Incolpare la Gelmini, ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca di tutte le colpe della “riforma” in atto nella scuola pubblica sarebbe come complimentarsi con babbo natale per i regali sotto l’albero.
E’ tutto molto più comprensibile se le restituiamo il ruolo
pratico di segretaria e responsabile del personale del ministro dell’economia Giulio Tremonti.
La Gelmini ha difatto tagliato tutto: soldi, personale, materie scolastiche, strutture e sedi!
A partire dalle scuole elementari fino all’Università col motto “meritocrazia” ci si è avviati alla “soluzione finale” di un progetto di annichilimento, precarizzazione e declassamento della scuola pubblica italiana; istituzione statale che va riconosciuto non era comunque un fiore all’occhiello viste le non poche carenze e limiti cronici ereditati da decenni di quel “tirare a campare” che ha caratterizzato la filosofia democristiana della “prima” e “seconda” repubblica.
Soluzione finale di un processo che però è iniziato molto prima e che porta la firma dell’allora ministro Berlinguer del governo Prodi quando con l’omonima riforma introdusse il concetto di “autonomia scolastica” con l’invenzione del preside-manager e la possibilità di legare il “sapere” alle esigenze “produttive” del territorio per arrivare fino alla grande svolta in cui si decretò il “finanziamento delle scuole private” da parte dello stato, tabù “laicista” che neppure alla più vaticanista DC riuscì in 40 anni di potere.
Da allora la strada spianata della parificazione scolastica e della competitività fra scuole ha fatto seguito come un rullo compressore alle esigenze di cassa di uno stato sempre più orientato alle missioni di guerra con un capitolato di spesa da far rabbrividire di oltre 40 miliardi di dollari (con primati europei di costi procapite che superano Germania, Russia e Giappone), tagli ai servizi e al sociale e un attacco ai “diritti storici” dei lavoratori nel tentativo di uscire da una “crisi” capitalistica con pochi precedenti e ovviamente da far pagare a tutti noi mentre deputati e senatori, amministratori di tutti i gradi e utili aziendali sono aumentati a dismisura (si veda lo stipendio del Marchionne di turno pari a 38,8 milioni l’anno o la buonuscita del’ex dirigente delle FS Elio Catania con una liquidazione di 7 milioni di euro).
E se i tagli agli organici (insegnanti e ATA) stanno minando le basi per garantire una minima e decente progettualità nelle scuole primarie e secondarie, l’aumento dei costi universitari, la privatizzazione dei finanziamenti e il taglio alla ricerca stanno consegnando l’università al “dio profitto” di modo che la selezione di classe possa ritornare in auge all’alba di questo secondo millennio.
Come anarchici sappiamo che non è sufficiente, per quanto fondamentale, “difendere” diritti e imporre vertenze sindacali, crediamo che occorra ripensare i “luoghi” della trasmissione dei saperi, delle gerarchie accadamiche e dell’idea che la cultura sia divisa tra chi comanderà (futura classe dirigente) e chi verrà comandato (futuri subordinati).
Crediamo sia necessario rimettere in discussione il concetto stesso di scuola come spazio di condivisione e socializzazione dei saperi, del miglioramento dell’individuo in un ottica di esperienza complementare tra lavoro intellettuale e materiale per scardinare i presupposti gerarchici di una società in rovina a causa di un’idea di relazioni basata sulla speculazione, la finanza, la mercificazione, la produttività a tutti i costi ecc.
Uscire da questa crisi dove la scuola è parte in causa ad un livello ben più importante di quanto vogliono farci capire è possibile solo mettendo radicalmente in essere un progetto di società altra dove lavoro, studio e relazioni siano un patrimonio di tutti e per tutti.
Inziativa Libertaria