Il gatto e la volpe: un articolo di Luigi Sertorio sul nucleare in Italia

Il gatto e la volpe

Luigi Sertorio il 02/03/09

Una parte del testo in audio

Prof. Luigi SertorioDa alcuni giorni ricevo chiamate telefoniche e mail di amici e amiche costernati e sdegnati per le notizie televisive, gli articoli, le interviste in favore delle proposte del governo sul ritorno delle centrali elettronucleari in Italia. Cerco di capire da cosa nasca questa mestizia o perplessità diffusa e credo di poter dire che ciò può essere interpretato come un segnale buono, e spiego perché.

Oramai moltissimi cittadini, dai lavoratori dipendenti disoccupati ai benestanti a rischio di perdita del benessere, vedono che la fede che nutrivano nell’economia consumista si sta trasformando in sfiducia grave. La fede che dal grande mondo che ci circonda emergano sempre nuove risorse, sempre nuove occasioni da sfruttare onde curare i nostri mali locali, i nostri errori, la nostra insipienza, è svanita: stanno male anche in USA, dove vivono gli uomini liberi e democratici, stanno male anche in Cina, dove vivono gli uomini ubbidienti comunisti. La vita del sistema globale è dura, non fa regali. Come è possibile che il governo prometta energia facile, sicura, a basso costo e quindi, in virtù dell’equazione “energia uguale consumo uguale soldi”, prometta scenari di felicità ventura? Quale è il buon segnale?

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Che Pinocchio si è fatto furbo e non crede al gatto e la volpe che gli propongono di marinare la scuola e partire per il paese dei balocchi. Il gatto è l’agile presidente del consiglio che decide, la volpe è il gruppo di illustri scienziati inaspettatamente filonucleari che garantiscono, e i balocchi sono i dieci o venti gigawatt elettronucleari che ci aspettano, sono lì dietro l’angolo fra dieci anni.

Incominciamo a parlare della volpe, gli illustri professori universitari indulgenti o apertamente filonucleari. I loro interventi sono fondati su testi universitari di fisica e tecnologia nucleare e su rapporti ufficiali declassificati, ossia spurgati dalle informazioni sensibili dal punto di vista della progettualità militare o della protezione finanziaria, quelle che i governi tengono per sé, e dunque dicono cose ben note che rientrano nell’ortodossia scolastica: la verità “ex libris” che faceva infuriare Galileo. Vero che gli ingegneri nucleari di anno in anno perfezionano i loro progetti nella direzione della sicurezza; vero che i reattori autofertilizzanti e subcritici sono un interessante campo di ricerca ben nota fin dal tempo di Fermi e tuttora in attesa di conclusione, la cosiddetta “IV generazione”; e infine è noto ai geologi da alcuni secoli, non da ieri, che i depositi di sale sono in generale siti geologici testimoni di grande stabilità fisico-chimica. Tutto ciò sulla carta è inattaccabile e chi lo dice fa bella figura accademica. Ma questa è l’informazione “permessa” non è quella “importante”.
Questa distinzione è chiara per taluni esperti ma ora sta entrando intuitivamente nella mente di molti. Molti incominciano a capire che l’eccellenza scientifica in un certo campo è bene che continui a esercitarsi là dove è nata e dove è garante di sé stessa.

Passiamo al gatto. Molti incominciano a capire che vincere le elezioni non coincide con capire la realtà internazionale. Le domande importanti sono molto lontane dalle promesse facili. E’ vero che fra dieci o vent’anni i nostri figli saranno affrancati dalla dipendenza dal petrolio comprato all’estero? Dove sono le risorse uranifere sul territorio italiano, quelle che ci daranno il benessere autarchico prossimo venturo? Se fosse vero che l’Italia ha tali risorse perché il nostro paese non ne è mai stato esportatore? Chi pagherà la costruzione delle raffinatissime nuove centrali elettronucleari? Lo Stato italiano, cioè noi cittadini laboriosi.
Verso quale Stato straniero possessore di miniere di materiale uranifero e militarmente potente, tale da imporsi come unico gestore del processo di arricchimento isotopico, saranno versati i soldi dei futuri cittadini italiani utenti del servizio elettronucleare? Chi sa prevedere quale sarà il costo del combustibile nucleare fra molti decenni, in tempi ben lontani dalla responsabilità del nostro governo attuale, costo che dipenderà da imprevedibili squilibri e tensioni internazionali nelle quali l’Italia sarà, come oggi, paese spettatore ma non attore? Abbiamo finalmente capito che il costo del barile di petrolio non dipende dalle leggi della fisica né dalla reale vita di lavoro dei singoli cittadini, ma da eventi come guerre di invasione e controllo sui paesi ricchi di giacimenti o alternativamente capovolgimenti violenti di governi, mirati agli stessi propositi avventurosi di possesso. Perché mai il costo del grammo di uranio dovrebbe essere stabile e pacifico? Pacifico? Dal processo di arricchimento necessario per le centrali elettronucleari vien fuori l’uranio impoverito che si usa per fare i proiettili perforanti, usatissimi nelle “missioni di pace”, appunto. I filonucleari ci mostrano i depositi sotterranei dei residui radioattivi nello stato americano del Nevada; andranno laggiù le nostre scorie? Certamente non saranno affidate alla camorra, o almeno vogliamo ben credere, ma saranno rigorosamente e responsabilmente protette per sempre. Gli abitanti del Nevada le scorie non le vogliono e cercano con tutte le loro forze di difendersi politicamente, ma non lo si dice. Tale ricovero avverrà forse gratis in virtù di qualche ipotetico trattato internazionale? All’opposto pagheremo l’affitto del sito (da trovare) per un tempo indeterminato, ma non lo si dice.

E infine la domanda più importante. Chi può dimostrare con ragionevole credibilità che il PIL italiano fra quarant’anni sarà sostenuto da dieci o venti gigawatt di erogazione elettronucleare, chi ha fatto tali calcoli? Suvvia, quale ministro delle finanze al mondo sa fare tale previsione? O sono semplici estrapolazioni a partire dal ben poco glorioso consumismo attuale che ha concentrato il denaro in poche mani e impoverito le nazioni fino al punto del collasso che è in atto? Non parlateci di “nucleare” e di “rinnovabili” a sostegno dell’utopia del consumismo, parlateci di “non consumismo” cioè della realtà.
I cittadini vogliono capire se chi li governa sa rispondere a queste domande che riguardano il futuro della vita democratica. E non hanno strumenti per esigere queste risposte. Di qui il malessere, la ribellione, e il pericoloso distacco fra cittadini pensanti e istituzioni.
Ma forse questo è un bene: Pinocchio volta le spalle al gatto e alla volpe e decide di tornare a scuola. Parliamo dunque della scuola. Se la lasciamo vivere vediamo che ha tanto da insegnarci. Nella rete interconnessa delle università di tutto il mondo la comprensione del meccanismo della fotosintesi è avanzata enormemente rispetto a ciò che si sapeva nei primi decenni del novecento; la fotosintesi è la realizzazione naturale del concetto di lavoro fotochimico. Del flusso dei fotoni provenienti dal Sole ciò che non va in lavoro va in calore e dal calore partono i venti le correnti oceaniche e tutta la macchina del clima. Di ciò che dico si sannno dare valutazioni numeriche frutto di geniali intuizioni teoriche e raccolta di dati sperimentali molto raffinati da circa vent’anni. Gli scienziati stanno capendo come funziona l’ecosfera terrestre. Pinocchio ha tantissimo da studiare. La potenza estraibile dal flusso solare e incanalabile nelle attività della società umana è oggetto di studio quantitativo, non solo più di generica contemplazione. Da lì si deve partire per valutare la “portanza” dell’ecosistema, cioè la potenza da distribuire fra tutti i membri della biosfera e questo lo stiamo capendo nel silenzio del lavoro di fisici e biologi. Non si tratta di stravaganze ma di un filo conduttore del pensiero scientifico che parte dal tempo di Lucrezio, e poi Darwin, fino ai grandi passi della biologia molecolare che è figlia della meccanica quantistica e in quanto tale sorella gemella della fisica nucleare e dell’astrofisica. Quando progettiamo le abitazioni, le attività produttive, i trasporti di una società energeticamente a zero energia fossile stiamo usando esattamente queste conoscenze. Questo è un patrimonio reale enorme, utilizzabile subito, ma non lo usiamo perché la società drogata dal consumismo motorizzato dal consumo di energia fossile non vuole vederlo.

L’identificare denaro e consumo di una risorsa sotterranea invisibile, sulla quale è facile mentire, è proprio ciò che ha creato il denaro irreale, cioè la confusione economica presente. I pochi che detengono il potere per creare una cintura protettiva al denaro irreale si difenderanno durissimamente. La transizione di Pinocchio alla vita adulta può essere molto dolorosa per questo motivo.

Prof. Luigi Sertorio[*] – Università di Torino