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VAL ROSANDRA: rassegna stampa e illazioni de Il Piccolo

Rassegna stampa del piccolo del 1-2-3 aprile.

Notare le vergognose parte che abbiamo evindenziato in grassetto.

 

Val Rosandra “aggredita” dal cantiere per la ferrovia

Sarà aperta una seconda strada sul versante di Bottazzo per i camion che lavorano alla Capodistria-Divaccia. Anche un elettrodotto

 

di Gabriella Ziani Violata, come tutti convengono, nella parte bassa dove corre il torrente, la pregiata Val Rosandra sta per essere aggredita dall’alto, nel punto di tangenza con la Slovenia. Ormai si muove, e decisamente in fretta, e proprio da quelle parti, il megaprogetto che fa parte della linea ferroviaria veloce comunemente nota come “Trieste-Divaccia” (prosecuzione a Nord-Est della contestatissima Tav in Val di Susa). La Slovenia, rallentata nel progetto maggiore per difficoltà procedurali interne, intanto si concentra attivamente sul raddoppio ferroviario Capodistria-Divaccia, altrettanto finanziato dalla Ue. In questo senso potrebbero essere abbastanza fatti interni (a prescindere dalle conseguenze che ciò avrà per il porto di Trieste) se non fosse che un pezzo di questo tracciato non solo sfiora, ma tocca fisicamente con cantieri e modifiche sul terreno proprio la Val Rosandra, l’area nei pressi di Botazzo, partendo dalla cittadina di Beka, non distante da Erpelle-Cosina, i Comuni dove, quando c’erano i confini, si svolgeva la manifestazione “Confini aperti” con San Dorligo della Valle. E dove una volta correva l’antica ferrovia austro-ungarica. Domani alle 19.30, nella cittadina di Gabrovica, si terrà la pubblica presentazione del progetto. Nello specifico saranno sottoposti alla obbligatoria valutazione pubblica due recenti modifiche introdotte: «Per il superamento della Val Rosandra, anziché i previsti terrapieni, è stata trovata una miglior soluzione, verranno costruiti dei ponti». La soluzione viene spiegata con la necessità indotta «dal quadro giuridico», «dalla tutela naturalistica». Non è l’unica novità. Tra Beka e Val Rosandra esiste già una stradetta, nei progetti indicata come “T2a1”. Accanto a questa ne verrà aperta un’altra, temporanea e di collegamento, che assicuri l’accesso ai terreni interessati dai lavori, denominata “T-1c”. Una strada che evidentemente correrà sul ciglione della valle. Per alimentare il rinforzo della ferrovia tra Capodistria e Divaccia verrà anche realizzato, si dice, un nuovo elettrodotto. Il procedimento autorizzativo è alle ultime battute. In sede di Piano regolatore nazionale e secondo le leggi della Slovenia, il periodo per completare l’iter di illustrazione dei piani, e il tempo delle osservazioni che i cittadini possono depositare, è compreso tra il 26 marzo e il 26 aprile. Sempre domani analoga presentazione si svolgerà a Lokev alle 17, per la parte di progetto che riguarda il tratto Sesana-Divaccia. Entro la fine del mese dovrà essere completata la fase delle pubbliche illustrazioni, che coinvolgono i Comuni di Erpelle, Cosina, Sesana, Capodistria e, naturalmente, Divaccia, dove la stazione subirà un ampliamento. I risultati dovranno confluire al ministero delle Infrastrutture per la pianificazione territoriale e alla Direzione nazionale delle Ferrovie. Il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia sarebbe dovuto partire già nel 2010, ma è stato rallentato dai processi di alienazione dei terreni interessati, senza aver concluso i quali la Direzione nazionale per gli investimenti nelle infrastrutture ferroviarie di Lubiana non poteva ottenere le licenze edilizie. L’aumento del traffico previsto con questa mega-operazione (che precede, e si aggiunge alla vera Tav transfrontaliera per la quale vi sono ancora accordi nazionali da firmare anche con la Regione) è di 82 treni al giorno. È stato calcolato che il porto di Capodistria potrà spedire su rotaia 14 milioni di tonnellate di merci all’anno, al posto delle attuali 9. Per questa tratta l’Unione europea ha finanziato la Slovenia con 68 milioni di euro per l’ammodernamento di 26,4 chilometri di linea, e con 230 milioni per il suo raddoppio. Non resta che vedere che cosa accadrà davvero nel punto di contatto con la Val Rosandra, già “graziata” da un precedente e invasivo disegno della Tav, ma non immune da strade, e addirittura ponti, che sono la novità del giorno rispetto alle cose note. Una novità che arriva a ridosso dello “shock” per la deforestazione.

 

 

Val Rosandra, giù le mani Una marcia e 1600 firme

 

di Claudio Ernè Per salvare la Val Rosandra ed evitare che lo scempio ambientale prosegua, deve essere posta sotto sequestro preventivo l’area devastata dall’intervento demolitore dei “volontari” della Protezione civile. È questo il punto nodale del documento che ieri è stato firmato da 1600 persone radunatesi nella tarda mattinata e nel primo pomeriggio attorno al ponte di legno, posto a qualche centinaio di metri di distanza dal rifugio Premuda. Nelle prossime ore questo documento sarà presentato all’ufficio ricezione atti della Procura della Repubblica di Trieste e assumerà la forma di esposto-denuncia. In altri termini un magistrato dovrà verificare l’eventuale violazione dell’articolo 734 del Codice penale che punisce chi deturpa o distrugge bellezze naturali. Per evitare altri “interventi” all’interno della Val Rosandra, già fissati per le prossime settimane, i firmatari del documento chiedono che l’intera area sia sequestrata in attesa delle necessarie verifiche. Una seconda copia dell’esposto verrà inviata alla Commissione della Comunità europea a Bruxelles perché valuti se è stato violato il regime di tutela a cui è sottoposta l’intera valle e in dettaglio la zona coinvolta otto giorni fa dall’operazione “pulizia” autorizzata dal vicepresidente della Regione ed assessore regionale alla Protezione civile. A Luca Ciriani, eletto nelle liste del Popolo della Libertà, aveva inviato una lettera di ringraziamento anche il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin, appartenente allo schieramento opposto, salvo poi compiere di fronte alla protesta montante una maldestra piroetta nel tentativo di smarcarsi. Ieri un esponente della “Comunella“ di Bagnoli ha affermato al microfono, durante la manifestazione, che con un gruppo di altri abitanti della zona si era offerto di rimuovere gratuitamente le ramaglie dall’alveo del torrente Rosandra. Sono stati invece preferiti gli uomini della Protezione civile e chi voleva verificare cosa stessero facendo non ha potuto assistere ai lavori conclusisi con l’abbattimento di decine e decine di alberi di alto fusto, perché le vie d’accesso all’area erano presidiate dai carabinieri. Anche ieri la strada per raggiungere prima il rifugio Premuda e poi il ponte di legno è stata presidiata dai militari dell’Arma che avevano istituito con tre automobili blu tre punti di “osservazione”. Tra i manifestanti si sono mischiati anche alcuni investigatori in borghese della Digos perché la Questura riteneva possibile o probabile la presenza di militanti No Tav che avrebbero cercato di egemonizzare la protesta con un loro striscione. Non solo non è accaduto nulla, ma nessuno ha steso striscioni o si è palesato come un contestatore “formato Val di Susa”. Nell’area indicata come punto nodale della manifestazione si sono visti tanti giovani, famiglie con bambini, appassionati di montagna e di speleologia, anziani tra cui uno aiutato nei suoi movimenti da un paio di stampelle, amanti degli animali con decine e decine di cani di tutte le taglie al guinzaglio, un asinello, parecchi appassionati di mountain bike e centinaia di macchine fotografiche. La manifestazione si è svolta non solo pacificamente, ma ha costituito anche un preciso punto di scambio di informazioni su altre imprese realizzate dalla Protezione civile regionale. È stato citato pubblicamente un altro intervento demolitore in Comune di Varmo e un altro ancora nei pressi di Lignano dove lo “spianamento” del terreno ha distrutto un sito di nidificazione delle garzette. La forte bora a tratti ha disperso la voce di chi è intervenuto al microfono, ma ha anche sollevato ripetute nuvole di polvere che hanno disturbato non poco i partecipanti alla protesta. «È già iniziata l’erosione del terreno innescata dalla cosiddetta operazione di pulizia dell’alveo» ha spiegato il professor Livio Poldini che alla “valle” e alla botanica ha dedicato la sua vita di ricercatore. «Non si possono mandare 200 uomini a tagliare tutto. Sono spaurito e mi riempio di furore freddo. Quanta ignoranza. La vegetazione naturale non è qualcosa di sporco che deve essere rimosso. C’è una connessione profonda tra vegetazione e complessità geologica. Non si può definire con tanta supponenza che la vegetazione rappresenta una perturbazione delle rive del torrente. Al contrario rappresenta la migliore protezione contro le esondazioni perché gli alberi rallentano le acque. Una volta tagliati, il torrente prende velocità e innesca l’erosione. Anche le raffiche di bora stanno rimuovendo la parte più sottile del terreno. Ci vorranno 50 anni perchè tutto ritorni come prima…»

 

01/04/12

La protesta sul web: gran senso civico e responsabilità, con un tono pacato

 

di FEDERICA MANZON Sabato 24 marzo, io ero a Milano. C’era il cielo azzurro di primavera che difficilmente si vede in città. Pedalavo alla ricerca di un po’ di verde, pensando a quello che avrei fatto a Trieste: sarei andata ad arrampicare o a camminare lungo la vecchia ferrovia. Mentre pensavo al verde del Carso, alla luce che parte dal mare e rimbalza tra le foglie, mi ha telefonato un amico. Era ad arrampicare appena sotto la Vedetta di Moccò: «Ciò, qua i sta fazendo un casin, xe pien de camion, ruspe, e i sta disbratando tuto!». Non ho capito subito, ho pensato a comuni lavori di cura boschiva, quelli che in un primo momento sembrano amputare violentemente e invece dopo restituiscono una natura pulita e più rigogliosa. Ma la sera, a casa, ho aperto Facebook e ho capito che qualcosa non andava. Sulle pagine di molti amici c’erano foto che mostravano la Val Rosandra prima dell’intervento della Protezione civile e dopo: sembrava un paesaggio di guerra, devastato dal passaggio di carri armati, nudo e riarso. Ho cercato informazioni nei giornali, nelle notizie dell’ultima ora. Niente. Ero a Milano e faticavo a credere a quelle foto: non mostravano la valle che ricordavo, con le sue fronde che fanno il fresco in estate e i rami cui aggrapparsi scendendo dai sentieri più in alto. Ma su internet l’allarme esplodeva. Io ero lontana, non avevo modo di verificare quello che leggevo, dovevo fidarmi di internet? Non si trattava di un allarmismo eccessivo? Magari di una strumentalizzazione? Come fare ad avere informazioni attendibili? Forse il giorno dopo tutto si sarebbe sgonfiato… E invece i giorni successivi, mentre dalle fila della politica non volava una mosca, sul web cresceva la qualità delle informazioni. Gli stessi utenti badavano a fare da filtro e isolare i facinorosi che semplicemente cercavano visibilità su internet, in molti si mobilitavano a raccogliere informazioni e condividerle: testimonianze di chi c’era andato, video, pareri di esperti forestali e botanici, recupero di decreti legge. Chiunque avesse una competenza specifica la metteva a disposizione. E così, anch’io che stavo lontano ho cominciato a farmi un’idea di come erano andate le cose: da chi erano stati autorizzati i lavori, di chi era stato il coordinamento logistico, qual era la flora della zona, gli altri casi simili… In grande ritardo sono poi arrivate le dichiarazioni politiche e le cautele, ma ormai l’informazione organizzata su web aveva segnato il passo: aveva dimostrato di essere non solo più rapida, ma inaspettatamente anche più approfondita, più matura, più responsabile. In una parola: attendibile. E anche quando dalle pagine virtuali è partita l’idea della manifestazione, subito il tono è stato costruttivo e civile. Se oggi in valle non ci saranno bandiere di partito né slogan opportunistici che assimilano il caso Rosandra alla questione No Tav, lo si dovrà ai continui appelli su Facebook da parte dei partecipanti. Se per una volta, e proprio in Val Rosandra-Dolina-Glinšcice, non ci si dividerà in recriminazioni italo-slovene, lo si dovrà alla calma e la diplomazia dispiegata in rete. Se oggi non risuoneranno urla e tamburi, ringrazieremo chi in rete ha ricordato che non dobbiamo spaventare i pochi animali rimasti, la natura già privata e violentata. Queste prove di senso civico non sono venute dalle parole di politici né dalle associazioni ambientaliste, ma da singoli cittadini sul internet. Ieri sono arrivata a Trieste e anch’io, come molti, sono salita a Moccò per vedere il disastro. All’inizio del sentiero un cartello ammoniva tristemente “Parco Naturale della Val Rosandra”, comportatevi bene. Ho guardato dall’alto: il Sentiero dell’amicizia che porta fino in Slovenia ora si apre con uno squarcio, una ferita che denuncia tutta l’ignoranza di chi l’ha compiuta. Il terreno è brullo e triste, difficile non immaginarlo cedere alla prima pioggia e trascinare nel fiume i suoi detriti, senza più le radici a trattenerlo, ma questa è materia per esperti. Io guardo la valle dove mille volte sono stata felice e posso solo pensare che al momento la ferita è profonda ma limitata, la natura aiutata con nuovi innesti si riprenderà. Ma un pericolo più grande la minaccia e non ci sono più scuse, bisogna vigilare affinché il 14 e 15 aprile quella ferita non diventi mortale.

 

Val Rosandra, San Dorligo ringrazia Ciriani

 

La protesta corre sul Web. Stando al numero di contatti, migliaia di triestini indignati dovrebbero oggi radunarsi in val Rosandra per “soccorrere” un posto a loro caro. E’ da prevedere una fiumana di gente: ambientalisti, escursionisti, curiosi, persone di tutte le età e di tutti i ceti, amanti della natura che in passato avevano sempre trovato conforto tra quegli alberi tagliati. L’appuntamento è per mezzogiorno sul ponte di legno (ma non ci staranno tutti) ma il pellegrinaggio nella valle violata comincerà già dalle prime ore del mattino e finirà a tarda sera. Il rifugio Premuda sarà preso d’assalto dai “gitanti solidali”. A Bagnoli prevedibili anche problemi di viabilità. Non è invitata la Protezione civile…. Ma il popolo del web, contrariamente a quanto asserisce l’assessore regionale Ciriani, non intende essere strumentalizzato. Il comitato no Tav e i gruppi antagonisti stanno tentando di impossessarsi in qualche modo di questa pacifica protesta che invece non ha bisogno di sponsor. E’ nata in maniera spontanea e nello stesso modo continua a perpetuarsi. Sonop ormai centinaia le segnalazioni giunte al giornale o diffuse direttamente dai vari social network a conferma di un evento che, per quanto nefasto, ha saputo raccogliere e convogliare verso l’informazione globale un numero incredibile di persone, che hanno “postato” amarezza ma anche ricordi di quello che era e non sarà mai più. TRIESTE Una mail inviata dal sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin all’assessore regionale all’Ambiente Luca Ciriani per ringraziare la Protezione civile dell’operato svolto in Val Rosandra lo scorso weekend. Sviluppo decisamente inatteso nella vicenda della devastazione ambientale commessa ai danni dell’entrata della riserva naturale da parte di oltre 200 volontari della Protezione civile provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia. All’indomani dei lavori che hanno reso l’area un vero e proprio campo di guerra è emerso che il primo cittadino di Dolina, in ferie in Austria durante quei giorni, ha fatto inviare dal Comune una mail per ringraziare l’assessore Ciriani del lavoro svolto. «La lettera di ringraziamento l’ho scritta senza aver visto l’intervento. Ero via in quei giorni. Mi sono fidata del mio vicesindaco» ammette il sindaco. «Fa parte della mia educazione, ringrazione per un intervento effettuato» dice ora, anche se di quei ringraziamente non più così convinta dopo diversi sopralluoghi fatti. «Faremo i nostri rilievi e li invieremo a chi di dovere. Non mi sottraggo alle proteste e alle critiche. Voglio capire. Qualche perplessità ce l’ho anch’io». Altre fonti all’interno del Municipio, però, escludono a priori una causa contro la Protezione civile anche perché sono in molti all’interno dell’amministrazione Premolin a difendere la devastazione svolta in Val Rosandra. E lo stesso asssessore Ciriani non deflette dalla linea della fermezza che difende a spada tratta l’intervento. Accusa, in una nota, «gli ambientalisti che guardano più alla politica che al territorio», ricorda che «quando il torrente esonda, la popolazione è minacciata: le case sono minacciate, e anche la zona industriale a valle subisce dei rischi». Sottolinea che «abbiamo rispettato le leggi e tolto gli alberi da dove non dovevano esserci, anche se stavano lì da quarant’anni» e invita i cittadini «a comprendere la differenza tra populismo e necessità di agire». Va a finire che, miele alle api, il Comune viene indicato come unico responsabile dello scempio dai triestini del Pdl. ««L’assassino della storia non è Ciriani – rivela il consigliere regionale Piero Camber – ma il Comune di San Dorligo che la ha richiesto l’intervento e ha lasciato fare. Incomprensibile». «Ciriani non ha colpe – incalza Piero Tononi, consigliere regionale e vicecoordinatore provinciale del Pdl – è di Azzano Decino, cosa può sapere della Val Rosandra». La colpa? È tutta di Antonio Ghersinich, vicesindaco di San Dorligo della Valle. «Omessa vigilanza – spiega Tononi -. Il vicesindaco, che conosce il territorio, va a vedere i lavori e non si accorge di nulla. A me sembra allucinante che abbia avvallato l’intervento. Una cosa lunare».

 

 

04 aprile 2012

«Lavori per la ferrovia, la Slovenia chiarisca»

Serracchiani (Pd): l’Italia va coinvolta altrimenti porteremo il caso alla Ue. E Bandelli attacca Ciriani

«La Slovenia dia chiare informazioni e garanzie sull’impatto ambientale della Capodistria-Divaccia». Lo chiede l’europarlamentare del Partito democratico Debora Serracchiani in merito alla realizzazione della ferrovia veloce che in territorio sloveno dovrà collegare il porto di Capodistria allo snodo di Divaccia, toccando l’adiacente Val Rosandra. Tra Beka e Val Rosandra esiste già una stradina. Accanto a questa ne verrà aperta un’altra, temporanea e di collegamento, che assicuri l’accesso ai terreni interessati dai lavori. Una strada che evidentemente correrà sul ciglione della valle.

Secondo Serracchiani «sono legittime le preoccupazioni sulle ripercussioni sul delicato habitat carsico della Val Rosandra e sarebbe davvero stupefacente se ora da parte slovena si procedesse con interventi che dalle prime notizie sembrano altamente invasivi, dopo che da parte italiana abbiamo evitato che il tracciato della ferrovia toccasse quell’area». Precisando che «non possiamo adattarci alla logica perdente dei veti incrociati», Serracchiani definisce «non accettabile che la Slovenia segua una procedura che esclude dall’informazione e dalla partecipazione un territorio transfrontaliero. In mancanza di un coinvolgimento adeguato – conclude – saremo costretti a portare il caso di fronte alla Commissione europea».

Intanto, sull’intervento di pulizia promosso dall’assessorato regionale all’ambiente e protezione civile, interviene il leader di Un’Altra Trieste Franco Bamdelli: «L’assessore regionale Luca Ciriani – dice – avrebbe fatto meglio a scegliersi altri “avvocati” piuttosto che la sgangherata pattuglia di consiglieri regionali triestini del Pdl, che con le loro parole aggravano la posizione di questo assessore all’ambiente che ci auguriamo ormai pro tempore. Il Pdl triestino – sottolinea Bandelli – nel meschino tentativo di scaricare le responsabilità sul vicesindaco del Comune di San Dorligo, sul cui ruolo c’è molto da capire, finisce per sconfessare definitivamente Ciriani, che nonostante l’evidenza dello scempio commesso si ostina a difendere la bontà» dell’intervento. Bandelli definisce «ridicolo che il consigliere Piero Tononi accusi il Comune di San Dorligo di omessa vigilanza, quando con tanto di foto di gruppo da gita scolastica, numerose immagini testimoniano la presenza di Ciriani e la condivisione di quanto stava accadendo». «Spero che in Consiglio regionale – prosegue Bandelli – fiocchino mozioni di sfiducia verso l’operato di un assessore che l’ha combinata grossa e che con le sue parole, dimostra la sua mancanza di rispetto verso Trieste e i suoi cittadini: prima attaccando il Consiglio comunale in occasione del voto contrario al rigassificatore, oggi accusando i cittadini di strumentalizzazione di fronte alle loro legittime proteste per la devastazione della Val Rosandra».

 

 

07 aprile 2012

Vicino a Bottazzo due ponti e non più la diga

Presentata la Capodistria-Divaccia. Il Wwf a Regione e ministeri: serve la valutazione transfrontaliera

 

di Corrado Barbacini

Val Rosandra, lato sloveno. Raddoppio della ferrovia Capodistria-Divaccia. L’altro giorno nella cittadina di Gabrovica è stato presentato il progetto relativo a quest’area sensibile, che crea timori anche per il lato italiano della valle, appena violata dal taglio di alberi ora sotto inchiesta. I progettisti hanno annunciato che nella parte alta della valle, dove è prevista una strada temporanea di collegamento al servizio dei cantieri, si è deciso di costruire due ponti al posto di una impattante diga, ipotesi che ormai è stata esplicitamente esclusa.

Il tracciato, è stato detto, sarà di 28 chilometri di cui 21 in galleria, costerà 1,3 miliardi di euro e richiederà 6 anni per essere completata. Il punto più vicino di tangenza con la parte italiana è nei pressi di Bottazzo.

Nei giorni scorsi Debora Serracchiani, europarlamentare Pd, ha chiesto di vedere i progetti. Adesso è il Wwf a entrare in campo: «Sulla nuova linea ferroviaria Capodistria Divaccia è necessaria una Valutazione d’impatto ambientale transfrontaliera (Via): anche gli enti e i cittadini italiani devono poter esprimere il proprio parere sul progetto, e sul modo per evitare che arrechino danni irreversibili all’ambiente e al paesaggio».

La richiesta, firmata dal presidente regionale Roberto Pizzutti, è stata inviata alla Regione, al ministero per l’Ambiente sloveno, per conoscenza al sindaco di San Dorligo-Dolina, e naturalmente al ministero dell’Ambiente, dove il ministro Corrado Clini, già sollecitato sui fatti della Val Rosandra, ma in questi giorni all’estero, è in procinto di occuparsi del tema, anche perché destinatario di interrogazioni parlamentari sulla contestata pulizia dell’alveo del torrente.

Il Wwf ricorda che la Val Rosandra è dal 1996 riserva naturale regionale, ma fa anche parte del Sito di importanza comunitaria “Carso triestino e goriziano” e della Zona di protezione speciale “Aree carsiche della Venezia Giulia”. «Da qui – afferma la nota – l’obbligo di sottoporre le opere, che potenzialmente potrebbero arrecare danno alle specie e agli habitat tutelati, a un’approfondita valutazione, che tenga conto dell’impatto che i lavori possono avere sul paesaggio, sul regime delle acque, anche per l’inquinamento prodotto dai mezzi di cantiere e lo smaltimento dei materiali scavati, impatti che interesserebbero anche il territorio italiano. Giustamente – conclude il Wwf – la Slovenia ha chiesto di partecipare alla “Via” sul rigassificatore e non solo, ora è l’Italia che deve potersi esprimere sul raddoppio della ferrovia slovena. Confidiamo nel governo, nella Regione e anche nel Comune di San Dorligo». (g. z.)

Protezione civile. Peggio di Attila

Questo articolo apparirà su Umanità nova di questa settimana.

 

La protezione civile devasta una riserva naturale

Peggio di Attila

 

La Val Rosandra è una piccola, stupenda valle che si insinua fra la città di Trieste e le colline del Carso. Dal 1996 è una riserva naturale, habitat di moltissime specie animali e vegetali e luogo di riposo per i cittadini stanchi e stressati dal lavoro quotidiano, che qui, a pochi chilometri dalla città, possono riposarsi e ritrovare per un giorno quell’equilibrio con la natura che durante la settimana feriale è compromesso dal cemento, dall’asfalto e dal lavoro di tutti i giorni. E’ un luogo ancora in parte selvaggio. In alcuni punti il bosco è fitto e il torrente Rosandra scorre veloce fra gli ontani e i pioppi. Un luogo magnifico. Qui il 24 marzo è stato compiuto un vero e proprio scempio: circa 200 fra volontari e stipendiati della protezione civile sono arrivati con ruspe e motoseghe e hanno indiscriminatamente tagliato tutto ciò che si poteva tagliare lungo gli argini, e non solo, del torrente. Doveva essere un’operazione di bonifica, pianificata già da tempo dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il comune di San Dorligo della valle (Dolina) e dato in gestione alla protezione civile regionale. Nella realtà si è trasformata in un’azione devastante, non solo per gli alberi e gli arbusti, ma anche per gli animali, in particolare per gli uccelli, che su queste piante hanno i loro nidi, e per gli anfibi, che in questo periodo si riproducono e hanno bisogno di un ambiente umido e fresco dove poi deporre le uova. La Val Rosandra è stata mutilata per sempre: secondo diversi esperti botanici ci vorranno decine di anni affinché si torni a formare un boschetto lungo il torrente e in ogni caso non tonerà come prima. La mancanza del presidio forestale accelererà infatti il disseccamento del suolo e l’erosione delle rive. I motivi di questa operazione nefasta non sono chiari: coloro che hanno organizzato e pianificato l’opera parlano di bonifica dalle piante infestanti e messa in sicurezza del letto del torrente, che però negli ultimi trent’anni era esondato solo due volte, senza peraltro procurare troppi danni. A parte che le due azioni sono diverse fra loro e necessitano strumenti diversi, ma lo sanno questi signori che gli alberi a grosso fusto proteggono gli argini dei fiumi con le radici e li rendono più solidi? Eppure sono cose che si imparano alle scuole medie! E allora perché sono state tagliate, in malo modo, piante ad alto fusto come gli ontani mentre non sono state toccate piante infestanti e alloctone come la robinia? La Regione e il Comune di San Dorligo hanno difeso l’intervento a spada tratta, accusando addirittura coloro che faticosamente hanno cercato di pulire la zona dalle ramaglie lasciate sul terreno di “portare via il legname dopo aver protestato”. Una situazione quasi paradossale. Il rischio di un disastro ambientale ancora peggiore è alto: se nei prossimi giorni pioverà, come dalle previsioni, il torrente trascinerà a valle rami e detriti, con pericolo di frane e smottamenti. Un punto da non sottovalutare, in questa vicenda – volendo fare i malpensanti – è quello del TAV. Cosa c’entra l’alta velocità con l’opera di bonifica di un torrente? C’entra, ma per spiegarlo è necessario spendere due righe sulla situazione del TAV in questo territorio. Ancora non c’è un progetto definitivo e negli anni si sono alternati diversi progetti. Il primo progetto prevedeva che la Val Rosandra fosse attraversata da una lunga galleria, la cui costruzione avrebbe completamente distrutto la valle. Adesso sembra che il tracciato venga cambiato, ma ancora non è detta l’ultima parola, anzi c’è una grande confusione sulla questione. Che questo scempio sia una sorta di “prova tecnica” per far poi passare in modo meno traumatizzante devastazioni di ben più ampia portata su tutto il territorio circostante? Un’ipotesi assurda certo… ma a volte l’assurdità non si discosta così tanto dalla realtà…

 

Monta la protesta

Gli abitanti dei comuni limitrofi e quelli di Trieste hanno reagito immediatamente con indignazione a questo macello. Questa valle era il luogo prediletto per le passeggiate domenicali per tante famiglie, e il fatto di vederla ridotta in questo stato ha fatto scattare un’ampia protesta che si è diffusa prima su internet e poi si è riversata in valle. Domenica 1 aprile si è svolta una manifestazione che ha mobilitato quasi duemila persone, che si sono ritrovate all’inizio della valle, sul ponte di legno che attraversa il torrente e si sono potute rendere conto con i propri occhi di cosa era successo. La mobilitazione non si fermerà. Nelle prossime settimane sono previste altre iniziative, in particolare a Trieste contro la giunta regionale, vero responsabile politico di questa operazione, e contro la protezione civile, esecutore materiale. E’ importante smascherare questi soggetti e mostrare ciò che sono realmente: saccheggiatori e devastatori.

 

redTS

 

 

Eco-catastrofi/ Mare del Nord: fuoriuscita di greggio da piattaforma

Repubblica 16 agosto

 

Mare del nord, rischio marea nera – video
“Peggior incidente nell’area dal 2000”

Mare del nord, rischio marea nera -   video   "Peggior incidente nell'area dal 2000"

Continua la perdita di greggio dalla piattaforma Gannet Alpha che ha subìto un guasto al largo delle coste scozzesi. Secondo gli esperti la situazione è grave. La Shell ammette di non essere riuscita a fermare il flusso, ma assicura: sta calando

 

MARE DEL NORD

Continua la fuoriuscita di petrolio
“Peggior incidente nell’area dal 2000”

Non si ferma la perdita di greggio dalla piattaforma Gannet Alpha al largo delle coste scozzesi. Secondo gli esperti la situazione è grave. La Shell ammette di non essere riuscita a fermare il flusso, ma assicura che sta calando

ROMA – Cresce la paura per la perdita di petrolio nel mare del nord 1, al largo delle coste scozzesi: la fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma Gannet Alpha, a 180 chilometri da Aberdeen, sulla costa orientale della Scozia, non si è fermata. Lo annuncia la Shell, senza fornire altri dettagli, nè fare alcuna previsione su quando sarà in grado di fermare la perdita.

Dopo giorni di silenzio e scarsa informazione, ieri il colosso anglo-olandese aveva stimato la perdita in 200 tonnellate di greggio, circa 1.300 barili: secondo gli esperti si tratta dell’incidente più grave nell’area dal 2000. Il colosso anglo-olandese ammette che si tratta di una fuoriuscita “significativa”, ma che andrebbe rallentando: la stima di oggi è che la quantità di petrolio riversata in mare sia scesa a 5 barili al giorno. 

Secondo la Bbc ci sarebbe una seconda falla da cui fuoriesce il greggio, non ancora individuta con precisione. “Abbiamo un sistema sottomarino molto complesso, e la perdita si trova in una posizione difficile con molta vegetazione marina”, ha detto il responsabile Shell per l’esplorazione in Europa, Glen Cayley. Le squadre di sommozzatori sono al lavoro per individuare il punto della perdita.

(16 agosto 2011)

Disastri in Friuli: brucia la Val Tramontina

12 aprile 2011 Messaggero Veneto

 

Brucia la montagna in Val Tramontina

incendi

Brucia la montagna. Dopo la Val Cosa tocca alla Val Tramontina dove l’ipotesi che il rogo scoppiato ieri pomeriggio sia di natura dolosa è molto più concreta. La prima chiamata ai vigili del fuoco è giunta poco dopo le 14 quando i passanti hanno notato le fiamme sul versante montano all’altezza del ponte di Campone, a Tramonti di Sotto.

 

Inondazioni/ Tocca all’Australia

2 gennaio 2011 Australia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Queensland devastato dalle piogge – Foto

16:06 CRONACHE Una donna morta, 200 mila sfollati nello stato del nordest Australia

Video

 


 

Un 'disastro di proporzioni bibliche': cosi' le autorita' dello Stato australiano del Queensland hanno definito i danni provocati dalle inondazioni che stanno devastando l'area a nordest del continente
Un ‘disastro di proporzioni bibliche’: cosi’ le autorita’ dello Stato australiano del Queensland hanno definito i danni provocati dalle inondazioni che stanno devastando l’area a nordest del continente


MUTAMENTI CLIMATICI/ Catastrofi oramai di ordinaria amministrazione

La catastrofe climatica avanza inesorabilmente

Maltempo in Italia, tre morti /   Foto   Nel Veronese 2mila 500 sfollati

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DISASTRI/ Ungheria allarme per il Danubio

7 ottobre

Il fango rosso è nel Danubio – video
“A rischio l’ecosistema del fiume”

Il fango rosso è nel Danubio -  video  "A rischio l'ecosistema del fiume"

Allarme in Ungheria: la marea di scorie della lavorazione dell’alluminio fuoriuscita da un’acciaieria, che ha già invaso una vasta zona del Paese, ha raggiunto il corso d’acqua più lungo d’Europa. E potrebbe contaminarlo

 

6 ottobre 2010 Repubblica

Fango tossico, si cercano altre vittime
lotta contro il tempo per salvare il Danubio

Si cerca ancora dopo l’onda di sostanze tossiche che ieri ha investito un paese provocando 4 morti. Protezione civile impegnata a impedire che l’ondata raggiunga gli affluenti del grande fiume europeo

UNGHERIA

Fango tossico, si cercano altre vittime
disastro ecologico senza precedenti

Riprese le operazioni di soccorso dopo la fuoriuscita di materiale pericoloso da una fabbrica che ha invaso una vasta area. Protezione civile impegnata a impedire che l’ondata raggiunga gli affluenti del Danubio

BUDAPEST – È un disastro ecologico senza precedenti quello che ha colpito Kolontar, nella regione occidentale dell’Ungheria. Il “fango tossico 1” fuoriuscito da un impianto di lavorazione dell’alluminio che ha inondato una zona di circa 40 chilometri quadrati, ha provocato almeno quattro morti (una donna anziana, un uomo di 35 anni a  due bambini), sei dispersi, 123 feriti tra i quali 61 ricoverati, e indotto il governo magiaro a proclamare lo stato di emergenza in tre province, Veszprem, Gyor-Sopron e Vas. I danni sono stimati sui dieci miliardi di fiorini, 38 milioni di euro, la bonifica dell’area durerà mesi, se non anni. La marea di fango, alta due metri, ha sollevato timori per la minaccia inquinamento, che potrebbe raggiungere il Danubio nel giro di quattro o cinque giorni.

I soccorritori sono tornati al lavoro questa mattina: con indosso maschere e indumenti per proteggersi dalle sostanze tossiche e caustiche, gli uomini dell’autorità nazionale per la gestione dei disastri sono alla ricerca di sei anziani, scomparsi dopo l’inondazione. Dopo due giorni in cui non hanno dato segnali di vita, ci sono poche speranze di trovarli vivi e si teme che andranno a ingrossare il bilancio delle vittime del disastro ecologico. Altri 500 uomini sono impegnati in maniera strenua a

CAOS CLIMATICO/ Dal caldo estremo agli eventi improvvisi ed intensi

Dopo la tromba d’aria del 22 luglio, nel medio Friuli,

con danni da milioni di euro

e tonnelate di eternit sparse per il territorio,

ci siamo messi a guardare con un po’ di attenzione

agli eventi climatici

e stiamo assistendo ad un crescendo

di eventi improvvisi e devastanti …

Fra l’altro questo è ben poca cosa rispetto a quello che è successo in Pakistan, in India, in Europa centrale, in Russia …

 

22 luglio 2010

Tromba d’aria, il Friuli
chiede lo stato di calamità

La Regione chiederà al governo lo stato di calamità per le zone colpite dalla sfuriata di maltempo nella notte fra venerdì e sabato. Lo annuncia l’assessore regionale alla Protezione civile Riccardi. Mercoledì terrà una relazione alla giunta regionale. “Danni sono ingenti, interessati 35 comuni quasi tutti nella provincia di Udine. La zona più colpita va da Codroipo a Manzano”


Decine i Comuni interessati. Agricoltura e molte aziende in ginocchio.

DISASTRI/ La Piattaforma petrolifera affondata

Repubblica 26 aprile

Dalla piattaforma esplosa – Foto
macchia nera verso la Louisiana

Dalla piattaforma esplosa -   Foto   macchia nera verso la  Louisiana

Contrariamente a quanto detto nelle prime ore dalla Bp, dall’impianto crollato finiscono in mare mille barili al giorno di greggio. Che si dirigono verso una zona paludosa di grande delicatezza ambientale. L’azienda: “Non riusciamo a bloccare le valvole” / VIDEO

GOLFO DEL MESSICO

Piattaforma affondata,  macchia nerasi sposta verso le coste della  Louisiana

Louisiana, greggio verso le coste:
«È un disastro»

13:02 ESTERI Dalla piattaforma affondata escono mille barili di petrolio al giorno Foto Video

 

Interrotte le ricerche degli 11 operai dispersi

Piattaforma affondata, la macchia nera
si sposta verso le coste della Louisiana

Ogni giorno fuoriescono mille barili di petrolio.
Si rischia un disastro ambientale senza precedenti

Interrotte le ricerche degli 11 operai dispersi

Piattaforma affondata, la macchia nera
si sposta verso le coste della Louisiana

Ogni giorno fuoriescono mille barili di petrolio.
Si rischia un disastro ambientale senza precedenti

createEmbed_player(“2524_beb52fb4-5120-11df-884e-00144f02aabe”, “Dal%20Mondo”, “af93f391-342b-4a64-9f9c-b3923872f90e” , “300”); MILANO – L’iniziale ottimismo della Guardia costiera americana è stato smentito dai fatti. Più che di un timore si tratta ormai di una certezza: l’incendio e poi il crollo della piattaforma petrolifera della Bp, 70 chilometri al largo delle coste della Louisiana, nel Golfo del Messico, sta causando un disastro ambientale. La sua portata è ancora tutta da valutare. E, in buona parte, tutto si lega al buon esito dell’ultimo disperato intervento dei robot di profondità, che stanno operando a 5mila metri per chiudere i “buchi”. Quello che la compagnia BP, che gestiva l’impianto di estrazione, sta cercando di fare, ha sintetizzato l’ingegnere meccanico Richard Metcalf, «è di mettere un tappo di sughero a una bottiglia di champagne». Resta il fatto che non si tratta di champagne e che ogni giorno dal fondo marino di spargono circa 1.000 barili di greggio, poco meno di 160mila litri. Le operazioni per tentare di bloccare questa perdite sono anche in parte ostacolato dal maltempo. La macchia nera potrebbe raggiungere presto le spiagge e la regione paludosa della Louisiana causando un disastro ecologico senza precedenti. A 30 km dal luogo del disastro si trova anche l’arcipelago delle Chandeleurs, un’oasi verde in cui depongono le uova pellicani e altri uccelli, già pesantemente danneggiata dall’uragano Katrina. Durante la notte la macchia si è allargata del 50% e ora copre un’area di oltre 1.500 chilometri quadrati, anche se secondo gli esperti si tratta perlopiù di un sottile velo di greggio sulla superficie.

11 MORTI, 17 FERITI. A BORDO 2,6 MILIONI DI LITRI DI PETROLIO – Nell’indicente alla piattaforma della piattaforma Deep Water Horizon 11 operai erano risultati dispersi e le loro ricerche si sono concluse sabato. In tutto erano 126 le persone presenti al momento dell’esplosione. I feriti sono 17 di cui quattro in gravi condizioni. La piattaforma conteneva circa 2,6 milioni di litri di petrolio. La BP, inizialmente ottimista sulle possibilità di evitare il disastro, ha assicurato di fare il possibile per bloccare la fuoriuscita di greggio dalle valvole e dalle tubature, un compito che si sta rivelando «estremamente complicato» e che «potrebbe non riuscire», come ha detto il responsabile delle perforazioni della Bp, Doug Suttles, citato dalla Bbc.

 

Marea di petrolio nel Golfo del Messico

Marea di petrolio nel Golfo del Messico  Marea di petrolio nel Golfo del Messico  Marea di petrolio nel Golfo del Messico  Marea di petrolio nel Golfo del Messico  Marea di petrolio nel Golfo del Messico  Marea di petrolio nel Golfo del Messico  Marea di petrolio nel Golfo del Messico

La compagnia ha inviato 32 navi speciali per pulire le acque e diversi velivoli che disperdono sulla macchia una spray diluente. Sul caso giovedì scorso era intervenuto anche Barack Obama: il presidente Usa aveva detto che il governo degli Stati Uniti considerava “una priorità” la risposta ad un’eventuale catastrofe ecologica.

IN AZIONE UNA FLOTTA DI ROBOT SOTTOMARINI – Intanto le speranze per evitare il disastro si concentrano su una flotta di robot mobilitata da British Petroleum che operano a 5mila metri i profondità e cercano di chiudere le falle nella struttura dalle quali esce il greggio. La Bp ha reso noto che sono quattro i robot sottomarini in azione contemporaneamente.

DISASTRI, idro-geo-politici

Repubblica 17 febbraio

Frane, a rischio sette comuni su dieci
“Quattro miliardi per salvare l’Italia”

In 50 anni mezzo milione di smottamenti.

I tecnici: troppo cemento e i mutamenti climatici provocano sempre più danni.

Il piano dell’associazione nazionale bonifiche di A. CIANCIULLO / Commenta

Calabria, Maierato paese fantasma / FOTO

 

 

Repubblica 16 febbraio 2010


La frana minaccia il paese terrorizzato Evacuate duemila persone in Calabria

La frana minaccia il paese terrorizzato
Evacuate duemila persone in Calabria

Gli abitanti di Maierato, in provincia di Vibo Valentia costretti a lasciare le loro case. Il sindaco “La montagna minaccia una parte importante dell’abitato”. Problemi in tutta la regione
VIDEO – LA MONTAGNA PRECIPITA SULLE CASE
Sicilia

Anche a San Fratello la gente costretta alla fuga