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INCENERITORE DI MANZINELLO/ Dolo? Ma quale dolo?

Manzano, rogo al termovalorizzatore
Danni per un milione di euro

incendio

di Giorgio Mainardis

Di nuovo un incendio al termovalorizzatore di Manzano. L’impianto è stato realizzato per la termodistruzione dei residui delle lavorazioni industriali con lo scopo di ottenere energia elettrica e termica. Il rogo, il quarto in meno di un anno, pare di origine dolosa. Danni per un milione di euro

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Messaggero Veneto VENERDÌ, 06 AGOSTO 2010 Pagina 7 – Udine

Il proprietario: basta, l’inceneritore è in vendita

Roberto Lovato alza bandiera bianca: «Ho investito in innovazione, ma la mia battaglia ormai è persa»

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MANZANO. Un’idea nata oltre dieci anni fa pensando di cavalcare una parola cara agli imprenditori: innovazione. L’industriale Roberto Lovato aveva capito che  la via dello smaltimento dei rifiuti era quella maestra. Gli avrebbe consentito di diversificare l’attività di imprenditore nel settore delle sedie e mettere al sicuro così gli oltre 150 posti di lavoro delle sue aziende. Ora però, dopo l’ennesimo incendio a Manzinello, Lovato alza bandiera bianca. L’aveva già detto in luglio che era pronto a vendere, al pubblico o al privato, il suo impianto. Ieri lo ha ribadito con forza. «Più di dieci anni fa ho giocato la carta dell’innovazione – ha detto l’industriale – in questi anni mi sono trovato davanti una strada piena di ostacoli: dalla burocrazia agli ambientalisti. L’impianto è rimasto fermo per un sequestro preventivo dal 2007 al 2009, poi fior di esperti hanno detto che l’inquinamento nella zona è lo stesso quando l’impianto è acceso o spento. E una volta ottenuto, dopo ben 43 mesi di sequestro, il via libera anche dalla magistratura sono cominciati gli incendi». Quattro con quello di ieri. Troppo per l’industriale che a Manzinello ha avviato un impianto capace di bruciare e trasformare in energia fino a 20 mila tonnellate di rifiuti all’anno. Dalla carta al cartone al legno trattato, fino agli imballaggi e alle morchie di verniciatura. Insomma, molti rifiuti prodotti dalle aziende del distretto possono essere smaltiti nel termovalorizzatore. «Un esempio: per le 4 mila tonnellate annue di morchie di verniciatura che calcoliamo vengano prodotte dalle imprese del Distretto – ha detto Lovato – abbiamo offerto ai nostri colleghi prezzi altamente competitivi. Nonostante la crisi del settore del legno contavamo di lanciare con decisione l’attività di un impianto all’avanguardia. Invece sono arrivati gli incendi». «L’ultimo – ha continuato Lovato – abbiamo la certezza sia doloso». Nemici? «Non credo di averne, credo che chi abbia appiccato l’incendio in qualche modo voglia farsi giustizia da solo, non contento dei pronunciamenti della magistratura e della autorità proposte che hanno dato disco verde al termovalirizzatore». Già in luglio Lovato comunque aveva messo in vendita l’impianto. «I consorzi pubblici di smaltimento potrebbero essere interessati al termovalorizzatore perchè quest’impianto completerebbe alla perfezione la “filiera” del rifiuto. Diversi privati poi hanno già messo gli occhi sul termovalorizzatore». E se allora l’incendio fosse stato appiccato per far diminuire il prezzo di vendita del termovalorizzatore, che non sarebbe inferiore ai dieci milioni di euro? Lovato non lo esclude, ma non ci crede fino in fondo. «So solo – ha detto – che da quando è fermo l’impianto, e ciò dall’incendio di maggio, (il terzultimo della serie ndr) il nostro gruppo perde 20 mila euro al giorno. Ora 15 operai dovranno andare in cassa integrazione e gli oltre cento dipendenti delle imprese del legno del gruppo dovranno tremare perchè tra blocco dell’impianto e danni la perdita secca a causa di questo incendio potrebbe raggiunger il milione di euro. «Ho investito in tecnologia – ha detto Lovato – ho creduto nel recupero e nella valorizzazione del rifiuto visto come fonte di energia: ho perso». (a.s.)

 

Messaggero veneto 6 agosto

VENERDÌ, 06 AGOSTO 2010

Pagina 7 – Udine

L’ombra del dolo sul rogo al termovalorizzatore

Le telecamere hanno registrato un’intrusione prima delle fiamme. Quarto episodio in dieci mesi

MANZANO

Incendio nel magazzino rifiuti del sito fermo da maggio: tre squadre di vigili del fuoco hanno lavorato per ore La prima stima dei danni supererebbe il milione di euro. I 15 dipendenti sono stati messi in cassa integrazione

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MANZANO. Ennesimo incendio al termovalorizzatore di Manzinello, un impianto realizzato per la termodistruzione dei residui delle lavorazioni industriali per ottenere energia elettrica e termica. É accaduto alla Nuova Romano Bolzicco spa nella zona industriale di Manzano pochi minuti dopo la mezzanotte di ieri. Le origini a quanto pare sono dolose. Si tratta del quarto rogo in meno di un anno nello stabilimento. I danni sono ingenti e sfiorebbero il milione di euro, tenuto conto anche del fermo produzione che potrebbe essere lungo.
Dell’origine dolosa ne sono certi i fratelli Lovato, titolari dell’impianto, che ieri mattina, osservando sconsolati quello che restava del vasto magazzino, affermavano di aver riscontrato nel sofisticato impianto di antintrusione (diverse telecamere posizionate nell’area dello stabilimento e una linea interrata di sensori posta lungo tutta la recinzione) una segnalazione di allarme otto minuti dopo mezzanotte e un’altra alle 00,17 che registrava l’incendio divampato violento nel magazzino dove erano stivate circa 400 tonnellate di rifiuti vari derivanti da lavorazioni e da imballaggi. «Con questa certezza – ha detto Roberto Lovato – siamo autorizzati a pensare che anche i precedenti incendi, fatta eccezione per uno avvenuto per cause fortuite, siano di origine dolosa».
I carabinieri della stazione di Manzano coordinati dalla Compagnia di Palmanova invece attendono l’esito dei rilievi dei Vigili del fuoco per pronunciarsi definitivamente, ma sono molto propensi a confermare l’origine dolosa. Con l’impianto fermo da maggio, l’ipotesi dell’autocombustione va scartata. Rimane quella di un intervento di terzi.
Le fiamme, come prevedibile, l’altra notte hanno avuto facile presa sul materiale depositato favorite anche dal combustibile di alimentazione di un macchinario per la triturazione e decompostaggio degli scarti conferiti. L’impianto, va ricordato, è fermo dal 1 maggio, quando il termovalorizzatore fu interessato dal secondo rogo della serie. L’altra notte è stato laborioso e impegnativo il lavoro delle tre squadre dei Vigili del fuoco intervenute da Udine e Cividale per smassare l’enorme quantità di materiale e evitare la ripresa di altri focolai. Il lavoro dei vigili del fuoco è proseguito per tutta la giornata di ieri per i necessari lavori di smassamento. Una situazione tribolata quella del termovalorizzatore di Manzinello alle prese da qualche anno tra sequestri e incendi. Negli ultimi mesi sono stati ben quattro che hanno interessato prima i silos, poi i nastri trasportatori e ora il magazzino con danni ingenti per centinaia di migliaia di euro.
All’impianto, come riferisce il funzionario dei Vigili del Fuoco Valmore Venturini, dopo lo scoppio dei silos che aveva causato l’ultimo incendio, era stata revocata l’autorizzazione all’esercizio in quanto erano state rivenute tracce di polveri e vapori infiammabili. In questi mesi quindi nell’impianto c’è stata solo un’attività di ammassamento di merce da smaltire e non di termovalorizzazione.
L’inceneritore ha una potenzialità annua di smaltimento di ventimila tonnellate di rifiuti (carta, cartone, legno trattato, imballaggi, morchie di verniciatura). Le campagne di misura sono state effettuate tra l’estate del 2009 e la primavera 2010, per un totale di 64 giorni senza registrare emissioni inquinanti.
Un progetto, quello del termovalorizzatore che, al di là delle valutazioni degli impatti ambientali, era nato per portare innovazione e nuove risorse al comprensorio industriale del Manzanese, ma che, evidentemente, se la pista del dolo sarà confermata, non è ben visto da qualcuno. Oltre ai Vigili del Fuoco, come ricordato rimasti impegnati per tutta la giornata di ieri, sono intervenuti sul posto per i rilievi del caso anche i carabinieri della stazione di Manzano e naturalmente i tecnici dell’Arpa.
Giorgio Mainardis

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VENERDÌ, 06 AGOSTO 2010

Pagina 7 – Udine

Dai premi all’allarme diossina

L’impianto contestato

MANZANO. Oscar per l’innovazione, grane con gli ambientalisti, sequestri della magistratura, quattro incendi. È una storia tormentata quella del ter4movalorizzatore i Manzinello, aperrto dall’imprenditore Roberto Lovato per diversificare l’attività di industriale della sedia. La Nuova Romano Bolzicco, l’azienda del gruppo Crabo di Lovato, alla fine degli anni ’90, aveva realizzato il progetto in collaborazione con la Facoltà di ingegneria dell’Università di Udine. Obiettivo trasformare iol rifiuto in energia elettrica e termica, la nuova frontiera. Nel 2001 la ditta aveva anche ottenuto l’Oscar dell’Innovazione, un riconoscimento istituito da Anciveneto e Anci SA s.r.l; la giuria aveva selezionato il termovalorizzatore tra oltre 300 progetti pervenuti, realizzati da istituzioni e imprese del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Nel 2007 pèoi la tegola: l’impianto fu posto sotto sequestro preventivo dal Tribunale di Udine per sospette emissioni di diossina. Da una parte gli ambientalisti, e un agguerrito comitato, che segnalavano l’inquinamento nella zona dell’impianto, dall’altra l’industriale che tirava fuori riconoscimenti e premi. Il tutto poi tra denunce, ricorsi e un vero e proprio braccio di ferro tra industriale e Provincia sui materiali da trasformare nell’impianto. Nel novembre del 2008 la Provincia, in seguito a una conferenza di Servizi, diede il via libera alla riapertura del termovalorizzatore. Nel settembre del 2009 però Lovato e il suo impianto hanno cominciato a fare i conti con gli incendi, ben quattro, e con su almeno due di questi il sospetto del dolo come causa. L’ultimo l’altra notte

 

 

 

Inceneritore di Manzinello (Manzano)/ Il Gruppo Lovato sotto processo

MV LUNEDÌ, 07 DICEMBRE 2009

Pagina 15 – Udine
Manzano. La vicenda approderà in tribunale il 14 gennaio. L’indagine dopo gli esposti di Legambiente che denunciano presunte irregolarità
Smaltimento rifiuti al termovalorizzatore la Procura chiede tre rinvii a giudizio

MANZANO. Tutto è partito dalle proteste sollevate dal Comitato di Manzano e da una serie di esposti inviati alla Procura delle Repubblica di Udine da Legambiente sulle presunte irregolarità individuate nell’attività di incenerimento rifiuti al termovalorizzatore di Manzinello. La vicenda sarà discussa nell’udienza preliminare fissata dal gip, dottor Paolo Lautieri, il 14 gennaio al Tribunale di Udine in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di tre persone, depositata dal sostituto procuratore, dottoressa Claudia Finocchiaro.
Nella sua ultradecennale attività il termovalorizzatore di Manzinello, realizzato dalla Nuova Romano Bolzicco Spa, ha dovuto affrontare non poche difficoltà. Cominciate con le proteste da parte della popolazione, confluite nell’attività del Comitato, quindi passate attraverso le numerose denunce presentate da Legambiente che è parte offesa nel procedimento e che ha eccepito sia sulla gestione dell’impianto, sia sulla emissione di sostanze da parte dello stesso. Fino all’intervento del personale del Corpo forestale regionale e dei Noe che hanno posto sotto sequestro l’impianto su disposizione del Gip Alberto Scaramuzza su richiesta del Pm Luigi Leghissa. Nel settembre scorso, quando era stato autorizzato il dissequestro, una nuova battuta d’arresto all’attività dell’impianto è stata imposta da un incendio che ha coinvolto due silos. La sua attività è ripartita regolarmente nell’ottobre scorso sotto il controllo dei tecnici dell’Arpa, ed è garantita da un monitoraggio costante delle emissioni.
Il 14 gennaio 2010, però, Roberto Lovato, presidente del consiglio di amministrazione della Nuova Romano Bolzicco spa e Walter Cozzi, quale responsabile dei gestione dell’impianto di incenerimento di rifiuti speciali realizzato presso la Nuova Romano Bolzicco (entrambi difesi dall’avvocato Paolo Persello), oltre a Bruno Miotti (difeso dal legale Danilo Della Rosa), in qualità di dirigente del Servizio tutela ambientale della Provincia – che ha emesso una determina dirigenziale ritenuta dal Pm illegittima e inefficace – dovranno rispondere di una serie di capi di imputazione. Prima fra tutti l’accusa di aver permesso, in assenza di adeguata autorizzazione, l’attività di smaltimento attraverso l’incenerimento, di rifiuti non pericolosi, propri o di terzi. Anche l’ubicazione dell’impianto sarebbe da verificare in quanto il Piano provinciale per lo smaltimento dei rifiuti prevedeva distanze minime di un chilometro dal centro abitato. Le determine provinciali, sulle quali si eccepisce avrebbero anche permesso all’impianto di smaltire in conto proprio rifiuti che erano prodotti anche da altre aziende, per quanto fossero a vario titolo legate alla Nuova Romano Bolzicco. Al presidente del Cda e al responsabile della gestione dell’impianto viene anche contestata un’attività in assenza delle prescritte autorizzazioni, eccependo anche sulle tipologie di rifiuti smaltiti, fra tutti il combustibile da rifiuti. Cozzi e Lovato dovranno anche dare conto degli utili assicurati da una gestione della società a costi di smaltimento rifiuti inferiori a quelli standard che avrebbero arrecato vantaggi economici ad alcune aziende.