Cie di Gradisca fuori uso. Distrutte tutte le camerate

da Radio BlackOut – 3 novembre 2013

Rivolta e repressione a Gradisca – parlano i reclusi

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In diretta su Radio Blackout i prigionieri del CIE di Gradisca d’Isonzo raccontano che dopo le due notti di rivolta e incendio del 30 e 31 ottobre il centro è pressochè totalmente inagibile. I reclusi ancora presenti, tra i 50 e i 70, sono sistemati in locali di fortuna, e dormono nei corridoi con i vestiti bagnati dalla pioggia.

Ieri sera la polizia è venuta per cercare di individuare chi avesse appiccato il fuoco ma non ottenendo ciò che voleva ha dato il via a un pestaggio indiscriminato; in particolare a un giovane senegalese è stato fratturato un braccio ma come cura ha ricevuto solo un sonnifero, e ora sta soffrendo molto, come anche altri detenuti, alcuni di età avanzata.

Sempre ieri due o tre reclusi sono stati liberati, mentre questa mattina cinque sono stati trasferiti, forse con destinazione Milano e Torino.

I reclusi chiedono che dall’esterno qualcuno venga a vedere la loro situazione e di far arrivare il più lontano possibile la loro voce.

Ascolta le due dirette effettuate nella mattinata:

http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/ciegradisca1.mp3
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da Il Piccolo del 4 novembre 2013 – Pagina 11 – Gorizia-Monfalcone

Cie di Gradisca fuori uso Distrutte tutte le camerate

Nuovi incendi nella notte. Immigrati accampati nei corridoi delle parti comuni La paura degli operatori: «Qui è una guerra, stanno incenerendo la struttura»

GRADISCA Al Cie di Gradisca non c’è più neppure una stanza agibile. Le violente proteste degli immigrati in attesa di espulsione hanno sostanzialmente distrutto anche le ultime due camerate ancora utilizzabili. Nuovi tumulti, infatti, si sono verificati nella notte fra sabato e domenica, con altri incendi appiccati dando fuoco ai materassi e alle coperte. La conseguenza è che gli ospiti trascorreranno la notte sul pavimento dei corridoi nella zona dei centralini, che di fatto risulta interamente occupata dai clandestini. Al momento non è stato ancora autorizzata dalla Prefettura la parziale riapertura della “zona blu”, mentre nelle prossime ore per alcuni stranieri potrebbero essere accelerate le operazioni di rimpatrio in modo da alleggerire la situazione. I disordini sono continuati anche nella mattinata di ieri («qui è una guerra», «stanno incenerendo il Cie», alcuni degli sms provenienti dall’interno) e la situazione è ritornata all’apparente normalità solamente nel primo pomeriggio. Le forze dell’ordine negano sia stata usata la forza per ricondurre a più miti consigli i rivoltosi dell’ex Polonio. Tensione e paura per gli operatori della Connecting People, già prostrati dai ritardi nel pagamento degli stipendi (martedi faranno conoscere la propria posizione): i dipendenti hanno lasciato la zona occupata dagli ospiti e lavorano in una sezione adiacente, pronti a stemperare eventuali tentativi di evasione di massa assieme a poliziotti, militari e carabinieri. Il contingente di vigilanza sarà rinforzato solamente oggi perchè molti uomini erano impegnati nell’ordine pubblico negli stadi. Intanto il dibattito politico attorno alla struttura di Gradisca rimane serrato. Secondo Giulio Lauri, capogruppo Sel in Consiglio regionale, «il governo non può continuare a ignorare l’escalation di tensione al Cie: si decida finalmente a chiuderlo: per quanto si pensa di potere continuare questo braccio di ferro sulle condizioni di vita e sui tempi di trattenimento senza che nessuno si faccia di nuovo male? Come si fa ad ignorare un appello come quello del Presidente della Commissione parlamentare Manconi secondo cui i diritti umani lì non sono garantiti? La Regione – ricorda Lauri – si è espressa chiaramente: se a Gradisca i diritti umani non vengono garantiti il centro va chiuso, anche a legislazione vigente». Di ben altro parere Massimiliano Fedriga (Lega Nord) che chiede «maggiore rigore» all’interno del Cie. «Il centro di Gradisca ha la funzione di una struttura detentiva, non è un resort – premette il parlamentare del Carroccio -: e se considerassimo anche che gli ospiti sono persone che hanno commesso dei reati, riusciremmo ad analizzare la questione con obiettività. Purtroppo però la sinistra, Serracchiani in testa, sta facendo di tutto per promuovere una visione assolutamente distorta secondo cui gli ospiti vivrebbero in condizioni disumane e subirebbero violenze da parte delle forze dell’ordine. Rinnovo l’invito a fornire prove a queste gravi affermazioni, lesive della dignità di uomini e donne che svolgono un compito delicatissimo e pericoloso. Altrimenti – attacca Fedriga – è solo propaganda che alimenta irresponsabilmente la tensione». Condivide il sindacato di polizia Sap. »L’azione politica per la chiusura dei Cie non dovrebbe essere una conseguenza delle azioni violente di pochi, ma una volontà democraticamente sviluppata e destinata ad individuare soluzioni diverse per rimpatriare i clandestini – argomenta il segretario provinciale Angelo Obit -. Affrancare chi ha avuto un passato carcerario a seguito di condanne per furti, rapine, violenze sessuali, reati di spaccio di stupefacenti è pericoloso per i cittadini onesti, quelli che non usano la violenza come metodo di discussione». Secondo i dati del Sap «il Cie di Gradisca ha di gran lunga i migliori risultati in termine rimpatri. Lo Stato dovrebbe essere forte e dettare regole chiare sulla detenzione più che sul trattenimento, ripristinando intanto le sezioni del Cie chiuse da tempo. La Polizia ha bisogno di certezze operative e non di soluzioni-tampone».

 

dal Messaggero Veneto del 4 novembre 2013

Pagina 1 – Prima Pagina

Cie, situazione fuori controllo

Tumulti a Gradisca: Centro devastato. Gli operatori: «Qui è una guerra»

Il Cie di Gradisca è completamente devastato: è il risultato di giorni e giorni di rivolte, incendi, vandalismi. Gli immigrati rinchiusi nel Centro si scatenano e accusano la polizia, gli agenti non sanno più come fermarli.

 

Pagina 11 – Regione

Cie di Gradisca fuori uso Distrutte tutte le camerate

Nuovi incendi nella notte. Immigrati accampati nei corridoi delle parti comuni La paura degli operatori: «Qui è una guerra, stanno incenerendo la struttura»

GRADISCA Al Cie di Gradisca non c’è più neppure una stanza agibile. Le violente proteste degli immigrati in attesa di espulsione hanno sostanzialmente distrutto anche le ultime due camerate ancora utilizzabili. Nuovi tumulti, infatti, si sono verificati nella notte fra sabato e domenica, con altri incendi appiccati dando fuoco ai materassi e alle coperte. La conseguenza è che gli ospiti trascorreranno la notte sul pavimento dei corridoi nella zona dei centralini, che di fatto risulta interamente occupata dai clandestini. Al momento non è stato ancora autorizzata dalla Prefettura la parziale riapertura della “zona blu”, mentre nelle prossime ore per alcuni stranieri potrebbero essere accelerate le operazioni di rimpatrio in modo da alleggerire la situazione. I disordini sono continuati anche nella mattinata di ieri («qui è una guerra», «stanno incenerendo il Cie», alcuni degli sms provenienti dall’interno) e la situazione è ritornata all’apparente normalità solamente nel primo pomeriggio. Le forze dell’ordine negano sia stata usata la forza per ricondurre a più miti consigli i rivoltosi dell’ex Polonio. Tensione e paura per gli operatori della Connecting People, già prostrati dai ritardi nel pagamento degli stipendi (martedi faranno conoscere la propria posizione): i dipendenti hanno lasciato la zona occupata dagli ospiti e lavorano in una sezione adiacente, pronti a stemperare eventuali tentativi di evasione di massa assieme a poliziotti, militari e carabinieri. Il contingente di vigilanza sarà rinforzato solamente oggi perchè molti uomini erano impegnati nell’ordine pubblico negli stadi. Intanto il dibattito politico attorno alla struttura di Gradisca rimane serrato. Secondo Giulio Lauri, capogruppo Sel in Consiglio regionale, «il governo non può continuare a ignorare l’escalation di tensione al Cie: si decida finalmente a chiuderlo: per quanto si pensa di potere continuare questo braccio di ferro sulle condizioni di vita e sui tempi di trattenimento senza che nessuno si faccia di nuovo male? Come si fa ad ignorare un appello come quello del Presidente della Commissione parlamentare Manconi secondo cui i diritti umani lì non sono garantiti? La Regione – ricorda Lauri – si è espressa chiaramente: se a Gradisca i diritti umani non vengono garantiti il centro va chiuso, anche a legislazione vigente». Di ben altro parere Massimiliano Fedriga (Lega Nord) che chiede «maggiore rigore» all’interno del Cie. «Il centro di Gradisca ha la funzione di una struttura detentiva, non è un resort – premette il parlamentare del Carroccio -: e se considerassimo anche che gli ospiti sono persone che hanno commesso dei reati, riusciremmo ad analizzare la questione con obiettività. Purtroppo però la sinistra, Serracchiani in testa, sta facendo di tutto per promuovere una visione assolutamente distorta secondo cui gli ospiti vivrebbero in condizioni disumane e subirebbero violenze da parte delle forze dell’ordine. Rinnovo l’invito a fornire prove a queste gravi affermazioni, lesive della dignità di uomini e donne che svolgono un compito delicatissimo e pericoloso. Altrimenti – attacca Fedriga – è solo propaganda che alimenta irresponsabilmente la tensione». Condivide il sindacato di polizia Sap. »L’azione politica per la chiusura dei Cie non dovrebbe essere una conseguenza delle azioni violente di pochi, ma una volontà democraticamente sviluppata e destinata ad individuare soluzioni diverse per rimpatriare i clandestini – argomenta il segretario provinciale Angelo Obit -. Affrancare chi ha avuto un passato carcerario a seguito di condanne per furti, rapine, violenze sessuali, reati di spaccio di stupefacenti è pericoloso per i cittadini onesti, quelli che non usano la violenza come metodo di discussione». Secondo i dati del Sap «il Cie di Gradisca ha di gran lunga i migliori risultati in termine rimpatri. Lo Stato dovrebbe essere forte e dettare regole chiare sulla detenzione più che sul trattenimento, ripristinando intanto le sezioni del Cie chiuse da tempo. La Polizia ha bisogno di certezze operative e non di soluzioni-tampone».