Quegli anarchici a Monfalcone, cent’anni fa

da Il Piccolo del 15 gennaio 2013, Pagina 36 – Speciali

Quegli anarchici a Monfalcone, cent’anni fa

Una recente tesi svela una parte importante del movimento operario delle terre del Nordest

Operai anarchici a Monfalcone? Quasi sconosciuti… Eppure lo storico goriziano Silvano Benvenuti li aveva valorizzati come importante parte del movimento operaio di queste terre. Tutto comincia nel 1908, con la nascita del Cantiere Navale Triestino e lo sviluppo di una classe operaia numerosa e ribelle. Subito i lavoratori meno specializzati danno vita a scioperi improvvisi che per la loro radicalità colgono di sorpresa i padroni del cantiere, i potenti Cosulich. Anche i sindacati socialisti restano di stucco per l’elevata conflittualità e per l’influenza anarchica in questo settore operaio. Ciò si vede in almeno due occasioni importanti: nell’ottobre 1910, con la dura vertenza per la riduzione dell’orario di lavoro, e poco dopo con lo sciopero per commemorare la fucilazione del maestro libertario catalano Francisco Ferrer (Barcellona, 13 ottobre 1909). Per due volte la dirigenza socialista del gruppo metallurgico è messa in minoranza. Si tratta di dimostrazioni, promosse dai cantierini antiautoritari, di carica antagonista di classe e di rivolta contro le organizzazioni clericali. Allo scoppio della Grande Guerra parte dei libertari di Monfalcone, in quanto antimilitaristi, diserta dall’esercito austro-ungarico e si rifugia in Italia, ancora neutrale. Qui molti di loro vengono internati in località del tutto isolate della Sardegna. Il rientro a Monfalcone nel dopoguerra è assai difficile per la repressione attuata dal Governatorato militare italiano che ora amministra il territorio. Gli anarchici, superando ogni corporativismo, solidarizzano con i lavoratori agricoli delle campagne circostanti che lottano con l’obiettivo tipico della rivoluzione sociale: “La terra ai contadini”. L’impatto con la violenza squadrista è duro: il giovane militante Giuseppe Nicolausig è tra i primi a morire per mano fascista. Si resiste comunque fino a che sia possibile: dalle trincee belliche del monfalconese partono le bombe che sono utilizzate da Gino Lucetti nell’attentato contro Mussolini dell’11 settembre 1926. Poi il consolidamento della dittatura costringe anche i libertari monfalconesi ad anni di esilio, anonimato e silenzio. Gli attivisti locali, molto diffidenti verso l’egemonia comunista, partecipano solo in misura ridotta alla Resistenza. Però tre anarchici catalani, disertori della División Azul, spedita da Francisco Franco contro la Russia sovietica, entrano nella Brigata Fontanot. Restano loro tracce nella memoria orale resa da Silvano Bacicchi. Uno di loro diventa il medico della Brigata e tutti e tre si fanno conoscere per indisciplina e coraggio. Insegnano ai partigiani una canzone spagnola che inneggia al comunismo libertario e che sarà cantata all’ingresso a Monfalcone il 1° maggio 1945. Molte le figure notevoli: ricordiamo almeno Serafino Frausin che, sopravvissuto ad un’aggressione squadrista, fugge in Colombia dove vivrà tra mille avventure e Vittorio Puffich, oratore travolgente e generoso militante che, dopo il licenziamento, si suicida nel 1938 a Trieste. Luca Meneghesso* (*Luca Meneghesso si è laureato in Storia al dipartimento di Studi umanistici dell’Università degli studi di Trieste con una tesi dal titolo “Per una storia degli anarchici a Monfalcone (1908-1926)”, relatore Claudio Venza)