Amianto a Monfalcone: l’olocausto continua mentre riprendono i processi

da Il Piccolo MERCOLEDÌ, 23 GENNAIO 2013 Pagina 18-19 – Gorizia-Monfalcone

Amianto, strage ignorata nell’Isontino

Nonostante le centinaia di vittime le istituzioni latitano nel far valere i diritti di una provincia pesantemente segnata

 

È come se l’aereo più grande al mondo, l’Airbus A380, con a bordo 853 passeggeri fosse precipitato sull’Isontino. Tutti morti. È come se nell’inerzia dell’impatto al suolo avesse seminato morte per altrettante persone. È come se da oggi al 2020 altri due, tre, quattro A380 fossero condannati a precipitare con il loro carico di vite umane. È la più grande tragedia che abbia colpito la provincia di Gorizia dopo le due guerre e dopoguerre. Questa tragedia si chiama amianto. Questo terribile minerale usato almeno dagli inizi del Novecento in diversi settori industriali, cantieristica soprattutto, provoca dei tumori al polmone che non danno scampo. E uccidono anche a distanza di trenta-quarant’anni dal “contagio”. Amianto significa cantiere navale di Monfalcone, ma non solo. Significa l’eternit che ci circonda, significa le patologie spietate che hanno attaccato anche centinaia di lavoratori di altre aziende. Eppure, sembra importare poco o nulla questa tragica realtà. Che dovrebbe essere affrontata come unica e vera priorità della sanità isontina. Non è solo una questione monfalconese. Invece, l’attenzione sembra essere concentrata esclusivamente sul Punto nascita, sulla trombolisi, sulle code del Pronto soccorso, sul “ci portano via questo o quello”. Argomenti legittimi, sia chiaro, ma infinitamente meno seri delle malattie asbesto-correlate. Del resto sui problemi seri della sanità isontina si registra puntuale il fuggi fuggi dei politici locali. Salvo rare eccezioni (Valenti, Brussa) chi ricorda un’iniziativa di consiglieri regionali o parlamentari sulla vergognosa vicenda dell’Ospizio marino? Chi ricorda un’interpellanza, una mozione, una banale interrogazione sul caso-amianto nella provincia di Gorizia che abbia avuto un effetto concreto? Chi ricorda un sit-in (a parte quelli delle vedove dei morti d’amianto per stimolare l’avvio dei processi) dei locali ecologisti, pacifisti e scioperifamisti su questa tragedia? Centinaia di vittime morte due volte. Dall’amianto e dal disinteresse delle istituzioni. La Provincia fa il suo con i contributi per la rimozione dell’eternit. Ma è poco. Nella provincia con una delle più alte concentrazioni di morti per amianto tutti assieme si dovrebbe lavorare per ottenere una sorta di risarcimento morale per il sacrificio sopportato. Ma non solo. Paradossalmente lo straordinario carico di lutti potrebbe essere speso, ci si consenta il paradosso, come valore aggiunto della nostra realtà sanitaria al tavolo della spartizione dei servizi. Invece, non c’è traccia del promesso centro unico dell’amianto che si dovrebbe realizzare al San Polo di Monfalcone. Lo stesso direttore dell’Ass isontina Bertoli ha ammesso che la sua istituzione appare assai remota stante la confusione degli interessati sui contenuti di questo centro. Non ci sono fondi pubblici sufficienti per stimolare la ricerca scientifica affinché si giunga a cure più efficaci. Il servizio di Medicina nucleare, interfaccia dei malati di amianto, è indebolito. Nonostante i progressi nell’assistenza, le famiglie colpite da questa tragedia sono spesso lasciate sole. Dovrebbe essere convocata una conferenza allargata a istituzioni, comunità scientifica, sindacati, associazioni nel tentativo di trovare una linea comune che porti all’assunzione della piena consapevolezza di cosa significa amianto nell’Isontino. E se nell’attesa gli specializzandi in Pediatria o i medici dell’Ordine dei medici della provincia di Udine volessero chiosare qualcosa sarebbero ben accetti.

 


I PRIMI ALLARMI NEGLI ANNI OTTANTA

L’incubo-Monfalcone: 900 morti di tumore negli ultimi trent’anni

Anno 1980: il professor Claudio Bianchi, primario di Anatomia patologica dell’ospedale di Monfalcone chiama “Il Piccolo”: «Ho importanti informazioni da dare». Bianchi è un fiume in piena: parla dell’amianto che si continua a impiegare nei cantieri e in altre fabbriche, in centrale, delle fibre che si insinuano nei polmoni dei lavoratori, dell’asbestosi, del tumore della pleura che ha un’incubazione lunghissina e «che continuerà a uccidere ancora per quarant’anni». Parla della “strage” che si sta già verificando a Monfalcone e che coinvolgerà le generazioni future fino al 2020. È una denuncia forte. Bianchi chiede la messa al bando della fibra, l’avvio di una ricerca seria per far fronte a un male incurabile, chiede assunzioni di responsabilità, denuncia il silenzio delle istituzioni. I numeri forniti da Bianchi sono impressionanti: i cantierini con placche pleuriche sono il doppio rispetto ad altri settori. L’incidenza del tumore della pleura a Monfalcone è di venti volte superiorie alle medie nazionali, di dieci rispetto alle altre province. La denuncia di Bianchi non ha effetti immediati. La magistratura tentenna (il primo processo singolo per morte da amianto arriverà a sentenza appena nel 2009). A smuovere per prima le coscienze sarà l’Associazione esposti amianto, pronta a costituirsi e a sollevare il problema portando testimonianze di dolore e sofferenza. Nel frattempo le previsioni di Claudio Bianchi si avverano. Il “caso” Monfalcone diventa nazionale pur non coinvolgendo l’opinione pubblica quanto altri, come quello della Eternit di Casale Monferrato dove i processi (per disastro ambientale) partono subito e arrivano a sentenza. Come partono anche a Venezia, sollevati dal procuratore Casson. Intanto sempre più lavoratori muoiono per malattie legate indissolubilmente all’amianto: trenta decessi l’anno di media nella sola Monfalcone. Di media, perchè nel 2012 sono 70 e tanti saranno anche quest’anno, il prossimo, fino al 2020 almeno», rivela Luigino Francovig, ex sindacalista del cantiere navale. Alla fine i morti, che per il momento sono circa 900, saranno un migliaio: lavoratori dei cantieri e di altre fabbriche della zona, mogli che hanno solo lavato e “sbattuto” le tute dei mariti imbiancate dalla fibra, gente che ha avuto la sventura di abitare vicino a dove la polvere-killer veniva “sfiatata” dagli aeratori.(f.m.)


Mesoteliomi e carcinomi polmonari

GLI EFFETTI DELLA FIBRA-KILLER

Sono le fibre, i corpi dell’asbesto, a innescare tutta una serie di effetti degenerativi qualora si insinuino nei polmoni. A cominciare dalle placche pleuriche, chiazze bianco-giallastre la cui estensione è proporzionale all’intensità di esposizione all’amianto. L’asbestosi è la malattia che ne deriva, causata dalla presenza di elevate quantità di amianto nel polmone: consiste nell’inspessimento del tessuto fibroso costituito dalle pareti che dividono gli alveoli polmonari. La degenerazione della malattia porta al mesotelioma maligno che tende a svilupparsi in tre cavità distinte del torace: la pleura, il pericardio e il peritoneo. Il tumore della pleura, maligno, si origina con placche in corrispondenza della pleura andando a formare un guscio biancastro che ingloba il polmone. Lunghissimo il tempo d’incubazione prima dello svilupparsi della malattia, che può raggiungere i 50 anni. Dall’esposizione all’amianto può derivare anche il carcinoma del polmone. Il rischio di contrarlo è di dieci volte superiore nei lavoratori che sono stati esposti alla fibra.


Via al terzo maxi-processo che riguarda 41 decessi

Sono 19 gli indagati. Alcuni di loro hanno 93 e 90 anni. Il più giovane ne ha 67 L’inchiesta è relativa alla realtà del cantiere dagli anni Settanta agli anni Novanta

È approdato dinanzi al giudice delle udienze preliminari Massimiliano Rainieri il terzo filone della maxi-inchiesta che la Procura della Repubblica sta conducendo da oltre tre anni per le morti da amianto avvenute tra i dipendenti dei cantieri di Monfalcone. Questo procedimento riguarda 41 decessi dovuti a carcinoma polmonare correlato all’asbestosi di cui la Procura chiama a rispondere di omicidio colposo in concorso tra loro 19 persone tra i vertici dell’allora Italcantieri e direttori e responsabili di vari uffici dell’azienda monfalconese. Erano 21 gli indagati, ma due (Guglielmo Bette e Giampaolo Framarin) sono nel frattempo deceduti e la loro posizione è stata stralciata. Dall’inchiesta condotta dai sostituti procuratori Luigi Leghissa e Valentina Bossi diversi casi di morte sono stati archiviati perché non c’era la prova certa che il carcinoma fosse stato causato principalmente dall’esposizione all’amianto correlato all’esposizione all’amianto e non da altre cause. Nei decessi invece di cui si discuterà in tribunale, secondo la Procura e quanto emerso dagli esami clinici, il tumore polmonare sarebbe stato provocato proprio dalla fibra killer. Ma sarà comunque il dibattimento processuale, nel quale avranno un ruolo importante le consulenze medico-legale che saranno portate dalle parti in causa, ad accertare le vere cause. Ieri si è tenuta la prima udienza preliminare dedicata in particolare alle procedure istruttorie. Si sono costituite una trentina di parti civili tutte rappresentate da familiari delle persone decedute. Nessun ente o associazione come Provincia e Comune di Monfalcone, la Fiom-Cgil e l’Associazione esposti amianto si sono costituiti parte civile come era accaduto invece per il primo maxi-processo, che si sta avviando alle battute finali. Il giudice Rainieri – la pubblica accusa era rappresentata in aula dal pm Luigi Leghissa – ha ritenuto di dedicare al caso una seconda udienza, fissata per il prossimo 30 aprile, per valutare le richieste delle parti civili e quelle dei singoli imputati che, pur indagati tutti per concorso in omicidio colposo, hanno posizioni processuali diverse. Il campo di indagini di questo filone riguardano gli anni che vanno dagli anni Settanta ai Novanta e durante il periodo cambiarono anche gli incarichi all’interno dell’Italcantieri prima e Fincantieri poi. Nella decisione del rinvio dell’udienza ha pesato il fatto che si vuole attendere la sentenza del maxi-processo attesa tra la fine di marzo e i primi di aprile. Nell’udienza del 30 aprile il gup deciderà, oltre all’ammissione delle parti civili. sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura. Gli indagati in questo terzo filone dell’inchiesta sono gli ex presidenti dell’Italcantieri Giorgio Tupini, 90 anni, e Vittorio Fanfani, 93; Enrico Bocchini, 90, già presidente del Consiglio di amministrazione; Corrado Antonini, 78, ex direttore generale; Manlio Lippi, 90, ex direttore del cantiere e i dirigenti Livio Alfredo Minozzi, 67, ex capo del personale, Mario Abbona, 89, ex responsabile della sicurezza, Roberto Schivi, 74, ex capo del personale; e ancora Antonio Zappi (77 anni), Saverio Di Macco (81), Cesare Casini (85), Italo Massenti (84), Aldo La Gioia (85), Glauco Noulian (88), Roberto Picci (82), Peppino Maffioli (75); e tre legali rappresentanti di ditte che operavano in subappalto al cantiere di Panzano: Roy Winston Rhode di 69 anni, Ronald Roxby Rhode, 77 e Giuseppe Poggi di 69 anni.


Primo procedimento penale in dirittura d’arrivo

SENTENZA ATTESA PER IL 23 MARZO

Due sono i processi per morti d’amianto in svolgimento al tribunale di Gorizia: il maxi processo e il maxi-processo bis. Il primo, iniziato nel giugno 2010, è in dirittura d’arrivo. Conclusa a dicembre la fase dibattimentale, il 16 febbraio inizierà la requisitoria dei pm Luigi Leghissa e Valentina Bossi, che occuperà tre-quattro udienze. Si passerà poi alle richieste delle parti civili e dei difensori dei 40 imputati di omicidio colposo nei confronti di 85 dipendenti dei cantieri morti per l’esposizione all’amianto. Il giudice monocratico Matteo Trotta per la discussione ha già fissato 11 udienze l’ultima delle quali 23 marzo, quando se non ci saranno intoppi potrebbe essere emessa la sentenza. Il processo era iniziato nel giugno di tre anni fa e fino ad ora sono state celebrate 74 udienze nel corso delle quali sono stati ascoltati 538 testi, di cui 453 richiesti dalla pubblica accusa e 85 da difesa e parti civili, 19 i consulenti. Il secondo maxi-processo, giudice monocratico Luca Marani, è iniziato nell’autunno scorso ed è alle battute iniziali. Gli imputati sono 22 – anche in questo caso i vertici e i dirigenti dell’ex Italcantieri e i responsabili di alcune ditte private che lavoravano all’interno dello stabilimento di Panzano – e devono rispondere di omicidio colposo per il decesso di 30 operai che avevano lavorato in cantieri negli anni dal 1965 al 1985 e la cui morte è avvenuta tra il 2008 e il 2010. Ma le inchieste per le morti di asbestosi contratte sul posto di lavoro non termina con queste tre processi. Ne è in arrivo un quarto, che approderà martedì prossimo nell’udienza preliminare. La Procura sta chiudendo un quinto procedimento e nelle prossime settimane sarà notificata alle parti interessate la chiusura delle indagini. Le morti per l’esposizione all’amianto continueranno comunque a far lavorare i magistrati goriziani perché continuano a giungere esposti-denunce di lavoratori morti per asbestosi che non riguardano solo i cantieri ma anche anche altre industrie del Monfalconese dove, fino agli anni Ottanta, veniva usato l’amianto in particolare per le coinbentazioni. Si calcola che ogni anno sessanta-settanta denunce arrivano sul tavolo dei magistrati goriziani.


Guariniello: «Disastro ambientale»

«I rischi legati all’amianto non riguardano soltanto i lavoratori ma tutti i cittadini». Lo ha detto il magistrato Raffaele Guariniello, sostituto procuratore della Repubblica di Torino e già pm nel processo all’Eternit di Casale nel suo intervento alla conferenza sull’amianto organizzata dall’Eara a Trieste. L’amianto è un problema sociale dunque, per il magistrato torinese, «un problema di stretta attualità presente in ogni angolo del mondo». Il magistrato ha ricordato che oltre che per omicidio colposo si deve procedere anche per disastro ambientale.


L’IMPIEGO NELLA MARINERIA

L’uso dell’amianto come isolante nell’industria navale risale alla fine del 1800. Nella Marina inglese, a partire dal 1880, furono impiegati diversi tipi di amianto nelle costruzioni navali. La tossicità dell’asbesto era un fatto noto all’inizio del 20° secolo ma l’acquisizione del fatto che il materiale costituiva un pericolo nell’industria navale è arrivata molto tempo dopo. Già nel 1922, peraltro, la Marina degli Stati Uniti raccomandava controlli sanitari per rischio dl malattie polmonari da contatto con l’amianto.


I LIBRI

Ecco alcuni libri che hanno approfondito la realtà dell’amianto nell’Isontino: “Asbestos, reportage amianto” edito dall’associazione culturale Metarte; “Amianto, un secolo di sperimentazione sull’uomo”, di Claudio e Tommaso Bianchi; “Io sono il cantiere, amianto mai più” di Michelin e Pizzamiglio; “Il male che non scompare”, di Enrico Bullian, “Polvere”, di Alessandro Morena. Innumerevoli poi gli spettacoli e i momenti di riflessione proposti nel tempo.