NO OGM: distrutto il campo di Fanna, rassegna stampa

La lotta continua….

 

30/09/10

Il Piccolo

Raccolto e subito nascosto il mais ogm di Pordenone

 

di MARTINA MILIA PORDENONE Erano pronti a una nuova incursione, ma sono stati battuti sul tempo. Ieri sera gli uomini della forestale della Regione hanno raccolto il mais transgenico seminato a Fanna impedendo ai no global di distruggerlo. «Il tribunale, con il decreto penale di condanna, ha riconosciuto che quello che abbiamo fatto distruggendo il campo di Vivaro era giusto. A questo punto vogliamo che il campo di Fanna sia distrutto o ci dovremo pensare ancora noi» aveva dichiarato ieri mattina Luca Tornatore, attivista dell’associazione Ya Basta che raccoglie i disobbedienti del Nordest. La giustizia, però, per una volta è stata più rapida. Ieri sera prima delle 19, uomini della forestale regionale con una trebbiatrice e due carri per la raccolta – il tutto sotto l’occhio vigile di polizia e carabinieri – hanno provveduto a mietere i tre ettari di mais ogm seminato da Giorgio Fidenato a Fanna. Il granoturco è stato trasferito in un luogo top secret e rimarrà al sicuro in attesa che la sentenza diventi definitiva. Il giudice Piera Binotto, dopo aver emesso il decreto penale di condanna nei confronti di Fidenato (che prevede confisca e distruzione del raccolto nonché una sanzione da 25 mila euro), ieri ha nominato Luca Bulfone, direttore centrale alle risorse agricole, naturali e forestali della Regione, custode giudiziario. «Ho l’incarico di provvedere alla raccolta del mais e di conservarlo in un luogo adatto in attesa che si concluda l’iter giudiziario» confermava nel pomeriggio Bulfone. Quando? I fatti, in questo caso, hanno preceduto anche le parole. Intono alle 19 personale della forestale, lo stesso Bulfone e il direttore dell’Ersa – braccio operativo della Regione -, Mirko Bellini, hanno raggiunto il campo incriminato e provveduto alle operazioni di trebbiatura e raccolta. Sul posto anche carabinieri e polizia – che fin dalla mattina presidiavano il campo per il timore di incursioni da parte dei disobbedienti – che hanno seguito le operazioni. «Affidare la custodia alla Regione e all’Ersa è come dare il sangue a Dracula. Questi enti non hanno avuto una posizione neutra nella vicenda» tuonava nel primo pomeriggio Fidenato. Ma lo stesso agricoltore poche ore dopo si è ricreduto. «Mi hanno assicurato che il mais, raccolto in granella – spiega -, sarà essiccato. Questo consentirà al raccolto di mantenere le sue proprietà inalterate».

 

«Sono il futuro, ma in Italia manca una legge di garanzia»

 

TRIESTE Ne ha discusso la politica e si è espressa la magistratura. Ma della vicenda del mais Ogm di Vivaro parla anche il mondo della ricerca. «Gli Ogm sono da prendere con cautela, perché come tutte le tecnologie comportano dei rischi che vanno valutati con attenzione dalla comunità scientifica», dice Giuliano de Grassi, ricercatore dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (Icgeb) di Trieste, dove proprio in questi giorni si svolge un corso sul rischio derivante dal rilascio ambientale di Ogm. «Per un uso sicuro e sostenibile delle biotecnologie l’analisi del rischio in tutte le sue declinazioni (valutazione, gestione, comunicazione) è fondamentale – sostiene De Grassi -. Ma nel caso dell’agricoltore di Vivaro bisognerebbe anche chiedersi cosa l’ha portato a scegliere di piantare mais geneticamente modificato. Ci sono altri motivi oltre all’evidente vantaggio economico». Per esempio? Una maggiore facilità di coltivazione: gli OGM di prima generazione resistono agli insetti, ai virus, agli erbicidi. Facendo risparmiare all’agricoltore tempo e denaro. Quelli di seconda generazione hanno qualità nutrizionali migliori. C’è per esempio il golden rice, il riso arricchito con vitamina A, ideato per attenuare le carenze alimentari in alcuni paesi in via di sviluppo. Ma ci sono anche Ogm resistenti a fattori abiotici, come la siccità o gli ambienti salini. E gli Ogm di terza generazione, alcuni in avanzato stato di sperimentazione, sono fabbriche per la produzione di vaccini. Ma come essere certi che non nuocciano alla salute? È come in automobile: il rischio di fare un incidente esiste, ma non per questo ci muoviamo a piedi. La valutazione va fatta con strumenti scientifici. Ma in Italia c’è un vuoto legislativo. Giulia Basso

 

Messaggero Veneto

I no global: «Distruggeremo gli Ogm» Ma nel pomeriggio li precede il giudice

 

La svolta. Il giudice del tribunale cittadino Piera Binotto ha affidato la custodia giudiziaria alla direzione regionale delle risorse agricole e forestali L’antefatto. Ieri mattina l’associazione Ya Basta ha annunciato l’intenzione di distruggere il campo di Fanna sei i giudici non avessero provveduto L’epilogo. Ieri sera uomini della Forestale e dell’Ersa hanno trebbiato il mais transgenico portandolo in un luogo top secret. Sarà stoccato ed essiccato. «Il tribunale, con il decreto penale di condanna, ha riconosciuto che quello che abbiamo fatto distruggendo il campo di Vivaro era giusto. A questo punto vogliamo che il campo di Fanna sia distrutto o ci dovremo pensare ancora noi». Quando? Luca Tornatore, attivista dell’associazione Ya Basta che raccoglie i disobbedienti del Nordest lancia la sfida: «Anche domani». Ma questa volta la giustizia ha reagito subito: ieri sera, intorno alle 18.30, uomini della forestale regionale con una trebbiatrice e due carri per la raccolta hanno provveduto a mietere i tre ettari di mais ogm seminato da Giorgio Fidenato a Fanna. Il granoturco è stato trasferito in un luogo top secret e rimarrà al sicuro in attesa che la sentenza diventi definitiva. Tutto in una giornata. Dopo mesi di lentezza e polemiche, ieri si è messo un primo punto alla storia dei campi di mais geneticamente modificato. Mentre in mattinata – in una provincia blindata per evitare incursioni no global – il movimento “Ya Basta” annunciava di essere pronto a una nuova incursione per abbattere anche il mais seminato a Fanna, il tribunale era al lavoro per accelerare le procedure. Il giudice Piera Binotto, dopo aver emesso il decreto penale di condanna nei confronti di Giorgio Fidenato (che prevede confisca dei campi, distruzione del mais e sanzione da 30 mila euro), intorno all’ora di pranzo ha nominato Luca Bulfone, direttore centrale alle risorse agricole, naturali e forestali della Regione, custode giudiziario. «Ho l’incarico di provvedere alla raccolta del mais e di conservarlo in un luogo adatto in attesa che si concluda l’iter giudiziario» ha confermato nel pomeriggio Bulfone. Quando? I fatti, in questo caso, hanno preceduto anche le parole. Intorno alle 18.30 personale della guardia forestale, lo stesso Bulfone e il direttore dell’Ersa – braccio operativo della Regione -, Mirko Bellini, hanno raggiunto il campo incriminato e provveduto alle operazioni di trebbiatura e raccolta. «Affidare la custodia alla Regione e all’Ersa è come dare il sangue a Dracula. Questi enti non hanno avuto una posizione neutra nella vicenda» ha tuonato nel primo pomeriggio Fidenato. Ma lo stesso agricoltore poche ore dopo si è ricreduto: «Mi hanno assicurato che il mais, raccolto in granella – ha spiegato -, sarà essiccato. Questo consentirà al raccolto di mantenere le sue proprietà inalterate». E visto che i tempi del procedimento sono tutt’altro che certi, il mais transgenico potrebbe “riposare” ancora per mesi. Dove? Il luogo naturalmente resta top secret, per evitare incursioni. Nel frattempo lo stesso Fidenato e l’avvocato Francesco Longo, che ne tutela gli interessi legali, presenteranno opposizione al decreto (hanno 15 giorni di tempo dalla notifica del provvedimento, avvenuta martedì scorso). La raccolta tempestiva rompe anche i piani del no global, ma nello stesso tempo garantisce loro una seconda vittoria: quella di aver tolto di mezzo – anche se non distrutto – il mais transgenico. «Quella degli Ogm è una guerra contro il sistema vivente – ha affermato ieri mattina con calore, davanti al tribunale, Luca Tornatore -. Aziende come la Monsanto o la Bayer hanno cominciato come industrie di guerra e gli Ogm vengono dalla filiera della guerra». I disobbedienti non smetteranno di combattere il transgenico e per farlo stanno lavorando in sinergia con le popolazioni indigene dell’America Latina, «che conoscono bene gli effetti degli Ogm». I primi di novembre, ha anticipato Tornatore, in Friuli Venezia Giulia arriverà anche Luis Evelis, presidente del Fondo Indigeno Latinoamericano. Martina Milia

 

Intanto Slow food pronta a costituirsi parte civile

 

Per la questione Ogm, «quella in corso è una settimana cruciale che evidenzia come la situazione sia in rapida evoluzione tra luci e ombre, mentre diventa sempre più indispensabile assumere posizioni chiare». È la valutazione di Slow food, che in una nota sottolinea che la decisione del tribunale di Pordenone, «è un provvedimento giusto che ripristina la legalità, ma arriva tardivamente e in caso di opposizione al decreto penale di condanna Slow food si costituirà parte civile». «In questo quadro, Slow Food ritiene che un’Italia libera da Ogm sia la scelta migliore: sul piano economico, ambientale, scientifico e delle garanzie sulla sicurezza alimentare – ha dichiarato il presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese –. Crediamo che l’Italia debba confermare la sua vocazione per un’agricoltura libera da Ogm

 

«Introiti a rischio»

 

I vicini Se il mais geneticamente modificato ha trovato “casa” ed è stato raccolto seguendo procedure delicate per evitare ogni forma di contaminazione con altri terreni, gli effetti della “vicinanza” con le colture tradizionali difficilmente si potranno evitare. Non solo effetti reali, ma soprattutto mediatici. In questi giorni, infatti, anche nei campi vicini a quelli di Giorgio Fidenato, finiti nel mirino della procura, si sta raccogliendo il mais arrivato a maturazione. Alcuni agricoltori, però, avrebbero avuto problemi nel conferire il granoturco perché i proprietari dei silos non vorrebbero rischiare di raccogliere un raccolto che potrebbe essere entrato in contatto con il mais transgenico. Rischi reali di contaminazione? Difficile dirlo. Per appurarlo – le analisi fatte dai consulenti della Procura e dagli ispettori ministeriali sui terreni limitrofi escludevano un pericolo conclamato – andrebbero fatti accertamenti ad hoc, ma da chi e soprattutto chi paga? Nel dubbio, intanto, qualcuno si è dovuto tenere il mais e rischia di perdere il raccolto se non sarà trovata una soluzione diversa. La psicosi da Ogm potrebbe costare cara e potrebbe trasferirsi nelle aule della giustizia civile per quantificare eventuali “danni” economici. (m.m.)