Il Cie di Gradisca è come un manicomio pre Basaglia

Se ne sono accorti finalmente…

 

da Il Piccolo del 3 agosto 2013

L’assessore Panariti: il Cie di Gradisca è come un manicomio pre Basaglia

Duro giudizio dell’esponente regionale dopo la visita effettuata nel centro di identificazione ed espulsione assieme ad alcuni consiglieri Gli immigrati vivono in condizioni difficili e sono di fatto prigionieri nella struttura

L’assessore regionale al Lavoro, Loredana Panariti, ha presentato nella riunione di giunta una relazione sulla sua recente visita al Cie (Centro identificazione ed espulsione) di Gradisca d’Isonzo, efefttuata assieme ai consiglieri regionali Franco Codega, Silvana Cremaschi, Stefano Pustetto e Mauro Travanut. La Panariti ha descritto le condizioni degli ospiti parlando di “caldo soffocante”, “camerate/gabbie”, “cibo di scarsissima qualità”, condizioni di fatto di “prigionieri” per gli ospiti “trattenuti”, che sfociano in episodi frequenti di autolesionismo. «Ho riscontrato – ha detto l’assessore Panariti in giunta – più di una analogia con gli ospedali psichiatrici pre Basaglia: gabbie in condizioni di assoluta precarietà igienica e sociale, con annessa abbondante somministrazione di psicofarmaci. Dove sta la necessità di tanta repressione e di tanto degrado? Le spiegazioni addotte dal responsabile della gestione, abbondantemente insufficienti, vanno da presunti problemi connessi alla ristrutturazione della sede a questioni di regolamento e di incolumità». La Panaeriti ha chiesto che l’Amministrazione regionale intervenga verso il Prefetto e le autorità competenti affinché siano ripristinate le condizioni strutturali e igieniche che rispettino almeno i livelli minimi di dignità umana, attualmente gravemente violati. In seconda istanza la Panariti chiede un intervento del Parlamento per chiudere i Cie.

 

da Il Piccolo del 3 agosto 2013 Pagina 17 – Regione

«Il Cie come un manicomio pre Basaglia»

Panariti denuncia le condizioni di vita degli ospiti e sollecita l’intervento del Parlamento per chiudere il centro di Gradisca

I diritti violati Dalle gabbie agli psicofarmaci perchè tanta repressione?

 

GRADISCA Il Cie di Gradisca d’Isonzo assomiglia più a un manicomio dell’era pre Basaglia che a una struttura per ospitare gli immigrati in attesa di identificazione ed espulsione. Ne è convinta l’assessore regionale al Lavoro, Loredana Panariti, e lo ha detto a chiare lettere nella relazione presentata nell’ultima seduta della giunta regionale. La Panariti ha visitato nei giorni scorsi la struttura gradiscana assieme a quattro consiglieri regionali (Franco Codega, Silvana Cremaschi, Stefano Pustetto, Mauro Travanut), amministratori locali, esponenti politici e di associazioni. L’assessore regionale ha descritto le condizioni degli ospiti parlando di “caldo soffocante”, “camerate/gabbie”, “cibo di scarsissima qualità”, condizioni di fatto di “prigionieri” dei cosiddetti “trattenuti”, che sfociano in episodi frequenti di autolesionismo. «Ho riscontrato – ha relazionato l’assessore Panariti in giunta – più di una analogia con gli ospedali psichiatrici pre Basaglia: gabbie in condizioni di assoluta precarietà igienica e sociale, con annessa abbondante somministrazione di psicofarmaci. Dove sta la necessità di tanta repressione e di tanto degrado? Le spiegazioni addotte dal responsabile della gestione, abbondantemente insufficienti, vanno da presunti problemi connessi alla ristrutturazione della sede a questioni di regolamento e di incolumità». «Di fronte a una situazione come questa – ha aggiunto la Panariti – l’Amministrazione regionale deve intervenire con urgenza, verso il Prefetto e verso le autorità competenti affinché siano ripristinate le condizioni strutturali e igieniche che rispettino almeno i livelli minimi di dignità umana, attualmente gravemente violati». In seconda istanza, l’esponente di Sel ha chiesto «un intervento immediato del Parlamento per chiudere tutti i Cie». Una giudizio negativo lo aveva espresso anche Codega del Pd all’uscita dalla struttura gradiscana,«struttura che non solo non ha praticamente quasi nessuna utilità, ma si è trasformata in un luogo in cui spesso sono a rischio i più elementari diritti». «Le mense sono chiuse, gli ospiti mangiano nelle loro stanze e gli unici spazi di aria sono i cortili ristretti circondati da gabbie di ferro – rileva Codega -. Si è di fronte a un vero e proprio zoo: nessuno spazio comune, telefonate centellinate, cellulari sequestrati e contatto con l’esterno affidato a una carta telefonica di 5 euro ogni due giorni. Attività ricreativa inesistente. Ci sono disfunzioni organizzative pesanti: da due mesi le lavatrici non funzionano e vestiti e lenzuola o restano sporchi o vengono lavati a mano dagli stessi trattenuti. La consulenza legale registra ampie falle: per quattro giovani siriani non sono state ancora avviate le pratiche di asilo politico. E dopo 18 mesi in questa situazione verranno tutti rilasciati liberi.Che senso ha tutto questo», si chiede ancora Codega che come la Panariti sostiene che i Cie vanno chiusi sull’intero territorio italiano. Attualmente il Cie di Gradisca d’Isonzo, che per grandezza è il secondo in Italia, ospita 67 extracomunitari sui 240 posti disponibili. Per la loro sorveglianza vengono utilizzate 150 persone al giorno, carabinieri ed esercito. Di queste 67 persone, 20 provengono da altre carceri e 47 sono trattenute solo in attesa di identificazione. La gestione è affidata alla Connecting people, una cooperativa di Trapani. La presenza ridotta di extracomunitari è stata decisa dopo i gravi incidenti avvenuti nell’estate di tre anni fa quando avvennero nel giro di tre mesi una serie di rivolte con un totale di 60 evasioni e ingenti danni alla struttura. A fianco del Cie c’è il Cara, il Centro di accoglienza richiedenti asilo politico che invece di posti disponibili ne ha 138 che possono arrivare in caso di necessità a160. Attualmente nel Cara sono ospitati 150 immigrati.

 

«La giunta affronti il problema»

Appello firmato da Pd, Sel e M5S per garantire dignità agli immigrati rinchiusi

TRIESTE Un’azione urgente e decisa, necessaria per garantire il rispetto e la salvaguardia della salute di chi è trattenuto nel Cie. La chiedono con voce sola sei consiglieri regionali di Pd, Sel e Movimento Cinquestelle, firmatari di un’interpellanza rivolta alla giunta. Interpellanza che prende le mosse dalla criticità delle condizioni di vita degli ospiti della struttuta, toccata con mano da Silvana Cremaschi, Franco Codega, Diego Moretti e Mauro Travanut del Pd, Ilaria Dal Zovo (M5S), Alessio Gratton e Stefano Pustetto. Quel viaggio nei giorni infernali del Cie ha permesso agli eletti di registrare «situazioni di fragilità e vulnerabilità psichica che richiedono assistenza non attuabile in un sistema di contenzione» e di verificare condizioni di vita «apparsi non tali da garantire il pieno rispetto della dignità e dei diritti delle persone». Abbastanza insomma per ritenere che «nei confronti del Cie di Gradisca si ponga un problema umanitario, di diritto e di efficacia», che non può più essere ignorato. Di qui l’appello all’esecutivo Serracchiani. «La giunta – si legge nel testo dell’interrogazione – deve intervenire nei confronti di Prefettura, Questura e altri enti competenti affinché siano garantiti il rispetto dei diritti delle persone e le condizioni di sicurezza per ospiti e operatori. Deve poi farsi parte attiva con il Viminale per il rispetto della Costituzione e per evitare che il Comune di Gradisca venga lasciato solo». Un appello per nulla condiviso dal leghista Massimiliano Fedriga. « «La giunta regionale – afferma – si occupi dei problemi della gente e non di andare a verificare se al Centro di identificazione ed espulsione fa caldo o meno»

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Di seguito riportiamo il report della visita dentro il lager della Tenda per la Pace e i Diritti.

Tenda per la Pace e i Diritti ha partecipato, con 4 membri, all’ingresso al CIE di Gradisca d’Isonzo organizzato il 26 luglio 2013 dalla Campagna LasciateCIEntrare

Qui di seguito e in allegato il nostro Report:

SE QUESTO È UN UOMO”

 

Non è la prima volta che entriamo, sappiamo cosa aspettarci (e sappiamo che sarà sempre intollerabile), ma la visita al CIE di Gradisca del 26 luglio 2013 ha rilevato una situazione sempre più drammatica. L’ingresso, organizzato dalla Campagna LasciateCIEntrare, ha portato all’interno del CIE il parlamentare Nazzareno Pilozzi (SEL), il responsabile nazionale immigrazione di SEL, quattro consiglieri e un assessore della Regione Friuli Venezia Giulia, un assessore del Comune di Staranzano, due membri di ASGI, quattro di Tenda per la Pace e i Diritti e Gabriella Guido referente nazionale della campagna LasciateCIEntrare.

Capiamo già molto quando entriamo nel piccolo atrio che porta all’ala delle stanze o meglio alle celle.

Nell’atrio ci sono sei persone, di cui una di loro con le stampelle, una con la mano fasciata e un’altra con visibili tagli al collo. “Trasferitemi, vi prego fatemi trasferire in un altro CIE” –K. H. ci racconta di aver avuto problemi con altre persone. “Nessuna stanza mi ha accettato” ci spiega, facendoci vedere che la soluzione individuata dall’ente gestore Connecting People è stata farlo dormire da settimane in un corridoio, senza bagno e così ora non può nemmeno lavarsi.

Arriviamo al settore rosso, l’unico in funzione con 67 persone su 68 posti. Dalle camere da otto o dieci letti, con bagni, si accede solo a delle gabbie esterne.

È il luogo in cui stanno i trattenuti per tutto il giorno, tranne il breve tempo in cui, a piccoli gruppi, possono recarsi ai telefoni a muro dell’atrio, le volte in cui sono chiamati a recarsi negli uffici o condotti in infermeria.

Anche il cibo, di cui lamentano la scarsissima qualità, viene servito nelle camere poiché la mensa, rimessa a nuovo dopo i danneggiamenti delle rivolte di due anni fa, non viene utilizzata in quanto potrebbe rappresentare un luogo di assembramento e quindi portare ad un rischio di rivolta.

Non sono supposizioni nostre, sono le spiegazioni di rappresentanti di Prefettura, Questura e Connecing People, solo pochi minuti dopo aver ricordato che la struttura è stata costruita (a son di milioni e milioni di euro) per gestire 248 persone!

Le recinzioni esterne alle stanze da poco sono state chiuse anche con una rete metallica sopra le teste: “Questo è il cielo che vediamo noi” dice un giovane guardando verso l’alto.

L’angoscia ci prende quando l’unica immagine che la mente trova è quella delle gabbie di uno zoo…e quasi ci sforziamo a guardare bene perchè forse ci stiamo sbagliando, no, non ci sbagliamo, non ci sono animali dentro, ma uomini.

Iniziamo a parlare con le sbarre che ci dividono, un ragazzo il cui braccio è completamente segnato da tagli, si alza la maglietta

 

“Sto andando fuori di testa, non mi sono mai tagliato così e me ne vergogno. Voglio solo andarmene da qui, ho chiesto di essere rimpatriato, ho consegnato tutte le carte, ma il passaporto non ce l’ho e il consolato tunisino non mi riconosce come cittadino. Io 18 mesi qui non me li faccio, piuttosto mi ammazzo.”

Guardandoci attorno, ancora “fuori dalle gabbie”, vediamo due persone in sedia a rotelle, un altro con le stampelle e ancora tagli e cicatrici.

Chiediamo al responsabile della Prefettura che ci accompagna che ci aprano le celle, le porte si aprono e si richiudono subito alle nostre spalle.

Basta scambiare poche parole per capire chi è qui da più tempo e chi è arrivato da poco. Si distinguono gli sguardi di chi mantiene ancora un po’ di lucidità e vita da quelli spenti e assenti di chi assume psicofarmaci per riuscire a sopportare la detenzione.

Lo stesso direttore del CIE afferma che con il rinnovo dell’appalto (1 aprile 2013) – riconfermato alla Connecting People – in collaborazione con l’ASS 2, si sta regolamentando l’uso di psicofarmaci e ammette che in precedenza la somministrazione era massiccia, mentre ora riferisce di una riduzione di circa un terzo. “Li prendiamo, li prendiamo alla mattina e alla sera. Anche chi non ha mai preso psicofarmaci prima ,qui dentro li chiede. Però adesso se ne vuoi di più ti dicono che non ci sono”ci raccontano alcuni ragazzi.

Appare chiaro che l’uso strumentale degli psicofarmaci serve per sostenere una situazione di sempre maggiore svilimento umano. Non vi è una corrispondenza tra ciò che una persona ha fatto (un reato) e una pena (il carcere), perchè il CIE non è un carcere, ma in modo ancor più spietato vi è la detenzione e l’isolamento totale. Non è consentito possedere il proprio telefono cellulare e non si ha accesso neppure a libri, giornali e a qualsiasi materiale infiammabile. Per questa stessa ragione, le persone detenute non possono neppure avere copia del Regolamento Interno del CIE e nemmeno le informazioni legali sui Diritti dei trattenuti, ci rivela il direttore con una tale tranquillità che ci fa pensare che forse non si rende neppure conto della gravità.

S.A. è già stato trattenuto ai CIE di Roma, Milano e Caltanisetta. A Gradisca è arrivato 18 mesi fa, la sua detenzione dovrebbe concludersi ma gli hanno comunicato che, a causa di una fuga avvenuta a dicembre, il trattenimento inizierà da quando è stato ri-catturato.

Come fosse un gioco le cui regole cambiano a seconda dell’estro del momento.

Ancora da chiarire la presenza di 4 ragazzi che, secondo le carte redatte dalla Questura di Cagliari, dove sono stati soccorsi in mare, sono di cittadinanza siriana. La delegazione ha raccolto la loro volontà di fare richiesta di protezione internazionale e non si capisce perchè non gli sia stato possibile farla prima, dal momento che si trovano ormai da molti giorni al CIE di Gradisca.

Alla richiesta di spiegazioni il funzionario della Questura di Gorizia ha risposto che secondo loro non si tratta di siriani. Quando abbiamo evidenziato che non è questa la procedura prevista dalla legge, che va garantito il diritto d’asilo e lasciato l’accertamento a chi di dovere, è stato semplicemente risposto: “Ecco sì, così dopo vedrete che diranno tutti che vengono dalla Siria”

Sempre più i CIE ricordano la realtà dei manicomi, Istituzioni Totali che non svolgono la funzione per cui sono state create (si leggano tutti i dossier con i dati sulla “efficienza” rispetto a rimpatri/esplusioni, mentre siamo in attesa di ricevere quelli sul CIE di Gradisca), ma luoghi di esclusione di chi è ritenuto un peso sociale.

In questa nuova forma vi è forse una “finezza di tecnica”, che scade nel sadismo, le persone non vengono torurate direttamente, ma si creano attorno ad esse le condizioni affinchè lo facciano da sole…

Tenda per la Pace e i Diritti

 
Campagna informativa sui CIE #MaiPiùZitti