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TRIESTE: tutte le scuole occupate!!!

 

Il Piccolo MERCOLEDÌ, 10 NOVEMBRE 2010

SI ESTENDE LA PROTESTA NELLE SCUOLE CITTADINE

Studenti sulle barricate, occupati anche Volta e Deledda

Il motto è resistere a oltranza. Ieri sera riunione al Dante tra i rappresentanti dei ”ribelli”

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TRIESTE: continua l’occupazione delle scuole

Da Il piccolo dell’11/11/10

 

SCUOLE OCCUPATE. OGGI UNA DELEGAZIONE DAL DIRETTORE REGIONALE

«Edifici fatiscenti, ecco dove studiamo»

Dai wc intasati alle palestre piccole: i ragazzi additano le carenze del Dante e del Petrarca

di ELISA COLONI

 

Servizi igienici non agibili, porte rotte, crepe nei muri, aule fatiscenti, palestre al limite della praticabilità e soffitti che lasciano filtrare l’acqua piovana, raccolta con secchi sistemati qua e là. È anche per questo che gli studenti triestini stanno protestando, occupando tutte le scuole superiori della città. Ed è per questo che ieri, terzo giorno di occupazione, alcuni gruppi di studenti hanno organizzato un ”tour degli orrori” all’interno di due istituti: il liceo Dante in via Giustiniano e la succursale del liceo Petrarca in largo Sonnino. A partecipare alla visita guidata l’assessore provinciale all’Edilizia scolastica Mauro Tommasini e il consigliere regionale del Pd (ed ex preside, ora in aspettativa, del liceo Oberdan) Franco Codega.

Quello di ieri è stato il primo ”contatto” tra studenti e rappresentanti delle istituzioni dopo lo scoppio della protesta, lunedì mattina. Una prova di disgelo che continuerà anche oggi pomeriggio, quando una delegazione di studenti incontrerà, in due faccia faccia distinti in Provincia, il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale Daniela Beltrame e alcuni esponenti dell’amministrazione provinciale. «Il nostro obiettivo – spiega Riccardo Laterza, coordinatore regionale dell’Unione degli studenti – è rivedere assieme il documento siglato lo scorso anno proprio dalla Provincia e da una rappresentanza di studenti; l’accordo prevede dei controlli semestrali sulle strutture scolastiche. Noi chiediamo di essere tenuti al corrente sull’andamento delle verifiche e dei lavori messi a punto negli edifici fatiscenti». «Vogliamo sapere come vengono spesi i soldi a disposizione della Provincia per l’edilizia scolastica – aggiunge Tommaso Gandini, del liceo Dante -. In virtù di questo abbiamo concordato con l’assessore Tommasini una serie di incontri trimestrali sullo stato dei lavori. E chiederemo un’audizione in Regione, visto che la maggior parte dei fondi per le scuole arriva da lì».

Gli edifici fatiscenti sono, appunto, uno dei motivi della mobilitazione studentesca. Ieri alcuni gruppi di ragazzi hanno organizzato delle ”escursioni” tra le brutture dei licei Dante e Petrarca. «I problemi principali al Dante – aggiunge Gandini – sono i bagni, molti dei quali perennemente intasati, le crepe e i buchi sui muri, le lampade appese con il filo di ferro e una terrazza inagibile e quindi chiusa da tempo». Nella succursale del liceo Petrarca (dove è in corso la ristrutturazione del cortile interno), invece, il nodo più dolente è la palestra: piccola, con due ingressi strettissimi, crepe sui muri e dei pavimenti completamente da rifare. Impossibile utilizzarla per le classi più numerose, che devono ripiegare sulla palestra della sede centrale di via Rossetti. Lamentele, quelle degli studenti, condivise anche alcuni professori di educazione fisica presenti all’incontro.

TRIESTE: le scuole occupate resistono!

VENERDÌ, 12 NOVEMBRE 2010

 

STILATO UN DOCUMENTO CHE ELENCA TRE OBIETTIVI

«Vogliamo risposte», scuole occupate a oltranza

Tra le richieste degli studenti un tavolo sull’edilizia. Primo incontro con Beltrame e Tommasini

di MADDALENA REBECCA

 

L’attivazione di un tavolo tra studenti e Provincia per capire come e dove vengono spesi i fondi dedicati all’edilizia scolastica. L’organizzazione, ogni sei mesi, di controlli sulla sicurezza nei singoli istituti affidati ad esperti. L’impegno a destinare alle scuole pubbliche tutte le risorse attualmente riservate agli istituti privati.

Sono i tre obiettivi fissati dalla protesta delle scuole superiori cittadine, arrivate oggi al quinto giorno di occupazione (autogestione al Deledda). Tre rivendicazioni messe nero su bianco ieri mattina al termine di un’assemblea al Carducci, dalle quali dipenderà la durata dell’agitazione. Fino a quando non verranno esaudite le richieste, o perlomeno fino a che non arriveranno garanzie serie in grado di far immaginare un loro rapido accoglimento, infatti, i ragazzi sono assolutamente decisi a resistere, e quindi occupare, a oltranza.

Un proposito dal quale, però, potrebbero essere costretti a recedere per cause di forza maggiore. Nelle ultime ore infatti sono diventate sempre più insistenti le voci di possibili sgomberi dei presìdi organizzati dagli studenti. La Digos, sempre secondo le versioni arrivate alle orecchie dei ”rivoltosi”, sarebbe cioè sul punto di metter fine alla protesta plateale per garantire la ripresa delle lezioni, quantomeno all’inizio della prossima settimana.

Nell’attesa i ”barricaderi” continuano imperterriti la loro battaglia, segnando già qualche punto a loro favore. Ieri infatti hanno ricevuto al Volta la visita del direttore scolastico regionale Daniela Beltrame e, poi, si sono incontrati con l’assessore provinciale Mauro Tommasini. «Entrambi sono rimasti a bocca aperta sentendo il racconto delle vergognose situazioni di molti istituti scolastici – spiega Tommaso Gandini del liceo Dante -. Nessuno, per esempio, poteva credere che la scala antincendio del Deledda portasse nel cortile interno dove si trova la caldaia, o che il Nautico avesse navi scuola del tutto inutilizzabili».

Oltre ad esporre il lungo cahier de doleances, ieri i rappresentanti delle scuole occupate hanno chiesto anche risposte sui tre punti inseriti nella piattaforma di rivendicazioni. Risposte che arriveranno forse già la settimana prossima. Tanto Beltrame quanto Tommasini, infatti, si sono impegnati a riconvocare nuovi incontri nei quali coinvolgere anche l’assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro e tutti i dirigenti scolastici.

 

«Nell’Italia cialtrona delle veline ci sono ragazzi che discutono di Annibale e metodi didattici»

di PAOLO RUMIZ

 

Ero curioso di vedere che faccia avessero i ”sovversivi” che occupano il liceo Petrarca contro i tagli della riforma Gelmini, l’ennesima che smantella la scuola pubblica italiana. Così, l’altro pomeriggio, al volo, ho accettato di tenere una lezione nella sede presidiata. Non era solo una vaga solidarietà per chi spera ancora che le cose cambino nella terra del Bunga Bunga. Era soprattutto curiosità generazionale. Volevo conoscerli, leggerli negli occhi.

Così mi sono inventato una lezione su Annibale, il mio eroe, ho messo nello zaino un po’ di Polibio e Tito Livio, un volumazzo di Arnold Toynbee e persino un libro sugli esperimenti di Archimede (morto nell’assedio di Siracusa, schieratasi con i cartaginesi) e mi sono presentato ai cancelli della scuola per essere ammesso alla palestra, lo spazio deputato delle assemblee e degli incontri. L’invito era nato così velocemente che non c’era stato il tempo per un annuncio o un semplice passa-parola. Arrivavo quasi di sorpresa.

Nonostante questo s’è raccolta all’istante una platea di un centinaio di ragazzi che si sono ordinatamente seduti per terra ad ascoltare. Intorno c’era pulizia, solo qualche segno di bivacco. Insomma, tutto in ordine. Ho spiegato chi ero, poi mi sono arrampicato sulle Alpi assieme agli elefanti del condottiero africano che seminò il terrore a Roma. E qui, posso dirvelo, è stato magnifico. Loro si sono stretti attorno come in un cenacolo greco e man mano che la storia si articolava vedevo accendersi un’attenzione che mai avrei sperato di incontrare.

Da vecchio pessimista e brontolone, ero venuto senza fiducia. E invece ora guardavo i loro occhi attenti, talvolta commossi, e mi sorprendevo a pensare: ma come fanno a essere così belli nonostante noi, nonostante una classe politica che dà loro l’unica libertà di un infinito consumo e di un interminabile happy hour? Come facevano a essere così vivi nonostante la nostra televisione e i modelli che essa propone, l’Italia cialtrona delle veline? Ci pensavo così forte che a volte il pensiero interferiva col racconto annibalico e mi imponeva una piccola sosta per raccogliere nuovamente le idee.

Che fanno gli altri vecchi brontoloni come me? Non amo la parola ”intellettuali”, ma non so come definire altrimenti le persone che vorrei si togliessero i panni curiali per tenere una lezione ai ragazzi della protesta, una lezione seria su un grande tema della nostra storia e cultura. Glielo dobbiamo. L’altra sera raccontavo lo schieramento delle legioni alla battaglia di Canne, evocavo il senso anche olfattivo di un campo di morte con settantamila cadaveri, ma pensavo anche all’abbandono in cui la mia generazione lascia i giovani da un ventennio.

Parlavo della marcia pazzesca del console Nerone che in pochi giorni portò le sue legioni dalla Puglia alle Marche per affrontare Asdrubale sul Metauro, e intanto rammentavo che, alla loro età, i miei coetanei – me compreso – in caso di occupazione sarebbero stati meno governabili, magari capaci di trasformare i loro licei in un’orgia di vaniloquio e talvolta in un porcaio. Dicevo del veleno preso da Annibale alla fine della sua vita e nel frattempo pensavo che quei ragazzi erano meglio di come vengono dipinti sui nostri giornali.

Ecco. Non vorrei restare il solo ad aver fatto lezione. Chiedo che altri si presentino ai cancelli di questi ragazzi. Sarebbe un segno di civiltà aiutarli e ascoltarli. Farli sentire meno soli. Prenderli sul serio. Uscire dalla logica poliziesca del muro-contro-muro. Specie in una città dove la cultura è scesa a livelli mai visti, una città nella quale persino la musica libera viene criminalizzata, dove la politica che conta è capace di disertare un concerto di Muti ma non di impedire il barbaro ”bum bum” di notte fonda che tanto piace agli esimi amministratori.

A fine storia mi sono fermato a parlare con loro. «Dica che non siamo fannulloni» mi hanno chiesto. «Scriva che lavoriamo, che organizziamo corsi di teatro, dica che domani iniziamo a discutere punto per punto la riforma Gelmini». Un’altra voce: «I genitori ci dicono che l’occupazione non serve a niente, e non nego che abbiano ragione. Ma dopo due anni di presa in giro, due anni senza ascolto, che altra arma ci rimane per far sentire la nostra contrarietà a questi tagli?». E ancora: «Loro si preoccupano del costo della scuola, noi ci preoccupiamo del costo dell’ignoranza». Frasi come rasoiate.

Una giovane bruna dallo sguardo calmo ricordava che un anno fa era stata presentata in consiglio regionale una legge fatta dagli studenti, ma tutto è finito nelle paludi dell’oblio. «Ci dicono che non sappiamo di cosa stiamo parlando, invece lo sappiamo benissimo», spiegava una compagna; «Domani iniziamo a discutere sui metodi didattici adottati all’estero e sul rapporto tra la riforma italiana e le direttive europee». Imparavo da loro, non credevo alle mie orecchie. Poveri ragazzi, truffati, come noi tutti, dopo anni di tasse pagate inutilmente.

Che futuro avranno questi giovani in un paese che taglia le spese su tutto, blocca le supplenze e le gite scolastiche, non ha soldi nemmeno per le fotocopie e la carta igienica, e mette la scuola nella condizione di dover pitoccare contributi obbligatori alle famiglie? Che ripresa economica può esserci senza investimento sulla scuola, la cultura e la ricerca? Cosa resterà della ”Res publica” quando sarà venduto anche l’ultimo soprammobile? Nelle tasche di chi sono finiti i soldi destinati ai nostri figli e nipoti? Ma soprattutto: dov’è finita la nostra capacità di indignarci?

 

MA DISTANTI DALLE FORME DI LOTTA

Petrarca, 42 docenti appoggiano i giovani

 

In una lettera sottoscritta da 42 docenti del liceo classico e linguistico Francesco Petrarca viene espressa «preooccupazione» a seguito dell’occupazione in atto nell’istituto. «Pur avendo noi idee diverse – si legge nel testo – sulle opportunità di certe forme di lotta, facciamo presente che le motivazioni e le preoccupazioni degli studenti sono assolutamente fondate, poiché in questo periodo storico molto si sta decidendo sul destino della scuola pubblica e sull’accesso all’istruzione nel nostro paese». Gli insegnanti ricordano ancora che la riforma per adesso ha agito su due elementi: «Il taglio drastico delle spese… e la riduzione netta di ore di insegnamento». Al Petrarca, viene sottolineato, «il primo anno del Linguistico è passato da 35 a 27 ore settimanali. Ciò ha comportato una riduzione del personale scolastico, insegnante e non, e un peggioramento delle condizioni di lavoro». «La protesta giovanile va guardata con rispetto – concludono – e aiutata a maturare, non ricondotta con la forza o con la svalutazione nell’acquiescenza».

TRIESTE: aggiornamenti sulle scuole occupate

Da Il Piccolo

 

15/11/10

Scuole, si incrina il fronte dell occupazione

Il fronte si è incrinato e potrebbe spaccarsi già da questa mattina. Non nella sostanza, perché i contenuti della protesta comune restano quelli, bensì nella forma. Dopo una settimana di occupazione infatti ieri ha iniziato a farsi largo la voce di una diversità di vedute diffusa nelle scuole superiori cittadine sulle modalità di prosecuzione dell’agitazione. C’è chi vorrebbe proseguire con l’occupazione almeno fino a domani, giornata dell’atteso incontro in Provincia dal quale avere risposte da palazzo Galatti sulle richieste avanzate. C’è poi la posizione che propende per un’autogestione della durata di due o tre giorni, così da arrivare a mercoledì per chiudere simbolicamente il tutto con il corteo pomeridiano coincidente con la Giornata internazionale per il diritto allo studio. Infine, non mancano i sostenitori di una mediazione, da trovare per mezzo di un’assemblea straordinaria. All’Oberdan per esempio gli studenti, a ieri sera, stavano discutendo il da farsi. Mentre al Petrarca, riferiscono i giovani stessi, «c’è stato un incontro con la preside Donatella Bigotti in cui abbiamo chiesto un’assemblea straordinaria per domani (oggi, ndr ) e poi due giornate di autogestione. Il che significa che chi volesse potrà seguire le normali lezioni, non partecipando a quelle autogestite. Tuttavia non abbiamo trovato l’accordo: la preside è contraria alle lezioni autogestite al mattino». «La situazione è diversa da scuola a scuola – riferisce Riccardo Laterza, coordinatore regionale dell’Unione degli studenti -. Ci sono tante variabili». Questa mattina la Digos monitorerà la situazione nei vari istituti ma non è stata programmata alcuna azione di forza: la via scelta continua ad essere quella del dialogo. Ieri mattina intanto sotto il Dante in via Giustiniano, è stata allestita l’annunciata mostra fotografica composta da 53 immagini raccolte dai ragazzi nelle varie scuole cittadine e che riguardano la situazione dell’edilizia scolastica degli istituti. La mostra sarà visibile anche oggi, come confermato dagli stessi studenti. Riprende oggi, inoltre, il presidio notturno degli universitari iscritti alla facoltà di Lettere all’interno del Dipartimento di Storia in via Economo. Gli studenti hanno organizzato una serie di incontri: stasera la docente Elisabetta Vezzosi dovrebbe intervenire proponendo un confronto fra le università italiane e quelle americane mentre Igor Londero, dottorando, terrà una lezione di storia sui terremoti in Friuli. Per domani è prevista una cena equa e solidale, organizzata in collaborazione con la bottega del mondo “Mosaico”: sono attesi vari interventi. (m.u.)

 

14/11/10

Gli studenti: occupiamo almeno fino a martedì

Domani o dopodomani: potrebbe essere vicino l’epilogo della protesta degli studenti delle scuole superiori, tutte occupate da lunedì scorso. In queste ore infatti è iniziata un’azione ”persuasiva” da parte di presidi e organi di polizia per convincere i ragazzi a porre la parola fine all’occupazione, trasformandola perlomeno in autogestione. Una richiesta che i giovani, per il momento, non intendono accettare. «Vogliamo almeno arrivare a martedì sera, quando avremo un incontro in Provincia. Se riceveremo le risposte che aspettiamo, allora potremmo considerare l’idea di terminare la protesta». Così dice Tommaso Gandini, studente del liceo Dante e uno dei portavoce della mobilitazione, che per il momento procede senza strappi. «Abbiamo fatto volantinaggio per tutta la città: da piazza San Giacomo alla stazione centrale, passando per le vie e piazze del centro. Domani alle 10.30 (oggi, ndr. ) sotto i portici del liceo Dante in piazza Oberdan organizzeremo una mostra fotografica che immortala, scuola per scuola, le brutture degli edifici in cui studiamo. Sono immagini scattate e stampate in questi giorni da noi stessi. Poi, nel pomeriggio ci sarà un’assemblea, sempre al Dante, con ospite un rappresentante degli insegnanti precari che ci racconterà la sua esperienza. In queste ore – afferma ancora Gandini – i presidi di alcune scuole hanno cominciato a fare pressione sui rappresentanti di istituto per convincerli a smontare domani. Ma la nostra linea è di non mollare, almeno fino a dopodomani, quando è in programma l’incontro in Provincia (verranno proposte delle modifiche all’attuale iter di monitoraggio delle strutture e alla pianificazione degli interventi edilizi sulle scuole, ndr. )». Che la situazione possa sbloccarsi nei prossimi giorni lo fa capire anche Franco De Marchi, dirigente scolastico del Carducci e coordinatore dei presidi degli istituti superiori. «I ragazzi sono stati avvicinati da funzionari preposti all’ordine pubblico, che stanno tentando di far loro capire che è stato superato il limite, e che è arrivato il momento di terminare l’azione di protesta. Nessuno ha intenzione di sgomberarli con la forza ma è in atto un’azione persuasiva forte e mirata, perché la mobilitazione è durata fin troppo. Gli studenti hanno avuto molta visibilità e ora è giusto che la protesta rientri, a prescindere dall’esito dell’incontro in Provincia. Ricordo infatti che siamo in democrazia e che le cose non si ottengono con la forza e le minacce. Credo che nei primi giorni della settimana gli studenti dovranno aprire le porte delle scuole e permettere a tutti di seguire le lezioni». Il profilo della Digos dunque resta, per il momento, basso. In nessuna scuola verrà usata la forza, ma da domani o dopodomani qualcosa si dovrà necessariamente muovere. Nel frattempo a muoversi è stata Daniela Beltrame, direttore scolastico regionale, che ieri mattina ha fatto pervenire a ciascuna scuola un documento con cui si impegna a portare avanti i termini dell’accordo preso con i ragazzi l’altro giorno. Allegata al documento una copia della lettera che la dirigente ha inviato, d’intesa con gli studenti, all’assessore regionale all’Istruzione Molinaro sul trasferimento dei finanziamenti da Stato e Regione alla Provincia. (el. col.)

TRIESTE/ Studenti in lotta: blocchi e cortei spontanei!

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Giornate intense per la lotta degli studenti a Trieste. Ieri dopo le minacce della Digos…

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TRIESTE/ Studenti: rassegna stampa del 17 novembre

Dal Piccolo

MERCOLEDÌ, 17 NOVEMBRE 2010

 

PRIMI ESPOSTI PER LE ”FERITE” DELLA PROTESTA

Scuole occupate e atti vandalici, indaga la Procura

Devastazioni al Carli e al Nautico, forzate le macchinette per le merendine. Oggi il corteo

di ELISA COLONI

e CLAUDIO ERNÈ

 

Dall’impegno civile attorno a cui sono nate le occupazioni delle scuole cittadine, all’ansia di essere coinvolti nell’inevitabile inchiesta che la Procura ha avviato in base ai rapporti della Digos. Una serie di docce gelate si sta abbattendo sui ragazzi che nove giorni fa hanno occupato tutte le scuole superiori della città, denunciando la precarietà degli edifici in cui passano almeno cinque ore al giorno, il progressivo contrarsi dei finanziamenti per l’istruzione pubblica, i troppi soldi stanziati e ancora in crescita per quella privata-confessionale.

L’INCHIESTA La prima ”doccia fredda” è arrivata lunedì con lo sgombero ”consigliato” dalla polizia e da alcuni presidi. La risposta è stata un sit-in in via Carducci che ha bloccato a lungo il traffico. Intanto sul tavolo del Procuratore capo della Repubblica Michele Dalla Costa arrivavano dalla Questura i primi rapporti e le prime segnalazioni su quanto era accaduto all’interno degli istituti. Un fascicolo – atti relativi alle occupazioni – è aperto da giorni e in esso confluiranno anche le relazioni dei presidi. Molte, in astratto, le ipotesi di reato, le stesse che nel corso degli ultimi quarant’anni hanno coinvolto in tutta Italia studentesse e studenti che hanno bloccato con la loro presenza anche notturna negli istituti il regolare svolgimento delle lezioni.

I REATI IPOTIZZATI Non c’è che l’imbarazzo della scelta nei vari articoli del Codice penale: si può ipotizzare l’interruzione di un pubblico servizio, l’occupazione di un edificio pubblico. Se si sono verificati (come purtroppo sta emergendo) episodi di vandalismo, l’ipotesi di danneggiamento aggravato è scontata. Si potrebbe continuare a lungo, certo è che almeno a Trieste nessuna inchiesta penale innescata dalle occupazioni di scuole è mai sfociata in un processo. Troppo difficile individuare le singole responsabilità, come prevede la legge anche per i minorenni. In Italia colpe collettive non esistono e non possono esser perseguite. Esiste invece l’azione penale obbligatoria. La polizia e i dirigenti di istituto riferiscono, la magistratura deve avviare l’inchiesta.

I DANNI Chiusa la parentesi dell’occupazione, quella di ieri è stata dunque una giornate campale, caratterizzata non solo dalla notizia dell’apertura dell’inchiesta, ma anche dalla conta dei danni. Danni alle strutture provocati in questi giorni di protesta, che sono emersi in tutta la loro gravità, in particolare in due scuole cittadine, confinanti e collegate l’una all’altra: il Carli e il Nautico. Qui si sono verificati veri e propri atti di vandalismo, che hanno portato alla rottura di alcuni estintori, al danneggiamento di molti computer, allo squarcio di porte, serrature e finestre. I sette distributori automatici di merendine (quattro al Carli e tre al Nautico) sono stati completamente distrutti. «Il danno che mi è stato arrecato è di 25mila euro – afferma il gestore dei distributori, Paolo Polidori -. Io sono il titolare di una piccola azienda e questa bastonata mi mette in ginocchio: sto ancora pagando altre macchine e adesso mi ritrovo con 25mila euro di danni e mancati introiti. Ho esposto denuncia ai carabinieri e auspico che le indagini portino alla luce i responsabili. I distributori sono stati completamente distrutti: con calci e piedi di porco, e non solo per prendere soldi e merendine all’interno, ma con la volontà di demolire. Ho trovato pezzi delle macchine sparsi qua e là nei corridoi». Alcuni danneggiamenti, seppur più lievi, si sono registrati anche al Deledda. «Nella sede di via Cantù sono stati rotti due cancelli e tutte le serrature », ha commentato la preside Maria Cristina Rocco, presente ieri all’incontro in Provincia (i dettagli nell’articolo a fianco). È andata meglio nelle altre scuole, dove il problema principale è rappresentato ”solo” da sporcizia e disordine.

SCUOLE IN STANBY Questo è ciò che hanno trovato i presidi al loro rientro nelle scuole dopo più di una settimana di barricate. Scuole che, per il momento, non sono tornate alla normalità. Lunedì e ieri, infatti, la situazione generale è stata dominata dalla confusione: alcuni istituti sono rimasti in autogestione, in altri si sono svolte le lezioni, anche solo con uno o due alunni in classe. Certo è che molti, anzi moltissimi ragazzi ieri mattina erano in piazza Vittorio Veneto sin dalle 9, muniti di tamburi e fischietti, mentre i loro rappresentanti discutevano per ore all’interno di Palazzo Galatti.

IL CORTEO E, c’è da giuraci, anche oggi è improbabile un ritorno alla normalità in tutti gli istituti: alle 14.30 partirà da piazza Goldoni il grande corteo organizzato in occasione della giornata internazionale di mobilità studentesca. Alcuni studenti del Dante e del Carducci hanno annunciato che andranno in classe, ma muniti di elmetti per «proteggersi da eventuali crolli». Si presume che la protesta possa rientrare dappertutto solo domani.

 

MERCOLEDÌ, 17 NOVEMBRE 2010

LA VISITA

Tour al Dante tra bagni chiusi e infissi cadenti

Crepe sui muri e macchie di muffa, lampade tenute su col filo di ferro

Dove il degrado è più evidente

Via Giustiniano 3. L’indirizzo è quello del liceo classico e linguistico Dante Alighieri. Un edificio che può essere preso a emblema di come il ping pong di competenze e responsabilità possa rimandare dei lavori di ristrutturazione già in programma. In questa scuola, infatti, è da tempo previsto un intervento sull’intero edificio, che raggruppa il liceo e l’omonima scuola media: il primo è di competenza della Provincia, la seconda del Comune. Per problemi di misunderstanding i lavori sono fermi e la scuola, per il momento, rimane così com’è.

Per capire che il liceo Dante, così come quasi tutto il ”parco scuole” di Trieste, giace in pessime condizioni, non bisogna fare altro che entrarci. Appena messo piede nel palazzo, crepe nei muri e macchie di muffa spuntano ovunque. Si sale la prima scalinata e si arriva al primo piano, dove lo ”spettacolo” è garantito dai servizi igienici. In quelli maschili due porte sono ”sparite”, un orinatoio è rotto. I bagni al secondo piano – dicono i ragazzi – sono fuori uso da tempo e da circa un mese sono stati chiusi.

E poi è tutto uno scivolare lungo corridoi lunghissimi, che collegano da una parte all’altra il liceo alla scuola media. Dando un’occhiata qua e là all’interno di qualche aula, ecco che spuntano le lampade al neon, legate al soffitto con il filo di ferro, qualche angolo ”ammuffito”, finestre decisamente datate. «D’inverno, quando c’è Bora forte – raccontano alcuni studenti dell’istituto – alcune non possono essere nemmeno aperte. È la stessa dirigenza scolastica che lo dice, con le circolari. Sono vecchie e andrebbero rifatte, ed è rischioso aprirle quando le raffiche sono troppo forti».

Se contro la Bora non si può far altro che tenere le dita incrociate, meglio sperare anche che non piova. In quel caso, infatti, tenere le finestre chiuse non basta: nel Famedio l’acqua piovana si insinua costantemente, ”mangiando” pareti e soffitti. L’unico rimedio è armarsi di qualche secchio e di tanta pazienza.

Storie di ordinaria routine scolastica. Il liceo Dante Alighieri è solo uno dei tanti esempi di edifici datati e vetusti offerti dalla nostra città. Certo, come non mancano di far notare dirigenti scolastici e docenti, spesso il comportamento non proprio politically correct di alcuni studenti non aiuta, ma anzi peggiora situazioni già critiche. Ma, al di là di questo, non si può negare che brutture e problemi saltano all’occhio un po’ ovunque. Infiltrazioni, buchi nei muri, aule non usate e riempite di materiali a mo’ di magazzini, scale antincendio che sbucano in cortili chiusi (e in cui c’è mangari anche una caldaia), per non parlare di uscite di sicurezza semi-bloccate, servizi igienici e ascensori mancanti. Un capitolo a parte le paletre. Rare quelle ampie e funzionali. (el.col.)

 

MERCOLEDÌ, 17 NOVEMBRE 2010

È POLEMICA PER GLI INTERVENTI ALLE STRUTTURE SCOLASTICHE

Bassa Poropat: «Pochi soldi dalla Regione»

L’assessore Molinaro: «I finanziamenti ci sono, denaro speso male»

Molte scuole cadono a pezzi: è un dato di fatto. Ma di chi è la colpa? Per la Provincia i soldi trasferiti da Stato e Regione non sono abbastanza. Per la Regione, invece, i finanziamenti ci sono, e forse è Palazzo Galatti a non spenderli come dovrebbe.

È questo il concetto che ieri ha voluto esprimere l’assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro. «La Provincia – spiega – è beneficiaria di consistenti assegnazioni finanziarie da parte della Regione. Con il Piano straordinario degli investimenti del 2003 la Regione ha erogato alla Provincia finanziamenti in conto capitale per 4.418.098,63 euro, destinati alla realizzazione di interventi a Petrarca, Oberdan, Volta, Nautico, Carducci e Ziga Zois. È stato poi assunto un impegno di spesa quindicennale che garantisce alla Provincia un ulteriore finanziamento di 7.639.500 euro. Nel triennio 2007-2009, infine, alla Provincia è stato assegnato l’ulteriore importo di 997.350 euro per la manutenzione dello Stefan e la succursale dello Ziga Zois. Inoltre il ministero delle Infrastrutture – continua – ha approvato un Piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici destinando alle scuole di Trieste 2.118.735,16 euro, cui si è aggiunto il finanziamento di 1.500.000 euro per il Galilei. La Cassa depositi e prestiti ha finanziato, nel 2004, opere di manutenzione per un totale di 846.608 euro, per Petrarca, Ziga Zois, Volta. È il momento che la Provincia chiarisca quanto e come ha utilizzato i finanziamenti concessi».

«Replicheremo punto per punto, dati alla mano – risponde la presidente Bassa Poropat -. I finanziamenti sono inadeguati e insufficienti. Scriverò al governatore Tondo e ai consiglieri regionali per evidenziare la necessità di un intervento straordinario, attraverso la legge Finanziaria, che garantisca maggiori risorse. In ogni caso, auspico che l’istruzione possa essere considerata un bene superiore alla strumentalizzazione politica». Ieri mattina, all’incontro con gli studenti in Provincia, erano presenti anche gli assessori De Francesco e Tommasini, che hanno ricordato che l’ente è impegnato non solo nella manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, ma anche nelle spese generali (acqua, luce, gas, affitto delle palestre) e dell’impiantistica.

«Questa amministrazione – hanno spiegato gli assessori – nell’ultimo anno ha raddoppiato la posta relativa alla manutenzione ordinaria degli edifici, passando agli attuali 477.646 euro spesi annualmente». Per quanto attiene invece alla manutenzione straordinaria, sul Piano triennale delle opere 2009-2011 sono stati previsti interventi per oltre 22 milioni. Alcuni lavori sono già finiti, nella succursale del Deledda e del Galilei, al Carli, Dante e Ziga Zois. «Sono in corso di ultimazione – hanno evidenziato gli assessori – i lavori per la realizzazione di aule e laboratori al Volta, mentre in altri casi sono quasi ultimate le procedure di affidamento di gare e appalti per l’avvio dei lavori. Interventi strutturali ancora più rilevanti sono quelli di villa Giulia e dello Stefan. Nell’ultimo anno, tra le azioni avviate dall’amministrazione, c’è poi l’informatizzazione dei sistemi di rapporto tra le scuole e i servizi tecnici della Provincia per conoscere con precisione e immediatezza le emergenze».

Tra Regione e Provincia, dunque, chi ha ragione? Si ferma nel mezzo il sindaco Dipiazza, che spiega: «Spezzo una lancia a favore della presidente Poropat quando dice che le scuole richiedono investimenti ingenti e che, fino a pochi anni fa, nessuno ha mosso un dito. Per quanto riguarda gli edifici comunali, abbiamo dovuto rimboccarci le maniche: per due anni l’assessore Rossi e io abbiamo predisposto una serie di interventi per tamponare le situazioni più critiche. Poi abbiamo costruito dei piani di intervento massicci. Basti pensare che per la Ruggero Manna verranno spesi 3,8 milioni di euro». (el.col.)

 

L’ACCORDO

Edilizia scolastica, siglato il protocollo

I presidi si sono rifiutati di firmare il documento: «Non ci hanno coinvolti»

Controlli negli Istituti ogni sei mesi alla presenza dei ragazzi

Due firme su tre: quella degli studenti è arrivata, quella della Provincia pure. Quella dei dirigenti scolastici, invece, no. È finito così l’incontro di ieri mattina a Palazzo Galatti, considerato dagli studenti triestini freschi di occupazione l’ago della bilancia in questo periodo di mobilitazione. Al centro del confronto c’era il protocollo d’intesa sull’edilizia scolastica proposto dai ragazzi alla giunta provinciale e ai presidi. La prima, per mano della presidente Maria Teresa Bassa Poropat, ha accolto le richieste e siglato il documento. I secondi no.

Cosa prevede, dunque, questo accordo? Nella pratica, rinnova e arricchisce l’intesa già siglata il 10 marzo del 2009 da alcuni rappresentanti degli studenti e dalla Provincia. Con la firma di ieri si stabilisce che, in occasione dei controlli effettuati ogni sei mesi dai tecnici dell’ente sulle strutture scolastiche, siano presenti anche i delegati della Consulta provinciale degli studenti e i rappresentanti degli istituti interessati. In secondo luogo il protocollo impegna gli assessori competenti a riferire alla Consulta, tre volte l’anno, sull’andamento dei lavori e degli interventi messi in atto nelle scuole. Infine, istituisce una sorta di conferenza annuale sull’edilizia scolastica (comprensiva della rappresentanza studentesca, dei presidi e dell’amministrazione provinciale) che, prima di ogni bilancio preventivo dell’ente, dovrà esprimere un parere obbligatorio (non vincolante) sull’entità e sull’utilizzo degli stanziamenti previsti.

Per gli studenti presenti nella sala del Consiglio provinciale, dove si è svolto l’incontro, quello di ieri è stato un passo «significativo». «Se non fossimo riusciti a raggiungere l’accordo – ha commentato Riccardo Laterza, della Consulta degli studenti – avremmo dovuto continuare la protesta, individuando nuove modalità. Che i dirigenti scolastici non abbiano voluto firmare l’accordo per noi non è così grave».

A non convincere i presidi sono state le modalità dell’eleborazione del documento, come spiegato dal coordinatore dei dirigenti scolastici Franco De Marchi, che ha spiegato: «Un’intesa, per dirsi tale, deve essere concordata tra le parti. Noi, invece, siamo stati messi davanti al fatto compiuto: non abbiamo potuto analizzare il testo e non abbiamo nemmeno preso parte al precedente accordo, del 2009». I dirigenti si sono comunque ripromessi di portare e analizzare il documento nei rispettivi consigli di istituto. (el.col.)

TRIESTE/ Grande corteo studentesco

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E’ stata un’altra giornata importante per la mobilitazione degli studenti a Trieste. Al concentramento degli studenti medi in piazza Goldoni varie scuole sono arrivate con cortei spontanei dalle rispettive sedi, continuando una sana pratica messa in atto durante tutti questi giorni.

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TRIESTE/ Studenti e ricercatori di Fisica sul tetto

Da Il Piccolo del 25/11/10

 

A Trieste è quello di Fisica il tetto della protesta

Professori e ricercatori uniti contro il decreto ministeriale: «Si rischia davvero il collasso»

IL CASO

di GABRIELLA ZIANI

 

TRIESTE Come in molti atenei italiani ieri anche a Trieste il tetto dell’Università è sembrato il pulpito migliore per esprimere ancora una volta, e con maggior forza, tutto il dissenso sul decreto Gelmini, e anche sugli emendamenti che via via (fino al nuovo blocco della discussione) entravano nel dibattito della Camera. Una cinquantina tra ricercatori, associati, professori ordinari, assegnisti di ricerca e studenti sono saliti sul tetto (piatto) del Dipartimento di Fisica, molti di loro indossando un elmetto giallo comprato per l’occasione.

I dimostranti hanno informato dell’iniziativa il rettore Francesco Peroni, ieri impegnato a Roma, e ne hanno incassato la solidarietà. Peroni è apertamente e pubblicamente schierato contro una legge di riforma che parte «a costo zero», e contro una politica finanziaria che deprime il mondo universitario fino a una previsione di collasso generale: alla severa analisi della situazione affidata alla sua prolusione ha accompagnato, per l’inaugurazione dell’anno accademico, un minuto di silenzio di tutta l’aula magna in segno di protesta.

Docenti e studenti non hanno passato la notte sul tetto, ma si sono resi a lungo visibili anche con striscioni, uno nero in segno di lutto, e uno giallo che è il colore della protesta.

Intanto oggi si riunisce il Consiglio degli studenti e sarà chiamato ad approvare un documento proposto da Marco de Helmerson, rappresentante di Medicina, che si rivolge soprattutto alla Regione, come ente intermedio rispetto al Governo, e quasi nella direzione di un federalismo già vigente. Il testo chiede alla Regione di supplire a quanto lo Stato nega in fatto di diritto allo studio, e di integrare (nei modi che ritiene) i soldi che mancano dal Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), di premere sul Governo affinché l’Università non sia finanziata con interventi estemporanei di fine anno, che non si introduca il «prestito d’onore» per gli studenti perché non conforme al dettato costituzionale circa appunto il diritto allo studio, e infine che si tenga in generale conto del fatto che se un laureato presta poi servizio a favore della società civile, è la società civile che deve occuparsi di renderlo «un laureato». L’ultimo appello è affinché vengano depennati i finanziamenti pubblici a tutte le scuole private anche se parificate, sempre in base alla Costituzione. Sul documento, se approvato, gli studenti intendono raccogliere il maggior numero di firme possibile.

 

UNIVERSITA’
I manifestanti “abbracciano”
l’ateneo in segno di protesta

università, studenti Un “abbraccio” di gruppo di studenti, ricercatori e docenti ha circondato oggi l’edificio centrale dell’Università di Trieste, in segno di protesta contro la riforma Gelmini. Circa 150 persone si sono strette simbolicamente attorno all’Università, per contestare la riforma del Governo

STUDENTI TRIESTE: corteo spontaneo

Dopo l’occupazione simbolica del teatro romano si è formato un corteo spontaneo di circa 200 studenti (universitari ma anche qualcuno delle superiori) che ha  attraversato rumorosamente tutto il centro città con varie soste per bloccare il traffico. Per oggi nuove assemblee e mobilitazioni.

Info-action reporter

Protesta università FOTO
Occupato il Teatro Romano

Si allarga la protesta degli universitari contro la riforma Gelmini. A Trieste, dopo che un gruppo di studenti, ricercatori e docenti ha circondato l’edificio centrale dell’ateneo, i manifestanti hanno “occupato” il Teatro Romano GUARDA Occupato il Teatro Romano | “L’abbraccio” dei manifestanti | La protesta sui tetti LEGGI Università, contro i tagli studenti e ricercatori sul tetto di Fisica

 

Dal Piccolo

VENERDÌ, 26 NOVEMBRE 2010

A Trieste l’occupazione del Teatro Romano

In mattinata l’abbraccio simbolico dell’edificio centrale dell’ateneo. Zilli: «Può ancora succedere di tutto»

TRIESTE Dai segni di ”affetto” di piazzale Europa al sit-in davanti alla Prefettura, per finire con l’occupazione, seppure simbolica, del Teatro Romano. La protesta delle Università si è articolata ieri in città in una serie di iniziative che sembravano quasi unite da un’ipotetica linea diretta con quanto stava succedendo nei medesimi momenti nelle altre città italiane. Così in mattinata c’è stato l’”abbraccio” di un gruppo di studenti, ricercatori e docenti, che ha circondato l’edificio centrale dell’Università per contestare la riforma Gelmini. Circa 150 persone si sono strette attorno alla struttura per stigmatizzare ancora una volta le scelte del governo.

Seconda puntata nel pomeriggio, aperta verso le 17 e 30 davanti al palazzo della Prefettura con un sit-in variegato, che ha unito ancora una volta studenti e professori. Al termine le circa 250 persone hanno dato vita a un corteo spontaneo che ha fatto tappa nel vicino Teatro Romano. «Ci è sembrato un giusto parallelismo – ha detto Vania Macovaz, uno dei leader studenteschi – visto che nelle altre città italiane sono stati scelti come luoghi di occupazione temporanea monumenti-simbolo come la Torre di Pisa, la Mole Antonelliana a Torino, il Colosseo a Roma e la basilica del Santo a Padova». In seguito il corteo si è snodato lungo il Corso Italia, piazza Goldoni, via Carducci, la Stazione centrale, con notevoli problemi al traffico.

Intanto è stata vissuta come una mezza vittoria lo spostamento a martedì in Parlamento della discussione sugli ultimi sette articoli del decreto legge. «Da oggi ad allora – commenta Sergio Zilli, coordinatore dei ricercatori – può ancora succedere di tutto. Può anche capitare che quello che è successo, e che nessuno si aspettava, abbia un minimo di ricaduta…».

La strategia del governo Berlusconi sembra inspiegabile. «Mi chiedo e ci chiediamo – sottolinea Zilli – che scopo ha impuntarsi su un testo di legge che non comporta risparmi nè aumenti di spesa, non ha ricadute per il governo ma in compenso ha un impatto emotivo molto forte sulla società. «Forse – conclude – sarà un atto di forza, di sostegno al ministro Gelmini. Magari è un segnale all’Italia che non si accetta il dissenso, men che meno quello di quei rompiballe degli universitari…». (f.b.)

STUDENTI TRIESTE: continua la lotta

Da Il Piccolo

 

MARTEDÌ, 30 NOVEMBRE 2010

STUDENTI IN FERMENTO

Università, occupazione simbolica del Rettorato

Oggi sit-in in piazza Oberdan per i tagli all’Erdisu imposti dalla Regione

Drappi gialli sulla statua della Minerva e sugli edifici del campus universitario. Hanno optato per una protesta ”cromatica” ieri pomeriggio gli studenti e i ricercatori dell’ateneo triestino, decisi a mantenere accesi i riflettori sulla riforma dell’istruzione superiore voluta dal ministro Gelmini. Protesta che, da piazzale Europa, si è poi spostata all’interno del rettorato, dov’è andata in scena una sorta di occupazione simbolica.

Alcune decine di studenti, ricercatori e professori associati, raggiunti dal tam tam scattato via sms, hanno preso possesso della sala Cammarata, in cui si svolgono normalmente le sedute del Senato accademico e Consiglio d’amministrazione, attendendo l’arrivo del rettore. Non una vera azione di forza, dunque, bensì una nuova occasione per innescare il dibattito e fare il punto sull’iter della riforma, che vivrà oggi un passaggio decisivo. Tra poche ore, infatti, l’aula di Montecitorio sarà chiamata ad esprimersi sul tanto contestato ddl.

E proprio in concomitanza con il voto alla Camera, gli studenti triestini daranno vita ad un sit-in in programma alle 11. Non più in piazzale Europa bensì, questa volta, in piazza Oberdan, davanti all’ingresso del Consiglio regionale. In città, infatti, l’opposizione alla rivoluzione disegnata da Maria Stella Gelmini si salda alla contrarietà ai tagli decisi dall’esecutivo regionale. «Chiederemo all’assessore all’Istruzione Roberto Molinaro o direttamente al presidente Tondo di rispettare gli impegni e di assicurare la copertura delle 2200 borse di studio assegnate in origine ad altrettanti studenti risultati idonei – spiega Jacopo Lillini – . Vogliamo capire con che criteri vengono assegnati i fondi. Perchè si tagliano le borse di studio e si destinano 3 milioni di euro per i buoni da assegnare alle famiglie che scelgono di iscrivere i figli alle scuole paritarie e private? Quello dell’allocazione delle risorse – conclude lo studente – è un problema politico». (m.r.)