Dal Piccolo del 25/01/11
Morti d’amianto, la Fincantieri congela i risarcimenti
Causa la crisi finanziaria, l’azienda frena le trattative già avviate con i familiari degli operai deceduti. Per gli accordi già transati la Fincantieri ha sborsato decine di migliaia di euro, in alcuni casi oltre i centomila euro, per ogni operaio vittima dell’asbestos. Intanto prosegue al tribunale di Gorizia il maxi processo
GORIZIA. C’è un rallentamento negli accordi extragiudiziali tra la Fincantieri e i familiari delle vittime dell’amianto. Dopo le prime intese raggiunte nella scorsa estate, che preludevano alla possibilità di arrivare a transazioni tra le parti e quindi all’e sclusione di diverse parti civili dal processo penale, la Fincantieri si è presa a quanto pare un momento di riflessione. Le richieste di risarcimento avanzate da alcuni legali non hanno avuto risposta da parte dell’azienda. Un momento di pausa dettato forse dalla situazione finanziaria.
E dei giorni scorsi la notizia che la Fincantieri chiuderà il bilancio 2010 con una perdita di 64 milioni e le prospettive, per il 2011, non sono affatto migliori. Per i risarcimenti alle famiglie delle vittime d’amianto sono in ballo un mucchio di soldi, se si pensa che per gli accordi già transati la Fincantieri ha sborsato decine di migliaia di euro, in alcuni casi oltre le 100mila, per ogni operaio vittima dell’asbestosi. E solo alla Fincantieri di Monfalcone sono centinaia i morti da amianto, le cui famiglie hanno presentato esposto alla Procura. Oltre a quello in corso, è preannunciato l’avvio di altri maxi processi per quest’a nno e il prossimo. Inoltre, il picco di decessi correlati alle malattie da amianto si dovrebbe avere, secondo gli esperti, tra il 2015 e il 2020. Si può quindi capire come per la Fincatieri, se dovesse essere accertata la sua responsabilità civile, si tratti di notevole salasso finanziario, nell’ordine di decine di milioni di euro.
Intanto prosegue al tribunale di Gorizia il maxi processo con la deposizione dei testimoni citati dal pubblico ministero. Ieri ha deposto anche Luigino Francovig che, oltre a operaio dell’allora Italcantieri, è stato per diversi anni delegato sindacale della Fiom-Cgil all’interno del cantiere. Sollecitato dalle domande del pm Leghissa e degli avvocati Borgna e Cattarin, del collegio di difesa, Francovig ha presentato uno spaccato del lavoro a bordo delle navi sottolineando come la zona motori era la peggiore: nei suoi spazi angusti lavoravano decine di operai tra fumi e amianto, saldatori, tubisti, coibentatori. Amianto che veniva manipolato con una paletta ma anche con le mani quando si trattava di spalmarlo lungo le paratie delle navi.
Proprio per il ruolo ricoperto da Francovig, parte del dibattito è stato incentrato sull’operato del sindacato svolto all’interno dello stabilimento. È emerso che i lavoratori da sempre sapevano dell’esistenza dell’amianto. «Girava voce tra gli operai, ma all’i nizio nessuno conosceva della sua pericolosità, nessuno si era preoccupato – ha detto Francovig -. L’attenzione della gente allora era incentrata più sulle rivendicazioni salariali e non mancavano le preoccupazione sul lavoro, che rischiava di venir meno per mancanza di commesse. Lentamente si è presa coscienza del problema amianto a metà degli anni Ottanta». Secondo Francovig è stato usato l’amianto, anche se in misura minore, fino alla costruzione della Micoperi, avvenuta a metà degli anni Ottanta.