ANTIFASCISMO/ Manifestazione a Gris il 1° novembre (+ foto e rassegna stampa)

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Qui c’era il campo di concentramento/internamento di Gris (Bicinicco):

da dominio devastante su bambini, donne e uomini a devastazione della natura e del territorio.

 

 

Prima fase. Visita della delegazione croata che in mattinata era stata presente alla commemorazione ufficiale  nel campo di Gonars.

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Il signore nella foto sotto (Tito Mance di Rijeka) era stato internato nel 1942 (aveva dieci anni) proprio al campo di Gris e si ricordava bene del posto e dov’era situato il campo, cioè dove ora c’è l’enorme cava, quasi a significare un tentativo fisico-geologico di rimozione del campo di concentramentio e riaffermazione di un dominio sprezzante sulla natura e il territorio.

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Tito Mance dietro la targa e il cippo in ricordo dei deportati sloveni e croati.

  

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 Tito Mance saluta il Presidente dell’Aned (Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) De Lucia

 

 

Seconda fase. Commemorazione con vari interventi fra cui anche il nostro del Coordinamento Antifascista Friulano, con una decina di presenze alla manifestazione.

Nel nostro intervento si è ribadita l’importanza dell’Antifascismo Militante e di combattere il revisionismo strisciante proveniente anche da sinistra, come nel caso di San Giorgio di Nogaro in cui un sindaco, proveniente dalla file del PCI, per opportunismo elettorale,  ha dedicato una targa ad un medico, ex segretario dell’MSI, ma nessun ricordo in loco, del valoroso partigiano sangiorgino, Gelindo Citossi (Romano il Manzin), artefice, fra l’altro, di uno dei principali episodi della Resistenza in Italia, cioè l’assalto alle carceri di Udine, il 7 febbraio 1945.

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Messaggero Veneto SABATO, 02 NOVEMBRE 2013 Pagina 36 – Provincia

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Un cippo sul campo della morte

È stato collocato con una targa a Gris di Bicinicco, dove furono deportati migliaia di sloveni e croati

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BICINICCO Si è emozionato, ieri, Tito Mance di Rijeka, quando ha rivisto i luoghi in cui fu tenuto prigioniero, assieme alla madre. Aveva soltanto dieci anni. Ricorda tutto: le baracche e anche chi si privava dell’unica minestra per farlo sopravvivere. Era il 1942, campo di concentramento di Gonars, campo A, in territorio di Gris di Bicinicco. Fino a ieri, sul posto, nessun segno ricordava quel terribile luogo, come invece accade, sulla strada Napoleonica, a qualche centinaio di metri, per il campo di Gonars, articolato in campo A e campo B. Da ieri invece, per iniziativa del Comitato per la vita del Friuli rurale, un cippo e una targa ricordano le “migliaia di uomini, donne e bambini sloveni e croati strappati alla loro terra dall’invasore fascista e quivi deportati in condizioni disumane; centinaia i morti di stenti, precipitati nell’oblio”. Dopo la cerimonia in cimitero, all’Ossario delle vittime del campo, a ricordare questo luogo e la sua storia è stata la storica Alessandra Kersevan. Il campo fu realizzato nell’autunno 1941 per accogliere i prigionieri di guerra russi. Poi diventò il luogo dove furono internati i civili provenienti dall’allora Jugoslavia. Campo A e B, nella primavera 1942, imprigionarono dapprima uomini, poi soprattutto vecchi, donne e bambini fino a che nell’estate 1942, i due recinti, costruiti per 2800 persone, ne stiparono oltre 6000. La fame, il freddo, gli stenti causarono la morte di centinaia di persone, specialmente nell’inverno. La notte di Capodanno tra il ‘42 e il ‘43 furono in 18 a perdere la vita. Fino all’8 settembre qui morirono circa 500 persone. «Il caso del campo di concentramento di Gris – ha dichiarato il presidente del Comitato, Aldevis Tibaldi – è la più eclatante dimostrazione che siamo alla deriva. La memoria dei fatti, che hanno macchiato la dignità del nostro popolo e l’eroica guerra di Liberazione sono state messe all’angolo. E’ importante ricordare. Qui invece si è scelto perfino di togliere la terra sotto quello che fu il campo di concentramento. Si è realizzata una cava, eliminando la memoria, cancellando i luoghi. E l’attuale amministrazione regionale ha autorizzato altri cinque anni di attività estrattiva». Tibaldi ha rivendicato il ruolo della memoria, quella che evita che le guerre si ripetano, «non quella – ha aggiunto – che celebra l’inizio della prima guerra mondiale, solo per fare soldi e vendere quattro salsicce». Diversi gli interventi ieri, sia di carattere storico, che socio-politico. Un plauso al Comitato per aver voluto ricordare questo luogo anche da parte del presidente dell’Aned, De Lucia e del presidente provinciale dell’Anpi, Spanghero, il quale posto l’accento sul valore della resistenza, di quella in armi e di quella civile, sulle piccole e grandi storie di cui ogni comunità del Friuli è custode. Monica Del Mondo

 

 

IL COMITATO PER LA VITA DEL FRIULI RURALE
E GLI ANTIFASCISTI DELLA BASSA
 
TI INVITANO A
GRIS
DI
BICINICCO
ALLE ORE 14.30 DEL PRIMO NOVEMBRE
PER RICORDARE
UN CAMPO DI
CONCENTRAMENTO
FASCISTA RUBATO ALLA MEMORIA
avevamo visto costruire un campo enorme che sembrava fatto apposta per le belve feroci. Un giorno ci dissero che erano arrivati i Russi e allora andammo a curiosare con non poca paura, ma con nostra sorpresa scoprimmo che non erano diversi da noi. Più tardi arrivarono gli Sloveni e quando se ne andarono la gente si rubò ogni cosa ed ora una cava si è portata via anche la terra… a me è rimasto uno sgabello che ti affido…                         Marino Lestani di Cuccana
        
davanti alla cava Stefanel
 
 
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intervengono
 
L’A.N.P.I. PROVINCIALE, ALDEVIS TIBALDI, EDI MAURIGH
 
prolusione di
ALESSANDRA KERSEVAN
 
la posa di un cippo commemorativo sarà preceduta da un momento conviviale
Per dirla con le parole di Luis Sepulveda “un popolo senza memoria è un popolo senza futuro” e il caso del campo di concentramento di Gris di Bicinicco è la più eclatante dimostrazione che siamo alla deriva.
La memoria dei fatti che hanno macchiato la dignità del nostro popolo e, di converso, l’eroica guerra di liberazione sono state messe all’angolo e una società in cui si agitano false lusinghe, la partecipazione popolare viene sistematicamente disarmata e i luoghi della memoria negletti. I valori della Costituzione repubblicana nati dalla Resistenza vengono continuamente messi in dubbio e la stessa ricostruzione dei fatti storici, spesso abbandonata all’arbitrio di una informazione dozzinale, quando non ispirata dai rigurgiti di una nostalgia che si rifà al fascismo.
La memoria aggrega, può essere il collante che unisce generazioni; la memoria è la base per un umanesimo che costituisce il cemento di una convivenza civile ispirata al confronto e al dialogo costruttivo. Forse proprio per questo è trascurata. Ricordare la vergogna dei campi di concentramento sorti nella nostra regione è dunque un dovere imprescindibile e il ricordo deve trovare una costante ed appassionata diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado. Eppure quelle tremende vicende sono rimaste sepolte per anni, troppi. Troppe sono state le omertà, troppe le complicità e troppe le autoassoluzioni tese ad accreditare la facile convinzione degli “Italiani brava gente”.
 
Quelle che si sono avute nei due campi di Gonars e Gris sono vicende tremende. Erano sorti con l’idea di internare le migliaia di militari russi che la paranoia mussoliniana si era illusa di catturare in una guerra di invasione che, anziché vittoriosa, si è rivelata una tremenda disfatta. Diventarono ben presto, il luogo di detenzione e di morte per migliaia di donne, bambini e uomini sloveni e croati strappati dai luoghi natii per spopolare e terrorizzare le terre di conquista. Migliaia di esseri umani scaricati dai treni bestiame e poi avviati a piedi, talvolta sotto le ingiurie e gli sputi dei residenti storditi da una propaganda becera, sino a raggiungere i miseri alloggi di fortuna dei campi. La fame ed una denutrizione dovuta spesso alla avidità dei carcerieri ha reso la prigionia un inferno e in cinquecento morirono fra sofferenze inenarrabili.
 
Il campo di Gris (alias Campo A) fu inizialmente destinato alla prigionia di militari ed ex militari dell’esercito jugoslavo, poi, dopo averli trasferiti in altri luoghi di detenzione, nell’autunno del 1942 anch’esso si trasformò in un reclusorio per la popolazione civile, massimamente per i sopravissuti dell’altro infame campo insediato nell’isola di Arbe. Anch’esso fu, dunque,  un luogo di sofferenze e di morte, almeno sino al fatidico otto settembre, quando, con la fuga dei militari di guardia, i più si diedero alla macchia.
 

Ambedue i campi -e con essi il quartiere comando- furono ben presto saccheggiati e demoliti dalla popolazione residente, ma se quello di Gonars rimase pur sempre nella memoria dei più e facilmente identificabile, quello di Gris finì preda della avidità dei cavatori e di una Amministrazione che si prestò, e tuttora si presta, a far scomparire ogni traccia e riconoscibilità del luogo. Dopo decenni di oblio, il Comitato per la Vita del Friuli Rurale ha deciso di affidare la celebrazione del Campo di Gris ad Alessandra Kersevan, la massima  e coraggiosa autorità storica cui va il merito di aver dissepolto la verità dei lagher italiani e tenere alta la fiaccola dei valori della Resistenza.