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Monfalcone: è un coro “NO AL CARBONE”

Da Il Piccolo del 17 maggio 2013

È un coro: «No al carbone»

di Laura Blasich No al carbone. Con varie sfumature lo dicono in sostanza tutti i Comitati di quartiere di Monfalcone e non solo l’associazione Rione Enel, che sponsorizza in modo deciso il contro-piano di Legambiente per un futuro alternativo per il sito della centrale termoelettrica A2A. E rimane pronta a dare battaglia attraverso il ricorso al referendum sul progetto della società di sostituzione dei due attuali gruppi a carbone con una nuova sezione, alimentata con lo stesso combustibile fossile. Quello che tutti i Comitati chiedono, senza distinzione, è invece un coinvolgimento della Regione e dei Comuni limitrofi. «La Regione va e si deve sentire coinvolta – afferma la vicepresidente dell’Associazione rione Enel, Oriana Monti -, soprattutto nel momento in cui c’è un assessore all’Ambiente, Sara Vito, eletta da questo territorio e che nel suo programma puntava molto sulle fonti rinnovabili». Quello che ha lasciato perplessa l’associazione e gli altri comitati è però anche il mancato coinvolgimento da parte dell’amministrazione comunale degli altri enti locali che pure avevano dato la propria disponibilità a lavorare assieme sulla questione. In modo del tutto comprensibile, visto che le ricadute degli inquinanti riguardano un’area che va ben oltre i confini comunali. «Il punto comunque è se questa città è disponibile ad accettare altri 50 anni di carbone», afferma la vicepresidente dell’associazione. Monfalcone deve quindi farsi sentire, e non solo attraverso i propri cittadini, secondo il coordinatore dei Comitati di quartiere Giorgio Busatto, pensando innanzitutto alla tutela della salute della comunità. «Questa è una zona che ha già sofferto e soffre troppo a causa dell’amianto – sottolinea Busatto -. Resta da capire quale sarà l’impatto dell’aumento del transito dei mezzi pesanti e non solo sulle nostre strade. Bisogna che il diritto alla salute dei cittadini sia salvaguardato e il primo responsabile in questo campo è il sindaco». «C’è bisogno di energia – dice Adriano Manfrin del comitato Aris-San Polo -, ma in questo momento quella richiesta alla centrale è meno di un terzo di quella che potrebbe produrre». Il Comitato rione centro, che ha appena rinnovato il proprio direttivo e ha come nuovo presidente l’ex consigliere comunale Giuliano Antonaci, si ritroverà fra l’altro lunedì pomeriggio per fare il punto sulla questione. «A titolo personale dico però che la centrale va smantellata, perché è obsoleta», chiarisce Antonaci. Al loro fianco i Comitati di rione trovano il consigliere provinciale Fabio Del Bello, secondo il quale le istituzioni, sollecitate di recente da Legambiente a uscire allo scoperto, hanno svolto finora un’azione inadeguata. «La Regione è stata finora assente, priva di un Piano energetico regionale – attacca Del Bello -, mentre la Provincia poteva esercitare in modo più incisivo la propria competenza sull’ambiente. Il Comune di Monfalcone è l’unico che sta affrontando il tema, anche se senza coinvolgere i Comuni vicini». Alla Provincia il consigliere chiederà quindi di mettersi a capo di un coordinamento territoriale che apra un tavolo con l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito.

 

Iacono chiede garanzie e trasparenza sul futuro dell’impianto

Il consigliere di Sel Giovanni Iacono scende in campo chiedendo, con un’interrogazione, garanzia sui fronti sicurezza e ambiente in relazione al futuro della centrale A2A. Iacono chiede al sindaco « quali aggiornamenti A2A abbia prodotto all’attenzione della giunta in merito ai sistemi di controllo delle emissioni , alla dismissione dei gruppi a olio e all’iter progettuale relativo alla trasformazione dell’impianto». Inoltre chiede quali incontri si siano tenuti tra la giunta e A2A in sede di tavolo tecnico ambientale e se sia in corso la stesura di una convenzione-quadro tra Comune A2A. Iacono intende inoltre sapere se ci siano stati incontri tra A2A e Rione Enel e quali azioni siano state intraprese dall’amministrazione con la Regione «per lo studio del progetto di trasformazione del’impianto di Monfalcone, e per la redazione del Piano energetico regionale». Inoltre se sia stato predisposto un progetto di Piano energetico comunale in ordine al passaggio a fonti rinnovabili a Monfalcone. Iacono chiede infine una conferenza aperta alla popolazione sul tema.

 

 

A2A, Legambiente sprona la politica a uscire allo scoperto

Carbone, centrale e disagi. Così s’intitola un’iterrogazione al sindaco Altran della consigliere comunale Anna Maria Cisint che chiede certezze sull’impatto sanitario dell’impianto. «A discapito di una serenità di vita ormai ridotta sotto il peso di quelle polveri che “omaggiano” la collettività di 800 kg di particelle, il nuovo progetto ridurrebbe lo scaricamento di polveri a 140 tonnellate annue: circa 380 kg quotidiani. Troppi. È evidente come soprattutto i residenti siano ostaggio di rumori, vibrazioni che determinano crepe sui muri,onde elettromagnetiche e stress psicologico inquietante quasi quanto le polveri». Senza contare il deprezzamento delle case del rione. «Vanno quindi affrontati – afferma Cisint – i temi più importanti anche alla luce di quanto le istituzioni e l’azienda a confronto del tavolo tecnico hanno deciso. Emerge dai verbali la possibilità di effettuare, a fianco di quello prospettico della Vis, uno studio retrospettivo per verificare se negli ultimi 10/15 anni sul territorio ci sia stato un aumento delle patologie correlabili all’esposizione agli inquinanti prodotti dalla combustione del carbone. La delega all’Ass non può esonerare il comune dalla gestione diretta della problematica: vanno individuate e condivise le caratteristiche e i tempi della ricerca cui può comunque essere abbinata la Vis su quello che sarà il progetto che A2a presenterà al ministero. In secondo luogo – continua Cisint – serve un’implementazione delle centraline per il rilevamento di Pm10 e Pm2,5. L’Arpa stessa evidenzia la possibilità di affiancare la strumentazione già in suo possesso a questo fine. Mi chiedo come mai non sia ancora stato fatto e come mai si decida invece di attendere lo sviluppo della futura convenzione con A2A per completare la rete. C’è infine la la necessità di installare centraline di controllo delle componenti acustiche anche in risposta alle numerose segnalazioni di episodi». di Laura Blasich Chiusa la campagna elettorale, la Regione, ma anche Provincia e Comune, devono dire “da che parte stanno” rispetto al futuro della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone. Ad affermarlo, con forza, è Legambiente, dal nazionale al locale, che laltra sera è ritornata a parlare in città della sua proposta alternativa, fatta di un mix di gas, fotovoltaico e produzione innovativa legata alle fonti energetiche alternative alle fossili. Senza però ottenere una parola in proposito dal presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, e dall’assessore comunale all’Ambiente, Walter Pin, entrambi presenti nella sala conferenze del Palazzetto veneto di via Sant’Ambrogio.«Abbiamo fatto una prima iniziativa a Monfalcone tre mesi – ha afferma Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente, tra i relatori dell’appuntamento – per illustrare la nostra proposta. Siamo ritornati adesso per dimostrare che non è campata in aria, portando i rappresentanti dell’Angelantoni Industrie Spa, azienda che produce tubi ai sali fusi per il solare a concentrazione in provincia di Perugia. Una realtà nata con una joint venture con Siemens e che da lavoro a circa 200 persone. Un esempio concreto che il futuro può essere altrove dal carbone, una fonte obsoleta, anche sotto il profilo economico, di mercato». L’obiettivo era quello di sollecitare, quindi, con un esempio concreto la politica locale «a dire qualcosa, se la strada da imboccare è quella indicata da A2A o se, invece, si può lavorare su un percorso alternativo, ma non campato in aria». Per ora, però, Legambiente non ha ottenuto alcun feedback. «Non è un dato positivo – aggiunge Ciafani -. La campagna elettorale però adesso è finita e Regione, Provincia, Comune, devono dire dove vogliono andare a parare: il sindaco di Brindisi a un progetto analogo a quello di Monfalcone ha risposto picche ad A2A. Si deve chiarire, quindi, se si pensa di poter lavorare per far cambiare il piano industriale ad A2A o se invece va bene appiattirsi sulla posizione dell’azienda». All’incontro era stato invitato anche ilneoassessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, che però non ha potuto partecipare per impegni in Consiglio regionale. «Ci ha però detto di auspicare che ci saranno altre occasioni di confronto», afferma il presidente del circolo monfalconese di Legambiente, Michele Tonzar. Valerio Rossi Albertini del Cnr di Roma ha spiegato e ribadisce come «il carbone è una fonte energetica ormai superata, soprattutto in Italia, dove il consistente aumento della produzione da fotovoltaico sta spegnendo le centrali nelle ore diurne. Centrali pulite a carbone inoltre non esistono – sottolinea -, mentre ormai esistono nuove tecnologie da sfruttare». Per il sito energetico di A2A Legambiente ha ipotizzato una riconversione di una minima percentuale di produzione con il gas, la bonifica di un’area occupata dalla centrale con messa a disposizione delle zone libere per le attività portuali e la realizzazione di un impianto fotovoltaico in una parte delle aree dismesse con una capacità attorno ai 2 Mw. Il tutto pensando alla creazione di sinergie tra le istituzioni del territorio e coinvolgendo A2A, per favorire l’insediamento di realtà produttive innovative.

Monfalcone: A2A rinvia il piano-carbone: una vittoria

da Il Piccolo del 23 agosto 2013 Pagina 37 – Gorizia-Monfalcone

«A2A costretta a rinviare il Piano»

«Il rinvio della presentazione al ministero del progetto di riconversione della centrale termoelettrica è un evidente segnale di riflessione da parte di A2A a fronte delle richieste del Comune e del territorio». Lo afferma il sindaco di Monfalcone Silvia Altran che, quindi, non si strappa le vesti dopola conferma, da parte della società, dello slittamento dei tempi per la presentazione al ministero dello Sviluppo economico e dell’Ambiente del nuovo progetto a carbone per l’impianto monfalconese. Tutt’altro, anche per il sindaco, come pure per il Comitato del rione Enel e i sostenitori del “No al carbone” questa è una mezza vittoria. «L’amministrazione comunale – ha dichiarato ieri il sindaco Silvia Altran – ha più volte ribadito la propria avversione all’ipotesi del ricorso al carbone, e ha già annunciato di volersi dotare di un gruppo di lavoro atto ad esaminare tutta la documentazione che A2A intendesse presentare. E lo faremo, come abbiamo peraltro comunicato nel recente incontro con il Comitato “No carbone”, col Wwf e con Legambiente, dotandoci di un pool di esperti che ci possa supportare nell’analisi dei dati, in modo da poter giudicare, nel più corretto dei modi, quali saranno le soluzioni che meglio tutelano la cittadinanza. «Disporre delle migliori professionalità – continua il sindaco Altran – ci darà la garanzia di essere un interlocutore di cui A2A dovrà tenere assolutamente conto. Il nostro metodo di lavoro è sempre stato improntato alla massima serietà, alla volontà di dialogare con tutti gli interessati, ma senza cedere all’emotività del momento, poiché il percorso potrebbe essere lungo ed articolato. Al momento rileviamo l’aspetto positivo della richiesta presentata da A2A per la costruzione del denitrificatore che sicuramente assicurerà una riduzione degli inquinanti prodotti dalla centrale nel suo assetto attuale. I primi risultati si sono già visti ma, come ho già detto di recente, ciò non farà venire meno l’attenzione che abbiamo sempre avuto per il benessere del nostro territorio». C’è da vedere se davvero la decisione di A2A di rinviare la presentazione del piano a fine anno, con tre mesi di ritardo quindi rispetto alla data annunciata, sia tale da lasciar intravvedere un’ulteriore riflessione da parte dell’azienda che, da parte sua, ha già compiuto alcuni passi, come il deposito al ministero dell’Ambiente dell’istanza per ottenere l’autorizzazione a procedere con l’ambientalizzazione dei gruppi 1 e 2 a carbone, previsto nell’Aia. La stessa A2A, nel confermare lo slittamento dei tempi per il suo Piano carbone, ha spiegato che ciò è dovuto al fatto che, dallo stesso ministero, sono state chieste ulteriori integrazioni, «tali da prevedere tempi aggiuntivi. Il nostro progetto – ha ribadito A2A – non cambia, le procedure andranno avanti come reso noto in più occasioni».

 

da Il Piccolo del 20 agosto 2013

A2A rinvia il piano-carbone Il fronte del no: una vittoria

Gherghetta: «Rispetto del territorio». Moretti (Pd): «Non intendiamo mollare» Bernardel (Rione Enel): «Voglio augurarmi che sia un modo per riflettere»

Slittano i tempi per la presentazione al ministero dello Sviluppo economico e dell’Ambiente del nuovo progetto a carbone per la centrale termoelettrica. Rispetto al mese di settembre, secondo l’ultima indicazione fornita da A2A, il piano sarà depositato entro la fine dell’anno. È questo il dato riferito dall’azienda, che ha invece già presentato al ministero dell’Ambiente l’istanza per ottenere l’autorizzazione a procedere con l’intervento di ambientalizzazione riguardante i gruppi 1 e 2 a carbone, previsto nell’Aia dell’impianto.

Si tratta in questo caso del completamento della procedura attraverso l’avvio dell’iter legato alla realizzazione del “denox”, un impianto di denitrificazione che, mediante un processo chimico, abbatte sensibilmente le emissioni di ossido di azoto nell’aria. Per questo passaggio autorizzatorio, si apre la fase di assoggettabilità del nuovo impianto alla Valutazione di impatto ambientale.

Per quanto riguarda, invece, il nuovo piano a carbone, si parla dunque di un allungamento dei tempi. Una dilatazione di fatto tecnica, hanno spiegato dall’azienda, alla quale dallo stesso ministero hanno richiesto ulteriori integrazioni al piano, comportando pertanto tempi aggiuntivi. Il progetto sostanzialmente, è stato ribadito, non cambia, le procedure andranno avanti come reso noto in più occasioni. Ma è necessario che il piano abbia tutti i crismi per poter essere autorizzato. L’azienda ha ribadito comunque una valutazione e un approccio globale a questo importante intervento, assicurando la contestuale attenzione nel ridurre al massimo gli impatti sul territorio.

La notizia dello slittamento, intanto, è stata raccolta con favore dal “fronte del no” al “tutto carbone” per la centrale. Interpretata anche come una sorta di “riflessione”, a fronte delle prese di posizione sollevate dal territorio.

Il presidente dell’associazione Rione Enel, Adriano Bernardel, ha commentato: «Se effettivamente la presentazione del progetto a carbone slitterà nel tempo, avremo modo di poter ragionarci sopra e confrontarci. Voglio augurarmi che le resistenze provenienti dal territorio, non solo cittadino ma mandamentale, inducano l’azienda a riflettere sul futuro della centrale. I motivi possono essere diversi, tuttavia, potrebbe essere un’occasione per giungere a qualche ripensamento. Del resto – ha aggiunto Bernardel -, ci siamo sempre battuti affinchè non si persegua la via del carbone, optando piuttosto per il gas oppure per le fonti alternative. Non possiamo ora che attendere lo sviluppo degli eventi».

Il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, da parte sua, ha osservato: «Credo che A2A abbia assunto un atteggiamento di rispetto nei confronti del territorio. Del resto, hanno già avviato il processo per la realizzazione del “denox”. Mi sembra una scelta giusta procedere un passo alla volta, prima di concentrarsi sul futuro della centrale, anche se ritengo che un ripensamento da parte dell’azienda sarebbe opportuno».

Il consigliere regionale Diego Moretti ha argomentato: «Non ho elementi ufficiali circa questo slittamento dei tempi. La sensazione, come mi auguro, è quella che l’azienda possa riflettere sulle proprie intenzioni. Certo è che non intendiamo demordere, rimaniamo comunque contrari al progetto “tutto carbone” per la centrale».

Monfalcone: per altri vent’anni il rischio del tutto carbone

da Il Piccolo 26 SETTEMBRE 2013, Pagina 27 – Gorizia-Monfalcone

A2A, per altri vent’anni il rischio del tutto carbone

Il futuro dell’impianto al centro del dibattito in Consiglio. Sul tappeto la possibilità di un prolungamento della vita dei due gruppi esistenti

In consiglio, ieri sera, s’è giocata una partita importante sulla centrale. Sul tappeto non c’è solo il completamento dell’ambientalizzazione attraverso l’installazione del “denox” per l’abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali l’aula è stata chiamata ad esprimere un parere sulla procedura della Via statale. C’è il futuro degli stessi Gruppi 1 e 2 a carbone che potrebbero rimanere in vita per altri 20 anni. E se l’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, s’è espresso a favore in merito alla procedura della Via, in virtù della difesa della tutela della salute e dell’ambiente, posizione sulla quale si trova allineato il Pd, sono altrettanto chiare le posizioni critiche proprio in merito alla “durata” dei gruppi esistenti. Critiche manifestate dall’opposizione, ma anche da una delle componenti di maggioranza, la lista “Responsabilmente con Silvia”. Grazie all’installazione del “denox” in ottemperanza agli obblighi di legge europei, sarà possibile un rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale oltre il termine ora previsto del 24 marzo 2017. Anna Maria Cisint (“Obiettivo”) propone all’amministrazione di «esprimere un parere chiaro di contrarietà al carbone oltre la scadenza dell’Aia del 2017. Bisogna evitare che i gruppi esistenti rimangano attivi per altri 20 anni». Sollecita «un’esplicita posizione da parte dell’assessore regionale all’Ambiente, Vito, e della stessa presidente Serracchiani, considerato che il loro programma elettorale indicava contrarietà al carbone». E chiede uno studio sulla dispersione degli inquinanti in atmosfera e al suolo. Polveri, metalli pesanti, ma anche l’ammoniaca che sarà utilizzata nell’ambito del sistema di trattamento dei fumi attraverso il denox: «Non c’è dubbio che l’adeguamento alle norme europee in merito all’ossido di azoto sia migliorativo, ma non è sufficiente a garantire le condizioni di sicurezza complessive dei gruppi esistenti». Cisint evidenzia poi il caso di Vado ligure, dove la Procura ha avviato un’inchiesta in ordine alla causalità tra emissione di polveri di carbone e decessi: «Mi chiedo se anche la Procura di Gorizia non possa avviare un’indagine in questo senso». E conclude: «A2A ha rivelato le proprie intenzioni. Lo si evince anche dal fatto che nel progetto preliminare non viene indicato il costo del “denox”, che si aggirerebbe sui 25 milioni. Un investimento di questa portata la dice lunga sul mantenimento dei gruppi esistenti a lungo termine». Ne conviene il capogruppo di “CambiAmo Monfalcone”, Luigi Blasig, che esprime un parere favorevole condizionato: «L’impianto che A2A vuole installare, rende palesi le intenzioni di medio e lungo termine dell’azienda. Questo trattamento non può nulla contro le polveri e i metalli pesanti emessi dall’impianto, ma le nuove condizioni permetterebbero di richiedere una deroga ai limiti che la norma prevederà e quindi di continuare con i gruppi esistenti ben oltre il 2017. Lo studio preliminare ambientale considera come ambito d’influenza potenziale dell’impianto un’area compresa entro una distanza di circa 5 km dal sito in cui è ubicata la centrale. Alla luce della norma europea, A2A sarà tenuta a dimostrare che l’altezza della ciminiera sia idonea a garantire la tutela della salute e dell’ambiente in tutto il territorio limitrofo e non limitatamente ai 5 km indicati dallo studio. Ricordando che la ciminiera sia stata realizzata tenendo conto di parametri infinitamente meno restrittivi e di una ventosità nell’area senz’altro superiore a quella attuale, va vincolato il parere alla presentazione da parte di A2A di un nuovo studio sulla dispersione quantitativa e qualitativa degli inquinanti al suolo che consideri anche la presenza dell’ammoniaca derivante dall’installazione dei DeNox». Giovanni Iacono osserva: «Come gruppo di Sel ci dichiariamo contrari alla produzione a carbone della centrale, in assenza di un piano energetico e di una prospettiva chiara sul futuro. Regione e Stato devono istituire una Conferenza dei servizi, affinchè il “caso Monfalcone” diventi una questione nazionale. Non è accettabile, infatti, subire i progetti di un’azienda, mentre la città dice altro».

Monfalcone: Rapporto-choc sulla centrale nascosto dal 2001

da Il Piccolo dell’11 ottobre 2013

Pagina 1 – Gorizia-Monfalcone

Rapporto-choc sulla centrale nascosto dal 2001

Spunta uno studio-choc sulla centrale, del 2001, che evidenza i rischi per la salute dall’utilizzo del carbone. Ma nessuno finora lo aveva divulgato GARAU a pagina 24.

 

Pagina 24 – Gorizia-Monfalcone

Centrale dei veleni: studio “dimenticato”

“Ignorato” dal Comune un documento di Enel del 2001 che rilevava sul territorio metalli pesanti con possibili rischi per la salute

Arsenico e cadmio al limite delle concentrazioni naturali, berillio, anche se basso, che contribuisce ad aumentare l’incidenza del tumore ai polmoni, cromo con “alterazione media” in molte aree e “alterazione massima” nella zona urbana di Monfalcone, anche questo agente tumorale, piombo con “alterazione alta” concentrato maggiormente a Monfalcone Nord e Nord-Ovest, Jamiano e Doberdò. Ci sono anche vanadio, alterazione “media diffusa”, metallo tossico, mercurio con “alterazione medio-alta” e “molto alta” nel settore nord occidentale, Jamiano e Doberdò. Una lista di metalli pesanti che fa impressione quelli elencati nello studio di “bioaccumulo lichenico” commissionato dall’Enel che aveva incaricato un’azienda specializzata, la Strategie ambientali di Roma, di realizzare e gestire una rete di biomonitoraggio del territorio circostante la centrale elettrica di Monfalcone. Lo studio risale al 1999, l’Enel che gestiva l’impianto a carbone lo aveva realizzato come prevedevano le prescrizioni di allora, le attività di biomonitoraggio sono iniziate nel 1999 e ci sono state ben tre campagne (1999, 2000 e 2001). Nel febbraio 2001 l’Enel ha depositato gli elaborati al Comune di Monfalcone. Torniamo al 2013, era il luglio scorso, e i ricercatori dell’Università di Trieste incaricati (un mese prima) dall’imprenditore della Sbe Alessandro Vescovini di fare una ricerca identica per verificare la contaminazione dei metalli pesanti sul territorio, quando hanno “tirato fuori” questo studio, tra le 12mila pagine di materiale presente in Comune (analisi, dati tecnici, procedure autorizzative utili per una storiografia) sono sobbalzati. Era stato già fatto uno studio, i risultati erano stati depositati in Comune, ma a quanto sembra erano solo in pochi a saperlo. Ed ecco sorgere il problema. E a sollevarlo è lo stesso Vescovini: «Stranamente di questo studio non si fa alcuna menzione nell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) del 2001 per la stessa centrale, ma nemmeno in quella del 2009 al contrario assai prolissa di informazioni inerenti gli innoqui NoX e SoX». Vescovini ha chiesto che comunque vada avanti lo studio dell’Università (i risultati sono annunciati fra un mese), ma ieri la scoperta ha scatenato un polverone sui social network, in particolare Facebook e ha sollevato domande pesanti. «Ma perchè questi documenti sono rimasti a dormire in Comune fino a oggi?». Ma soprattutto perchè nessuno ne ha mai parlato? Analisi, fatte nel 2001 (tra i protagonisti il professor Nimis del Dipartimento di Biologia vegetale della stessa Università di Trieste) che spiegano come tutte queste sostanze, ovvero questi metalli, lo ribadisce Vescovini: «Sono contenuti nel carbone» e sono stati sparsi nell’aria dopo essere usciti con il fumo dal camino della centrale e sono “ricaduti” sul territorio, concentrandosi in alcune zone piuttosto che altre, finendo nell’acqua, sulle piante, ma anche sulle verdure e la frutta degli orti, dal mare fino al Carso. Qualcuno probabilmente lo sapeva, per questo ricorda Vescovini «nel 2003, e forse non è stato un caso, furono prelevati campioni di sangue alla popolazione alla ricerca di una fantomatica contaminazione da selenio e nel 2004, grazie alla giunta Illy, venne firmato il famoso protocollo con Endesa. Ma poi le carte sono state dimenticate in un cassetto…». Una quadro, considerati gli anni di esercizio della centrale a carbone e che ora A2A si propone di ristrutturare, che getta ombre inquietanti sui possibili rischi per la salute della cittadinanza sui quali continua a non esserci chiarezza. Un fatto gravissimo soprattutto a Monfalcone città colpita dalla tragedia dell’amianto e dalle patologie legate all’asbestosi, che sembra circondata da una maledizione. Non bastava l’amianto, anche i possibili rischi della centrale a carbone. E ciò che preoccupa è che i rischi di malattia, secondo gli studiosi, si moltiplicano. Sono gli stessi ricercatori dell’Università di Trieste ad averlo evidenziato: nel caso di una persona ammalata di asbestosi il rischio che sorga il tumore, in un ambiente normale, è circa del 9%. Ma nel caso viva in una zona inquinata il rischio sale al 50%.

 

Persi: non ricordo. Pizzolitto: mai visto

I due sindaci allora in carica a scavalco nel 2001 non sanno spiegare che fine aveva fatto il dossier

Adriano Persi ricorda appena che a quei tempi era in ballo uno studio realizzato sfruttando la capacità bioaccumulatrice di sostanze inquinanti dei licheni. Ma la memoria poi non lo soccorre, a distanza di oltre dieci anni. «Certamente – ha spiegato Persi – l’allora assessore Corrado Altran potrebbe saperne di più». E Gianfranco Pizzolitto, da parte sua, andando a scavare nella memoria, ha argomentato: «Di quello studio non ne ero a conoscenza. Se così fosse stato, avrei quantomeno avvisato chi di dovere, non sarei certo stato a guardare». Insomma, quell’indagine in merito ai metalli pesanti presenti nel territorio monfalconese, commissionata da Enel allora gestore dell’impianto a carbone, e depositata in Comune nel febbraio 2001, non sembra aver lasciato traccia tra i sindaci di allora. Eppure il “dossier” in questione proviene proprio dagli archivi dell’ente locale. Ieri negli uffici erano in corso le verifiche di ricerca di quello studio. Tra il 1999 e il 2001, durante il quale fu eseguito il monitoraggio, la città visse la fase di “passaggio delle consegne” del centrosinistra che nel maggio del 2001 vide l’insediamento di Pizzolitto, ad ereditare l’amministrazione guidata da Persi. E Persi, che nel febbraio di quell’anno era ancora in carica, è rimasto sul vago: «Al momento, purtroppo, non sono in grado di ricostruire quel periodo e quindi il percorso e l’esito dello studio. Ricordo solo che si trattava di un’indagine basata sull’utilizzo dei licheni, in grado di rilevare i metalli pesanti». Persi ha aggiunto: «Il problema della centrale, comunque, era ben presente, tanto che seguì la fase relativa all’installazione in città del gas metano, e sappiamo tutti come finì quel progetto, bocciato da un referendum popolare». Pizzolitto, da parte sua, subentrando nel maggio di quell’anno ribadisce di non saperne nulla: «Quello studio – ha spiegato – sul mio tavolo quand’ero sindaco non è mai arrivato. Diversamente, qualora vi fossero stati elementi gravi ed evidenti, avrei non solo resi pubblici i dati emersi, ma avrei anche provveduto a convocare una conferenza dei servizi. Del resto – ha aggiunto – come sarebbe stato possibile un errore del genere, un gesto di irresponsabilità e di insensibilità? No, non è proprio possibile. Purtroppo, quella questione non appartiene al periodo della mia amministrazione. È peraltro plausibile, visto che ero subentrato a ricerca eseguita. Ero, infatti, diventato sindaco nel maggio del 2001 e il documento non mi è mai stato presentato, nè l’ho mai visto». Pizzolitto ha poi osservato: «Per quanto mi riguarda, avevamo comunque fatto eseguire interventi di rilevamento da parte dell’Arpa. Con l’allora Endesa avevamo anche cercato di mettere in piedi un monitoraggio capillare, ma allora la Provincia non ritenne sensato avviare un progetto assieme alla proprietà della centrale».

 

Azione legale contro la Via di 12 anni fa

È stata una riunione decisamente lunga e articolata. Finchè, ad un certo punto, s’è anche fatto riferimento ad una sorta di «riserva di adire alle vie legali per invalidare la Via dell’epoca». C’erano un po’ tutti, ieri in Commissione provinciale ambiente, era presente anche l’Associazione del Rione Enel, con il suo presidente, il vice e altri due componenti del direttivo. E quando Alessandro Vescovini ha snocciolato tutti i dati contenuti nello studio sui metalli pesanti assegnato da Enel a un’azienda specializzata tra il 1999 e il 2001, studio scoperto dai ricercatori ai quali l’imprenditore monfalconese ha commissionato un’indagine sulla centrale termoelettrica, la sorpresa è stata generale. Chi era a conoscenza di quello studio presentato nel febbraio del 2001 in Comune? Era mai stato reso pubblico? E cosa poteva significare allora, anche ai fini delle normative vigenti all’epoca? Certo è che gli interrogativi si sono susseguiti, di fronte all’incalzare delle informazioni fornite da Vescovini. Sono risuonate parole come piombo, mercurio, vanadio, cromo, berillio, con tanto di “quantificazioni” tracciate sull’intero territorio, da Monfalcone fino a Doberdò e Iamiano. Metalli tossici, agenti tumorali. Il consigliere provinciale Fabio Del Bello ha presentato uno specifico ordine del giorno, per approfondire tutta la questione. Fino a prospettare l’ipotesi di questa sorta di azione legale “retroattiva”.

 

Cisint: «L’Aia va sospesa o revocata»

Ha sortito un effetto-bomba lo studio “dimenticato” del 2001 commissionato da Enel che indicava un gravissimo inquinamento ambientale provocato dalla centrale sul territorio. La capogruppo di “Cambiamo” Anna Cisint ha inviato un’immediata interrogazione al sindaco, cui confida di ottenere risposta nel Consiglio del 17 ottobre, cui chiede tra l’altro «di provvedere subito a far sospendere o revocare l’Aia nel caso in cui fosse stata ottenuta senza una valutazione dei risultati dell’indagine». Inoltre chiede di verificare i possibili riflessi penali che una tale “dimenticanza” può determinare. Cisint domanda inoltre «come mai tali argomenti non siano mai stati affrontati in Consiglio nei numerosi dibattiti sul tema della centrale» e se sia stato verificato «se il ministero competente nel concedere l’Aia abbia valutato gli impatti sulla salute di cui parla che lo studio dell’Enel».

 


La Giunta di San Canzian intanto non si oppone al tutto carbone.

 

Non passa il no al progetto tutto carbone di A2A

Da Il Piccolo del 3 ottobre 2013

SAN CANZIAN D’ISONZO Mentre anche a Monfalcone il Pd si è espresso in modo chiaro contro l’utilizzo del carbone nel futuro della centrale termoelettrica, a San Canzian una presa di posizione analoga è mancata. A sottolinearlo è il gruppo di minoranza Centrosinistra per San Canzian futura che sul tema aveva presentato un ordine del giorno, bocciato dalla maggioranza nell’ultima seduta del Consiglio comunale. «Ci è stato detto che il documento era pretestuoso – afferma la capogruppo Viviana Businelli -, anche se quello che chiedevamo era soprattutto di portare in Città mandamento la questione, che non riguarda solo Monfalcone, visto il raggio di dispersione degli inquinanti che è di almeno 12 chilometri». Vero è che il documento puntava anche a impegnare il sindaco Silvia Caruso a «esprimersi nelle sedi competenti contro ogni ipotesi di utilizzo del carbone, anche di quello cosiddetto pulito, che non esiste, all’interno della centrale». Un’affermazione in linea, rileva il gruppo di minoranza, con quanto contenuto nel programma della presidente della Regione Debora Serracchiani. A fronte di «un inquinamento che non ha confini», il gruppo di minoranza riteneva quindi che Città mandamento avrebbe potuto affrontare il tema in modo più incisivo e che «un maggior coinvolgimento e una visione unitaria di tutti gli enti locali della Bisiacaria potrebbe dare maggior forza alle posizioni comunemente individuate». Nell’ultima seduta del Consiglio la maggioranza ha bocciato anche la mozione di Centrosinistra per San Canzian futura che chiedeva la rinuncia dell’aspettativa da parte del sindaco, con conseguente, secondo il gruppo, recupero di fondi e la riduzione del 10% sui gettoni di presenza e sulle indennità degli assessori. «Indubbiamente non si risolvono così le difficoltà finanziarie dell’ente – afferma la capogruppo -, però volevamo dare un segnale a quei cittadini che si trovano senza lavoro e magari creare un fondo per le emergenze economiche delle persone in difficoltà. Da parte della maggioranza c’è stata una chiusura totale non solo sull’aspettativa, ma anche sulla riduzione». Con il resto della minoranza in questo caso ha votato anche Rossella Buttaro del Centrodestra.

Monfalcone: USI AIT sulla centrale si rispettino gli accordi

ilpiccolo2-11-013da Il Piccolo del 2 novembre 2013

Pagina 23 – Gorizia-Monfalcone

USI-AIT

«Centrale a “tutto gas” Si rispettino gli accordi»

Il sindacato di base Usi-Ait chiede «un’indagine seria e imparziale sulle emissioni della centrale A2A a tutela di lavoratori e cittadinanza che faccia chiarezza su sessant’anni di informazioni contrastanti e di parte e il blocco del progetto “tutto carbone” estendendo la riconversione a gas anche agli attuali gruppi 1 e 2 come previsto dal Protocollo d’intesa per la centrale a carbone del 2004 con il mantenimento degli attuali livelli occupazionali».

«Quanto accaduto all’Ilva di Taranto, a Servola con la Ferriera – scrive l’Usi-Ait – ora succede alla centrale di Monfalcone: ancora una volta i sindacati di regime vogliono farci accettare come ineluttabile l’alternativa tra lavoro e salute. Accettando acriticamente i dati forniti dall’Arpa, in uno studio su cui sussistono dubbi di imparzialità, i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil si schierano ancora una volta a favore della multinazionale A2A appoggiandone il piano industriale che vuole riconvertire a carbone la centrale di Monfalcone.

In questa indagine dell’Arpa – continua il sindacato – l’accumulo di metalli nei terreni, nell’acqua e nelle persone non sono dati significativi e la diossina non compare fra i potenziali inquinanti. È inammissibile che la misurazione della diossina sia stata effettuata una sola volta in sessant’anni anni a Monfalcone».

 


 

Qui il comunicato integrale

Monfalcone/ Centrale, si allarga il fronte del no alla prospettiva “tutto carbone”

da Il Piccolo VENERDÌ, 04 GENNAIO 2013 Pagina 24 – Gorizia-Monfalcone

Centrale, si allarga il fronte del no alla prospettiva “tutto carbone”

Il Collettivo per la difesa del litorale carsico ritiene questa «una scelta dettata esclusivamente dalla convenienza». Zotti (Prc): «Inaccettabile la decisione di abbandonare la conversione a metano»

La ricoversione a “tutto carbone” e biomasse della centrale termoelettrica non è l’unica strada percorribile, come A2A, «diessini di nuovo e vecchio conio» e «ambientalisti di regime» vogliono far intendere. Lo afferma il Collettivo per la difesa del litorale carsico che contesta che l’impiego del carbone sia, allo stato attuale, inevitabile. Il Collettivo toglie anche alcuni “meriti” ad A2A, come la decisione di dismettere i due gruppi alimentati a olio combustibile «imposta dall’Ue entro il febbraio del 2013. Mantenere a Monfalcone una produzione di oltre 1000 watt è inattuale, la crisi di sistema che ha colpito l’Europa rende scellerata una produzione di energia di quella portata, non esiste più mercato». Insomma, «l’azienda è stata costretta a ridurre la potenza per poter far fronte all’esigua richiesta». Secondo il Collettivo la scelta della soluzione a carbone e biomasse è dettata soltanto dalla convenienza: «Il materiale per la costruzione del nuovo impianto a carbone – afferma il Collettivo – è già in sede perchè importanti manufatti della parte a carbone preesistente vengono riutilizzati. È ipotizzabile dunque che, con il riutilizzo, il nuovo gruppo carbonifero costi molto meno dei 300 milioni di euro sbandierati dalla società». E poi, «che cifra viene finanziata della Cassa depositi e prestiti? Conoscendo la serietà delle aziende del nostro Paese si può pensar male e insinuare che la cifra, gonfiandola, si presta a essere scaricata sulla collettività?». C’è poi la questione dell’Autorizzazione integrata ambientale, «autorizzata dall’allora ministro Prestigiacomo», per l’utilizzo di rifiuti e biomasse da coogenerare con il carbone: «È arrivata al quinto anno – precisa il Collettivo – e deve essere ridiscussa». Ma anche nella discutibile Aia, afferma il Collettivo, si fa riferimento alla riconversione a gas dei gruppi a olio combustibile. Il mercato – continua – ha decimato il bisogno di energia ed è assodato che il carbone è il principale responsabile dell’inquinamento del pianeta. La decarbonizzazione è uno degli obiettivi principale della politica planetaria degli anni futuri». Secondo il Collettivo «la ridiscussione dell’Aia potrebbe dunque avere due strade: consentire alla società di proseguire con un nuovo gruppo alimentato a carbone di 320 Mw con biomasse e rifiuti o imporre, alla luce dei danni subiti dal territorio, la riconversione a gas e la sostanziale diminuzione della potenza come evidenziato dalla crisi economica». Pessimistica la conclusione del Collettivo: «Pensate che questa classe politica abbia intenzione di fare questo? I predicatori dell’inelluttabile fanno il loro lavoro di disinformazione e noi, che non possiamo permetterci il gas perchè le aziende che lo importano sono talmente corrotte da renderlo il più caro d’Europa, dobbiamo morire di carbone per i prossimi cinquant’anni». Una prospettiva, quella del carbone, avversata anche da Emiliano Zotti, segretario di Rifondazione Monfalcone-Staranzano. «Non è accettabile – afferma – che A2A abbia deciso unilateralmente di abbandonare il progetto di riconversione a metano della centrale elettrica di Monfalcone, come non è accettabile l’ipotesi di perdita dei posti di lavoro nel caso tramonti l’ipotesi del “tutto carbone”. Inutile in questo contesto vantare un percorso trasparente di dialogo con le istituzioni se le premesse sono sbagliate e se il risultato del confronto è sottoposto a ricatto. Le privatizzazioni sono state un errore, l’ambiente e il lavoro si tutelano nazionalizzando il settore energetico. A2A sostiene che la decisine di non convertire la centrale a metano è legata ai costi del progetto. La società non ritiene conveniente per il suo bilancio economico l’uso del metano. Il metano, però, è attulamente la fonte energetica fossile meno impattante per il territorio. Siamo di fronte a un dilemma, se far prevalere gli interessi del privato o quelli dei cittadini. Fonte del problema è il fatto che, incomprensibilmente, la produzione di energia elettrica in Italia non sia considerata un settore strategico e quindi abbandonata al mercato».