NOTAV: rassegna stampa locale 4-5 luglio

Il Piccolo del 05/07/11

«I violenti c’erano, ma erano i caschi blu»

 

di Giovanni Tomasin TRIESTE A loro la solita storia, quella dei manifestanti buoni e di quelli cattivi che attaccano la polizia, proprio non va giù. Luca Tornatore, esponente della Casa delle culture di Trieste che con una cinquantina di attivisti della regione ha partecipato al corteo No Tav in Val di Susa, racconta in presa diretta il punto di vista dei contestatori: «Si parla di “black bloc”, ma è un’etichetta che non significa nulla – dice -. Non ci sono spaccature nel movimento perché nessuno, fra i manifestanti, è andato in Val di Susa con intenti “militari”». La divisione dei cortei in più tronconi, spiega, era pensata a tavolino per ragioni pratiche: «Anni d’esperienza ci hanno insegnato che in questi casi la reazione delle forze dell’ordine è estremamente violenta – spiega -. Allora ci siamo divisi in tre gruppi: in uno abbiamo concentrato i sindaci, gli anziani, i bambini, nella speranza che la polizia non si accanisse». Ma per tutti e tre, quello sulla strada e quelli nei boschi, l’obiettivo era lo stesso: «Riappropriarci del cantiere della Maddalena, sgombrato lunedì scorso, smantellando la recinzione. Nessuna violenza, era un atto simbolico. Purtroppo, puntuale come sempre, è arrivata la reazione delle forze dell’ordine». Tornatore racconta episodi che domenica rimbalzavano su tutti i siti No Tav: «Appena ci siamo avvicinati polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno sparato un mare di lacrimogeni ad altezza d’uomo – ricorda -. Ad un certo punto hanno iniziato a tirarci addosso dei sassi dall’alto. Ci contestano perché indossiamo il casco: lo facciamo perché sappiamo cosa fa la polizia, sappiamo che se un candelotto ti arriva in faccia ti ammazza». Tornatore cita la testimonianza di Fabiano Di Berardino, il militante che racconta di essere stato picchiato per ore dalle forze dell’ordine: «Se tu stai cercando solo di buttar giù una rete e loro reagiscono così, tu devi difenderti – dice -. Anche a me piacerebbe fermare i violenti. Il problema è che i violenti sono i caschi blu. Noi non cerchiamo lo scontro, a nessuno piace rischiare la pelle». Le ragioni della protesta, dice, sono ben altre: «I referendum l’hanno dimostrato. Non siamo più disposti a vendere la nostra vita, per di più al ribasso. La Tav è un progetto vecchio di vent’anni, costosissimo, e nessuno tra i suoi sostenitori ha mai risposto alle critiche lucidissime avanzate dalla gente ma anche da tanti tecnici. Alle richieste di dibattito pubblico hanno sempre risposto con il mantra generico del “progresso”. Il vero assedio lo fanno loro».

 

Messaggero Veneto

05/07/11

No Tav, manifestanti anche dalla città Ugl: ora leggi speciali

 

 

Aderenti a Iniziativa libertaria hanno partecipato domenica alle manifestazioni “no Tav” in Val di Susa. «Ci hanno raccontato – afferma una nota del gruppo – di candelotti con gas cs, bandito ovunque e considerato cancerogeno ma utilizzato solo in Italia, di candelotti sparati ad altezza d’uomo, da proiettili di gomma rivestiti d’acciaio, di aria satura ed irrespirabile e ancora di una ragazzo gravemente ferito per essersi preso un lacrimogeno al fianco. Con la violenza lo Stato ha tentato di terrorizzare tutti ma non c’è riuscito. A solo una settimana dall’invasione dei 2 mila soldati, domenica c’è stata un’altra memorabile lotta dei resistenti valligiani che applaudivano dai cavalcavia i giovani che rischiavano rispondendo con il coraggio ai “robocop” senza cuore e smentendo chi ha tentato da subito di dividere in buoni e cattivi. Questo – conclude la nota – è il “vento nuovo”, l’unico, che noi sentiamo e sosteniamo». Di diverso parere l’Ugl della Polizia di Stato che chiede, invece, di procedere per tentato omicidio contro gli autori delle violenze sulle forze dell’ordine. «Ci troviamo di fronte non più ad una situazione di ordine pubblico – afferma il vice segretario nazionale Raffaele Padrone – ma ad un vero e proprio assalto all’uomo in divisa, che non possiamo più affrontare con i mezzi attuali se non a costo di numerosi feriti e con il rischio di avere delle vittime. A fronte degli oltre 150 feriti in pochi giorni, chiediamo di “militarizzare” il territorio e di usare leggi speciali che consentano il proseguimento dell’opera. Bisogna inoltre intervenire fermando all’origine i gruppi sovversivi come per i tifosi violenti degli stadi con apposite leggi visto che, come dimostrato, i violenti sono sempre gli stessi già denunciati in passato e mai domi dal compiere reati».

 

04/07/11

Scritte anti-Tav lungo il ring

 

Vai a capire le forme della solidarietà: per sostenere la lotta anti-Tav in Val Susa e salvare l’habitat dall’alta velocità, hanno imbrattato i muri a Pordenone. La sigla dell’anarchia, è stata fissata con lo spray sulla facciata di una casa che affaccia sul ring, di fronte al parco Galvani. Ma le paternità, in questi casi, sono difficili da stabilire. «La lotta no-Tav è la nostra lotta: in Piemonte e in Friuli». Dopo i presidi in Val di Susa, quello di Pordenone aveva alzato le bandiere in città, con Iniziativa libertaria e Cobas in piazzetta Cavour. Hanno detto no, in 150 minuti di sit-in, all’alta velocità ferroviaria a forte impatto ambientale. «Solidarietà alla Val di Susa che lotta contro la Tav – era in piazza Stefano Raspa con anarchici e Comitati di base -, a Piomonte e Chiomonte. Se riaprono i cantieri, il disastro potrebbe arrivare anche nella Bassa friulana sull’asse Venezia-Trieste attraversando il Carso e lambendo, forse, alcuni paesi del Sanvitese. L’alta velocità è insostenibile sotto il profilo geologico: il caso Mugello, insegna»

 

Gazzettino di Pordenone

Martedì 5 Luglio 2011,

«Noi al fronte dei No Tav»

Quattordici persone da Pordenone alla manifestazione in Val di Susa

C’erano anche quattordici pordenonesi domenica in Val di Susa, arrivati a Venaus alcuni già il sabato mattina alle 5, altri nel pomeriggio dello stesso giorno. Raccontano di un serpentone umano unitario e solidale; negano l’immagine passata dai media che vorrebbe due cortei divisi, l’uno buono, l’altro violento animato da black bloc.
Sono in due a parlarne: Emiliano Marra e Gianluca Greco, che assieme agli altri dodici, tutti vicini al movimento di Iniziativa Libertaria, sono partiti per il Piemonte. Dicono di non aver partecipato agli scontri violenti, ma dalla strada principale che va a Chiomonte, stando in mezzo del corteo, hanno visto quanto accadeva nei boschi e poi attorno alla centrale elettrica.
«Nessuna organizzazione squadrista o militarizzata – affermano – È stata una reazione violenta dopo gli sgomberi di lunedì 27. Abbiamo assistito alle riunioni di sabato sera, gli aspetti organizzativi riguardavano solo come strutturare il corteo».
Parlano di una “mitologia dei black bloc”, descrivono una guerriglia continua, a volto scoperto, nei boschi a partire già dalle 11 di domenica per creare un diversivo e distogliere l’attenzione delle forze dell’ordine e poi alla centrale, dalle 15, dopo che il grosso del corteo era già sceso verso il paese.
«Al mattino al bivio per Ramats – spiega Marra – gli organizzatori davano indicazioni su come il corteo si sarebbe sviluppato. Chi avesse voluto, sarebbe potuto salire nei boschi, ma solo chi era attrezzato con scarpe da montagna. Quanto alle maschere antigas, quelle che ho visto erano delle semplici protezioni bianche in plastica, forse una seria con il doppio filtro. Bombe carta, spranghe o sassi, c’erano, ma vanno ricondotti a iniziative individuali; la cosa più falsa é che ci sia stato un assetto paramilitare».
Spiegano come si é sviluppata la manifestazione, di come i valsusani fossero compatti: «Sono persone che hanno già perso tutto e che non hanno protestato contro i manifestanti violenti». Bambini, anziani, cattolici militanti, addirittura gruppi di preti e suore raccolti in alcuni momenti anche di preghiera, sindaci dei Comuni della Valle, gli anarchici piemontesi, tutti nel corteo principale, sul ciglio della strada a mangiare e «a osservare le traiettorie di lacrimogeni, i cui fumi arrivavano a centinaia di metri, ma anche di proiettili di gomma. Con gli organizzatori che ci distribuivano acqua e limoni da spalmarsi addosso per lenire gli effetti del gas lacrimogeno Cs».
Intanto ieri sera qualche decina di persone ha manifestato a Trieste contro il progetto dell’alta velocità in segno di solidarietà con i movimenti «No Tav» del Piemonte. La manifestazione si è svolta pacificamente ai piedi del municipio in Piazza dell’Unità d’Italia. I partecipanti hanno sventolato le bandiere No Tav e scandito slogan contro l’inutilità dell’opera infrastrutturale.
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