Dal Piccolo del 19/08/10
Gradisca, Centro immigrati blindato. E i dipendenti temono per il futuro
di STEFANO BIZZI GRADISCA «No comment». «Non possiamo parlare, ordini della Prefettura». Alle 7, alle 15 e alle 23 di ogni giorno della settimana c’è il cambio del turno. È l’unica occasione per avvicinare gli operatori che lavorano all’interno del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo e farsi raccontare quanto accade all’interno del Cie. Dalla struttura di via Udine scappano però solo gli immigrati. Gli operatori dell’ente gestore non si lasciano sfuggire neppure una parola. Non possono: l’ordine è quello di non parlare. Soprattutto con i giornalisti. Quello che succede all’interno dell’ex caserma ”Ugo Polonio”, deve rimanere all’interno. Entrare per verificare la situazione dopo la fuga di Ferragosto è impossibile. L’ultima nostra visita risale allo scorso 22 dicembre, ma la richiesta alla Prefettura era stata presentata a settembre: subito dopo l’aggressione subita da due operatori. Il portoncino d’accesso in acciaio è azionato dal corpo di guardia che dalle telecamere di sorveglianza controlla ciò che succede sul piazzale esterno. Alle 15.15 arriva il vicedirettore Vittorio Isoldi. È come sempre cortese, ma come sempre è anche risoluto nella sua posizione. «Non posso rilasciare dichiarazioni, mi dispiace», dice prima di scomparire all’interno del Cie. Se il numero due non parla, magari lo fa il numero uno. Proviamo a chiedere un appuntamento con il direttore Luigi Del Ciello. Magari all’esterno dato che pensare di mettere il naso oltre al muro di cinta è utopia. Ci avviciniamo al citofono. Prima ancora di premere il pulsante, il portone si apre automaticamente. La sorpresa è grande. Dura però un solo istante. Al primo passo in avanti si richiude. Evidentemente si stava spalancando non per fare entrare noi, quanto per fare uscire gli operatori smontanti o gli ospiti del Cara (in attesa che la loro domanda venga esaminata dalla locale Commissione territoriale , i richiedenti asilo possono andare e venire a proprio piacimento). Appena gli agenti in servizio si accorgono dalle telecamere che stiamo per violare la soglia, la porta si richiude. Ci riproviamo. Suoniamo, ma non risponde nessuno. All’interno sanno benissimo chi siamo e cosa vogliamo e sanno altrettanto bene che non possono soddisfare le nostre richieste. Per evitare di dover dare spiegazioni, decidono di non giocare neppure la partita. Se gli operatori non parlano di quello che succede all’interno, difendono però in modo compatto il collega algerino denunciato dalla Questura per aver favorito la sommossa e la fuga. «Ho visto il video – assicura uno dei lavoratori con la maglietta arancione -. Lui non c’entra nulla. Loro erano organizzati militarmente. Lo hanno distratto tenendolo occupato e hanno agito dall’altra parte. Ha fatto quello che facciamo tutti. È capitato a lui, ma al suo posto avrebbe potuto esserci chiunque. Siamo tutti con lui». «Noi non abbiamo compiti di polizia – ribatte un altro dipendente di Connecting People -, di fronte a questi episodi noi possiamo solo allargare le braccia. Non dimentichiamo che sono persone che si trovano qui per aver commesso un reato, sia solo quello di immigrazione clandestina». «Non dimenticate – aggiunge un terzo – che quando scappano urlano: ”Se ti avvicini ti ammazzo”». Intanto sulle prese di posizioni politiche legate alle richieste di chiusura c’è un dipendente che ricorda: «Non siamo poliziotti: se chiude il Centro non verremo trasferiti ma andremmo a casa con i nostri mutui e con i nostri problemi. L’etica è una altra cosa: Connecting Pepole la sta affrontando con in testa la Persona, non l’Avanzo di galera, che spesso è un disgraziato di 20-25 anni. I Cie ci sono, bisogna gestirli. La cittadinanza di Gradisca non è stata mai in pericolo: anzi. L’indotto gradiscano esibisca le fatture emesse a Connecting People e il Comune dica a quanto ammonta lo stipendio degli impiegati extracomunitari ospiti. Vi assicuro che è un businness e molto redditizio».
Dal Messaggero veneto del 19/08/10
Cie, lavori per 100 mila euro
GRADISCA. I lavori di consolidamento e ripristino dell’efficienza delle parti strutturali interne danneggiate nel corso dei disordini precedenti alla rivolta di ferragosto, annunciati martedì al termine del vertice sulla sicurezza svoltosi in prefettura a Gorizia, rappresentano solo un primo capitolato d’intervento per il Cie di via Udine. A confermarlo è stato l’ufficio di gabinetto della stessa Prefettura isontina, ricordando come i lavori più corposi devono ancora ottenere il via libera dal Viminale. «Nell’immediato si provvederà alla sostituzione dei lucchetti forzati, a rimettere a posto le grate forzate, le sbarre che sono state rimosse dalle porte e a rimpiazzare le vetrate antisfondamento ormai compromesse. Si tratta, in definitiva, di lavori di ripristino in efficienza delle strutture essenziali. Un intervento più corposo, comprensivo del ripristino dei cosiddetti “offendicula” (gli spuntoni ricurvi posizionati in cima alle recinzioni e rimossi nel 2007, ndr ), della sistemazione degli impianti di rilevamento a infrarossi e delle telecamere, invece, rientrano in un secondo capitolato, ovviamente più costoso. Il preventivo si aggira, in questo caso, sui 100 mila euro, ma deve essere ancora finanziato dal ministero dell’Interno, nonostante da tempo (da fine 2008, ndr ) ne sia stata accertata la necessità». Ritardi recentemente finiti nel mirino dei sindacti di Polizia, che a più riprese avevano denunciato come il Cie di Gradisca operi ormai in condizioni di «assoluta inefficienza strutturale, il complesso è ormai un colabrodo». (ma.ce.)
In fuga dal Cie di Trapani fallito un tentativo a Cagliari
ROMA. Si moltiplicano i tentativi di fuga dai Centri per immigrati in questi giorni di agosto. Nei giorni scorsi è accaduto nei Cie di Brindisi, Milano e Gradisca d’Isonzo (Gorizia) e nel Centro di prima accoglienza (Cpa) di Cagliari. Ieri è stata la volta del Cie di Trapani. Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ribadisce che presto saranno aperte altre strutture; critica l’opposizione che parla di «propaganda». A Cagliari il tentativo di evasione è avvenuto lunedì scorso. Protagonisti otto extracomunitari che hanno forzato una finestra al primo piano del centro, ma sono stati bloccati dalle forze dell’ordine. C’è stata quindi una piccola rivolta con il danneggiamento di arredi, porte e finestre. A Cagliari è ospitato attualmente circa un centinaio di clandestini giunti in Sardegna nelle ultime settimane con alcune barche provenienti dal Nord Africa. Fuga riuscita, invece, per una decina di immigrati dal Cie di Trapani, nella notte scorsa. Otto sono stati però già bloccati e riportati all’interno della struttura. Secondo una prima ricostruzione, gli extracomunitari si sarebbero calati da una finestra. Durante la fuga alcuni di loro sarebbero anche rimasti feriti, come testimoniano tracce di sangue trovate dagli investigatori nei pressi del Centro. Il sottosegretario Mantovano ha commentato gli episodi ricordando che «il periodo estivo è ogni anno quello in cui si registrano i maggiori tentativi di fuga. È l’esito di una tensione che deriva dalle caratteristiche della struttura». L’obiettivo, ha aggiunto, «è di aprire in qualche mese dei Cie anche in regioni densamente popolate come la Campania, il Veneto, la Toscana e il Piemonte, dove fino a questo momento non è stato possibile». Per Felice Romano, segretario generale del sindacato di Polizia Siulp, «queste fughe sono dovute al sovraffollamento dei Cie. Purtroppo rispetto alle intenzioni preannunciate dal governo di costruire un Cie per regione, l’obiettivo non è stato raggiunto: i pochi centri esistenti sono troppo pieni». Dura anche l’opposizione. L’annuncio di Mantovano sulla costruzione di nuove Cie, ha detto Emanuele Fiano, presidente forum Sicurezza del Pd, «non è il primo e non sarà l’ultimo. Per adesso mancano però gli atti. Di annunci ne abbiamo già sentiti molti». Sulla stessa linea Fabio Evangelisti (Idv), che definisce «pura propaganda» le parole di Mantovano. «L’apertura dei Cie, infatti – ha osservato – non rappresenta la risposta più efficace contro l’immigrazione clandestina. Sarebbe urgente, piuttosto, andare a colpire le grandi organizzazioni criminali che la gestiscono». La replica alle critiche è affidata a Margherita Boniver, presidente del Comitato Schengen. «I Cie – ha sottolineato – ci sono e per lo più funzionano come dovrebbero. Sono un indispensabile strumento per la migliore regolazione possibile dei flussi di clandestini».