anche in termini di mobilitazione popolare e di massa».

 

Wwf: no all invasione dei camion

di LUCA PERRINO

La prospettiva appare catastrofica. E a disegnarla, all’indomani della presentazione del progetto preliminare dell’Alta velocità ferroviaria, nel tratto tra Ronchi dei Legionari e Trieste, sono le associazioni ambientaliste e alcuni partiti politici da sempre contrari a questa opera. E’ quella legata allo smaltimento della terra e della roccia che verranno estratte dalla costruzione delle gallerie e del tracciato della stessa Tav, ma anche dell’enorme traffico che graviterebbe sul territorio proprio in virtù di questo massiccio intervento. Lo sottolinea il Wwf, che prospetta un cantiere della durata decennale, il quale avrebbe un impatto enorme sul territorio, ma lo mettono in luce anche Rifondazione comunista e il Comitato per la salvaguarda del territorio di Selz che invitano i cittadini a presentare le opportune osservazioni. Le cave che hanno i requisiti per lo smaltimento del materiale sono 5: una a Sagrado, due in territorio di Trieste, una a Mariano del Friuli e la cava da tutti conosciuta con il nome dell’ex proprietà “Tacchino” tra Ronchi e Fogliano Redipuglia. Nel dettaglio, dalla relazione intitolata “Gestione terre e rocce da scavo” si evince che dei circa 6,8 milioni di metri cubi totali di materiale derivante dallo scavo delle gallerie nella tratta Ronchi-Trieste, si stima che circa 2,9 milioni saranno reimpiegati nella stessa costruzione della linea ferroviaria, mentre 3,9 saranno utilizzati in siti esterni per riqualifiche ambientali. Preoccupano non poco anche i percorsi di collegamento individuati tra i cantieri e le aree di lavoro e i siti di conferimento delle terre da scavo, tra i quali si cita quello “lungo la bretella di collegamento tra la regionale 14 e lo svincolo autostradale di Redipuglia e verso i siti di riambientalizzazione a nord di Redipuglia. E’ immaginabile il traffico di mezzi pesanti che dovranno attraversare l’abitato di Redipuglia e il territorio Monfalconese per conferire ben 3,5 milioni di metri cubi di terre e rocce nella Cava di Monte Sei Busi. Secondo una valutazione, tale traffico viene previsto da un minimo di 30 a un massimo di 130 automezzi al giorno.

Una situazione che è stata presa in mano dalla giunta comunale di Fogliano Redipuglia. «Bisogna tuttavia segnalare – spiega il sindaco Antonio Calligaris – che la relazione non indica in alcun modo che il totale dei 3,9 milioni di metri cubi verrà interamente stoccato nella cava di Redipuglia mentre si limita a elencare i siti individuati senza menzionare le possibili suddivisioni degli stoccaggi e enumera unicamente la singola capacità ricettiva teorica per ogni sito, che per quel che riguarda la nostra cava ammonta a 3,5 milioni di metri cubi». Calligaris ricorda anche che la cava è stata individuata come luogo da recuperare dal punto di vista ambientale con il materiale di scavo, mentre la municipalità foglianina ha già in atto un progetto di recupero ambientale collegato all’escavazione che è stato approvato dalla Regione. «Le nostre prime considerazioni – continua il primo cittadino – si concentrano dunque su questa principale questione dato che il progetto visionato sembra aver completamente ignorato la realtà della cava di Redipuglia ed il suo ventennale piano ambientale di recupero. In merito infine all’aumento del traffico derivante dal possibile passaggio dei camion sul nostro territorio, è ovvio che esso costituisca un onere che Redipuglia non è certo in grado di supportare».

 

Tav, in Veneto è paralisi E mette a rischio anche il progetto fino a Trieste

 

di MARTINA MILIA

 

TRIESTE Una parte del Veneto, sindaci e presidente della Provincia di Venezia, si ribella e chiede quello che il Friuli Venezia Giulia ha già ottenuto: un tracciato della Tav che affianchi l’autostrada, una ferrovia ad alta capacità che sia il meno impattante possibile per il territorio.

Il destino della ferrovia ad alta capacità e quello dell’autostrada A 4 sono legati non solo nei desiderata degli amministratori. A dirlo è anche Italferr che, nel progetto preliminare della tratta tra l’aeroporto Marco Polo e Portogruaro prevede una fase comune nell’adeguamento delle interferenze e chiama in causa Autovie Venete per regolare «gli aspetti tecnici ed economici» relativi all’armonizzazione delle due opere. Nello specifico lo studio dice che «La committenza Rfi ha definito di prevedere – si legge nella relazione generale del preliminare -, nell’ambito dei progetti preliminari delle tratte ferroviarie Av/Ac Aeroporto Marco Polo – Portogruaro e Portogruaro Ronchi dei Legionari, nei tratti in affiancamento all’autostrada A 4, la realizzazione delle opere interferenti (cavalcavia, sottovia, svincoli, eccetera) integrata con gli interventi di ampliamento dell’autostrada A 4 oggetto del relativo progetto». Questo per limitare l’impatto degli interventi «sia in termini economici che di consumo del territorio». Da qui l’obiettivo «di poter definire – preliminarmente all’avvio delle successive fasi di sviluppo della progettazione e, quindi, alla realizzazione delle opere interferenti – un accordo con la società Autovie Venete al fine di regolare – prosegue la relazione – gli aspetti tecnici ed economici relativi all’esecuzione di tali interventi».

In quest’ottica capire quali saranno i tratti da realizzare in affiancamento diventa determinante. Ma in Veneto la decisione sembra in alto mare, arenata in un oceano di contrapposizioni. La Regione ha proposto il percorso cosiddetto basso, quello per cui da Mestre, la Tav raggiungerebbe l’aeroporto Marco Polo (dove è prevista l’unica fermata di questo tratto), passando per Quarto d’Altino e descrivendo un’ampia ansa verso destra per inoltrarsi nella campagna in direzione della costa e lambendo Caposile, Passarella e Stretti per poi passare tra San Stino e Lison e rientrare su Portogruaro. Il territorio – amministrazioni comunali e agricoltori – oppone resistenza e l’ha fatto portando anche i trattori in piazza sabato scorso.

Il percorso litoraneo risulterebbe più impattante in quanto a sottrazione di terreno (perché più lungo: 49,1 chilometri contro i 42,6 del percorso in affiancamento) e, in particolare, agricolo: il 97,8% della linea attraverserebbe infatti aree coltivate contro l’85,7% del percorso alto.

Il tracciato alto, invece, dall’aeroporto toccherebbe sempre i Comuni di Marcon e Quarto d’Altino, ma più a sud dell’ipotesi litoranea e passando per il territorio di Roncade, risalirebbe in affiancamento all’A4, per attraversare Meolo, Monastier, Fossalta di Piave, Noventa, San Donà Cessalto, San Stino e Annone, così da arrivare a Portogruaro. Rispetto a quello litoraneo sarebbe più impattante sulle aree vincolate a beni culturali e paessaggistici.

Se sul tracciato basso esiste un progetto dettagliato, su quello alto gli elementi a disposizione sono pochi. «Purtroppo noi non siamo nelle condizioni di fare la comparazione perché è vero che c’è un progetto preliminare ma è vero anche che l’alternativa su cui dovrebbe reggere la comparazione è molto scarna – dice la presidente della Provincia di Zaccariotto, che si è schierata contro la ferrovia costiera – quindi non siamo in grado dire qual è il tracciato migliore. Ci riserviamo quindi di presentare in consiglio provinciale una mozione per far conoscere la posizione della provincia su questo tracciato». Per quel che riguarda il tracciato basso “i fattori maggiormente incidenti sono la frattura inferta ad un territorio già delicato sotto il profilo della continuità ecologica; pressato da un punto di vista della tenuta idraulica; con un paesaggio facilmente compromesso dalla tipologia delle strutture proposte; con caratteristiche dei suoli già delicate, soggetti come sono ad un importante abbassamento anche di oltre 25 cm ogni 50 anni» analizza Zaccariotto. Da qui la richiesta di uno studio di impatto ambientale complessivo (il procedimento invece prevede una realizzazione per lotti funzionali).

Resta infine una questione di fondo sull’analisi dei due tracciati: la finalità dell’opera. La Tav in Veneto, così come in Friuli Venezia Giulia, sarà una ferrovia a servizio delle merci e del sistema portuale: è previsto, a regime, il passaggio di 138 treni al giorno per il trasporto merci e solo 26 per i passeggeri. Se questo è l’obiettivo, il tracciato basso risponde allo scopo?

06/02/11

Trattori in piazza per protestare contro la Tav

 

VENEZIA Trattori in piazza contro la Tav, la ferrovia ad alta velocità e alta capacità che collegherà Venezia e Trieste. Gli agricoltori ieri sono scesi in strada a San Donà di Piave (in provincia di Venezia) per manifestare contro la costruzione dell’infrastruttura, portandosi dietro una cinquantina di trattori.

Ad alzare la voce contro la Tav sono stati i contadini riuniti in tre cortei, due dei quali fatti proprio con i trattori. I manifestanti sono poi confluiti, al termine della manifestazione, in piazza Indipendenza, nel centro di San Donà di Piave.

La manifestazione, che si è svolta senza problemi, è stata organizzata con la volontà di riunire in piazza coloro che sono contrati all’opera. La Tav, hanno spiegato i manifestanti ieri, non è altro che «una nuova ferrovia con cui si va a infierire ancora una volta sul territorio».

A proporre la protesta sono state alcune organizzazioni ambientaliste e alcune associazioni di rappresentanza degli agricoltori.

I cortei hanno avuto ripercussioni sul traffico, creando rallentamenti e disagi per gli automobilisti.

 

Paviotti: «Nessuna casa a rischio demolizione»

CERVIGNANO «A Cervignano nessuna casa rischia la demolizione». Né tantomeno l’esproprio. Ieri il sindaco Pietro Paviotti è intervenuto per rassicurare i cittadini sulla nuova linea ferroviaria ad alta capacità e velocità, il cui progetto preliminare è stato presentato in Comune alla fine di dicembre. Il primo cittadino intende così rispondere alle notizie del Wwf regionale, che fanno riferimento alla presenza dei cosiddetti “ricettori”, cioè spiega Paviotti «tutte le abitazioni o le aree naturalistiche o edificabili entro una certa distanza dalla nuova linea ferroviaria, che a Cervignano verrà costruita sul tracciato esistente».

«I cittadini non devono preoccuparsi – riprende Paviotti – in quanto si tratta solo del rilevamento dello stato di fatto necessario a mettere in campo tutte le strategie atte a preservare le abitazioni da disturbi o effetti negativi che dovessero derivare dal passaggio dei treni». Secondo il parere del sindaco, dunque, i progettisti saranno obbligati a mettere in campo azioni di mitigazione adeguate sulle abitazioni che distano da 0 a 500 metri dalla Tav e sui ricettori sensibili che sono le scuole, gli ospedali e le case di riposo distanti da 0 a 250 metri. Nel caso di Cervignano le opere di mitigazione dovrebbero però solo interessare le abitazioni, che «in ogni caso – puntualizza – non sono a rischio di esproprio o di demolizione. E per essere più chiaro – continua – confermo che a Cervignano non sono previsti espropri di fabbricati o, ancor peggio, demolizioni».

Poi il sindaco ripercorre la storia della Tav. «Nel 2008 abbiamo firmato un protocollo di intesa che definiva il tracciato che, nel nostro caso, combacia con la linea esistente, già provvista dei 4 binari necessari per potenziare la capacità ferroviaria. Consci del fatto che la nostra linea ferroviaria attraversa l’abitato, abbiamo chiesto e ottenuto una serie di garanzie, che ho constatato non essere esplicitate nel progetto consegnato a fine 2010. Così ho inviato una lettera a Italferr, Regione e Provincia, ribadendo la necessità di rivedere la proposta progettuale, dando ai Comuni un tempo congruo e la possibilità di avvalersi di tecnici di loro fiducia come già avvenuto nel passato. L’assessore regionale Riccardo Riccardi si è impegnato in tal senso e dunque ritengo che tutto ciò che era stato definito e concordato troverà risposta adeguata nel progetto preliminare di Italferr, che a questo punto dovrà essere modificato. Confermo che sarà mio impegno informare i cittadini sull’andamento dei lavori e sugli approfondimenti che verranno attuati».

Tra le garanzie che Cervignano aveva ottenuto nel 2008, velocità dei treni non superiore ai 200 km orari, un tunnel trasparente nel viadotto contro l’inquinamento acustico, barriere antirumore trasparenti nell’impianto di stazione, interventi di mitigazione delle vibrazioni nei tratti urbani, un viadotto a Scodovacca per evitare di tagliare in due l’abitato, l’eliminazione del cavalcavia sulla statale 14 e la pista ciclabile e pedonale a fianco alla linea ferroviaria tra Scodovacca e via Chiozza.

Elena Placitelli