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STUDENTI: scuole in subbuglio a Trieste

da La Repubblica

Quegli indignados che occupano le scuole

Quegli indignados che occupano le scuole Il liceo Petrarca a Trieste

Sei occupazioni di mezza mattina, a Trieste. Duecento studenti del Coordinamento unito scuole Trieste hanno preso all’alba sei istituti superiori e le relative succursali: dodici scuole su diciassette. C’erano classici, scientifici, tecnici commerciali, il nautico. E’ arrivata la Digos, aiutata dai pompieri. Ha manganellato un po’, ferito un minorenne e alle dieci e trenta le classi sono tornate sgombre.

Solo al “Galvani” si è protratta la serrata dei ragazzi, asserragliati all’ultimo piano, ma la polizia ha trovato un varco dalla finestra. Finita la festa. Al Nautico hanno fatto pulire agli studenti le aule violate. È rimasto occupato un liceo in lingua slovena, questo non è stato attaccato dalla polizia. Ragioni diplomatiche.

A Cosenza i ragazzi di alcuni licei e alcune magistrali sono acampados nelle loro aule da tre giorni. L’aveva detto il movimento studentesco: “Il 15 ottobre con la sua violenza ci ha ricacciati indietro, ma noi torniamo a manifestare per conto nostro”.

Se l’unità dei movimenti non è possibile, se gli uniti per l’alternativa non riescono a tenere insieme centri sociali dialoganti e conflittuali, i licenziati del Sud restano distanti e distinti dai precari del Nord, allora il movimento studentesco torna da dove era partito tredici mesi fa: le occupazioni delle scuole. La stagione si rinnovava, allora, contro la legge Gelmini, oggi gli studenti si ispirano e rilanciano il movimento mondiale degli indignados. Già, indignados, loro, per le aule

cadenti in cui studiano e ora occupano.

Contro il fallimento del 15 ottobre di piazza si riparte con una stagione di nuove occupazioni. “Ci hanno buttato fuori dalle scuole, ora noi ci prendiamo tutta la città”, dicono a Trieste. Quelli dell’Udu, moderati di sinistra, venerdì saranno sotto il ministero dell’Istruzione: contro i tagli alle borse di studio. Venerdì 4 novembre si annuncia come una nuova giornata calda. Trenta cortei sono previsti, tra l’altro, a Torino, Milano, Roma, Bari, Genova, Cosenza, Pisa, ancora Trieste. E sit-in e nuove accampate. Nella giornata delle forze armate, si chiederà il taglio delle spese militari e il parallelo finanziamento del diritto allo studio e dell’edilizia scolastica. La lettura della lettera presentata in Europa dal premier, poi, ha fornito nuovo carburante al movimento studentesco: aumento delle tasse universitarie, libertà di licenziamento, privatizzazioni. “È la nostra generazione l’agnello sacrificale che Berlusconi ha portato sull’altare dell’Unione europea.

Il 9 novembre nelle città d’Italia mobilitazioni, assemblee, flash mob (ancora per l’edilizia scolastica e l’insufficienza di alloggi per gli studenti universitari). Il 17 novembre sarà la giornata internazionale del diritto allo studio, e lì le sigle studentesche saranno di nuovo insieme.

(26 ottobre 2011)

 


 

Da Il Piccolo

MARTEDÌ, 25 OTTOBRE 2011

Protesta, altre scuole in assemblea

Studenti riuniti oggi al Nordio, Oberdan e Deledda. Autogestione finita al Volta

Continua l’agitazione degli studenti delle scuole superiori triestine, anche se le proteste del Volta e del Galvani sembrano ormai essersi concluse. Ieri infatti, dopo una settimana di autogestione, le lezioni sono riprese regolarmente al Volta. «Abbiamo iniziato troppo presto rispetto agli altri istituti – commenta uno studente – e il risultato è stato che tra di noi ci siamo ritrovati disuniti». Tanto che, come spiega la dirigente scolastica Clementina Frescura in una circolare, sono stati gli studenti stessi a convenire sulla necessità di concludere l’esperienza dell’autogestione. «Ai ragazzi – recita la circolare – ho offerto la possibilità di usufruire di alcuni locali della scuola in orario pomeridiano (da concordare di volta in volta) per perfezionare gli eventuali documenti che intendessero presentare alla stampa e ai rappresentanti politici». La fine dell’autogestione sembra avvicinarsi anche al Galvani dove, come al Volta, la protesta è incominciata lunedì scorso. Racconta uno studente dell’istituto: «La preside ci ha proposto questa formula: cinque ore scolastiche normali, la sesta ora assemblea straordinaria, e, per chi ha la settima ora, una lezione normale senza verifiche ed interrogazioni». La risposta degli iscritti dovrebbe arrivare oggi. Il fatto che si stia esaurendo al Volta e Galvani, però, non significa che la protesta in sé sia al capolinea. Il “virus” dell’autogestione potrebbe contagiare altre scuole, sebbene – va precisato – non tutte. «C’è stata un’assemblea degli studenti del liceo Preseren – annuncia la preside Loredana Gustin -, e mi hanno comunicato che probabilmente da domani (oggi ndr) ci sarà l’occupazione di una parte della scuola». Assemblea straordinaria sempre ieri anche allo Slomsek, dove oggi potrebbe iniziare l’autogestione. Nelle prossime ore sono previste assemblee straordinarie anche al Nordio, Deledda e Oberdan. Clima diverso, almeno per il momento, in altri istituti. «La Digos mi ha telefonato subito dopo l’autogestione del Volta – osserva la dirigente del Fabiani Delia Bloise – dicendomi che eventuali occupazioni sarebbero state sgomberate subito. Ma da noi la situazione è tranquilla». «Anche da noi procede tutto in maniera regolare», le fa eco Egle Brancia riferendosi a Da Vinci, Carli, e Sandrinelli. Nulla da segnalare fino ad ora nemmeno al Nautico, Galilei, Dante, Carducci, Petrarca, Ziga Zois e Stefan. Ma le novità potrebbero arrivare da un momento all’altro: le proteste studentesche sono appena incominciate e, come concordano professori e studenti, l’effetto domino è sempre in agguato. Della questione si è occupato anche il consigliere provinciale della Lega Paolo Polidori che, in un’interpellanza, ha chiesto alla presidente Bassa Poropat «quali misure intende intraprendere al fine di salvaguardare l’integrità delle strutture e delle attrezzature degli istituti scolastici provinciali» messi a rischio, a suo giudizio, da eventuali occupazioni. Giovanni Ortolani

STUDENTI TRIESTE: stroncati i tentativi di occupazione

Scuole, occupazioni stroncate sul nascere

La Digos è intervenuta all’alba per far sgomberare Carli, Nautico, Petrarca, Galvani, Da Vinci, Sandrinelli, Oberdan

Ieri la maggior parte degli studenti, dopo aver seguito assemblee e lezioni autogestite, è tornata a casa per cena. Gli iscritti del Max Fabiani, invece, hanno trascorso la notte a scuola. Una forma di occupazione illegale? Tutt’altro. Negli spazi dell’istituto di via Monte Grappa, infatti, i ragazzi non saranno da soli (in quel caso sì, la protesta sarebbe stata illegittima). A vigilare su di loro ci sarà un professore di economia, Pietro Bellino, che con la sua presenza terrà i ragazzi lontani dal rischio sgombero. «Non avevamo alcuna intenzione di violare le regole – spiega Desirè De Monte, rappresentante d’istituto -. Ci siamo quindi informati sulle strade che avremmo potuto percorrere per rimanere nella legalità, scoprendo che la presenza di un docente o di un bidello avrebbe reso lecita la nostra presenza di notte. Aver trovato un professore che ci appoggia e crede nelle nostre motivazioni, ci ha permesso quindi di dare corpo all’idea, approvata anche dalla preside». Al Max Fabiani, quindi, le luci sono rimaste accese anche di notte. Al Dante e al Carducci, invece, si sarebbero accontentati di restare a scuola al pomeriggio. «Invece quell’opportunità ci è stata negata – racconta Tommaso Gandini -. Nonostante l’accordo preso con la preside, abbiamo trovato le porte sbarrate e ci siamo sentiti dire “possono entrare solo i maggiorenni, gli altri devono avere l’autorizzazione dei genitori…”.

di Maddalena Rebecca Qualcosa, anzi molto, è cambiato. Non tanto nella scelta degli alunni di dar vita a forme di protesta più o meno plateali – prevedibili e attese in questo periodo dell’anno -, quanto nella risposta che tali iniziative hanno suscitato. È bastato infatti mettere in circolo la parola “occupazione” per innescare una reazione quanto mai ferma e decisa da parte delle forze dell’ordine. Una netta politica di tolleranza zero verso ogni forma di passaggio considerato illegale e, quindi, inammissibile. La prova si è avuta ieri fuori dai cancelli di numerosi istituti superiori: dal Da Vinci all’Oberdan, dal Nautico al Carli, dal Petrarca al Sandrinelli. I gruppetti entrati a scuola già all’alba per prendere possesso di aule e palestre, sono stati fatti fisicamente sgomberare dagli agenti della Digos. Agenti – e qui sta il netto cambio di registro rispetto al recente passato – intervenuti non su sollecitazione dei dirigenti scolastici, ma in virtù di uno specifico ordine diramato dal questore. «Io ho saputo di questa direttiva un paio di settimane fa – spiega la preside del Max Fabiani Delia Bloise -. Non ho partecipato a riunioni, mi è stata comunicata telefonicamente l’esistenza di un nuovo obbligo: mentre prima i dirigenti scolastici decidevano secondo la propria discrezionalità come agire, ora sono tassativamente tenuti a segnalare le proteste e a chiedere lo sgombero». Ieri, peraltro, non c’è stato nemmeno bisogno delle segnalazioni dei dirigenti. Già di primo mattino, infatti, la Digos si era attrezzata per intervenire nelle scuole ritenute più “calde”. «Attorno alle 5.30 – racconta Susan, studentessa del Da Vinci – l’edificio era presidiato dalla polizia. E alcuni agenti si sono messi addirittura a setacciare con le torce il giardino fuori dall’edificio, nel tentativo di stanare studenti pronti a varcare i cancelli». Stesse scene all’istituto Sandrinelli e al liceo Oberdan, dove gli studenti, al pari di quelli del Da Vinci, sono comunque riusciti ad entrare a scuola e a dar vita alle occupazioni, rimaste in piedi però solo poche ore. «Verso le 7 – racconta Erasmo Sosich, rappresentante del liceo scientifico – la Digos ha fatto riaprire i cancelli e preso i documenti degli studenti entrati in precedenza a scuola con l’intenzione di occupare e indire poi un’assemblea per decidere la linea da tenere». «La scelta è caduta sull’autogestione, autorizzata fino a sabato – spiega la preside Donatella Bigotti -. I ragazzi potranno organizzare corsi dalle 8 alle 10 e dalle 10 alle 12. Ma chi vorrà, potrà fare lezione». Lo stesso copione, tentativo di occupazione e successivo sgombero da parte della Digos impegnata in un lungo tour tra le scuole, si è ripetuto poi al Petrarca – dove i ragazzi sono sgattaiolati dentro l’edificio assieme al primo bidello, chiudendo poi il portone con un lucchetto da moto tagliato dai pompieri -, al Nautico (qui gli studenti, dopo lo sgombero, hanno desistito completamente e oggi faranno lezioni regolari), al Galilei, al Carli (dove gli occupanti sono entrati all’una di notte sfruttando una finestra lasciata aperta il giorno prima) e al Galvani. Nell’istituto di via Campanelle, però, a voler occupare è stato solo un gruppetto di pochi ragazzi, scappati poi dalle finestre alla vista dei poliziotti, dai quali il comitato di autogestione ha preso subito le distanze, revocando immediatamente l’agitazione. A portarla avanti anche oggi, ovviamente con corsi autogestiti e assemblee straordinarie, saranno invece Nordio, Deledda, l’Isis Dante-Carducci e le scuole slovene.

 

 

LA REAZIONE DEGLI STUDENTI

«Cacciandoci hanno solo rafforzato la protesta»

«Hanno sgomberato tutte le scuole, e ora cos’hanno ottenuto? Sono solamente riusciti a compattare e a far incazzare ulteriormente gli studenti». A parlare è un ragazzo reduce dallo sgombero dell’Oberan. Sono le 16.30 e alla Casa delle Culture sta per avere inizio una riunione fra gli iscritti delle scuole superiori. Sono una trentina e fra di loro c’è anche una ragazza che studia a Monfalcone, venuta qui per confrontarsi con i coetanei di Trieste. Mentre aspettano che arrivino i ritardatari, parlano degli sgomberi effettuati dalla Digos in mattinata. Interventi definiti repressivi, messi in atto per “spezzare le braccia” alla protesta. Gli studenti siedono in cerchio intorno ad un tavolo rischiarato dalla luce delle candele. Sono qui per fare il punto della situazione e accordarsi su eventuali future forme di protesta. «Non siamo i rappresentanti eletti all’interno degli istituti -sottolineano- ma siamo parte del Coordinamento unito scuole Trieste». Un’associazione informale, nata per coordinare il dissenso studentesco nella provincia. “Occupiamo le scuole. Liberiamo il futuro” recita un volantino che racchiude i punti che accomunano le proteste dei vari istituti. Gli studenti indicano come ragione essenziale dell’agitazione il diritto allo studio. Chiedono uno statuto che difenda i diritti degli studenti impegnati in stage e una didattica alternativa che superi le vecchie lezioni frontali. Rivendicano il diritto di avere in ogni scuola un’aula autogestita, una commissione paritetica e un sistema di referendum che dia loro voce. Negano la validità delle prove Invalsi e chiedono la rimozione immediata delle telecamere fuori dalle scuole. Condannano l’idea dei badge di riconoscimento e accusano la Provincia di non impegnarsi abbastanza per risanare gli edifici scolastici. Nelle loro parole c’è la delusione per la fine delle occupazioni, stroncate sul nascere in ogni istituto anche se attuate pacificamente. «Ci hanno cacciato dalle nostre aule, ma ora -assicurano- ci riprenderemo tutta la città». Giovanni Ortolani.

«Macchè linea dura, cercato il dialogo»

Il questore Giuseppe Padulano respinge le accuse: un’operazione per tutelare il diritto di tutti

di Corrado Barbacini «Macché linea dura. Non c’è stato nessun inasprimento da parte della polizia nei confronti degli studenti delle scuole superiori. Abbiamo concertato, abbiamo usato il dialogo». Getta acqua sul fuoco delle polemiche il questore Giuseppe Padulano e respinge insinuazioni e accuse da parte degli studenti. Spiega: «Qualche giorno fa c’è stata una riunione con i presidi e abbiamo detto loro che devono essere rispettati i diritti di tutti sia di chi non vuole far lezione, ma anche di chi è di parere contrario. Insomma abbiamo voluto consentire a tutti, professori e studenti di fare il loro lavoro nell’ottica della massima libertà e tolleranza. Non è stato un ordine da Roma. È stata una scelta fatta con il concorso dei presidi» Racconta la giornata dal punto di vista della Questura: «Alle 6.30 gli agenti della Digos in borghese sono andati nei pressi delle scuole. È vero, abbiamo identificato dei ragazzi, ma nessuno è stato denunciato. E non corrisponde al vero che i poliziotti hanno controllato i messaggi dei telefonini degli studenti. In alcune scuole i presidi hanno consentito l’autogestione e tutto si è svolto regolarmente. Nessun poliziotto in divisa. Con il dialogo è stato ottenuto molto. Insomma i ragazzi, buona parte dei ragazzi, hanno capito. Noi abbiamo consentito a chi voleva entrare nelle scuole di farlo». «In quattro scuole abbiamo riscontrato un tentativo di protesta più dura – ha spiegato Luca Carocci, dirigente della Digos e responsabile dell’operazione – ovvero al liceo classico Petrarca, al Nautico, e agli istituti professionali Carli e Galvani. In questi casi siamo dovuti intervenire con i nostri agenti, che hanno dialogato con gli studenti, spiegando che non saranno tollerate occupazioni, ma solo forme di protesta concordate i dirigenti scolastici. E soprattutto – ha aggiunto – non si può precludere l’accesso agli insegnanti, Non possiamo accettare le barricate». Al Galvani i poliziotti sono entrati passando attraverso una finestra. Al Petrarca gli studenti avevano chiuso l’accesso principale con una catena recisa da vigili del fuoco. Tentativi di occupazione più blandi, sono stati segnalati anche ai licei scientifici Oberdan e Galilei

STUDENTI TRIESTE: continuano le agitazioni

Da Il Piccolo

 

GIOVEDÌ, 27 OTTOBRE 2011

«Scuole, protesta spenta con metodi repressivi»

La rabbia degli studenti all’indomani degli sgomberi eseguiti dalla Digos Oggi si prosegue con assemblee e autogestioni. Lezioni regolari solo al Volta

sel Lauri: «Precedente molto pericoloso»

«Lo sgombero delle scuole effettuato la scorsa notte dalle forze dell’ordine è un fatto grave e costituisce anche un precedente pericoloso». Così Giulio Lauri, coordinatore regionale di Sel, interviene sull’azione messa in campo l’altro giorno dagli uomini della Digos per sventare le occupazioni degli istituti. «Anzichè ascoltare i giovani, e dare loro modo di discutere di un futuro sempre più incerto – continua Lauri – è stata scelta la strada di una repressione della protesta senza mediazioni. Abbiamo quindi chiesto ai parlamentari triestini di interrogare urgentemente i ministri competenti per accertare la legittimità e le responsabilità per quanto è accaduto».

di Giovanni Ortolani Le occupazioni delle scuole messe in atto martedì scorso sono durate, nei migliori dei casi, appena poche ore. Stroncate sul nascere dagli interventi della Digos che, quest’anno, è intervenuta con una tempestività mai vista negli ultimi tempi. Il fatto che le occupazioni non siano andate in porto non significa però che tra i banchi sia tornata la normalità. L’unico istituto a fare regolarmente lezione, al momento, è il Volta. Nelle altre scuole per tutta la giornata di ieri si sono susseguite riunioni, lezioni autogestite e momenti di dialogo fra studenti e professori. Quello che succederà nelle prossime ore non è ancora chiaro. L’unica certezza è che i ragazzi delle superiori di Trieste, archiviata l’idea di partenza, stanno studiando nuove forme di protesta. La formula della notta trascorsa passata in classe, sperimentata l’altra sera al Max Fabiani, di sicuro non si ripeterà. È stato un atto dimostrativo, spiegano i ragazzi, che lascerà spazio adesso ad assemblee di mattina e a corsi autogestiti il pomeriggio. E la speranza è di riuscire a coinvolgere nei corsi anche ricercatori universitari e magari Margherita Hack, a cui lanciano un appello. La mattinata di ieri è stata particolarmente movimentata al Nautico. Agli alunni era stato offerto un incontro con il preside per giovedì. Ma i rappresentanti degli studenti hanno radunato nei corridoi della scuola di piazza Hortis tutti i loro compagni di scuola e, dopo una trattativa durata un’ora e mezza con il dirigente scolastico, hanno ottenuto l’autogestione. E sono autogestiti anche il Da Vinci e il Sandrinelli. Ogni giorno c’è assemblea dalle 8 fino alle 9.30, quindi gli studenti hanno la possibilità di scegliere quale seguire fra i 17 corsi tenuti dai loro compagni di scuola. Anche negli altri istituti la giornata di ieri è stata segnata da assemblee e riunioni fra alunni e presidi. Riunioni che sono durate fino al pomeriggio inoltrato e con tutta probabilità ricominceranno questa mattina. «Alcuni nostri compagni hanno chiesto un incontro con il sindaco Cosolini- fa sapere Lara, studentessa dal Dante – e ora aspettiamo la sua risposta». «Qui all’Oberdan -racconta Erasmo- le assemblee sono molto affollate e domani (oggi ndr) andremo avanti con le discussioni». Nel frattempo alcuni studenti, riuniti sotto la sigla del Coordinamento unito scuole Trieste, hanno diramato un comunicato stampa dove spiegano il loro punto di vista sulle ragioni della protesta, inserita in un quadro di dissenso verso il sistema finanziario e politico, oltre che sull’intervento della Digos di martedì. «Ci siamo trovati davanti ad una vera e propria repressione – si legge nella nota -, scatenata usando strumentalmente come pretesto i fatti accaduti a Roma il 15 ottobre. Ronde di polizia fin dall’alba, zone vicine agli istituti quasi blindate, torce, volanti e divise: questo lo scenario che ci siamo trovati davanti. Un intervento repressivo voluto anche dai dirigenti scolastici che, la settimana scorsa, hanno chiamato le forze di polizia per “controllare” la situazione». «Ma noi -conclude il comunicato -, non ci fermeremo e, al contrario, continueremo la mobilitazione con più forza. Ci hanno buttato fuori dalle scuole, ora noi ci prendiamo tutta la città!».

 

Fabiani, il prof: sui ragazzi luoghi comuni

Si sbaglia di grosso chi si aspetta un capopopolo o un istigatore degli studenti. Perché Pietro Bellino, l’insegnante del Max Fabiani che con la sua presenza ha permesso che una trentina di studenti permanessero legalmente all’interno della scuola durante la notte di martedì, è il ritratto vivente della tranquillità. È un professore (precario) di economia, ha 54 anni, la barba lunga e un accento che tradisce le sue origini sicule. E per dare la possibilità ai suoi studenti di manifestare, martedì è rimasto a scuola dalle 18 alle 7.25 del giorno successivo, ovvero fino all’arrivo dei bidelli. «La notte – racconta – è andata bene ed è stata un’esperienza molto positiva. I ragazzi si sono comportati benissimo, hanno tenuto in ordine e difeso la propria scuola. Questa iniziativa ha avuto il vantaggio di evitare lo scontro frontale con le forze dell’ordine, pur dando la possibilità ai ragazzi di esprimere il loro dissenso». Bellino ha dormito fra le sedie della bidelleria, ma nella notte non sono mancati momenti di dialogo e confronto con gli alunni. «I discorsi che vengono fatti sugli studenti che manifestano unicamente per fare vacanza sono solo dei luoghi comuni», assicura: «I ragazzi protestano contro i tagli, che penalizzano soprattutto gli istituti tecnici causando la perdita di insegnanti e di ore di laboratorio. Ma anche contro le telecamere installate nei dintorni delle scuole della Provincia: per gli studenti le priorità sono ben altre». «Pensare che l’ultima volta in cui ho dormito in una scuola – ricorda infine Bellino – risale all’occupazione del liceo scientifico di Palermo nel ’77. Dormire nelle scuole, ma legalmente: ai nostri tempi – annota con una battuta – queste cose ce le sognavamo…». (g.o.)

Trieste: gli studenti occupano Piazza Unità-aggiornato al 30 ottobre

Dal pomeriggio del 29 ottobre gli studenti hanno piantato le tende in piazza unità per protestare contro lo sgombero immediato, il 25 ottobre scorso all’alba, di tutte le scuole triestine. Gli studenti, non appena deciso lo stato di occupazione, erano stati identificati e minacciati dalla DIGOS ed erano stati costretti ad terminare sul nascere le occupazioni. Tra l’altro la polizia era intervenuta non su sollecitazione dei dirigenti scolastici, ma per uno specifico ordine diramato dal questore. Centinaia di studenti sono passati per tutta la giornata in piazza Unità, a parlare, scrivere striscioni, piantare tende. Molti si sono fermati anche la notte e hanno dato vita a un’assemblea generale.Di seguito foto e aggiornamenti e qui la rassegna stampa.

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STUDENTI: foto e report del corteo di Trieste

Alcune centinaia di studenti delle superiori hanno partecipato al primo corteo di questa stagione indetto a livello nazionale, purtroppo la pioggia battente ha sfoltito durante il percorso i partecipanti.Oltre alle “classiche” rivendicazioni, da segnalare la contestazione al piano di installazione di telecamere nelle scuole (che ha visto anche una lunga sosta sotto la Provincia che promuove la cosa) e dei badge informatici agli ingressi. Infine c’è stata una lunga sosta sotto la sede della Lega Nord con numerosi slogan e interventi. Erano presenti una decina di compagn* anarchici e libertari che hanno diffuso un volantone di dibattito sul 15 ottobre e Umanità Nova.

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Dal Piccolo dell’8 ottobre

A Trieste nel mirino badge e telecamere

TRIESTE «Articolo 34 della Costituzione: a tutti è garantita la pubblica istruzione», urlano gli studenti delle scuole superiori triestine, scesi in piazza per protestare contro la manovra finanziaria e le politiche scolastiche, contro i tagli indiscriminati e la condanna alla precarietà. La manifestazione – organizzata dall’Unione degli studenti, in concomitanza con la mobilitazione nazionale lanciata dalla Rete della Conoscenza – ha preso vita ieri in piazza Goldoni, riunendo, in partenza, circa seicento ragazzi. Numeri che parlano di una protesta che fatica a decollare, per quanto gli appuntamenti in piazza si susseguano senza soluzione di continuità da diverse stagioni. La pioggia incessante non ha scoraggiato i presenti, le prime capitolazioni si sono avute soltanto all’arrivo in piazza Verdi: «La partecipazione è alta – racconta Alberto Rigo, studente del liceo Oberdan e rappresentante dell’Uds – la rabbia e la frustrazione sono ai massimi livelli: le nostre rivendicazioni risalgono, infatti, agli anni passati. Siamo stanchi di rimanere inascoltati». Rivendicazioni comuni agli studenti di tutta Italia che dicono “no” ai tagli e pretendono il rispetto del diritto allo studio, ma anche richieste di carattere locale: un maggiore impegno da parte della Provincia per sanare la situazione dell’edilizia scolastica e la mancanza di spazi adeguati e sicuri. Ma anche l’immediato ritiro del progetto che prevede l’installazione di telecamere all’interno degli istituti, considerato uno strumento di controllo autoritario e lesivo della privacy; una continuità didattica garantita dalla presenza a lungo termine dei professori, ora sostituiti di anno in anno perché non ottengono l’assegnazione delle cattedre. Contestato anche il “badge”, la tesserina elettronica che dovrebbe esser consegnata agli studenti dell’istituto Volta e che registrerà entrate, uscite, ritardi e assenze dei ragazzi. «Protestiamo contro le scuole-carceri», dicono tre studentesse dell’istituto Nordio, mentre Marta Iernetti, coordinatrice regionale dell’Uds, sottolinea a piena voce: «Ci hanno tolto le prospettive e il futuro, ora ci levano gli spazi e la libertà, presto ci toglieranno anche le mutande». L’assessore provinciale all’Edilizia scolastica Mariella De Francesco replica che le telecamere «servono soltanto a controllare che non ci siano atti di vandalismo nelle scuole». Vanessa Maggi

STUDENTI TRIESTE: blocco dei binari e corteo spontaneo

I numeri della protesta a Trieste continuano a non essere alti, ma la voglia di mobilitarsi in modo più determinato degli scorsi anni fa da contrappeso.

Anche ieri un corteo non autorizzato e -dopo oltre 10 anni che non succedeva- un blocco dei binari alla stazione.

Clima allegro ma determinato in corteo, ovviamente il Piccolo da fin troppo spazio alle prevedibili dissociazioni.

infoaction reporter

 

Da Piccolo

MERCOLEDÌ, 01 DICEMBRE 2010

MA LE RAPPRESENTANZE UFFICIALI SI DISSOCIANO: «GESTO NON AUTORIZZATO DECISO DA POCHI»

Studenti in corteo, un gruppo occupa i binari

Sit-in davanti alla Regione, fissato per domani un incontro. Presidio alla Prefettura, disagi al traffico

di GABRIELLA ZIANI

 

Civilmente, con calma e gesto improvvisato, anche gli studenti di Trieste hanno invaso ieri i binari della stazione ferroviaria: lo stavano facendo in tutta Italia per protestare contro la riforma universitaria in pieno dibattito alla Camera, e dunque un gruppetto al grido di ”Binari! Binari!” si è a un certo punto staccato dal corteo che già in mattinata era sceso da piazzale Europa per unirsi al sit-in davanti al Consiglio regionale, e si è diretto in stazione, e da lì ha deviato verso l’ingresso, presidiato da poliziotti con scudo antisommossa.

I tabelloni orari sono stati modificati, introducendo l’avviso di 20 minuti di ritardo, ma pare che solo un treno abbia dovuto attendere un po’. «Dopo circa una mezz’ora, in cui siamo stati sui binari zitti e fermi, senza bandiere e senza slogan, i poliziotti hanno cominciato a dirci – racconta uno dei partecipanti – che in fondo avevamo fatto abbastanza, che a insistere ci sarebbe arrivata una denuncia, con rischio di pagare danni, e allora ci siamo allontanati, in fondo era stato sufficiente».

Da lì il gruppo si è spostato in piazza Unità, sotto la Prefettura, e ha chiesto di parlare con il prefetto Giacchetti, che infatti è sceso a incontrarli. I ragazzi hanno preannunciato l’invio di una lettera di dissenso e chiesto che il rappresentante del Governo la inoltrasse a Roma. Il prefetto ha chiarito di non poter essere solidale con le proteste, ma di essere a disposizione per inoltrarle. E questo avverrà oggi.

La giornata di dimostrazioni si era aperta al mattino nella sede centrale dell’ateneo, dove già l’altra sera la statua di Minerva che sovrasta lo scalone di piazzale Europa era stata drappeggiata di giallo, mentre all’interno striscioni gialli appesi nell’ampio varco delle scale recitavano: «Units appesa a un filo».

Il corteo si è dapprima snodato per i corridoi interni, poi all’aperto, dove è stato raggiunto dal rettore Francesco Peroni, solidale col dissenso che gli studenti stavano per rappresentare in città. Circa 500 ragazzi sono scesi fino in piazza Oberdan, dove il Consiglio degli studenti aveva organizzato un sit-in soprattutto per chiedere il ripristino delle borse di studio, attualmente (a graduatoria definitiva) tagliate della metà. Volevano parlare con esponenti della maggioranza di governo e e ripetere la richiesta già inoltrata di essere ricevuti dalla commissione capigruppo. Sono scesi a incontrarli tre esponenti dell’opposizione: Corazza (Italia dei valori), Codega (Pd) e Kocjancich della Sinistra arcobaleno che ha fatto da portavoce: l’appuntamento in Regione è per domani alle 13. All’incontro parteciperanno il Consiglio degli studenti, il Movimento Units, rappresentanti della Casa dello studente.

Ma la coda «ferroviaria» della protesta, non preventivamente organizzata, non ha trovato sostegno nelle rappresentanze ufficiali di studenti e ricercatori. Cesare Buiatti, rappresentante del Consiglio degli studenti in Consiglio di amministrazione, lo afferma esplicitamente: «Il corteo non era autorizzato, noi abbiamo ottenuto l’obiettivo che ci eravano prefissati sol sit-in in Regione, e ci dissociamo dall’iniziativa di occupare i binari, anche se siamo contrari alla riforma Gelmini». La Rete 29 Aprile dei ricercatori altrettanto non è stata promotrice della pacifica invasione, e qualche suo esponente se ne dissocia. Intanto ieri assemblea a Scienze politiche e presidio a Lettere, con interventi dei professor Claudio Venza e della ricercatrice Tullia Catalan.

STUDENTI TRIESTE: occupata la biblioteca

GIOVEDÌ, 02 DICEMBRE 2010

Riforma, occupata la Biblioteca generale

Seconda notte di presidio negli spazi di piazzale Europa Striscioni di protesta alla Sissa

Si allarga il fronte della protesta contro la riforma universitaria. Agli studenti e ricercatori dell’ateneo – che martedì, dopo aver occupato i binari della Stazione, hanno anche ”invaso” pacificamente la Biblioteca generale di piazzale Europa, trascorrendovi la notte -, si sono uniti ieri gli iscritti della Sissa. Gli studenti hanno esposto sulla facciata della sede di via Bonomea due striscioni: “Sos Ricerca” e “Tagli=Bagagli”. Una scelta, spiegano i promotori dell’iniziativa, fatta «per sottolineare quella che riteniamo essere l’emergenza principale che affligge l’istruzione superiore italiana. I tagli promossi dal ministro Tremonti sottrarranno all’università e alla ricerca pubblica quasi un miliardo di euro il prossimo anno. A questi tagli si sommano poi il blocco del turn over, applicato senza distinzione a sedi virtuose e sedi con il bilancio in rosso, il taglio delle trasferte all’estero per partecipare a convegni e, da ultimo, il taglio del numero delle borse di dottorato».

Critiche già illustrate con forza anche dagli iscritti dell’ateneo, che intendono continuare a tenere accesi i riflettori sulla protesta. Con quali modalità e attraverso quali azioni tuttavia, al momento, non si può e non si vuole prevedere. «Benvenuti nella precarietà, anche dei programmi», rispondono ironicamente i promotori della mobilitazione. Una battuta che mette bene a fuoco però la natura magmatica, fluida e autonoma dell’agitazione degli universitari, decisi a trovare di qui ai prossimi giorni forme sempre diverse per dire il loro dissenso. Unico dato certo, per ora, la decisione di proseguire ancora l’occupazione notturna della Biblioteca generale, dove ieri sera è stata organizzata un’assemblea aperta alle tante voci e anime del movimento.

TRIESTE: FOTO in corteo contro il governo

Mentre erano in corso gli scontri a Roma un corteo di oltre 200 persone (soprattutto studenti) ha attraversato il centro città.

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Da Il Piccolo del 15/12/10

 

MANIFESTAZIONE

Grido di aiuto degli studenti ritmato dai Beatles

Lungo il corteo le note di ”Help” per contestare tagli ed edifici fatiscenti

Sfilano alcune centinaia Traffico paralizzato

Da Roma la protesta degli studenti passa anche per Trieste. Ma se nella capitale hanno superato le 100mila persone, qui in corteo sono scesi in pochi a dire il vero, 300 per gli organizzatori, 180 secondo la Questura. In molti, spiegano gli studenti, sono andati a protestare a Roma, mentre al fianco dei ragazzi, a sfidare il freddo, c’erano anche i ricercatori dell’Università, qualche rappresentante della Fiom, della Federazione della sinistra e il Comitato primo marzo.

Gli slogan, i soliti, contro il governo e la riforma della scuola e dell’università fatta di tagli ai fondi per la ricerca, per l’edilizia scolastica, con la scusa della crisi, si legge sui volantini. E se la sfiducia il governo non l’ha ottenuta in Parlamento, «la sfiducia ve la diamo noi, dalla strada, con la nostra protesta» urlano i ragazzi sfilando tra le vie della città paralizzata dalla manifestazione. Un corteo da piazza Goldoni, con lo striscione ”I migliori studenti: quelli coscienti” e un grido di aiuto ritmato dai Beatles e la famosa “Help”.

La protesta, dopo aver attraversato tutto il centro, si è fermata sotto le porte del Consiglio regionale preso d’assalto “simbolicamente” da un gruppo di studenti. «In questo momento si sta discutendo la finanziaria regionale – dice Riccardo Laterza, uno dei rappresentanti dell’Unione degli studenti accolto in Consiglio per un confronto con un gruppo di rappresentanti regionali – Chiediamo una presa di responsabilità da parte di ogni singolo consigliere, ma anche una maggiore partecipazione della cittadinanza nella formazione del bilancio regionale. Per questo chiediamo che i 10 milioni del fondo globale di finanziamento vengano investiti nel sistema scolastico pubblico».

Gli studenti delle scuole superiori hanno tracciato poi una tabella ben precisa su come destinare i finanziamenti del fondo globale: «2,5 milioni dovrebbero essere utilizzati per l’ampliamento del comodato d’uso dei libri di testo – spiega Riccardo Laterza – 5 invece andrebbero a sostegno dell’edilizia scolastica, gli altri suddivisi tra contributi per il trasporto pubblico (1,75 milioni di euro) e per le borse di studio a favore degli studenti a rischio di abbandono scolastico che frequentano le scuole superiori statali». Infine una richiesta di chiarimenti viene rivolta anche all’assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro : «Deve rendere conto in aula – sottolinea Laterza – del quasi dimezzamento delle risorse destinate alle borse di studio universitarie». (i.gh.)

TRIESTE: gli studenti non mollano!

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Dopo l’assemblea di ieri all’università in cui gli studenti hanno raccontato la loro esperienza a …

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TRIESTE: 15 scuole + lettere occupate!

Da Il Piccolo

 

MARTEDÌ, 09 NOVEMBRE 2010

Studenti in rivolta, occupate 15 scuole

L’«insurrezione» innescata, oltre che dalla riforma Gelmini, dagli edifici fatiscenti e dai tagli ad alcuni corsi

di ELISA COLONI

 

Studenti triestini in rivolta. Scuole superiori occupate. È stata un’insurrezione di massa, quella scoppiata ieri in quasi tutti gli istituti superiori della città: 15 scuole su 17.

Dai licei agli istituti tecnici, dai commerciali alla scuola d’arte: i ragazzi si sono presentati in centinaia ben prima delle 8, striscioni e volantini alla mano, molti con il viso coperto da sciarponi e bandane; e la mattinata è trascorsa tra concitate assemblee e un tam-tam di notizie ”messaggiate” con i telefonini da un’aula all’altra della città. Risultato: portoni incatenati, scalinate e corridoi interni blindati da poderose barricate, dirigenti e docenti in strada, lezioni cancellate. In alcuni casi i presidi hanno tentato di ”ribellarsi” agli insorti usando la mano pesante, ed è finita, come all’istituto Nautico, a finestre sfondate dai vigili del fuoco (ma senza riuscire a impedire la protesta).

Era dal 2008 che a Trieste non si assisteva a un’occupazione di massa come quella di ieri. Un’iniziativa organizzata capillarmente dagli studenti nelle scorse settimane. Increduli i dirigenti scolastici (fuori dalle scuole sotto la pioggia per ore, in attesa di capire il da farsi), che hanno definito la protesta «del tutto inaspettata».

Gli istituti Carducci, Galvani, Da Vinci-Sandrinelli, Nautico, Carli, Max Fabiani, Nordio, i licei Oberdan, Dante, Petrarca e Galilei, e le quattro scuole slovene Slomsek, Stefan, Zois e Preseren: questa la mappa del dissenso studentesco. Solo in due scuole – Volta e Deledda – le lezioni si sono svolte regolarmente. A scatenare la protesta motivi di portata nazionale – riforma Gelmini, tagli delle risorse, paventata privatizzazione delle università – ma soprattutto alcune vicende triestine: edifici scolastici fatiscenti e cancellazione di alcuni corsi e laboratori.

La rivolta è montata nel corso della giornata, segnata da costanti colpi di scena, con tira e molla che, come spesso accade in queste circostanze, hanno dato vita a situazioni di incertezza. Al Petrarca, ad esempio, per tutta la mattinata si è svolta un’assemblea permanente, che solo nel primo pomeriggio ha deliberato l’occupazione della struttura. Al Galilei invece solo la sede centrale è stata occupata, non la succursale di via Battisti. Al Dante la mattinata è stata contrassegnata dall’«anarchia»: alcune classi hanno fatto lezione, altre no; poi un’assemblea straordinaria ha sancito la definitiva ”presa” dell’edificio. Il Nordio ha dichiarato aperta la rivolta solo nel tardo pomeriggio, contagiato dall’ondata di protesta.

Negli istituti in autogestione via libera a corsi d’arte, cineforum, dibattiti su come dovrebbe essere la scuola a misura di studente. Fitti i preparativi in vista della prima nottata tra i banchi, con scorta di viveri e sacchi a pelo, come al liceo Oberdan, una delle strutture in cui la protesta ha avuto maggiore eco (con circa 200 studenti coinvolti), e dove i ragazzi hanno lanciato una sfida forte e chiara: «Non molleremo. Vogliamo occupare per tutta la settimana. Resisteremo a qualsiasi tentativo di sgombero». «Però vogliamo uscirne a testa alta – ha commentato uno studente, Stefano Pitacco – e per questo motivo saremo corretti: la nostra è una protesta seria».

Marta Pacor, studentessa dell’Oberdan e rappresentante dell’Unione degli studenti, ha spiegato: «Siamo stufi di assistere a continui tagli alle risorse. In alcuni istituti, come il Galvani, è stata cancellata la sezione audiovisivi per mancanza di fondi, mentre al Nordio le prime classi di quest’anno non potranno più seguire alcuni laboratori. Per non parlare degli edifici in cui siamo costretti a fare lezione: obsoleti e vetusti. La Provincia aveva promesso una serie di controlli sullo stato di salute degli immobili, in particolare sotto il profilo della sicurezza, e noi non abbiamo visto nulla di concreto».

 

Ragazzi dietro le barricate al ”Dante” e al ”Galilei”

«Istituzioni immobili, allora i bagni e le pareti li dipingiamo noi»

Appeso qua e là lungo gli interminabili corridoi del Dante Alighieri c’è il ”decalogo”, un vademecum ideato dagli studenti del liceo classico che elenca le regole da rispettare durante l’occupazione della scuola: niente alcolici e sostanze stupefacenti, ingresso vietato agli esterni ma aperto a tutti coloro che devono seguire i corsi dell’Università popolare e poi, ancora, vietato rovinare o distruggere gli arredi. I ragazzi del Dante hanno optato per un’occupazione ”politically correct”: barricate sì, ma con una porta aperta al dialogo.

Uno degli organizzatori, Tommaso Gandini, però avverte: «Per ora restiamo così. Ma se cominciano a crearci dei problemi, allora chiudiamo il portone e da lì non entra più nessuno. La nostra situazione è particolare: condividiamo l’edificio con la scuola media e con l’Università popolare. Per questo motivo abbiamo deciso di non incatenare l’entrata, ma di fare solo le barricate ai piani superiori, per dividere a metà i corridoi e impedire l’ingresso di eventuali alunni della media».

Ieri, a dare il proprio sì all’occupazione, è stata la stragrande maggioranza dei presenti all’assemblea straordinaria organizzata in mattinata. «A partire da domani (oggi, ndr) organizzeremo vari corsi di tipo artistico e le letture comparate dei giornali».

Se questa è la situazione al liceo Dante, le barricate continuano anche in un altro lieceo, lo scientifico Galilei. Due studentesse della V C, Zoe Nemec e Ludovica Buri, ieri hanno raccontato: «Stiamo facendo noi quello che dovrebbero fare le istituzioni. Abbiamo pulito alcuni bagni della scuola e domani (oggi, ndr) ci armeremo di pittura e dipingeremo i muri. Noi stiamo protestando per il bene di tutti, anche dei professori, costretti a lavorare in condizioni assurde, con stipendi inadeguati rispetto ai colleghi europei. Per non parlare dei problemi del sovraffollamento, con classi che arrivano ormai anche a 32 alunni». (el. col.)

 

 

PER UNA CURIOSA COINCIDENZA TEMPORALE

”Ribellione” anche alla facoltà di Lettere

Presidio notturno nella sede di via Economo contro le decisioni del governo

Zaini usati come cuscini, sacchi a pelo gettati a terra, banchi trasformati in giacigli di fortuna. Ieri sera il Dipartimento di Storia dell’Università ha assunto le sembianze di una sorta di dormitorio collettivo. Gli studenti della facoltà di Lettere hanno dato vita ad un presidio che, per tre giornate di seguito, si tradurrà nell’occupazione notturna delle aule e dei corridoi della sede di via Economo, sul modello di quanto accaduto nelle settimane scorse a Scienze.

Una protesta, quella degli iscritti di Lettere, che si salda solo idealmente a quella dei ragazzi degli istituti superiori. Dietro alle due azioni, si affrettano a precisare i rappresentanti di facoltà, non esiste infatti alcuna regia comune, bensì una semplice coincidenza temporale. Per quanto autonome, però, entrambe le mobilitazioni nascono da un’identica convinzione: la necessità di accendere i riflettori sulle conseguenze pesantissime e drammatiche che le manovre partorite dall’attuale governo rischiano di produrre sulla qualità dell’istruzione pubblica.

Del resto se le scuole superiori cadono a pezzi, gli spazi a disposizione degli universitari non sono poi messi tanto meglio. «Nel Dipartimento di Storia le scale puzzano, le sedie sono perennemente sporche e i banchi non si trovano in tutte le aule – spiega Vanja Macovaz, uno dei rappresentanti di facoltà -. Ecco perchè abbiamo scelto di dar vita al presidio proprio in questa struttura: via Economo è la sede più disastrata ed è quindi una sorta di simbolo dello sfacelo a cui l’università sta andando incontro a causa dei continui tagli, che penalizzano prima di tutto la didattica».

Didattica che però, gli studenti di Lettere, non intendono assolutamente bloccare. Fino a mercoledì, infatti, l’occupazione interesserà solo la fascia oraria 19-8, in modo da non interferire con lo svolgimento dei corsi. «Non intendiamo passare per studenti lavativi che puntano solo a saltare le lezioni – continua Macovaz -. Al contrario intendiamo promuovere una mobilitazione costruttiva e non autoreferenziale, attorno alla quale far convergere studenti e professori».

E alcuni docenti, in effetti, ieri sera hanno fatto visita ai manifestanti esprimendo piena condivisione con le motivazioni del presidio. Tra di loro non c’era però la preside di Lettere, Cristina Benussi, che attende ancora di conoscere le richieste degli occupanti. «Parlerò con i ragazzi domani (oggi ndr). Solo dopo potrò fare considerazioni sulla protesta». (m.r.)