Gli invisibili di Gradisca che sognano il Cara e dormono sotto i ponti

La Tenda per la pace sta raccogliendo coperte vestiti e cose utili per il freddo da donare ai migranti che attualmente vivono sull’Isonzo. Chi può/vuole collaborare lo faccia sapere o li porti direttamente nella sede dell’associazione a Staranzano in piazza dante 4, sopra al negozio equo e solidale di Benkadì.
Per contatti scrivete a tendapace@gmail.com

 

Aggiornamento del 21/12/2013

Da ieri i richiedenti asilo sono stati alloggiati momentaneamente in un albergo, nel frattempo si continua a lavorare per la creazione una struttura provvisoria di accoglienza. Al momento non raccogliamo più vestiti, coperte, etc.
Grazie a tutti coloro che si sono mobilitati

 

 

da Il Piccolo del 20 dicembre 2013 pagina 21 – Gorizia-Monfalcone

 

Gli invisibili di Gradisca che sognano il Cara e dormono sotto i ponti

Viaggio tra i bivacchi delle decine di immigrati mediorientali per i quali non c’è posto neanche negli spazi dell’ex Polonio

GRADISCA Dormono all’addiaccio sotto i ponti, nei parchi, nelle campagne. Non trovano un posto né al Cara, il centro per richiedenti asilo politico, né al Cda (la struttura di accoglienza per gli immigrati sbarcati sulle coste siciliane) e neppure nel dormitorio della Caritas: perchè tutte queste strutture, ormai, sono strapiene. Tecnicamente non sono neppure clandestini, per cui – quand’anche fosse riaperto -, non potrebbero finire nemmeno al vicino Cie. Sono gli “invisibili” di Gradisca, immigrati che per un motivo o per l’altro si trovano in una sorta di limbo legislativo e sociale di difficile soluzione. Ad appena due passi dal Centro della discordia (oggetto di continue polemiche politiche), c’è il volto nascosto dell’immigrazione. Da mesi questi profughi in sovrannumero (per lo più afghani e pakistani, ma ultimamente anche siriani) non hanno una destinazione. Aspettano di iniziare le pratiche per la domanda di asilo. Ma sino ad allora, senza grandi somme di denaro e con le strutture esaurite, non sanno dove andare. Altri hanno trascorso il tempo massimo di permanenza nel Cara e sono lasciati al loro destino. E allora si sistemano alla bell’è meglio: in tanti hanno dormito e dormono tuttora, nel gelo dell’inverno, sotto il ponte che unisce Gradisca e Sagrado. Altri passano la notte nei parchi di Gorizia, altri ancora negli edifici abbandonati (gettonatissime le ex caserme), e in aperta campagna. Le persone senza mèta né sistemazione sarebbero addirittura una quarantina. Una vera e propria emergenza dal punto di vista umanitario, sanitario e sociale: da mesi non si contano più le segnalazioni di cittadini che denunciano sporcizia e degrado, e invocano anche più sicurezza. E la tensione cresce. Le istituzioni nelle ultime ore sembrano avere trovato per la verità una prima soluzione, grazie anche all’intervento del deputato Pd Giorgio Brandolin. «Come vicepresidente della commissione Schengen – spiega – ho parlato di questi immigrati in sovrannumero con il prefetto del Viminale Angela Pria, che ha dato mandato alla Prefettura di trovare per loro una sistemazione alternativa al Cara, prevedendo anche adeguate risorse per le spese». Saranno sistemati in alcuni alberghi della zona. «Stiamo incrociando i dati della Questura, della Caritas e in nostro possesso – spiega l’assessore al welfare di Gradisca, Linda Tomasinsig – per da capire chi sono gli “invisibili”, e quanti di loro abbiano fissato un’udienza per l’asilo o l’ingresso nel circuito dello Sprar». Intanto resta l’accampamento che i profughi hanno realizzato con legno e nylon a due passi dall’Isonzo, vicino al ponte di Sagrado. Un bivacco che ricorda una favela. Alcuni migranti dormono avvolti fra due, tre coperte per sfidare il gelo della notte. Pare di capire siano arrivati dopo un viaggio interminabile attraverso Turchia, Grecia, i Balcani. Uno di loro dice di essere stato un’ufficiale dell’esercito afghano. «Ho dormito qui per mesi, ora sono al Cara, ma prima o dopo spero ce la facciano ad entrare anche loro» ci dice in un inglese stentato indicandoci le persone accampate sotto il ponte. Poco distante altri ragazzi ammazzano il tempo facendo attività fisica: improbabili gare di lancio del disco, lanciando le pietre del fiume, e sollevamento pesi, con dei rudimentali bilancieri. C’è chi si scalda col fuoco, chi pesca e chi si fa la barba. La popolazione locale, però, non gradisce, denunciando la sporcizia, il degrado e il senso di insicurezza. Ma anche i rischi legati a un falò acceso abusivamente o di un innalzamento del livello dell’Isonzo. E c’è persino chi, su Facebook, si augura che questi invisibili “brucino” o “vengano portati via dal fiume”. E poco importa, evidentemente, che molti di loro abbiano diritto alla protezione umanitaria. Una protezione – ricorda il direttore della Caritas diocesana, don Paolo Zuttion, il primo a lanciare l’allarme dopo la chiusura del centro di accoglienza “San Giuseppe” e l’affollamento al dormitorio “Faidutti” – che va assicurata al più presto. «È un’emergenza di tutto il territorio – afferma -, non possiamo essere lasciati soli».