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Marzo 17th, 2017 — General, Mare
Dal Piccolo del 18/11/11
Rigassificatore: un piano per sconfiggere i veti
PROGETTO DEFINITIVO»DOCUMENTO PRESENTATO IN REGIONE
Sei mesi di tempo per predisporre istruttorie e elaborare i pareri
Per poter esprimere un parere su un’opera come il rigassificatore di Zaule, non basta certo un incontro di un paio d’ore (tanto è durata, martedì scorso, la presentazione in power point organizzata da Gas Natural in Regione). Agli attori istituzionali coinvolti nell’operazione verrà quindi recapitato a giorni il dvd con il materiale da sottoporre al vaglio dei tecnici. Il tutto in tempi decisamente rapidi. La legge prevede infatti che la Regione esprima il proprio parere entro 200 giorni dal ricevimento della documentazione. Entro tale scadenza quindi i vari enti – dal Comune di Trieste alla Provincia, dall’Arpa e all’Autorità portuale -, dovranno predisporre le istruttorie e trarre le conclusioni da esporre poi alla Conferenza dei servizi. Se in quella sede tutti i convitati si esprimeranno a favore, l’opera otterrà il via libera. In caso di mancata unanimità, invece, il verdetto spetterà alla giunta regionale.
di Maddalena Rebecca Creazione di collinette artificiali chiamate a “mascherare” l’impianto. Raddoppio dei pontili, da realizzare uno a fianco all’altro, per garantire l’accesso anche in caso di incidenti o scoppi. Adeguamento dei criteri progettuali alle specifiche caratteristiche del golfo di Trieste, fotografate in modo puntuale dall’Ogs. Contiene questo e molto altro il progetto definitivo del rigassificatore di Zaule illustrato nei giorni scorsi in Regione dai vertici di Gas Natural. Un’illustrazione preliminare (ai partecipanti sono state mostrate solo delle tavole riassuntive), che segna però la decisa ripresa della procedura autorizzativa dell’impianto nell’area ex Esso, pur in assenza del via libera al gasdotto Snam Rete Gas, essenziale per l’avvio dell’operazione gnl. Il progetto definitivo del rigassificatore arriva a distanza di poco più di due anni dal decreto sulla compatibilità ambientale firmato dagli ex ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali Stefania Prestigiacomo e Sandro Bondi. Decreto che vincolava la realizzazione dell’opera all’adempimento di una lunga serie di prescrizioni, ora recepite da Gas Natural e confluite appunto nell’elaborato definitivo, diventato per molti aspetti “nuovo” e diverso rispetto al precedente. Le integrazioni riguardano sia aspetti squisitamente tecnici, sia misure di immediata comprensione anche per non addetti ai lavori. La prima e più visibile trasformazione riguarda l’aspetto “estetico” dell’opera. Su espressa richiesta del ministero dei Beni culturali, Gas Natural non procederà alla prevista rettifica della linea di costa, necessaria per realizzare una banchina lunga 400 metri, ma la interromperà creando delle collinette alberate. Una soluzione voluta per armonizzare l’impianto con il paesaggio circostante e ridurne visivamente l’impatto. All’occhio balza poi una seconda modifica: il raddoppio dei pontili. Un accorgimento preso in ottemperanza a quanto richiesto dal Comitato tecnico regionale per aumentare le garanzie di sicurezza del rigassificatore. La cosiddetta linea fredda di sdoppiamento ha il compito infatti di consentire l’accesso ai pontili in caso di incidenti o scoppi. Rientra nel capitolo sicurezza anche un’altra novità inserita nel documento definitivo: la scelta di riformulare la progettazione alla luce delle disposizioni antisismiche e delle ultime norme in materia di costruzioni, decidendo ad esempio di alternare macro e micropali per realizzare le fondamenta. Grande attenzione, inoltre, alla tutela del golfo (voce, secondo gli ambientalisti, non sufficientemente presa in considerazione da Gas Natural in passato). Per evitare che il ciclo del freddo alteri l’ecosistema marino, il colosso spagnolo ha elaborato un progetto di fattibilità che prevede la compensazione delle frigorie del processo di rigassificazione con le calorie prodotte dalla centrale Elettra Glt di Servola. Inoltre ha rivisto soluzioni tecniche e strutturali alla luce dei dati precisi su temperature dell’acqua, venti e correnti raccolti dall’Ogs (il preliminare era stato redatto invece su analisi fornite da esperti di Venezia). Infine il capitolo bonifiche. Nel progetto sono stati inseriti i risultati delle caratterizzazioni, già ultimate sia nella parte a terra sia nell’area a mare. Dai sondaggi è emersa anche l’esistenza di una fascia “non trattabile”, il cui terreno dovrà quindi essere asportato. E anche su questa voce arrivano nuove, precise indicazioni. Gas Natural, così come prescritto da Roma, effettuerà più del 70% delle movimentazioni dei terreni inquinati via mare, per ridurre al minimo l’inquinamento.
Ma il Wwf attacca: “Incompatibile”
L’area marina di Miramare diventa “sito di importanza comunitaria” (Sic), fatto che per il Wwf rappresenta «un ulteriore elemento per dire no al rigassificatore». Una nuova levata di scudi è arrivata ieri dagli ambientalisti triestini, decisi a chiedere «un’approfondita valutazione di incidenza ecologica che consideri quale impatto comporterebbe la realizzazione dell’impianto gnl sui delicati ecosistemi marini del neonato Sic» . «Questa novità impone una nuova riflessione – ha detto Dario Predonzan, esponente del Wwf – perché il Sic di Miramare è uno dei pochissimi esistenti oggi in Italia, il primo in regione. Nel golfo di Trieste e soprattutto a Miramare esistono interessanti microclimi e si sviluppano flora e fauna marine di particolare valore». «L’elemento comune dei rigassificatori già realizzati – ha ricordato il biologo marino Carlo Franzosini – è l’utilizzo dell’acqua di mare nel processo di rigassificazione, per risparmiare costi. L’acqua è preventivamente sterilizzata per evitare incrostazioni. Basterebbe utilizzare lo 0,87% dell’energia prodotta dal rigassificatore per alimentare la combustione ed evitare così l’utilizzo dell’acqua di mare. Quando si ricorre a quest’ultima, se ne filtrano 500mila metri cubi al giorno, un volume corrispondente a un palazzo di 20 piani. Finito il ciclo – ha continuato il biologo – si arriva a riversare in mare fino a 200 tonnellate all’anno di veleni. Le conseguenze sono la perdita di uova e di larve, l’interruzione di cicli biologici. Le alternative serie a questi progetti esistono, ma sono state omesse dai progetti, eppure garantirebbero meglio l’ambiente. Bisogna approfondire il dibattito, anche nelle sedi istituzionali». «Soltanto la “Via” sul rigassificatore di Zaule proposto dalla GasNatural – ha ripreso Predonzan – si è finora conclusa con un decreto ministeriale, giudicato però scorretto dagli ambientalisti e da alcuni Comuni, che lo hanno impugnato al Tar del Lazio, mentre mancano ancora le conclusioni dei procedimenti sul rigassificatore off shore di E.On. e sul gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto dalla Snam. Nei mari italiani, e specialmente in quelli come l’Adriatico che ha scarsa profondità e grande produttività primaria – ha concluso l’esponente del Wwf – la tecnologia a circuito aperto prevista nella maggioranza dei rigassificatori andrebbe sostituita da quella a circuito chiuso, che utilizzi per il processo di rigassificazione altre fonti di calore». (u.s.)
Marzo 17th, 2017 — General, Mare
Dal Piccolo del 23/11/11
Rigassificatore «Alla Regione l?ultima parola»
Il rigassificatore di Zaule? «Non si può più costruire» esultano i capigruppo della maggioranza durante la conferenza stampa per la presentazione delle direttive sul nuovo Prg. Le direttive e le relative salvaguardie non lasciano margini di dubbi. «A Trieste il rigassificatore non lo vogliamo», attacca Paolo Bassi dell’Idv. Il comunista Marino Andolina rivendica l’approvazione del suo emendamento, il numero 35, scritto con la Legambiente, con cui il Comune rifiuta la costruzione del rigassificatore in qualunque punto del territorio triestino. Resta aperta la questione del rigassificatore off-shore, quello in mare, dove il prg di Trieste non arriva. Tutto tranquillo, allora? Macché. «La Regione ha trasmesso al Comune il progetto del rigassificatore per un parere consultivo», gela la sala l’assessore Fabio Omero. E le nuove direttive? E le salvaguardie? «L’ultima parola spetta alla Regione», aggiunge l’assessore. «La Regione non sarà così matta dà imporci il rigassificatotore – attacca l’ex sindacalista Marino Sossi, capogruppo di Sel -. Questo territorio ha già dato dal punto di vista energetico». E quindi? «Siamo pronti a fare i picchetti sotto i palazzi della Regione. Ma non sarà così matta…». Già. Non sarà così matta. Proprio qui poi, nella città di Franco Basaglia.
Marzo 17th, 2017 — General, Mare
Dal Piccolo del 24/11/11
«Impianto gnl, la Regione rifiuta di dare il progetto»
«La Regione rifiuta di consegnare copia del progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, con motivazioni che riteniamo inaccettabili e contraddittorie. Sia allora la stessa Gas Natural a divulgarlo, integralmente, a chi lo richiede, se non ha nulla da nascondere». L’invito al colosso spagnolo dell’energia arriva dal Wwf Friuli Venezia Giulia. «Lo scorso 30 settembre – sottolinea una nota degli ambientalisti – il Wwf aveva richiesto la copia alla Direzione ambiente della Regione, in base alla normativa vigente sul diritto di accesso. Spetta alla stessa Regione convocare la conferenza dei servizi, che dovrà esaminare il progetto ed emanare l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto». Datata «25 ottobre», invece, «la risposta negativa, a firma del direttore del Servizio energia della Direzione centrale ambiente Pietro Giust», prosegue il Wwf prima di definire «incredibile» la collegata motivazione. Così riepilogata: «La lettera prima riconosce che “il diritto di accesso agli atti amministrativi ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa”. Dopo di che, però, aggiunge che “il diritto di accesso non può in nessun caso essere inteso come diritto dei privati di prendere visione di documenti prodotti da altri privati nell’ambito di un procedimento amministrativo che veda interessati questi ultimi». Ma c’è un passaggio ulteriore che gli ambientalisti evidenziano: la Regione scrive ancora che «sussiste inoltre la necessità di tutelare gli interessi intellettuali, industriali e commerciali della società Gas Natural». Come possono qui, si chiede il Wwf, i privati «vigilare sull’operato dei soggetti pubblici al fine di verificarne la correttezza»? Da ciò, il Wwf accusa la Regione di dimostrare «di non temere di offrire di sé l’immagine di chi bada esclusivamente agli interessi dei poteri forti». Conseguenza ulteriore, l’invito a Gas Natural. Che in merito fa sapere: «Gas Natural Rigassificazione Italia conferma la ricezione in data odierna della richiesta del Wwf del Friuli Venezia Giulia. La richiesta verrà valutata e verrà data una risposta direttamente all’associazione».
Marzo 17th, 2017 — General, Mare
Dal Piccolo GIOVEDÌ, 02 DICEMBRE 2010
AMBIENTE ED ECONOMIA
«Rigassificatore, annientato l’ecosistema del golfo»
Uno studio di cinque docenti: con l’impianto sottratti ogni anno 1451 ettari di habitat marino
Si tratterebbe di 1.451 ettari di habitat marino sottratti ogni anno all’ecosistema del golfo di Trieste, con una perdita economica compresa fra i 3.270.329 e i 5.271.120 euro, nei settori della pesca, dei processi di auto depurazione e del turismo subacqueo.
Queste le conseguenze della realizzazione del rigassificatore di Zaule da parte di Gas Natural, in base a uno studio compiuto da Donatella Del Piero, docente di Biologia marina, Ranieri Urbani della facoltà di Chimica, Marina Zweyer della Facoltà di Medicina dell’Università cittadina, e da Marina Cabrini dell’Ogs e Carlo Franzosini della Riserva marina di Miramare, con l’approvazione del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste.
«Una cospicua parte del danno ambientale – è stato detto – sarà dovuta all’utilizzo di acqua di mare, in un anno dai due ai tre ricircoli di quella presente nella baia di Muggia e circa il 4-5 per cento dell’intero bacino del golfo di Trieste, il cui ricambio idrico è inferiore rispetto ad altre località che ospitano simili impianti, come Barcellona e Tokyo. La combinazione di cloro, utilizzato per impedire l’intasamento delle tubazioni da parte di organismi marini, lo shock termico e lo stress meccanico, rappresentato dal passaggio attraverso le pompe – hanno aggiunto – comporterebbe una sostanziale sterilizzazione e la denaturazione di quanto presente nelle acque marine. Tutto questo – hanno sottolineato – non appare nelle relazioni di Gas Natural».
In base agli studi fatti, «tutto quello che sarà introdotto nell’impianto sarà poi espulso in una forma quasi sterile, con l’annientamento di gran parte delle forme di vita presenti, l’ossidazione dei sali minerali cosiddetti nutrienti e la restituzione di sostanze chimiche tossiche. Così come per gli aspetti di sicurezza antropico-industriale, più volte evidenziati negli scorsi mesi dallo stesso Tavolo tecnico – hanno concluso – anche riguardo gli studi di impatto ambientale, il progetto di Gas Natural si dimostra incompleto e inadeguato». (u. s.)
Marzo 17th, 2017 — General, Mare
Il Piccolo13 aprile
Attualmente si pescano nel golfo di Trieste 2.500 tonnellate di pesce all’anno. Erano 5.000 nel 2005 per cui nel giro di quattro anni la raccolta si è letteralmente dimezzata. Oltre al quantitativo di pesce in mare però diminuiscono anche le possibilità di pesca. E per di più, un regolamento europeo potrebbe dare la mazzata finale al prodotto ittico locale
Mare più povero, dimezzato il pesce del golfo di Trieste
Nelle reti 2500 tonnellate all’anno, erano 5mila nel 2005. In vista la mazzata del nuovo regolamento Ue
di Silvio Maranzana
TRIESTE. Dimezzata nel giro di cinque anni con specie drasticamente ridotte e altre pressoché estinte, e con dinanzi a sé lo spauracchio di un regolamento europeo che potrebbe darle la mazzata finale. La pesca locale non se la passa affatto bene soprattutto perché il golfo si sta svuotando di pesce anche se nell’era della globalizzazione il fenomeno non è clamorosamente evidente nelle pescherie dove la merce arriva dal Senegal e addirittura dal Canada.
Attualmente si pescano nel golfo di Trieste 2500 tonnellate di pesce all’anno. Erano 5000 nel 2005 per cui nel giro di quattro anni la raccolta si è letteralmente dimezzata. «Tutto il pesce che si vende regolarmente in provincia passa attraverso il Mercato ittico – riferisce il direttore Maurizio Sodani – oggi il pescato locale costituisce appena il 30 per cento del quantitativo complessivo di merce, era il 40 per cento meno di dieci anni fa». «L’inverno è stato abbastanza proficuo per le reti da posta – spiega Guido Doz responsabile di Agci pesca che raccoglie la maggior parte delle cooperative locali – ma da qualche settimana con l’arrivo dei primi tepori primaverili si è bloccato anche questo settore. Del tutto negativo invece il bilancio delle saccaleve. Riboni, mormore, orate e branzini si sono pescati meno degli anni scorsi. E poi sono sparite del tutto alcune specie, come le scarpene, i saraghi e i dentici che certo non sono mai stati pesci caratteristici del nostro golfo, ma che pure nel recente passato, seppure in quantità minime, si pescavano».
«Prendiamo i calamari che un tempo si prendevano a tonnellate – fa notare Paolo Bullo commissionario al Mercato ittico – da quindici anni si registra un calo costante e preoccupante dei quantitativi pescati. Molte sono le ipotesi che si fanno al riguardo e una si basa sull’aumento della temperatura dell’acqua tant’è che al contrario si sono spinti fino alle nostre latitudini, seppure in un mumero molto limitato, esemplari tipici dei mari tropicali quali il pesce serra e il pesce balestra».
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Oltre al quantitativo di pesce in mare però diminuiscono anche le possibilità di pesca come fa notare un altro pescatore triestino, Salvatore Pugliese rappresentante di Legacoop. «Ci sono troppe zone vietate alle pesca nel golfo – spiega – con le lampare non ci si può avvicinare al Canale navigabile, non si può pescare a Punta Sottile e nemmeno a Grignano. Un tempo c’era più permissività anche da parte degli enti preposti ai controlli, oggi c’è una maggior rigidità e nessun pescatore si azzarda a sgarrare».
Il mare povero di pesce non è una prerogativa dello specchio d’a cqua davanti a Trieste. «Fino a pochi anni fa dalla Croazia venivano portati fino a Trieste scampi a tonnellate – aggiunge Bullo – oggi i quantitativi si sono drasticamente ridotti». «Non è azzardato parlare di un calo del 30 per cento del pescato negli ultimi anni – spiega Antonio Santopolo, presidente della Cooperativa pescatori di Grado – ma ciò presumibilmente sia perché c’è meno pesce che perché sono sparite alcune tecniche di pesca. Ad esempio noi non abbiamo più barche attrezzate per la pesca del pesce azzurro con il sistema dello strascico volante.
A Grado le barche da pesca si sono ridotte da 130 alle attuali 90 mentre i pescatori sono oggi 160. In provincia di Trieste vi sono 80 barche con 200 pescatori. «Ma il nuovo regolamento comunitario rischia di spazzarci via tutti – spiega Doz – perché imporrà dal primo giugno l’obbligo di comunicare il quantitativo pescato quattro ore prima del rientro all’ormeggio, l’obbligo di computer a bordo del peschereccio, l’obbligo di reti con maglie di un minimo di cinque centimetri di larghezza». Le flotte di pesca sono in rivolta in tutta Italia. Si presenta bollente anche l’assemblea dei pescatori triestini convocata per domani alle 11 al Mercato ortofrutticolo.
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(13 aprile 2010)