Anche sul Piccolo il De profundis per la TAV

dal Piccolo

MARTEDÌ, 02 APRILE 2013

Pagina 17 – Regione
Il sogno europeo che si infrange a Nordest
Viaggio lungo il tracciato del Corridoio V tra cantieri fermi e binari inesistenti. I rebus della linea interrata a Trieste e del “niet” sloveno
Reportage nel cuore del vecchio continente
strada in salita Sul progetto dell’Alta velocità ferroviaria pesa la disorganizzazione dei porti e dei terminal intermodali
gli ostacoli in fvg Costi alti, tempi lunghi e il pericolo di un deturpamento del paesaggio in un’area che deve fare i conti anche con la “tratta balneare”

“Binario morto, alla scoperta del Corridoio 5 e dell’alta velocità che non c’è” (Chiarelettere, pag. 224 euro 12,90), è il libro-reportage in cui due giornalisti, Andrea De Benedetti e Luca Rastello, hanno riportato i loro “appunti di viaggio” dopo aver percorso il lungo e in largo il tragitto che collega le città di Lisbona e Kiev. Punto di partenza e stazione di arrivo, appunto, di uno dei corridoi europei attraversati da convogli ad alta velocità. Andrea De Benedetti si occupa prevalentemente di sport, società e cultura per le testate “GQ”, “Guerin Sportivo”, “il manifesto”. Il suo ultimo lavoro è “Val più la pratica. Piccola grammatica immorale della lingua italiana”. Luca Rastello, cronista del quotidiano “La Repubblica” e scrittore, nella sua carriera ha diretto “Narcomafie” e “L’Indice” e ha lavorato per “Diario”. Ha pubblicato il reportage sui Balcani “La guerra in casa”, il romanzo “Piove all’insù”, il saggio “La frontiera addosso” e il libro testimonianza “Io sono il mercato. Metodi e stile del perfetto narcotrafficante”.
di Gianpaolo Sarti wTRIESTE Immaginavano di trovarsi in stazioni gremite, convogli zeppi e cantieri crepitanti. «Tutto pronto per accogliere l’arrivo dell’ospite senza il quale la festa non poteva avere inizio: la Tav». Invece? «Invece in alcuni tratti non c’era nemmeno uno scheletro di rotaia…». Un “Binario morto”, come sentenzia il titolo del libro-reportage di Andrea De Benedetti e Luca Rastello, edito da Chiarelettere. «Allora a cosa serve il Corridoio 5?», si sono chiesti i due giornalisti percorrendo per la prima volta l’intero itinerario Lisbona-Kiev. Un viaggio in cui hanno verificato lo stato di avanzamento dei progetti e dei lavori per la costruzione di un’infrastruttura che, nei piani Ue, dovrebbe mettere in comunicazione l’Europa occidentale con quella orientale per garantire promettenti sbocchi di mercato. Ma di fatto la Tav non esisterà mai perché i binari ad alta velocità hanno spese di mantenimento che inciderebbero pesantemente anche sul costo del trasporto merci. E i Paesi, inoltre, non la vogliono. Le stesse linee interne esistenti sarebbero in perdita. La Tav «interessa a pochi – è l’analisi – e non per la sua portata globale, ma per le ricadute a brevissimo termine sull’economia locale». L’inchiesta andrebbe a sfatare una “leggenda metropolitana” o, meglio, ferroviaria, ripetuta recentemente dal ministro Passera, secondo cui la tratta Torino-Lione «pone l’Italia al centro dell’asse verticale e di quello orizzontale» dei traffici europei. È così? Un interrogativo in cui finisce, inevitabilmente, il nodo sulla Val di Susa. E quel pezzettino fantasma che (non) collega Trieste alla Slovenia. Il viaggio lungo l’asse Ovest-Est del continente comincia, naturalmente, dal Portogallo. Che, di per sé, è già una porta chiusa. Visto che, documentano De Benedetti e Rastello, con i suoi 16,7 miliardi di disavanzo accumulato tra il 2000 e il 2010 per gli enti statali che si occupano di trasporto, «il Paese non ha alcuna intenzione né possibilità di assumere impegni per nuove opere». Il corridoio rimarrebbe senza ingresso principale. La Spagna, tappa successiva del reportage, è arrivata alla conclusione che l’alta velocità (l’Ave) che corre ad esempio tra Madrid-Siviglia e Madrid e Andalusia e Madrid- Barcellona è sottoutilizzata: non si recuperano nemmeno i costi d’investimento. Ecco il tunnel della Torino-Lione, un “accanimento”, lo definisce Sergio Bologna, esperto mondiale di logistica e consulente di Commissione europea e vari ministeri. Un accanimento perché l’80% delle merci che entrano in Italia o ne escono su rotaia transita dai valichi di Svizzera e Austria. «Dimostriamo di non essere capaci di agganciarci a infrastrutture esistenti, realizzate da altri – osserva Bologna – ma non ci facciamo problemi a chiedere all’Europa ulteriori capitali per la Torino-Lione…». Su tutto, mette in luce il libro, grava il tema dei nodi: la disorganizzazione di porti, terminal intermodali e magazzini che crea congestione. «La velocità – è il ragionamento – senza una gestione logica “crea ingorgo”». Il viaggio continua ancora in Italia tra Torino, Milano e Brescia, con le previsioni su Pil, traffici in caduta, indagini su appalti, espropri e la fioritura di frecce rosse e bianche a fronte dei tagli ai collegamenti regionali. Per approdare a Mestre, con Veneto e Fvg alle prese con il progetto di “alta velocità balneare”. Da Jesolo a Monfalcone con la linea interrata sotto il Carso fino a raggiungere lo snodo di Divaccia in Slovenia. Costi alti, tempi lunghi, paesaggio deturpato. «Il progetto naufraga – ripercorrono De Benedetti e Rastello –. Trieste rifiuta il passaggio della linea interrata e Unicredit si tira indietro dall’idea di triplicare Monfalcone. Poi? Poi “il corridoio scompare”». Non esistono treni per la Slovenia: soppressi dal dicembre 2011. «Il Piano delle infrastrutture sloveno esclude sia il tratto della Trieste-Divaccia sia il collegamento tra i porti di Capodistria e di Trieste», ricordano i giornalisti. Per raggiungere Lubiana e continuare in treno verso l’Ucraina, si sa, bisogna prendere la corriera.