Si è svolta questa mattina in prefettura a Gorizia l’apertura delle buste delle offerte per il nuovo appalto per il CIE e il CARA per i prossimi tre anni. Una torta da 15 milioni di euro e ben otto le offerte presentate (Coop. Minerva, Connecting People, Ordine di Malta e l’ass. cult. Acuarinto di Agrigento sono quattro le altre ancora non le sappiamo). Una decina di antirazzisti/e (anarchici e pacifisti) ha deciso che era l’occasione giusta per ricordare cos’è il luogo per cui in tanti si affannano per averne la gestione. Come scritto sul sito della prefettura l’apertura delle buste era pubblica , peccato che… |
… dopo essere entrati (e aver dato i propri documenti come tutti/e) la responsabile della commissione esaminatrice, Dottoressa Gloria Allegretto, ha detto che la sala “era troppo piccola” per cui per “lavorare meglio” potevano entrare solo coloro che avevano un “interesse soggettivo” ovvero le ditte in gara e che l’interesse pubblico era già garantito dalla commissione stessa. Per prima cosa gli antirazzisti hanno contestato questo arbitrio chiedendo che la cosa venisse scritta nero su bianco ovvero che i singoli non potevano assistervi, ovviamente la cosa è stata negata. A quel punto gli attivisti hanno tirato fuori dei cartelli (vedi foto) con le immagini di alcuni reclusi che nello scorso novembre si erano cuciti la bocca per far vedere concretamente cos’è un CIE. Subito dopo gli antirazzisti hanno “tolto il disturbo” urlando “vergogna”, “andate a fare un lavoro dignitoso invece di diventare aguzzini”, “tanto gli immigrati ve lo sfasciano di nuovo quel lager”. Anche se la totale -e strana- assenza dei giornalisti ha fatto sì che la contestazione non sia stata riportata dai media è stato importante essere presenti per far capire agli aspiranti aguzzini che i movimenti continuano la loro lotta contro i centri di internamento. |
Aggiornamento del 2 febbraio, ora si sanno i nomi di chi ha partecipato al bando.
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Messaggero Veneto del 01/02/11
Gestione Cie-Cara, in ballo 15 milioni
GRADISCA. Sale l’attesa per l’apertura delle buste relative alle offerte per il bando di gara per la gestione del Cie-Cara. Il termine per presentare la documentazione è scaduto ieri e stamane, alle 10, la commissione di valutazione, costituita con decreto del prefetto, procederà all’apertura dei plichi estraendo le tre buste (“offerente-documentazione”, “offerta tecnica” e “offerta economica”) in seduta pubblica. In ballo c’è una “torta” di 15 milioni di euro, un importo che tiene conto della media dei costi di gestione delle due strutture negli ultimi tre anni e determinato dal prezzo per la fornitura dei beni e per l’espletamento dei servizi e dell’esecuzione della manutenzione ordinaria, rapportato alla capienza del Centro d’identificazione ed espulsione e del Centro richiedenti asilo (rispettivamente 248 e 138 posti) moltiplicato per trentasei mensilità.
I servizi richiesti sono l’assistenza alla persona (mediazione linguistica, assistenza legale, sanitaria e psicologica, l’organizzazione del tempo libero degli ospiti), la pulizia e l’igiene ambientale, la fornitura del vestiario e dei pasti.
L’appalto per la gestione dei due centri ha la durata di tre anni e avrà inizio il 1º marzo 2011. Sul tema del bando di gara per la gestione di Cie e Cara interviene intanto l’associazione “Tenda per la pace e i diritti”, che in una nota punta il dito contro gli enti che hanno presentato l’offerta e ribadisce la totale contrarietà al Centro d’identificazione: «La struttura di via Udine ha aperto con la gestione di una cooperativa sociale – si legge nel testo –, è proseguita con quella di un intero consorzio di cooperative sociali e oggi vediamo correre per la gestione anche associazioni culturali fra le cui attività vi sono laboratori di teatro, cineforum, spazi di aggregazione e accoglienza, tutto in chiave multietnica. Non crediamo possibile che a oggi, dopo anni di apertura dei Cie (prima Cpt), ci sia chi pensa di poter trasformare, attraverso una gestione umana e sociale, questi luoghi di detenzione in luoghi di accoglienza o di rispetto dei diritti umani. Cinque anni di apertura hanno dimostrato anche sul nostro territorio la violenza strutturale dei Cie al di là di chi li gestisce».
Non manca un accenno al “business” per 15 milioni di euro: «In tempi di crisi, si sa, fanno gola – recita il comunicato –, ma in tempo di crisi i cittadini dovrebbero pretendere che cifre del genere venissero impiegate sui territori per servizi essenziali per tutti e politiche di vera accoglienza e integrazione». (gi.pi.)