Il Piccolo, 15 luglio 2010
Indagini poco ortodosse, tre carabinieri a giudizio
Nel mirino varie operazioni anti-droga. A processo anche il maresciallo Monagheddu
di LAURA BORSANI
Sette rinvii a giudizio e tre condanne: è questo il pronunciamento del Giudice per le indagini preliminari Paola Santangelo del Tribunale di Gorizia in relazione all’inchiesta legata a metodi di indagine adottati in alcune operazioni anti-droga, e ritenuti ”poco ortodossi”, dai carabinieri del Nucleo operativo radiomobile. L’inchiesta nell’aprile dello scorso anno aveva quasi ”decapitato” il vertice della Compagnia di Monfalcone. Il rinvio a giudizio riguarda il comandante del Norm, maresciallo Domenico Monagheddu, attualmente sospeso dal servizio, e i suoi sottoposti Nicola Di Tria e Giuliano Giacobbi. Andranno a dibattimento anche quattro ”collaboratori” dei carabinieri, orbitanti nel mondo della droga, Mara Zambon, 37 anni nata a Monfalcone e residente a Turriaco, Ivano Tiburzi, 32, residente a Grado, e Roberto Paronitti, 29, di Monfalcone. A processo, inoltre, l’avvocato Alessandro Ceresi, in relazione ad un presunto episodio di favoreggiamento.
È stato invece condannato, con rito abbreviato, il 22enne operaio Bruno Esposito, il principale accusatore del maresciallo del Norm: la pena è di 2 anni e 9 mesi, oltre a 14mila euro di multa. Dieci mesi con la condizionale per la moglie Corrada Rossitto, 20 anni, incensurata. Il Gup ha altresì concesso a entrambi le attenuanti generiche escludendo, nei confronti di Esposito, l’aggravante della ”recidiva infraquinquennale”: il 22enne, infatti, è in carcere a Gorizia in relazione alla rapina ai danni del tassista monfalconese Daniele Pilutti. Ha infine patteggiato, martedì, Nadia Khribech, 43 anni, residente a Monfalcone: la pena è di due anni.
Sette imputati, dunque, all’avvio del processo che il giudice ha fissato per il 17 febbraio 2011. Rinvii a giudizio, ma anche capi di imputazione archiviati. Sei nei confronti del maresciallo Monagheddu, per i quali il Gup ha dichiarato il «non luogo a procedere». Dei 44 capi di accusa originari, si è scesi ai 28 attuali a carico del comandante del Norm, considerando il proscioglimento da una decina di ”accuse” già richieste dal Pubblico ministero. Restano le ipotesi di accusa per minacce e istigazione a commettere reato, calunnia, falso ideologico, e le accuse in ordine all’acquisto, vendita e cessione di stupefacenti, in relazione agli scambi di droga simulati da parte del maresciallo e dei suoi uomini del Norm, avvalendosi dell’intervento dei ”collaboratori”. Sostanzialmente, si tratta delle accuse espresse proprio da Bruno Esposito, oltre a quelle di Mara Zambon e di Claudio Boscarol. I carabinieri Nicola Di Tria e Giuliano Giacobbi sono stati invece prosciolti dal reato di minacce per non aver commesso il fatto.
Commenti chiaramente opposti, dai legali difensori dei due principali ”protagonisti” di questo procedimento, il capo del Norm e il suo principale accusatore.
«Dei 44 capi di imputazione originari, siamo scesi ai 28 attuali – ha dichiarato l’avvocato Gianni Morrone, che difende Monagheddu -. Sono di fatto rimaste in piedi accuse che è doveroso affrontare in sede dibattimentale, proprio al fine di dimostrarne l’infondatezza, ma anche di comprovare la stessa credibilità del mio assistito. Sono, comunque reati apparentemente numerosi poichè consequenzialmente collegati, ma sono relativi in realtà ad un unico episodio».
L’avvocato Ottavio Romano, che tutela Esposito e la moglie Rossitto, ha invece osservato: «Il giudice ha ritenuto credibili le dichiarazioni dei miei assistiti, l’impianto accusatorio è pertanto confermato in pieno. Accogliendo le attenuanti generiche e respingendo l’aggravante della ”recidiva” per Esposito, ha inoltre riconosciuto che la collaborazione dimostrata è stata importante e meritevole». Il legale che per i suoi assistiti aveva richiesto il proscioglimento preannuncia ricorso in Appello: «Intendo insistere sul fatto che i miei assistiti hanno agito indotti dallo stato di necessità legato alle minacce ricevute».