Dalla Tenda per la Pace e i diritti
24 agosto
Arriviamo questa mattina con dei familiari del ragazzo che da due settimane è in come, dopo esser caduto dal tetto del CIE.
Uno dei due è un cugino di primo grado, l’unico familiare stretto in Italia. La famiglia, dal marocco, gli ha chiesto di precipitarsi qui per avere le notizie precise che continuano a mancare.
Ma il medico responsabile della terapia intensiva dice no: c’è un ordine della direzione sanitaria in accordo con la questura per il quale le uniche notizie vengono date attraverso la polizia.
Ci fornisce un numero: quello dell’ “ispettore del CIE”. Un capolavoro.
Invece non può esser così.
Il cugino ha il diritto di sapere. Lo stabilisce la circolare interministeriale (Min. Int e Min. Semplificazione) del 12/4/2012 stabilisce che un cittadino straniero regolarmente soggiornante può autocertificare il proprio gradi di parentela.
A questo punto la ripsosta è che si tratta “solo” di un cugino.
Ma l’art. 82 del codice sulla privacy stabilisce che non fa differenza, che l’ospedale ha l’obbligo di cercare il contatto, e dare notizie, anche a “famigliari” quando i parenti stretti non siano disponibili.
Minacciamo una denuncia ai carabinieri, cominciamo a chiamare Il Piccolo.
Alla fine dopo varie pressioni il cugino ad avere le informazioni sullo stato di salute del ragazzo.
Dal piccolo del 25/08/13
Gherghetta attacca sul Cie: «Non decida solo lo Stato»
di Luigi Murciano GRADISCA «Un’eventuale commissione di controllo sul Cie non dovrà essere composta soltanto da funzionari dello Stato». E’ chiara la posizione della Provincia di Gorizia in merito alle prossime mosse da compiere nella battaglia per il superamento o la chiusura del centro di identificazione ed espulsione di Gradisca. L’ente presieduto da Enrico Gherghetta ha partecipato all’incontro istituzionale di venerdi al municipio di Gradisca con la vicepresidente Mara Cernic e l’assessore Federico Portelli, sposando in toto la linea pro-chiusura del governo Serracchiani. «Se, come già avvenne con i governi Monti e Amato, dovesse giungere a un approfondito esame delle problematiche del Cie di Gradisca attraverso una commissione governativa – ha esordito Cernic – non sarebbe corretto che questa fosse formata esclusivamente da funzionari statali come avvenuto con la commissione istituita dall’allora ministro Cancellieri. Si dia spazio alle rappresentanze politiche, a quanti lavorano nei centri e alle realtà che conoscono la realtà dell’immigrazione. Bisogna restituire centralità – ha proseguito Cernic – alle persone ospitate in queste strutture, garantire loro il rispetto di diritti universali. Dopodichè è giusto diversificare risposte e tempistiche: l’immigrato che ha avuto un ruolo nella nostra società, e magari si è visto perdere il lavoro o scadere un documento, non puo’ essere assimilato a quello che ha avuto dei precedenti penali e attende il rimpatrio». Intanto nel dibattito sul futuro del Cie interviene anche l’on.Savino (Pdl), contraria a qualunque superamento della legge Bossi-Fini sull’immigrazione. «Sarebbe un atto irresponsabile, che non farebbe altro che aggravare una situazione già adesso d’emergenza: l’aumento degli sbarchi sulle nostre coste unita alla crisi generalizzata rischia di fare da innesco ad un clima di conflittualità sociale di cui l’Italia non ha bisogno. Per non parlare della sicurezza. Approfittare di quanto sta accadendo a Gradisca per rilanciare un approccio buonista all’immigrazione non mi pare una scelta particolarmente lungimirante». Torna a farsi sentire anche il Sap, sindacato autonomo di polizia, che in una nota esorta gli amministratori a prendere posizione: «Se non piace la legge, si studi una diversa soluzione. Colpisce che dal confronto politico di Gradisca sia uscita principalmente una richiesta di chiusura del Cie – è il parere del segretario provinciale Angelo Obit – e non una richiesta di efficienza. Gli immigrati protestano per i lunghi tempi di trattenimeno nei Cie? Hanno ragione. Ma la soluzione non può che essere un intervento con le autorità consolari, svolgendo i colloqui a Gradisca e facendo pressioni perchè le procedure di idenficazione siano celeri».
24/08/13
La Regione accelera sulla chiusura del Cie
di Stefano Bizzi GRADISCA «È tempo di ripensare il sistema di identificazione e questi luoghi di transizione». Una lettera congiunta firmata da Regione e Comune di Gradisca sarà inviata nei prossimi giorni al governo Letta per segnalare a Roma la necessità di un intervento importante e di un’approfondita revisione del Cie di Gradisca che vada in direzione della sua chiusura. Ieri mattina ospite a Palazzo Torriani del sindaco Franco Tommasini insieme alla sua giunta e ai parlamentari del Friuli Venezia Giulia (oltre ai consiglieri regionali e ai rappresentanti della Povincia di Gorizia), la presidente Debora Serracchiani ha ribadito la sua posizione di netta contrarietà alla struttura di via Udine. Sposando l’appello lanciato nei giorni scorsi da un operatore del centro immigrati isontino – esasperato per quanto sta accadendo all’interno del Cie -, la governatrice ha chiesto alle forze politiche di tutti i colori e di tutti i livelli di superare le ideologie di parte e lasciare perdere le strumentalizzazioni. La questione immigrazione va risolta alla radice. Non può più essere solo un terreno di scontro fertile per ogni tipo di battaglia. «Avremo valutazioni politiche diverse, ma è il momento di rivedere la legge sull’immigrazione adeguandola all’Europa», ha detto Serracchiani parlando di “cortocircuiti” del sistema. «Il Cie – ha ribadito – colpisce le persone per quello che sono, non per quello che fanno». Al loro interno vengono trattenuti individui con storie di immigrazione diverse: lavoratori stranieri che, per la crisi, hanno perso il lavoro e non hanno più potuto rinnovare il permesso di soggiorno dividono gli spazi con criminali veri e propri. «Tutti in un’unica realtà: è ovvio che la situazione difficilmente diventa gestibile. La Regione e il Comune di Gradisca scriveranno al governo in maniera congiunta». L’obiettivo finale è la chiusura della struttura ricavata all’interno dell’ex caserma Polonio. «L’esecutivo deve tenere contatti con gli enti territoriali. A questo sito si deve prestare attenzione particolare. Le nostre richieste devono coprire tutte le ipotesi. Anche la chiusura». Posizione differente invece per quanto riguarda il Cara, l’attiguo centro immigrati dove trovano ospitalità i richiedenti asilo. Quello sposa la filosofia del Friuli Venezia Giulia: l’accoglienza. La governatrice ha assicurato d’essere in contatto con il sottosegretario agli Interni con delega all’Immigrazione Domenico Manzione. «Ho parlato con lui e l’ho informato chiedendogli un intervento. Mi ha chiesto un approfondimento. Ho già acquisito diverse informazioni e nei prossimi giorni ci risentiremo». Nel corso del vertice di Gradisca, ai parlamentari del Fvg la presidente Serracchiani ha quindi chiesto di fare da mediatori e coinvolgere il governo su un tema nei confronti del quale «è necessario tenere alto il livello d’attenzione». Del fronte comune non farà sicuramente parte la Lega Nord. Il governatore veneto Luca Zaia, nelle stesso giorno in cui ha ribadito la totale intesa con la collega del Fvg sul progetto della Tav, ha piazzato un secco altolà alla chiusura del Cie di Gradisca. Premettendo di non voler «interferire in alcun modo con l’azione della vicina Regione», l’ex ministro del Carroccio ha confermato che la legge Bossi-Fini non è da modificare. Duro anche Massimiliano Fedriga, responsabile del dipartimento Welfare della Lega Nord: «Il Cie di Gradisca non va chiuso, ma reso sicuro e più controllato per non permettere a nessuno di poter anche solo pensare di scappare»
«La nostra parte l’abbiamo fatta Ora tocca ad altri dare risposte»
di Luigi Murciano GRADISCA «Umanizzazione immediata del Cie», «superamento o revisione della Bossi-Fini». Ma anche la consapevolezza che con l’attuale scenario politico la partita non sarà affatto semplice. Non si fanno troppe illusioni i parlamentari e i consiglieri regionali convenuti a Gradisca per il vertice Debora Serracchiani fortemente voluto dal sindaco della cittadina isontina già prima delle tensioni delle ultime due settimane. Sindaco che, nell’amministrazione regionale, ha trovato un alleato. «Credo che, rispetto al passato, il dibattito sul Cie parta finalmente da una posizione diversa – afferma Franco Tommasini -. Tutti i soggetti coinvolti hanno riconosciuto la necessità di agire per arrivare a un superamento di queste strutture. Per noi l’obbiettivo rimane la chiusura, anche se illusioni non ce ne facciamo più. Di certo la comunità di Gradisca ha dato molto in termini di assunzione di responsabilità nei confronti dello Stato e i suoi cittadini hanno pagato cara questa generosità sotto il profilo della percezione della sicurezza. Ma stiamo dando molto anche sotto l’aspetto dell’integrazione – ha rivendicato -. Proprio per questo la nostra cittadina non può più essere lasciata da sola». Un messaggio rivolto chiaramente ai tanti politici riuniti a Palazzo Torriani. Nessun parlamentare del Pdl e della Lega(a rappresentare il centrodestra solo il consigliere regionale Ziberna), tocca quindi a Pd e Sel dettare i tempi del vertice, mentre i 5 Stelle si limitano ad ascoltare e prendere nota. Fra i parlamentari è il senatore Carlo Pegorer (Pd) a rompere il ghiaccio: «Il Cie di Gradisca- dice – è la prova oggettiva del fallimento della Bossi-Fini. Non si può affrontare il problema dell’immigrazione soltanto sotto il profilo della sicurezza». Critico verso la norma, ma consapevole delle difficoltà di modificarla presto, anche il deputato Gian Luigi Gigli di Scelta Civica: «In questo momento il superamento della Bossi-Fini mi pare quantomeno poco realistico. Dobbiamo concentrarci sull’umanizzazione del centro». Per Gianna Malisani del Pd «questa politica sull’immigrazione non ha prodotto alcun beneficio. Assurda, poi, la difformità di regolamenti fra i diversi Cie italiani». Al democratico Giorgio Brandolin è toccato il compito di ricostruire la storia del Cie isontino. «Anche se avrebbe potuto rifiutarsi, come già aveva fatto il Comune di Gorizia, la comunità gradiscana aveva dato la propria disponibilità a un altro tipo di centro, deputato alla sola prima accoglienza. Poi le carte in tavola sono cambiate. Da allora sindaci, prefetti e questori che si sono alternati in questi 13 anni sono stati lasciati soli. Non dimentichiamo – ha scandito Brandolin – che il 90% degli ospiti del Cie nulla ha a che fare con i disperati che sbarcano a Lampedusa. Là dentro non ci sono ancelle della gioventù». «In 13 anni – afferma Rodolfo Ziberna – non un solo episodio di intolleranza si è verificato a Gradisca. Ma non ci si illuda che chiudendo un Cie il problema-immigrazione svanisca. Dobbiamo imporci con l’Ue per avere delle garanzie a livello finanziario e legislativo». «Ciò che ho visto – spiega Francesco Russo del Pd, che la situazione al Cie l’ha vista dall’interno – mi spinge a dire che bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare a una soluzione che ponga fine alle difficoltà sia del personale che lavora all’interno del Centro sia degli immigrati senza pregiudicare la sicurezza della comunità e il controllo dell’immigrazione clandestina». Quindi le esponenti del Sel: per l’assessore Loredana Panariti «le condizioni di trattenimento del Cie sono inumane a prescindere dagli eventuali precedenti degli ospiti», mentre secondo la parlamentare Serena Pellegrino «Regione e Provincia devono essere vigili sul territorio e effettuare un lavoro di pressione nei confronti del governo. Il Cie è peggio di un carcere». Pellegrino ha ringraziato le associazioni che da anni monitorano le condizioni di vita all’interno dei centri. Associazioni che avrebbero voluto prendere la parola ma sono state invitate da Serracchiani a rispettare «il carattere meramente istituzionale» del vertice, con la promessa di un successivo incontro.