Da Il piccolo del 29/10/10
Spunta dopo 70 anni l elenco dei sovversivi
di GIOVANNI TOMASIN «Giovanni Lango, classe 1890, operaio. Colore politico: antifascista. Denunciato al Tribunale speciale». Oppure: «Ferdinando Alberini, classe 1867, esercente caffè. Colore politico: antifascista. Radiato». Sono soltanto due degli oltre 3mila isontini perseguitati dal governo durante il Ventennio. I loro nomi compaiono nel Casellario politico centrale, una lista di oltre 150mila ”sovversivi” stilata dalle forze dell’ordine tra gli inizi del ’900 e gli anni ’40, pubblicato recentemente sul sito del ministero ai Beni culturali (www.archivi.beniculturali.it). Per ovvie ragioni, la gran parte dell’archivio fu compilata nel periodo fascista. LA PROVINCIA. Scorrendo la lista degli schedati della provincia di Gorizia (che ai tempi includeva anche i comuni poi passati alla Iugoslavia al termine del Secondo conflitto mondiale) si ottiene un quadro affascinante dell’opposizione al fascismo negli anni ’20 e 30’: avvocati, sacerdoti, camerieri, contadini e tanti operai. «Nella nostra zona era radicato uno degli antifascismi più forti d’Italia – spiega la storica Alessandra Kersevan -. Il numero di processati dal Tribunale speciale, rapportato alla popolazione di allora, è enormente più alto che nel resto del paese». Le ragioni di tanta avversione al regime sono molteplici: «Nell’Isontino coincidevano due fattori d’opposizione dirompenti – dice Kersevan -: la questione nazionale e una forte classe operaia». Non a caso nel Casellario compaiono numerosissimi i nomi dei cittadini italiani di lingua slovena, soggetti a un controllo ossessivo da parte delle autorità fasciste in quanto ”allogeni”. A questi si aggiungono gli operai, una qualifica professionale tra le più ricorrenti nella lista (190 voci): «Tra i lavoratori del cantiere di Monfalcone era molto radicata una tradizione socialista prima, e comunista poi – aggiunge Kersevan -. L’opposizione al fascismo non si estinse neanche durante il periodo di massimo consenso del regime, nella seconda metà degli anni ’30. Non è un caso se da noi la Resistenza è cominciata prima dell’8 settembre. Basti pensare che, dopo l’armistizio, nel giro di pochi giorni nacque la Brigata proletaria, una formazione partigiana composta da circa un migliaio di operai del cantiere. Un caso praticamente unico». Il cantiere era un bacino in cui questione nazionale e di classe s’incontravano: «La presenza di lavoratori del Carso goriziano favorì tra gli operai la nascita di uno spirito internazionalista che non poteva non entrare in conflitto con lo sfrenato nazionalismo fascista». Uno spirito che il regime contrastò con ogni mezzo: tra le note delle schede del Casellario si contano a non finire i ”confinato”, ”diffidato”, ”denunciato al Tribunale speciale”. GLI IDEALI. Tra i ”sovversivi” della provincia di Gorizia si contano 921 comunisti, 58 socialisti, 23 repubblicani e 21 anarchici. Tutti gli altri sono etichettati sbrigativamente come antifascisti, termine che comprendeva oppositori liberali, cattolici e moltissimi membri di minoranze come gli sloveni e gli ebrei. Nel casellario mancano i nomi di molti dei più noti personaggi della Resistenza isontina: dal ’43 in poi la guerra rese impossibile il controllo capillare della popolazione, e il più delle volte gli oppositori dell’Asse venivano direttamente mandati al muro. LE PERSONALITÀ. Spulciando il database a livello nazionale, però, si incontrano molti nomi noti. Ad esempio a Errico Malatesta, padre degli anarchici italiani, è riservata una scheda che nella sua versione cartacea era composta da 13 fascicoli. Per rimanere nello stesso ambito ideologico, Camillo Berneri è seguito in ogni sua mossa, tanto che la scheda segna tutte le sue destinazioni d’esilio ”Belgio, Germania, Spagna”. Da quando il Casellario online è diventato un caso pubblico, grazie a una segnalazione del sito letterario www.wumingfoundation.com, sono sempre più numerosi gli italiani che lo consultano alla ricerca del ”bisnonno antifascista”.