Repubblica 6 giugno
Nucleare, i Verdi: “Governo vuole mini reattori”
IL CASO
“Ci proveranno con i mini-reattori”
di CORRADO ZUNINO
ROMA – Ne sono convinti i Verdi: il governo italiano non ha intenzione di mollare sul nucleare. Il partito ambientalista ha prodotto un dossier per dimostrare come negli ultimi 75 giorni – dall’annuncio di una moratoria sul nucleare ad oggi, vigilia della decisione della Corte costituzionale sul referendum sull’atomo – i ministri di Silvio Berlusconi abbiano continuato a lavorare con due missioni successive: riuscire a fermare la consultazione popolare e riproporre, quindi, una versione meno aggressiva di sviluppo nucleare. Un vero e proprio Piano B, quello che viene etichettato come “opzione americana”.
Il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, presentando il dossier, dice: “Gli ardori atomici dell’esecutivo non si sono placati. C’è un fatto indicativo: nelle stesse ore in cui è stata annunciata la moratoria, il 24 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato un secondo decreto sulla localizzazione delle centrali con le correzioni necessarie dopo la prima bocciatura della Consulta”. Ci sono diversi elementi, sostiene il dossier, che portano a credere che l’accordo nucleare del 24 febbraio 2009 tra Berlusconi e Sarkozy, benedetto a Villa Madama dall’Enel e dalla francese Edf, oggi non sia più cemento armato, che l’attività di lobbying di alcuni ministri sia tornata forte e che nel grande business del nucleare italiano (30 miliardi di euro) possa rientrare il gruppo Westinghouse-Ansaldo.
Il documento di scenario prodotto nel 2009 dal Politecnico di Milano e dall’Enea per conto del ministero
per lo Sviluppo economico prendeva in considerazione due ipotesi di “nucleare classico” (l’Epr dei francesi di Areva, poi vincitori, e l’Ap1000 degli americani di Westinghouse), più una terza possibilità di nucleare sperimentale: i reattori modulari sviluppati da Iris, consorzio a guida ancora Westinghouse. Tra gli estensori di quello scenario c’era il professor Marco Enrico Ricotti, successivamente diventato membro dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. “Iris”, nucleare minore, avrebbe diversi vantaggi: è più economico, si adatta all’orografia del nostro paese, necessita di reti di trasmissione elettrica di medie dimensioni e di una quantità limitata di acqua per il raffreddamento. Nel mondo, da qui al 2020, sono previsti venti reattori Iris su dieci siti.
Ecco, il mininucleare – fuorigioco in Italia sul piano politico-industriale fino alla scorsa primavera – torna alla ribalta otto giorni dopo la tragedia di Fukushima. Umberto Veronesi, capo dell’Agenzia per la sicurezza (la stessa del professor Ricotti), il 19 marzo afferma: “Molti si domandano se il modello delle centrali nucleari di grossa taglia, come sono oggi tutte quelle del mondo, sia da continuare a realizzare, oppure se non è opportuno considerare l’adozione di reattori più piccoli e modulari: una rete di minireattori. Alcuni di questi sono già in produzione e dovremo studiarne a fondo le caratteristiche e la fattibilità”. Serve un passo indietro per capire. L’ex ministro Claudio Scajola, che attraverso il suo potente direttore Sergio Garibba aveva garantito la corsia preferenziale al gruppo francese Areva portandolo all’accordo di Villa Madama, cercò di frenare presto la forte disapprovazione di Ansaldo, sconfitta. E nel settembre 2009 firmò una dichiarazione di collaborazione commerciale con il ministro dell’Energia americano “per favorire sui mercati internazionali Westinghouse e Ansaldo e garantire spazio all’Ap1000 nel programma italiano”. Suggellò l’accordo bis Francesco Mazzuca, commissario della Sogin (smantellamento delle vecchie centrali), già presidente di Ansaldo nucleare.
Secondo i Verdi, seguendo questo filo ci si rende conto che gli americani non sono mai usciti di scena. Da una parte, l’8 marzo scorso, tre giorni prima di Fukushima, Westinghouse annuncia un accordo con Endesa (società controllata da Enel) per uno scambio di informazioni in materia di Ap1000 (“gli interessi Usa in Italia riescono a influenzare rapporti già consolidati come quelli tra Enel e Areva”, dice il dossier). Dall’altra, il ministro degli Esteri Franco Frattini “vuole fortemente” l’appuntamento “Global Energy” (il 29 marzo a Washington) con i vertici di Ansaldo nucleare e Westinghouse. Chiudono i Verdi: “Con l’uscita di scena di Scajola e del potente Garibba l’asse politico del nucleare si è spostato verso gli Usa”. Il sottosegretario Letta e il ministro Frattini – sostengono sempre i Verdi – appoggerebbero il Piano B che consentirebbe l’introduzione in Italia di un nucleare meno invadente: i mini-reattori Iris.
(06 giugno 2011)
———————-
i francesi vogliono uscire dal nucleare
Meno sette giorni al referendum. Nella capitale mondiale del nucleare, prevalgono gli antinucleari: il 77 per cento dei francesi si dichiara favorevole a una uscita progressiva dall’energia atomica. Lo testimonia un sondaggio pubblicato sul Journal du Dimanche e condotto dalla Ifop, dopo l’annuncio tedesco del piano di chiusura delle centrali nucleari. Il 62% degli intervistati vuole l’abbandono progressivo “in 25-30 anni” del programma nucleare nazionale, il 15% è favorevole a una uscita immediata, mentre il 22% si è pronunciato a favore della costruzione di nuove centrali e l’1 per cento non si pronuncia. In Francia il 74 per cento dell’elettricità viene dalle centrali nucleari.