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TORINO/ Stupro inventato, razzismo reale

 

Un confronto interessante

 

Corriere 11 dicembre 2011

UNHCR, diminuiscono le richieste d’asilo Ma non perché non ce ne sia più bisogno

da La Repubblica

 

UNHCR, diminuiscono le richieste d’asilo
Ma non perché non ce ne sia più bisogno

Nel 2010 nel mondo sono state 358.800, a fronte delle 378.000 dell’anno precedente. Un dato lontanissimo dal picco storico di oltre 600.000 del 2001. La causa principale della flessione viene ascritta dalle Nazioni Unite all’accordo concluso tra il governo italiano e la Libia di Gheddafi

di GIULIO DI BLASI

UNHCR, diminuiscono le richieste d'asilo Ma non perché non ce ne sia più bisogno

ROMA – Le richieste di asilo nel mondo sono in calo e l’Italia è tra i paesi che contribuisce maggiormente alla flessione globale. Sono i risultati dell’analisi statistica condotta dall’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR 1) che ha registrato nel mondo, nell’anno 2010, 358.800 richieste di asilo, a fronte delle 378.000 dell’anno precedente, un dato in ogni caso sempre lontanissimo dal picco storico di oltre 600.000 del 2001.

Le politiche dell’accoglienza. Un richiedente asilo secondo la definizione internazionale è un individuo che abbia richiesto protezione internazionale a seguito di un conflitto o di una persecuzione nei suoi confronti nel proprio paese di origine. La flessione quindi, a fronte di un contesto internazionale di instabilità permanente nelle maggiori regioni di origine dei rifugiati, sembra doversi ascrivere a politiche maggiormente restrittive dei paesi di accoglienza, e solo molto parzialmente al miglioramento delle condizioni nei contesti di partenza con la rilevante eccezione dei Balcani.

In Italia solo il 2%. Tra i 44 paesi presi in considerazione dal rapporto di UNHCR l’Italia risulta agli ultimi posti tra i paesi dove vengano formulate richieste di asilo. Solo il 2% sul totale dei richiedenti infatti si trova nel nostro paese, un dato in forte calo rispetto al 2008, quando l’8% dei richiedenti a livello globale inoltrava la domanda al Governo Italiano. Una flessione che tra il 2009 ed il 2010 ha segnato un ulteriore

dimezzamento (-53%) ponendo l’Italia tra gli ultimi paesi a ricevere richieste tra i paesi industrializzati. Mentre la Francia nel 2010 riceveva richieste da 47,800 persone, e la Svezia si trovava a gestirne 31,800, l’Italia nello stesso anno ha ricevuto solo 8,200 richieste a fronte del picco storico di 30,000 nel 2008.

L’accordo Berlusconi-Gheddafi. La causa principale del calo viene ascritta anche dalle Nazioni Unite all’accordo concluso tra la Repubblica Italiana, ed in particolare dal Governo Berlusconi, e la Libia di Gheddafi. Una ennesima testimonianza di come le politiche propugnate da alcuni settori del centrodestra, ed in particolare dalla Lega Nord, abbiano un impatto estremamente rilevante in termini umanitari, rendendo l’Italia un paese tendenzialmente refrattario ad assistere coloro i quali fuggono da contesti di guerra o di persecuzione.

Eppure l’Italia… Rispetto alla nostra popolazione, l’assorbimento potenziale dell’Italia potrebbe essere ben più ampio. Se, infatti, nelle piccole isole del Mediterraneo come Malta o Cipro per ogni 1000 abitanti si riscontrano circa 20 richiedenti asilo, creando potenziali fattori di tensione sociale. In Italia tale valore, anche nell’anno di picco del 2008, si attesta solamente a 0,5, con un richiedente ogni 2000 abitanti, ed oggi le proporzione è ferma a circa un quarto di quella del 2008 rendendo quindi anche un significativo incremento – come quello paventato in questi giorni – facilmente gestibile a condizione di diluirlo in modo corretto sul territorio nazionale.

In conclusione. Il quadro delineato dalle Nazioni Unite evidenzia un contesto globale dove l’accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo è sempre meno un valore condiviso e sempre più avvertita come un peso dai Governi occidentali. Vi sono eccezioni, come ad esempio la Francia, la Germania o la Svezia, ma per i paesi della sponda sud del mediterraneo, Italia in primis, le ‘paure dell’altrò sembrano aver preso il sopravvento ingigantendo un irrazionale timore verso un fenomeno che sarebbe più che gestibile a condizione di porre in essere politiche di solidarietà a livello nazionale ed europeo.

(28 marzo 2011)

ANTIRAZZISMO/ Una buona notizia

Repubblica 5 febbraio

In particolare al Sud gli intervistati parlano della salute come diritto inviolabile e un atto di solidarietà irrinunciabile
Risalendo la penisola aumentano quelli convinti che altrimenti ci sarebbe il serio rischio di epidemie incontrollate

“Sì alle cure per gli immigrati irregolari”
Censis, favorevoli otto italiani su dieci

Solo per il 13 per cento non hanno diritto all’assistenza perché non pagano le tasse
mentre il 5 per cento pensa che facciano aumentare in modo insopportabile i costi

"Sì alle cure per gli immigrati irregolari" Censis, favorevoli otto italiani su dieci

ROMA – Otto italiani su dieci si dicono favorevoli alla sanità pubblica per gli immigrati irregolari. E’ quanto emerge da un’indagine del Censis nella quale si rileva che più dell’80 per cento degli italiani ritiene che anche gli immigrati irregolari debbano avere accesso ai servizi sanitari pubblici. A volere la sanità pubblica anche per gli irregolari è l’86,1 per cento dei residenti al Sud, il 78,7 al Centro, il 78,4 al Nord-est e il 75,7 per cento al Nord-ovest. Dello stesso parere oltre l’85 per cento dei laureati, l’83,1 dei 30-44enni e più dell’85 per cento dei residenti nelle città con 30 mila-100mila abitanti. E’ alta la quota dei favorevoli anche tra i più cagionevoli di salute e quindi più bisognosi di cure: l’83,9 per cento di chi dichiara di avere una salute pessima auspica un’offerta sanitaria pubblica estesa anche a clandestini e irregolari.

Secondo il 65,2 per cento degli intervistati dal Censis, la tutela della salute sia un diritto inviolabile, quindi curare tutti è un atto di solidarietà irrinunciabile. Una scelta che prevale in modo trasversale nel territorio nazionale e nel corpo sociale. E’ l’opinione soprattutto dei residenti nelle regioni del Mezzogiorno (quasi il 74 per cento) e dei laureati (quasi l’80 per cento). Risalendo la penisola diminuisce la quota di intervistati che parlano della salute come diritto irrinunciabile per tutti, mentre aumentano quelli convinti che occorre assicurare la sanità anche agli irregolari perché altrimenti ci sarebbe il serio rischio di epidemie incontrollate. La pensa così poco più del 12 per cento dei residenti al Sud, il 15,4 al Nord-ovest, il 15,8 al Nord-est e oltre il 19 per cento al Centro. Questa opinione è diffusa anche tra chi dichiara di avere una salute pessima (e presumibilmente utilizza di più le strutture sanitarie) e tra chi possiede un basso titolo di studio.

Sul fronte del no si schiera meno del 20 per cento degli italiani: poco più del 24 per cento dei residenti al Nord-ovest, del 24,8 per cento delle persone con basso titolo di studio, di oltre il 24 per cento di chi vive nelle grandi città con più di 250mila abitanti. Solo per il 13 per cento degli intervistati, gli stranieri irregolari non hanno diritto alla sanità perché non pagano le tasse; per poco più del 5 per cento perché fanno aumentare in modo insopportabile i costi delle cure. Riguardo all”identikit sanitario’ della popolazione immigrata, che mediamente è più giovane e in salute di quella italiana, per il momento gli stranieri utilizzano meno le strutture sanitarie (si stima in circa il 65 per cento la quota degli stranieri presenti sul territorio italiano iscritti al Servizio sanitario nazionale) che per loro significano soprattutto Pronto soccorso (il 5,7 per cento vi si è recato negli ultimi tre mesi rispetto al 3,3 degli italiani) e ricoveri d’urgenza, piuttosto che prevenzione e visite specialistiche. Secondo il Censis, per il futuro, una maggiore integrazione degli immigrati comporterà anche livelli più alti di tutela della loro salute, in linea con gli standard degli italiani: occorre preparare quindi il Servizio sanitario nazionale in termini di risorse e di competenze.

Anche per Sergio Dompé, presidente Farmindustria, l’incremento dell’immigrazione insieme all’invecchiamento della popolazione, pongono “una sfida per un Servizio Sanitario già ai primi posti delle classifiche internazionali dell’Oms per rapporto qualità/prezzo/accessibilità. Anche per questo  – dice Dompè -tagliare gli sprechi è fondamentale in tutta la spesa sanitaria, quindi non solo nella farmaceutica, che rispetta il budget assegnato, mentre le altre voci continuano a crescere molto più dell’inflazione. E’ in definitiva prioritario puntare su maggiori controlli e sull’appropriatezza della spesa per garantire l’equilibrio e la sostenibilità del sistema, anche attraverso forme di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini, fatte salve naturalmente le fasce più deboli”.

(05 febbraio 2010)