da Il Piccolo del 16 ottobre 2013
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Amianto, 13 condanne per 85 morti
Sentenza a Gorizia: la pena più alta (oltre 7 anni) agli ex direttori di Italcantieri
I vertici dell’ex Italcantieri sono responsabili della morte di 85 lavoratori del cantiere di Monfalcone deceduti per le malattie professionali legate all’esposizione all’amianto. Lo afferma la sentenza che ieri pomeriggio è stata emessa dal Tribunale di Gorizia dal giudice monocratico Matteo Trotta dopo una camera di consiglio durata sei ore e mezza. Alla lettura della sentenza erano presenti numerosi familiari delle vittime. Tredici le condanne per omicidio colposo per una pena complessiva di 55 anni e 8 mesi. Di questi, 7 anni e mezzo (la pena maggiore) sono andati ai due ex direttori del cantiere, Vittorio Fanfani e Manlio Lippi. Riconosciuti anche dal giudice i risarcimenti a tutte le parti civili. Soddisfatta l’Associazione esposti amianto.
REAZIONI
Le vedove: «Ora tutti sanno chi ha ucciso i nostri cari»
Pagina 18 – Regione
Tredici condanne per l’amianto killer
Emessa la sentenza del processo per la morte di 85 cantierini: 55 anni e 8 mesi ai vertici Italcantieri per omicidio colposo
GORIZIA I vertici dell’ex Italcantieri sono responsabili della morte dei lavoratori del cantiere di Panzano deceduti per le malattie professionali legate all’esposizione all’amianto. Lo afferma la sentenza che ieri pomeriggio è stata emessa al tribunale di Gorizia dal giudice monocratico Matteo Trotta dopo una camera di consiglio durata sei ore e mezza, dalle 10 alle 16.30. Tredici le condanne per omicidio colposo per una pena complessiva di 55 anni e 8 mesi. A Vittorio Fanfani, 93 anni, e Manlio Lippi, 90 anni, al vertice dell’Italcantieri, le condanne più pesanti, 7 anni e mezzo di carcere; seguono poi Giorgio Tupini, 90 anni, ex presidente dell’Italcantieri, 6 anni e 6 mesi; Enrico Bocchini, 90, già presidente del Cda, 6 anni e 6 mesi; Mario Abbona, 90 anni, responsabile aziendale della sicurezza, 4 anni e mezzo; Corrado Antonini, 79 anni, ex direttore generale, 4 anni e 4 mesi; Antonio Zappi, 77 anni, vice direttore, 4 anni e 6 mesi; Aldo La Gioia, 85 anni, responsabile della produzione, 3 anni e 4 mesi; Roberto Schivi, 74 anni, direttore generale del personale, 2 anni e 8 mesi; Cesare Casini, 85 anni, vice direttore generale 2 anni e 6 mesi; due anni di reclusione sono stati infine comminati a Glauco Noulian, 89 anni, dirigente della sede centrale, a Italo Massenti, 84 anni, responsabile del settore acquisti e a Livio Minozzi, 67 anni, dirigente dell’ufficio personale. Questi ultimi tre sono i soli a beneficiare della sospensione condizionale della pena. Tutti gli imputati condannati sono stati interdetti temporaneamente dagli uffici direttivi delle imprese per la durata della pena. Ventidue le assoluzioni. Come richiesto dai pm il giudice ha assolto per non aver commesso il fatto gli addetti alla sicurezza Marino Visintin e Mario Bilucaglia. Assolti anche altri cinque dipendenti dell’Italcantieri – Giancarlo Testa, Roberto Picci, Peppino Maffioli, Saverio Di Macco e Vittorio Carratù – pure per non aver commesso il fatto perché privi di alcun potere decisionale o perché la loro permanenza ai vertici dell’Italcantieri è stata talmente breve da non poter imputare loro alcuna responsabilità nella morte dei cantierini. Assolti per non aver commesso il fatto (in un paio di casi per intervenuta prescrizione) i titolari delle ditte esterne: Amedeo Lia, Curzio Tossut, Carlo Viganò, Attilio Dall’Osso, Roy Rhode, Ronald Rhode, Mario Pagliani, Ervino Lenardon, Omero Blazei, Liana Colamaria, Lino Crevatin, Renzo Meneghin, Gino Caron, Gianni Poggi e Giorgio Vanni. La sentenza conferma l’impianto accusatorio della pubblica accusa – il pm Valentina Bossi al termine dell’udienza si è detta molto soddisfatta della sentenza – anche se le pene sono lievemente inferiori alle richieste. Siamo certamente al processo di 1° grado, sono attesi altri due giudici (Appello e Cassazione), ma la sentenza del tribunale di Gorizia si può definire storica, perché è la prima in regione in materia di esposizione all’amianto e perché fa chiarezza sulle responsabilità di chi ha permesso che nel cantiere di Panzano venisse usato fino ai primi anni Ottanta l’amianto nella costruzione delle navi quando già si conosceva la sua pericolosità per la salute dei lavoratori. Una sentenza che era attesa da 15 anni, da quando a Monfalcone era sorta l’associazione degli esposti che aveva chiesto a gran voce che si facesse giustizia e si desse una risposta alle centinaia di vedove che avevano visto morire i loro cari per asbestosi o tumori provocati dall’amianto. Bisognerà ora attendere la motivazione della sentenza – sarà depositata entro 90 giorni – per capire meglio come e quali sono le responsabilità che vengono addossate ai dirigenti dell’Italcantieri. Ma si può già affermare, anche leggendo le 12 pagine del dispositivo, che non è una sentenza generica che colpisce nel mucchio e fa di tutta l’erba un fascio. Anzi il giudice Trotta, come d’altra parte avevano fatto i pubblici ministeri, ha esaminato minuziosamente le posizioni degli imputati relativi agli 85 morti di cui al lungo capo di imputazione. E per alcuni decessi ed anche per le lesioni di alcune parti offese, il giudice ha dichiarato l’assoluzione di tutti gli imputati per non aver commesso il fatto oppure il non doversi procedere perché il reato è prescritto.
«Ora tutti sanno chi ha ucciso i nostri cari»
Lo sfogo delle vedove. Rita Nardi: «Spero che d’ora in avanti i colpevoli trascorrano notti di dolore»
un composto silenzio Non c’è stato un applauso liberatorio alla lettura del verdetto l’amaro sfogo Ma i sindacati dov’erano quando gli operai si ammalavano?
GORIZIA È durata 31 minuti la lettura della sentenza da parte del giudice monocratico Matteo Trotta: una sequenza zeppa di riferimenti tecnico-giuridici da cui si coglievano ogni tanto i nomi delle vittime e degli imputati. Quasi un tragico rosario in cui ogni grana corrispondeva un morto da amianto. Trentuno minuti di alta tensione emotiva, in un’aula zeppa come mai nelle precedenti 93 udienze, tensione che non si è sciolta nemmeno nell’ultima parte della lettura, la più chiara a tutti, quando Trotta ha sciorinato i nomi dei condannati e l’entità della pena per ciascuno. Ci si aspettava un applauso liberatorio alla fine di tutto, che però non c’è stato. Non un cenno di approvazione e tantomeno di dissenso. Solo un composto silenzio. È stata la risposta a chi riteneva che il clima creatosi attorno a questo processo potesse impedire al giudice una decisione serena e per questo era ricorso al principio della legittima suspicione. «Vede? Questi sarebbero i terroristi che volevano vendetta», dice un esposto. In fondo, a sinistra, nell’aula di giustizia avevano trovato posto le vedove dell’amianto, le prime ad arrivare, un quarto d’ora prima dell’ora fissata per la sentenza, alcune con le magliette di “Amianto mai più”. C’era Rita Nardi, l’ex presidente dell’Aea, con lei Rita Sgorbissa, Anna Maria Pizzignacco, Nevia Pacco, Vanda Michelin, Laura Meneghetti, Anna Maria Declich, e altre. Aspettando, si erano quasi strette l’una all’altra per darsi coraggio. «Ho il cuore in gola», ha confessato Rita Nardi prima dell’ingresso del giudice. All’inizio della lettura le vedove si sono alzate in piedi per vedere e sentire meglio: sono rimaste quasi incredule quanto il dottor Trotta ha sciorinato una lunga serie di assoluzioni per prescrizione, atti peraltro dovuti, previsti anche nelle richieste del pubblico ministero («Queste assoluzioni sono il frutto dei ritardi accumulatisi prima che il presidente Napolitano si facesse sentire», ha rilevato Chiara Paternoster dell’Aea), ma in quel momento assai preoccupanti per chi stava aspettando giustizia dopo anni di dolore, sofferenza e carte bollate. La tensione si è in parte sciolta quando Trotta ha elencato le condanne. Rita Nardi, in piedi sulla panca, ha alzato le braccia al cielo ma dalla sua bocca non è uscito neanche un sussurro. «A me non interessano le entità delle condanne – ha mormorato -, mi basta sapere che la legge li ha riconosciuti colpevoli, che sono loro ad aver causato la morte dei nostri cari. Spero che d’ora in avanti trascorrano notti di sofferenza e dolore come siamo state costrette a trascorrere noi». Qualche moto di dissenso, ma a denti stretti e sottovoce da parte di alcune vedove nel momento in cui il giudice ha elencato le provvisionali a favore delle parti civili mal sopportando la presenza dei sindacati («Ma dove erano quando i nostri si ammalavano?»). Alla fine della lettura, non è volata una mosca, solo qualche lacrima e abbracci liberatori. Non un applauso, non un grido o una contestazione. «Finalmente questa tortura è finita – afferma Rita Nardi. Ma non sono contenta». «Non riesco a provare alcuna sensazione, se non la soddisfazione di avere avuto giustizia. Ora possiamo finalmente sapere quale è la verità, chi ha permesso che i nostri cari morissero come topi in quel cantiere».
Il presidente dell’Associazione esposti: «È solo una goccia di giustizia»
Corrado Antonini L’ex leader della Fincantieri al tempo dei fatti contestatigli era direttore generale di Italcantieri: è stato condannato a 4 anni e 4 mesi |
Matteo Trotta Il giudice monocratico del Tribunale di Gorizia mentre legge la sentenza che condanna tredici alti dirigenti dell’ex Italcantieri per omicidio colposo |
Sara Vito L’assessore regionale all’Ambiente, presente in aula, ha proposto alla presidente Serracchiani di utilizzare la provvisionale per la lotta all’amianto |
Carmelo Cuscunà Secondo il novantenne presidente dell’Associazione esposti all’amianto, la sentenza del Tribunale goriziano è «solo una goccia di giustizia». |
da Il Piccolo
Processo amianto Monfalcone, 13 condanne per omicidio colposo
Dopo tre anni di processo scanditi da 94 udienze si è concluso al Tribunale di Gorizia il primo maxi-processo per la morte di 85 operai del cantiere navale di Monfalcone a causa dell’esposizione all’amianto.
Il giudice unico Matteo Trotta ha inflitto 13 condanne per omicidio colposo e altri reati correlati. Gli imputati erano 35.
Le condanne più pesanti riguardano gli ex direttori dell’Italcantieri Vittorio Fanfani (7 anni e sette mesi) e Manlio Lippi (sette anni e sei mesi).
Assolti i responsabili della sicurezza interna al cantiere e i titolari delle ditte che lavoravano in appalto.
Il giudice ha anche condannato gli imputati al risarcimento dei danni nei confronti di quattro vedove. Le altre avevano già ottenuto in separata sede un indennizzo da parte di Fincantieri.
Infine, condannati gli imputati al pagamento di quanto richiesto dalle parte civili (Regione, Provincia di Gorizia, Comune di Monfalcone, Associazione esposti amianto, Fiom, Inail, Codacons).
Al momento della sentenza, la cui lettura si è protratta per oltre trenta minuti, erano presenti in aula molte vedove, gli aderenti all’Aea e diversi amministratori pubblici del Monfalconese.
da Il Piccolo del 15 ottobre 2013 Pagina 23 – Gorizia-Monfalcone
Amianto, è il giorno della sentenza
Se non ci saranno altri rinvii, la 94.a udienza dovrebbe porre fine oggi alla richiesta di giustizia dei familiari di 85 operai
Siamo arrivati al giorno delle sentenza. Forse. Sì, perché questo maxi-processo all’amianto ci ha riservato nel passato non poche sorprese come quella del 25 giugno quando l’avvocato Alessandro Cassiani difensore di Giorgio Tupini ha chiesto, tra lo stupore e l’incredulità di gran parte dell’aula del tribunale, il trasferimento del processo ad altra sede per legittimo sospetto. E c’è chi teme che anche oggi dalla folta schiera dei legali non emerga qualche altra richiesta procedurale per frenare la conclusione di un processo, iniziato il 10 aprile di tre anni fa. Ma a palazzo di giustizia i bookmaker invitano a scommettere su una sentenza emessa nella giornata odierna dopo una camera di consiglio del giudice monocratico Matteo Trotta che non si presenta di breve durata, anche per il fascicolo procedurale e molto consistente: lo slittamento potrebbe essere tuttalpiù di 24 ore nell’ipotesi che alla replica del pubblico ministero Valentina Bossi – l’altro pm Luigi Leghissa il 7 ottobre scorso ha preso servizio alla Procura di Caltanisetta – seguano quelle degli avvocati di parte civile e della difesa. Si tratta di brevi interventi ma che, visto il numero elevato di legali, potrebbero occupare l’intera giornata. L’udienza di oggi, la 94.ma da quando è iniziato il processo, inizierà con la comunicazione del giudice Trotta del respingimento da parte della Corte di Cassazione del ricorso presentato dall’avvocato Cassiani e discusso a Roma nell’udienza dello scorso 24 settembre. Quindi la parola spetterebbe al pm per l’eventuale replica, ma se questa non ci fosse il giudice si ritirerebbe in camera di consiglio per emettere la sentenza. In questo processo devono rispondere di omicidio colposo 35 imputati -all’inizio erano 41 ma nel frattempo sei sono deceduti – tra vertici dell’ex Italcantieri, responsabili della sicurezza e titolari delle ditte esterne che lavoravano nel cantiere di Panzano per la morte 85 lavoratori deceduti per malattie professionali legate all’esposizione all’amianto. I pubblici ministeri al termine della loro lunga requisitoria avevano chiesto la condanna per 13 amministratori e dirigenti della Fincantieri per complessivi 70 anni. Le pene maggiori, 9 anni e mezzo, sono state avanzate per Vittorio Fanfani, 93 anni, e Manlio Lippi, 90 anni; 7 anni e 3 mesi per Enrico Bocchini; 3 anni e mezzo per Mario Abbona, 6 anni per Antonio Zappi, 5 anni e 4 mesi per Corrado Antonini, 4 anni e 4 mesi per Aldo La Gioia, 3 anni e mezzo per Roberto Schivi, 3 anni e 3 mesi per Cesare Casini, 3 anni per Livio Minozzi, 2 anni e 4 mesi per Glauco Noulian e Italo Massenti. Assoluzioni invece per i rappresentanti delle ditte appaltanti e per sei dipendenti dell’allora Italcantieri perché ritenuti dai pm privi di alcun potere decisionale all’interno dell’azienda. Assoluzioni sono state chieste invece dai difensori di tutti gli imputati. La gran parte delle famiglie delle vittime costituitesi parte civile è uscita dal processo perché ha ottenuto il risarcimento danni. Sono rimaste nel processo le parti civili istituzionali come la Regione, la Provincia, il Comune di Monfalcone, l’Inail, la Fiom Cgil, l’Associazione esposti amianto e le associazioni dei consumatori.
Sì all’appello di Aea: sindaci e sindacati saranno in aula
Aveva provocato una profonda ferita per l’Aea e i famigliari delle vittime dell’amianto il ricorso per “legittimo sospetto” da parte di una delle difese che aveva messo a rischio, dopo 93 udienze, la sentanza di primo grado del maxi-processo. Un sospetto di inquinamento del clima processuale che era stato respinto dall’associazione «viste la compostezza e la dignità con cui abbiamo sempre sostenuto la nostra rivendicazione di giustizia». Viene da qui l’appello lanciato dall’Aea «ai singoli cittadini, agli operai, alle associazioni di categoria e ai rappresentanti degli enti pubblici» a partecipare oggi alla lettura della sentenza da parte del giudice Matteo Trotta (almeno così si spera) in tribunale a Gorizia, «non per fare del processo uno spettacolo, ma per una più incisiva presa di coscienza di un’esperienza e di un dramma collettivo». Una chiamata a raccolta, quella di Aea, che non dovrebbe restare inascoltata, visto che nel maxi-processo si sono costituiti parti civili anche Regione, Provincia di Gorizia, Comune di Monfalcone, Inail e Cgil, oltre alla stessa Aea. A rispondere all’appello ci sarà sicuramente il sindaco di Monfalcone Silvia Altran con tanto di fascia tricolore: «Ci sarò – ha detto ieri -. Ritengo doveroso che tutte le persone coinvolte in questo dramma abbiano diritto di sentire una parola di giustizia dopo essere state maltrattate per troppi anni dalle istituzioni. Lo Stato è il grande assente in questa vicenda: non ha saputo dotarsi di una legge sull’amianto quando già si conosceva la pericolosità della fibra. Certo ci sono ancora passi da fare sul fronte dello smaltimento e del Centro di ricerca e cura delel malattie da amianto. Ma ciò che brucia oggi è soprattutto ciò che non è stato fatto». A rappresentare il Comune di Ronchi sarà in tribunale l’assessore Enrico Masarà in rappresentanza del sindaco Roberto Fontanot. «È scoraggiante commentare questo appuntamento – afferma Fontanot – di fronte a un clamoroso caso di giustizia negata a cittadini che hanno pagato sulla loro pelle il concetto che il profitto viene prima della salute». Ci sarà invece il sindaco di Staranzano Lorenzo Presot. «Sì, sarò in tribunale. Anche se, nella sostanza, questa sentenza ha un valore più simbolico che concreto per i malati e le famiglie delle vittime che potranno almeno vedere un risultato della loro battaglia. Ma ce ne sono altre da portare a termine: smaltimento, Centro amianto. È venuto il momento di muoversi, la Regione deve assumersi le sue responsabilità». Mancherà all’appuntamento invece l’onorevole Giorgio Brandolin, a Roma in Parlamento. «Seguirò questa giornata da lontano – dice -. Ho una storia personale di coinvolgimento diretto in questa vicenda che mi impone il silenzio. Certo non sono un giustizialista: da presidente della Provincia ho dato il mio contributo alla prevenzione delle malattie di amianto con progetti concreti sul territorio che però poi non sono stati sostenuti. Spero che questa sentenza possa almeno creare una nuova coesione e dare dei risultati». «Quella che tutti ci aspettiamo – afferma il presidente della Provincia Enrico Gherghetta, che conferma la sua presenza – sarà comunque una sentenza storica, un principio di giustizia che, spero, faccia capire a tutti che la salute viene prima del profitto. Ma è solo il primo atto, restano numerose questioni aperte. C’è la questione dello smaltimento, c’è quella del Centro di riferimento. È su queste che ci giochiamo il futuro. È una sentenza che lasciamo con speranza ai nostri figli». Oggi a Gorizia ci sarà pure la Cgil-Fiom con un suo striscione e con i suoi esponenti provinciali. A rappresentarla ci sarà sicuramente Moreno Luxich della Rsu-Fiom Fincantieri. «Spero di non assistere a un nuovo rinvio – afferma -. Questo è stato un processo troppo lungo e per certi versi strano: confido che almeno questo primo atto possa chiudersi con un segnale di giustizia. Ma non ci si dovrà fermare: ci sono ancora tanti morti da amianto e ci saranno per parecchio tempo. Bisogna sbrigarsi con l’istituzione di un Centro amianto, magari transfrontaliero».