Da Il Piccolo del 07/11/10
Non si placano i disordini al Cie
GRADISCA. Resta alta la tensione al Cie (Centro d’identificazione ed espulsione) di Gradisca, dove, dopo l’aggressione a un operatore (rimasto fortunatamente soltanto contuso) e il tentativo di fuga di massa attuato da una quarantina d’immigrati nella prima serata di giovedì, ieri mattina si sono registrati nuovi disordini, culminati nell’incendio di alcuni materassi e nell’autolesionismo di un ospite della struttura, che si è procurato una profonda ferita al braccio. Stando a quanto si è potuto apprendere, la situazione ha cominciato a degenerare già verso le 11, subito dopo il rimpatrio di cinque immigrati tunisini (trasportati a Roma e Milano per essere poi imbarcati su due voli charter con direzione il Paese nordafricano). Praticamente in contemporanea si sono registrati sei nuovi ingressi nel centro di via Udine (per gran parte afgani). La scintilla sarebbe scoccata nel momento in cui un gruppo d’immigrati che aveva già goduto del permesso di uscire nei cortili esterni (che, su direttiva della Prefettura, è di un’ora per gruppi di 40 persone) si è rifiutato di rientrare nelle stanze, pretendendo l’intervento del medico. Gli ospiti hanno quindi “bloccato” i lucchetti dall’interno, impedendo agli operatori dell’ente gestore di entrare nel reparto notte. Un immigrato si è anche procurato (con un frammento di vetro di una finestra rotta durante i disordini della sera prima) una profonda ferita al braccio, schizzando sangue sul personale e cospargendo alcuni lucchetti. Una situazione che ha costretto gli operatori a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine mentre, nel frattempo, gli ospiti di otto stanze hanno trascinato nei corridoi esterni alcuni materassi, dandogli fuoco. Focolai prontamente spenti con gli estintori dagli stessi operatori, mentre solo una volta forzati i lucchetti da parte delle forze dell’ordine il personale medico della struttura ha potuto prestare le cure all’immigrato feritosi al braccio. Un taglio profondo, ma che, tuttavia, non ha richiesto il trasporto al pronto soccorso. La situazione è tornata sotto controllo solamente verso le 15, quando gli operatori hanno potuto somministrare il pranzo a una sola delle due sezioni del Cie teatro dei disordini. Marco Ceci
Sap: la situazione rischia di esplodere
Gradisca GRADISCA. Il Cie di Gradisca «manifesta alti livelli di pericolosità» e la situazione è tornata a essere “calda” a causa «dei rimpatri che avvengono da Milano e da Roma, in cui gli immigrati devono essere accompagnati in assenza di direttive e modalità specifiche, con gravi rischi». È la nuova denuncia della segreteria provinciale del Sindacato autonomo di Polizia (Sap), il quale in una nota ha ricordato che «i rimpatri a piccoli gruppi attuati in questi giorni hanno alzato pericolosamente la tensione nel Cie gradiscano. Nella mattinata odierna (ieri, nd r) sono stati nuovamente bloccati i lucchetti di accesso a otto stanze, così da non permettere ad alcuno di entrarvi e in tre di queste sono stati incendiati materassi. Gli operatori, coadiuvati dalle forze dell’ordine prontamente intervenute, hanno dovuto spegnere, da fuori, i piccoli incendi posti in essere. Il sistema di vigilanza si palesa inadeguato a fronteggiare i disordini interni e andrebbe urgentemente rinforzato. Episodi di autolesionismo, infatti, si verificano con sistematicità per evitare il prossimo rimpatrio e con il blocco delle serrature è impossibile intervenire in soccorso». Fra le criticità operative evidenziate dal Sap anche quelle derivanti dagli accordi internazionali fra l’Italia e gli altri Paesi. «Il problema è che la Tunisia, da cui proviene la maggioranza degli immigrati ristretti al Cie isontino, consente il rimpatrio di sole quattro unità da tutta Italia, costringendo quindi alla duplicazione dei viaggi e aumentando i rischi connessi con le attese, costringendo, quindi, una Questura “piccola” come quella di Gorizia a un costante impiego di personale. Chi rimane ha la coscienza del fatto che, prossimamente, toccherà anche a lui e pertanto gioca la carta della disperazione»