Il Piccolo
«Il Cie di Gradisca non va riaperto”
di Gianpaolo Sarti wTRIESTE Il centrosinistra fa quadrato e dichiara la sua netta opposizione all’ipotesi di una riapertura del Cie di Gradisca. La presa di posizione è emersa ieri nel corso di un convegno a Trieste dedicato alla situazione in cui versano i centri in Italia e in Europa. Al dibattito, proposto dall’associazione culturale “Spaesati”, hanno preso parte l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), gli organizzatori della campagna nazionale “Lasciateci entrare” e il Consorzio italiano di Solidarietà (Ics). Dopo i fatti che hanno portato allo sgombero e alla chiusura della struttura, devastata dagli ospiti, Pd e Sel hanno sposato la stessa linea politica sul futuro dell’ex caserma Polonio: la Regione non consentirà di ripetere l’esperienza del Cie, una realtà definita senza mezzi termini “disumana, inutile e costosa” a cominciare dal mondo dell’associazionismo presente ieri in sala. «La situazione è disastrosa, tutto è bruciato – ha affermato Silvana Cremaschi (Pd), che in mattinata aveva preso parte a un sopralluogo all’interno del sito -. Non vogliamo più un Cie qui né nel resto d’Italia, tutte le regioni dovranno opporsi. A Gradisca il ministero dell’Interno non stava garantendo il rispetto dei diritti umani e la Regione ha il dovere di vigilare perché è responsabile di tutti i cittadini che sono nel suo territorio». Il Pd propone la trasformazione dell’ex caserma in un Cara, ma sul modello di Centro Balducci di Zugliano: «Una trasformazione completa – ci tiene ad evidenziare ancora Cremaschi – creando spazi davvero vivibili». D’accordo Franco Codega: «Soluzioni come il Cie sono inefficaci, devono essere assicurate condizioni di vita nell’assoluto rispetto dei diritti umani». Da Sel, presente al dibattito con la deputata Serena Pellegrino, i consiglieri Stefano Pustetto e Giulio Lauri, una netta condanna all’esperienza di Gradisca. «La politica ha fallito, una struttura del genere non può più riaprire perché quel luogo è uno strumento punitivo» ha evidenziato Pustetto. Pellegrino si è soffermata «sul giro di affari di milioni di euro che il ministro Alfano si guarda bene dal fermare. Il Cie è una macchina da soldi sulla pelle delle persone». «Gradisca è la peggiore d’Italia, ma dobbiamo riflettere su tutti i centri di detenzione del Paese e del continente», ha rilevato Gianfranco Schiavone (Asgi). «E non è affatto dimostrato che siti di questo tipo siano efficaci rispetto all’obiettivo finale, cioè l’espulsione (solo l’1% viene rimpatriato, ndr) – gli ha fatto eco Alessandra Capodanno, che coordina la campagna internazionale “Open Access Now” -. Noi continuiamo a impegnarci per rivendicare il diritto di accesso ai centri. Ne abbiamo visitati 56 in 13 Paesi Ue. L’accesso deve essere incondizionato e non per accompagnare i parlamentari in visite guidate». Una ricerca di Grazia Naletto (Lunaria), infine, ha analizzato anche la spesa dello Stato per Cie, Cpsa, Cda e Cara. «Limitandoci ai documenti accessibili, tra il 2005 e il 2011 l’Italia ha impiegato oltre 1 miliardo di euro»
La visita nell’ex caserma Polonio devastata: «Roma non pensi che basta una verniciata»
Un luogo devastato, zero ospiti al suo interno, un presidio ridotto di forze dell’ordine, gli operatori della Connecting People che rischiano il posto di lavoro. È lo scenario che si è presentato davanti ai consiglieri regionali Giulio Lauri (Sel), Silvana Cremaschi e Diego Moretti (Pd) che ieri mattina – rispetto al divieto per i giornalisti – hanno potuto visitare ciò che resta dell’ex Polonio. Una visita programmata prima ancora della clamorosa decisione del Viminale di azzerare il centro. «Il Cie è completamente inagibile, e dopo averlo visto si fa fatica a capire come nella zona rossa rimanga la capienza teorica dichiarata di 18 posti: noi non abbiamo visto alcun ambiente in cui la permanenza di esseri umani possa avvenire in condizioni igienico-sanitarie e di civiltà adeguate a garantire i più elementari diritti» raccontano i consiglieri. Al di là dei danni collegati alle ultime proteste l’impressione è quella di «un luogo non riformabile in quanto costruito con criteri peggiori di un carcere. Ci auguriamo che nel governo nessuno pensi che basti dargli una riverniciata o ristrutturarlo per poi riaprirlo». Il riferimento è all’ipotesi di rinconversione del Cie in Centro di accoglienza, ampliando le funzioni del vicino Cara così come ipotizzato da Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per i diritti umani. Un pensiero dei consiglieri anche per gli operatori: «Lo Stato oltre a pagare gli operatori deve rispettare integralmente il contenuto di contratti e convenzioni e non deve lasciarli in strada» (l.m.)