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Marzo 17th, 2017 — Internazionale
L’Anti Undici Settembre
di Serge Quadruppani
Non condivido l’interpretazione dietrologica delle rivoluzioni arabe. Quella tunisina e quella egiziana non sono rivoluzioni controllate dagli Stati Uniti. Della Tunisia gli americani se ne infischiano, e se fossero stati in grado di controllare una rivoluzione in Egitto, per affidare il potere all’esercito avrebbero potuto molto più semplicemente far deporre direttamente Mubarak dall’esercito, senza passare da piazza Tahir.
Mi pare un grosso sbaglio non riconoscere l’irruzione della novità nella Storia, e vedere sempre complotti dietro i movimenti popolari, vedere sempre la mano dell’America e dell’Occidente dietro tutti gli eventi. L’America non è più il Grande Satana di una volta, ha un sacco di guai, ci sono altre potenze in ascesa – tra cui Cina e Russia – mentre l’America è irrimediabilmente in discesa, coi freni rotti fin dalla crisi dei fondi Subprimes.
Con le rivoluzioni arabe (che non sono finite) stiamo vivendo un “anti 11 settembre”, cioè un momento di apertura all’iniziativa dal basso. Che l’Occidente e tutte le potenze del mondo stiano cercando di controllare questo momento è ovvio (benché non significhi che ci stiano riuscendo). Che questo momento adesso sia minacciato dall’intervento delle potenze occidentali (col buffone Sarkozy sciabola in mano) è altrettanto ovvio.
L’intervento internazionale è una sconfitta della rivoluzione libica, perché gli insorti hanno dovuto chiedere protezione (cosa che non avevano fatto le prime settimane) a quegli stessi poteri internazionali che fino a ieri con Gheddafi avevano trafficato petrolio e contenimento dei migranti.
Di certo non è bello, come non sarebbe bello per me, che odio la polizia in generale e i poliziotti in particolare, chiedere aiuto ai poliziotti se fossi aggredito per strada da un pazzo armato, ma lo farei lo stesso.
In questo momento cosi complesso però, limitarsi a vedere soltanto la mano dei potenti, sempre e dappertutto, sarebbe vetero antimperialismo anni 70 che si rifiuta di cogliere i cambiamenti in corso ormai da decenni, tra cui il tramonto lento ma sicuro dell’America.
Pubblicato Marzo 22, 2011 01:21 AM | TrackBack
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Marzo 17th, 2017 — Internazionale
north africa | imperialism / war | opinion/analysis Thursday March 24, 2011 21:43 by Saoud Salem – (anarchico libico)
“Faccio appello a tutti i popoli perché ci sostengano: faccio appello agli Egiziani, ai Tunisini, ai Francesi, persino ai Cinesi, a tutti i popoli del mondo, perché siano benvenuti il loro appoggio e la loro solidarietà.”
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I segni della sconfitta della rivoluzione in Libia
Tra poche ore, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU deciderà di dare inizio agli attacchi aerei contro la Libia. La Francia è già pronta stanotte.
Condanniamo questa risoluzione internazionale. E respingiamo totalmente ogni intervento straniero in Libia, da qualsiasi parte, e specialmente quello francese. Quella Francia, che ha venduto a Gheddafi armi per un valore di miliardi, armi che ora vengono usate per colpire i libici, quella stessa Francia che ha continuato a fare affari con Gheddafi fino a 3 settimane fa.
Noi condanniamo questo intervento che trasformerà la Libia in un inferno peggiore. Si tratta di un intervento che ruberà la rivoluzione agli stessi libici, una rivoluzione che sta costando loro migliaia di morti fra uomini e donne.
E’ un intervento che dividerà la stessa resistenza libica.
Ed anche se queste operazioni riuscissero a far cadere Gheddafi (o ad ucciderlo) come fu per Saddam Hussein, vorrà dire che dovremo agli Americani ed ai Francesi la nostra libertà e possiamo stare sicuri che ce lo ricorderebbero ogni istante.
Come possiamo accettare questa situazione? Come spiegheremo tutte queste vittime alle generazioni future e tutti quei cadaveri ovunque?
Essere liberati da Gheddafi solo per diventare schiavi di coloro che lo hanno armato e lo hanno sostenuto in tutti questi anni di violenza e di repressione autoritaria?
Dopo il primo errore – aver militarizzato la rivoluzione popolare – stiamo commettendo il secondo errore: l’istituzione di una nuova dirigenza o di figuri che provengono dai resti del regime libico della Jamahiriya. Ed il nostro terzo errore si sta realizzando inevitabilmente: chiedere aiuto ai nostri nemici. Spero solo che non commetteremo anche un quarto errore, e cioè l’occupazione e lo sbarco dei marines.
Sarkozy e la Francia sono nostri nemici; e lo sono anche di tutto il Terzo Mondo. Non nascondono il loro disprezzo nei nostri confronti. A Sarkozy importa solo di essere ri-eletto l’anno prossimo.
L’uomo che ha organizzato l’incontro tra Sarkozy ed i rappresentanti del consiglio nazionale ad interim non è altri che Bernard-Henri Lévy, un filosofo ciarlatano, e per coloro che non lo conoscono, si tratta di un attivista sionista francese che si impegna strenuamente a difesa di Israele e dei suoi interessi. Costui è stato visto recentemente in Piazza Tahrir per vigilare che i giovani rivoluzionari non se la prendessero con Israele.
Cosa possiamo dire delle bombe che arrivano?
Che esse non sanno distinguere tra chi è pro-Gheddafi e chi è contro.
Le bombe colonialiste, come ben si sa, hanno il solo scopo di difendere gli interessi dei commercianti di armi. Costoro hanno venduto armi per miliardi ed ora ne chiedono la distruzione… Poi noi compreremo altre armi col nuovo governo ed è una vecchia storia che si ripete. Ma ci sono persone che non sanno imparare senza commettere gli stessi vecchi errori di sempre.
Credo sia tutto molto chiaro: si tratta di un vero errore strategico, un errore che il popolo libico pagherà forse per anni. Forse per un tempo persino più lungo del governo di Gheddafi e della sua famiglia.
Mi appello oggi, in queste ore prima che la Libia comincia a bruciare come una nuova Baghdad, a tutti i libici, a tutti gli intellettuali agli artisti, ai laureati, a chi sa scrivere ed a chi è analfabeta, alle donne ed agli uomini, affinché rifiutino questo intervento militare di USA, Francia, Gran Bretagna e dei regimi arabi che sostengono. Al tempo stesso faccio appello a tutti i popoli perché ci sostengano: faccio appello agli Egiziani, ai Tunisini, ai Francesi, persino ai Cinesi, a tutti i popoli del mondo, perché siano benvenuti il loro appoggio e la loro solidarietà.
Ma per quanto riguarda i governi, tutti i governi, noi non gli chiediamo niente, se non di lasciarci in pace, di lasciarci risolvere il problema con Gheddafi per conto nostro.
Saoud Salem
anarchico libico
Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali
17 marzo 2011
Link esterno: http://saoudsalem.maktoobblog.com/1619397
Marzo 17th, 2017 — Internazionale
intervista ad un compagno anarchico egiziano
1) Puoi dirci da quale movimento provieni?
Faccio parte di Bandiera Nera, un piccolo gruppo anarco-comunista Egiziano.
2) Il mondo sta osservando l’Egitto e in molti cercano di essere solidali. Tuttavia, poiché Internet è stato bloccato è difficile avere informazioni. Ci puoi dire cosa è successo in Egitto la scorsa settimana? Qual è il tuo punto di vista?
E’ Martedì che tutto è cominciato, c’è stata la scintilla che ha acceso il fuoco! Martedì ci sono state grandi manifestazioni nelle strade in tutte le città egiziane, il Mercoledì inizia la repressione. I manifestanti hanno iniziato cercando di finire il sit-in a piazza Tahrir il Martedì a tarda notte, e hanno continuato nei giorni successivi, in particolare nella città di Suez. Suez ha un valore particolare nei cuori di tutti gli egiziani: era il centro della resistenza ai sionisti nel 1956 e nel 1967, lo stesso distretto dove le truppe di Sharon hanno combattuto nel corso delle guerre israelo-egiziano. La polizia di Mubarak ha fatto un massacro uccidendo almeno quattro persone, almeno 100 i feriti, uso massiccio di spray al pepe, proiettili di gomma, pistole, e una strana sostanza gialla gettata addosso alle persone (può essere del “gas mostarda”). Venerdì 28 è stato chiamato il “Jumu’ah of Wrath” (Jumu’ah è la parola araba per descrivere il Venerdì. Venerdì [e Sabato] sono i giorni del fine settimana in Egitto, come in molti paesi musulmani. E ‘ il giorno sacro per l’Islam, perché le preghiere sono fatte in quel giorno, detto la preghiera del Venerdì). Era previsto, dopo questa preghiera, di marciare in corteo verso mezzogiorno. La polizia ha cercato di fermare il corteo con tutta la sua forza e la violenza, ci sono stati numerosi scontri al Cairo (al centro, a Mattareyah-est del Cairo). In tutto l’Egitto, in particolare nelle città di Suez, Alessandria, Mahalla (nel Delta del Nilo, uno dei centri della classe operaia), da mezzogiorno fino al tramonto hanno manifestato molte persone. Al Cairo, in centro, la manifestazione si è conclusa con un sit-in a piazza Tahrir [in arabo “liberazione”] dove si è deciso di continuare fino all’abolizione del regime di Mubarak. Le persone gridavano un unico slogan “il popolo domanda la fine del regime”. Al tramonto, alle 17 (ora locale), Mubarak ha dichiarato il coprifuoco e nelle città è stato inviato l’esercito. Il coprifuoco è stato seguito da una evasione pianificata dalla polizia che ha rilasciato dei criminali e gruppi di teppisti chiamati Baltagayyah. Il piano della polizia che prevedeva una grande fuga di criminali in molte carceri egiziane era finalizzato a spaventare la popolazione Egiziana. Nessun poliziotto, pochissimi soldati per controllare le strade, la gente era spaventata. Segue un battage mediatico della televisione egiziana, delle radio, dei giornali, sui saccheggi in molte città, sui ladri che hanno sparato alle persone. Ma in risposta molti egiziani si sono organizzati in “comitati popolari” per garantire tutte le strade. Questo, se
da una parte è stata accolto con favore dal regime che lo ha utilizzato per spaventare ancora di più la gente e dimostrare l’instabilità nel paese, dall’altra è anche un punto di partenza (dove appoggiarsi) per iniziare a costruire dei consigli di lavoratori.
3) Mercoledì (26 gennaio), ci sono stati scontri tra pro e anti-Mubarak. E ‘questo il modo giusto per descrivere l’accaduto? Chi sono i “sostenitori di Mubarak? Come questi scontri hanno influenzato l’atteggiamento generale della classe operaia egiziana? E ‘assolutamente sbagliato dire che si è trattato di un [semplice] “échaufourrés” tra anti e pro-Mubarak. [Si riferisce alla stampa egiziana, che ha presentato gli eventi come una semplice bagarre] Alla manifestazione pro-Mubarak hanno partecipato molti “Baltagayyah” [teppisti mercenari della polizia, informatori …] e nolti membri della polizia segreta che hanno attaccato i manifestanti a Tahrir Square. Personalmente penso che Mubarak si sente come il bovino che è stato appena ucciso e i suoi sacerdoti cercano di spargere il suo sangue. Si sente come Nerone, vuole l’Egitto in cenere prima della sua espulsione, cerca di convincere la gente che è sinonimo di stabilità, sicurezza e tranquillità. In questo senso, ha davvero compiuto qualche progresso: una santa alleanza nazionale contro i Tahrirites (manifestanti Tahrir) e contro il Comune Tahrir. Molti dicono, soprattutto nella classe media, che le manifestazioni dovrebbe finire perché l’Egitto è stato devastato dalle fiamme,è iniziata la carestia [l’alimentazione dei più poveri – le materie prime come il pane di cui gli Egiziani sono i maggiori consumatori al mondo – è completamente sotto il controllo dello Stato che detiene quindi l’arma alimentare ]. Ma questo non è del tutto vero, è solo esagerazione. Ogni rivoluzione ha le sue difficoltà e Mubarak utilizza la paura e il terrore è di rimanere al comando il più a lungo possibile. Personalmente, voglio dire che anche se i manifestanti fossero stati responsabili di questa situazione Moubarak se ne deve andare lo stesso, a causa della sua incapacità di far fronte alla situazione attuale.
4) Cosa pensi che accadrà la prossima settimana? La posizione assunta dal governo statunitense come può influenzare la situazione?
Nessuno può indovinare che cosa accadrà domani o la prossima settimana. Mubarak è un idiota testardo, e i media egiziani organizzano la più grande campagna mediatica nella storia in occasione delle proteste che saranno organizzate Venerdì, 4 febbraio. C’è la richiesta per un altro corteo di un milione di persone a Tahrir, chiamato il Venerdì del saluto ” La posizione assunta dal governo degli Stati Uniti ci interessa più di questo evento, Mubarak è un traditore che può uccidere tantissime persone, ma non può dire di no ai suoi padroni.
5) Qual è stata la partecipazione degli anarchici nella lotta di classe? Chi sono i loro alleati? (Ovviamente garantiamo la sicurezza nell’esprimerci)
L’anarchismo in Egitto non è una grande forza, è possibile trovare alcuni anarchici, ma non ancora grande forza. Gli Anarchici in Egitto si sono uniti ad entrambi gli eventi: le manifestazioni in piazza e i comitati dei cittadini per difendere la piazza dai teppisti: gli anarchici in Egitto sono una piccola speranza per la sopravvivenza di questi “consigli”. Gli alleati degli anarchici in Egitto sono i marxisti; ovviamente non è ancora il momento del dibattito ideologico. Tutta la sinistra chiama all’unità ma poi litiga su tutto e su niente. Gli Anarchici in Egitto sono parte della sinistra egiziana.
6) Quali forme di solidarietà possono essere costruite tra i rivoluzionari in Egitto e quelli dell’Ovest? Cosa si può fare subito e cosa dobbiamo fare nel lungo termine?
L’ostacolo più difficile che debbono affrontare i rivoluzionari egiziani è il blocco delle comunicazioni [telefono, cellulare, Internet]. I rivoluzionari d’Occidente devono fare pressioni sul loro governo per evitare che il regime egiziano continui a mantenere il blocco. Questo è quello che serve nell’immediato, ma nessuno può dire cosa accadrà nel lungo termine. Se la rivoluzione vince, poi i rivoluzionari occidentali dovranno rafforzare la solidarietà con i loro compagni egiziani in caso di aggressione da parte degli Stati Uniti e Israele. Se la rivoluzione sarà sconfitta ci sarà l’uccisione di tutti i rivoluzionari egiziani.
7) Quali saranno le problematiche principali quando Mubarak se ne sarà andato? Che cosa accadrà in strada? Che cosa proporranno i rivoluzionari anti-capitalisti?
L’aspirazione principale di oggi, parlando delle esigenze espresse dalla strada, è quella di una nuova costituzioni, un governo ad interim e nuove elezioni. Ci sono molti progetti su questo da parte di molti gruppi politici, in particolare dai Fratelli Musulmani. I rivoluzionari anti-capitalisti non sono molto numerosi al Cairo, i comunisti, la Sinistra Democratica, i trotskisti hanno le stesse richieste per una nuova costituzione e per le elezioni. Ma per noi, anarchici, anti-capitalisti ed anche anti-statalisti cercheremo di adoperarci affinchè i comitati che sono stati creati originariamente per proteggere e garantire con più forza le strade possano essere trasformati in veri e propri consigli di lavoratori.
8) Che cosa vuoi dire ai rivoluzionari all’estero?
Cari compagni di tutto il mondo, abbiamo bisogno di solidarietà, una grande campagna di solidarietà e la rivoluzione egiziana vincerà.
Tratto da
CNT-AIT Parigi (ITW) contact@cnt-ait.info
Envie de discuter de ce texte ? Forum Rouge et Noir : http://cnt.ait.caen.free.fr/forum/viewtopic.php?f=13&t=6503&p=44398#p44398 Journal Anarchosyndicalisme en ligne : http://www.cntaittoulouse.lautre.net/secteur.php3?id_rubrique=1&lang=fr
Marzo 17th, 2017 — General, Internazionale
Breve report delle manifestazioni ad Amsterdam tratto e tradotto da http://ch.indymedia.org/demix/2010/10/77915.shtml
Dal primo di ottobre occupare in olanda è stato criminalizzato. Le maggiori città comunque hanno deciso di non eseguire la legge.
Quando il nuovo sindaco di Amsterdam Eberhand van del Laan ha annunciato una settimana fa lo sgombero di tutti i 300 squats esistineti prima possibile, la gente era sorpresa e arrabbiata da questi provvedimenti. Il giorno dopo il procuratore per i casi di occupazione Otto van der Bijl e il capo delle unità speciali di sgombero’ Leen Schaap sono stati messi sotto protezione per 24 ore.
Come risposta alla nuova politica di sgombero, 800 squatters e simpatizzanti hanno manifestato ad Amsterdam il primo di ottobre.Durante la manifestazione una casa è stata occupata e il gruppo di manifestanti è rimasto in supporto per un certo tempo anche per celebrare la prima così chiamata “azione di occupazione illegale”.Mentre la manifestazione proseguiva al termine.Dopo un centinaio di metri i dimostranti sono stato violentemente attaccati dalla polizia a piedi e a cavallo, che ha cercato in un primo momento si entrare nel corteo da davanti, ma ha trovato resistenza e sono stati respinti. Solo quando i poliziotti hanno attaccato in massa con i cavalli dal fondo hanno smembrato il gruppo. Questo non ha fermato gli squatter dal tentare di respingere la polizia e riprendersi la strada, cio’ ha portato a degli scontri per diverse ore nelle strade del centro città di Amsterdam.
Per la prima volta in un decennio la polizia ha tentato di fermare gli scontri tirando lacrimogeni nel corteo.In totale 11 persone sono state arrestate, alcuni sbirri e persone sono rimaste ferite e alcuni manifestanti sono stati ricoverati, di questi una persona con due fratture (?) nel cranio.L’ospedale e questa persona hanno denunciato la polizia per tentato omicidio.Tutti gli arrestati sono liberi.
Il giorno seguente un’altra manifestazione ha preso luogo in Nijmegen con 600 persone.Anche qui si è arrivati a un violento confronto con la polizia.La polizia a cavallo è letteralmente calpestato i manifestanti e la gente si è fatta gravemente male.9 persone sono state portate in prigione, ma tutti gli arrestati sono di nuovo liberi.
Nei giorni seguenti una stazione di polizia ad Amsterdam e’ stata attaccata con delle bottiglie molotov.L’atto non è stato rivendicato da nessun gruppo o individuo.
Da venerdì polizia antisommossa, speciali forze militari, cannoni ad acqua ed elicotteri sono stati sistemati in grande concentrazione attraverso tutta Amsterdam.La strategia della città sembra quella di tenere tutti gli squatters in costante stato di emergenza, e cio’ contribuisce a tenere alta la tensione in città, tensione con cui la polizia non è abituata ad avere a che fare.
la gente aspetta la prima ondata di sgomberi che dovrebbe essere imminente.
Il sindaco ha dichiarato che egli trova la situazione molto spiacevole e programma di far pagare i danni per agkli squatters, anche se egli non crede che ci sia molto da ricevere da loro.
presto ulterior informazioni ai seguenti links:
http://www.indymedia.nl/
Amsterdam Demo:
http://www.at5.nl/artikelen/49319/extra-uitzending-at5-nieuws-om-22-55-uur
Marzo 17th, 2017 — General, Internazionale
Venerdì 29 e sabato 30 l’AIT, su richiesta della FAU, chiede ai Sindacati fratelli dell’Internazionale di manifestare in tutta Europa per la libertà di organizzazione sindacale e contro la repressione antisindacale contro la FAU.
Comunichiamo che il giorno 29 gennaio p.v. (venerdì) si terrà in Via Beccaria, nel tratto antistante la sede del Goethe Institut, un presidio di solidarietà con il Sindacato tedesco FAU/AIT.
La Federazione di Trieste dell’USI chiama a partecipare tutti i compagni al presidio di solidarietà, che inizierà alle 16.00.
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Marzo 17th, 2017 — General, Internazionale
Seconda udienza del processo fissata al 23 marzo. La lotta continua per la loro libertà!
17 Febbraio 2010.
da CNT-F-AIT : I compagni serbi sono liberi! L’accusa di terrorismo internazionale è caduta! La lotta continua per la loro libertà. Prossima udienza del processo 23 marzo.
Oggi ha avuto luogo la prima udienza del processo che vede coinvolti i compagni Serbi, accusati di “terrorismo internazionale”.
Essi sono stati rilasciati questa sera. Siamo stati in grado di parlare con loro per telefono e anche se ci sono sembrati molto affaticati sembravano felici di aver ritrovato le loro famiglie, gli amici così come per il sostegno giunto numeroso e talvolta da molto lontano (Italia, Germania, Polonia, Bulgaria, Slovenia e Croazia…) . L’accusa di terrorismo non ha tenuto, e il capo di imputazione è stato riqualificato con una accusa meno grave. Il processo è stato sospeso e riprenderà prossimo 23 marzo. In Tribunale, tangibile è stata la solidarietà portata dai molti amici venuti numerosi per esprimerla. Consistente anche la presenza dei giornalisti e della TV.
La polizia non ha lasciato entrare il pubblico all’interno del Tribunale.
Tre compagni, di cui almeno uno croato, che ha cercato di distribuire Manifesti di solidarietà all’interno dell’aula di Tribunale sono stati arrestati e sono attualmente in carcere prima di essere portati in giudizio immediato.
Senza entrare – per il momento – nei dettagli di questa prima giornata (lasciamo la parola ai compagni per esprimersi, in seguito e, per il momento, celebriamo solo la loro ritrovata libertà) non possiamo però esimerci dal segnalare che sembra che Ivan Savic sia stato torturato dalla polizia per estorcergli una confessione.
Per ora ci uniamo ai ringraziamenti dei compagni verso tutti coloro che hanno espresso, con messaggi, azioni, donazioni, la loro solidarietà.
La lotta continua fino alla completa libertà dei compagni!
Evviva la solidarietà!
I compagni della CNT AIT Parigi
“L’Unione europea ha deciso Lunedi, 8 dicembre [il giorno successivo alla incriminazione dei compagni] di sbloccare l’accordo di libero scambio con la Serbia che entrerà in vigore il 1 ° gennaio 2010. Questa decisione è una diretta conseguenza della relazione positiva sulla collaborazione della Serbia con l’ICTY. L’Olanda ha tolto il veto alla data di entrata in vigore accordo…”
“I capi della diplomazia dell’Unione europea, riuniti Lunedi Bruxelles, hanno deciso di accettare l’entrata in vigore l’accordo, perché le autorità di Belgrado stanno per attuare riforme di tipo europeo e perché il Tribunale dell’Aia ha valutato positivamente la cooperazione di Belgrado. [ancora più evidente è che il processo di cooperazione di polizia è cuore del processo.] …”
Queste decisioni aprono la strada per una maggiore integrazione della Serbia in Europa cosicchè i Paesi Bassi (che erano l’unico stato comunitario che stava impedendo l’attuazione dell’accordo commerciale conosciuto come “intèrimarie”) hanno tolto il veto dopo un blocco di 18 mesi.
Mentre era in visita a Praga, il presidente serbo Boris Tadić ha accolto con favore la decisione della liberalizzazione del regime dei visti e l’attivazione dell’accordo “intèrimarie” quale dimostrazione che la Serbia è un paese “altamente credibile in Europa e nel mondo, un paese che gli investitori stranieri considerano una buona meta per le loro capitale ‘.
nota 1] Sugli ultras serbo-nazionalisti potrà essere consultato con interesse il dossier redatto dal Courrier Balcani [in francese] reperibile all’indirizzo:
http://balkans.courriers.info/spip.php?page=dossier&id_article=13725#pagination_colcentre_2
Intervista ad un membro della FAO (Federazione per l’Organizzazione Anarchica) Slovena.
Il 23 novembre scorso, i compagni del Sindacato Metallurgici e Interco della CNT-AIT de Madrid hanno incontrato un membro del FAO Slovenia.
Attendevamo con impazienza questa incontro dal momento che il FAO è in regolare contatto con i membri della sezione Serba dell’ AIT, l’ASI-AIT
Domanda: Quali sono le vostre relazioni con l’ASI-AIT? Mantenete contatti correntemente? Risposta: Sono un membro della Federazione per l’organizzazione anarchica (FAO), della Slovenia. Per 8 anni abbiamo mantenuta una relazione molto stretta con i compagni anarcosindacalismi dell’ASI e le nostre organizzazioni lavorano ad attività comuni ogni volta che ciò è possibile. Attualmente siamo in contatto con alcuni membri della ASI-AIT anche se la comunicazione è più difficile ora che sono sotto stretta sorveglianza da parte dello Stato serbo. Tuttavia, né noi né i compagni dell’ASI-AIT abbiamo contatto diretto con i prigionieri.
D: Che cosa succede lì adesso con compagni? Sei ottimista?
R: Al contrario, siamo molto pessimisti. Come potete immaginare la situazione è molto deprimente per tutti e questo perché lo stato serbo è assolutamente determinata a mettere fine ASI-AIT. Ovviamente, approfitta della situazione tutte le volte che è possibile e non ha cessato di prolungare la detenzione dei compagni con il pretesto di nuove indagini.
D: Quali sono le accuse di cui sono imputati?
R: Sono accusati di terrorismo internazionale. Al momento del colloquio, l’inchiesta è chiusa e deve essere trasmesso al giudice. Se questi li dichiara colpevoli la detenzione varierà tra i 3 ei 15 anni di carcere. Va precisato che lo Stato serbo si riserva di applicare qualsiasi tipo di condanna alle organizzazioni che lottano contro il sistema per bloccare la loro attività e fare pressione sui loro membri.
D: Qual è la situazione politica e sociale in Serbia?
R: La situazione sociale è completamente compromessa. Naturalmente anche la Serbia si trova ingabbiata nella crisi attuale ma ha anche l’aggravante di essere uno stato che è in fase di transizione tra il cosidetto socialismo e il capitalismo. Il tasso di disoccupazione è superiore al 20% e quelli che hanno un posto di lavoro hanno a malapena il sufficiente per vivere. Il 60% dei lavoratori hanno salari al di sotto della media (che è di circa 350 € / mese). E questo senza contare quelli che vengono pagati salario minimo (150 euro). D’altra parte, anche la situazione delle istituzioni è molto caotica. Ci sono centri di potere diversi e tutti i tipi di mafie. La corruzione è all’ordine del giorno. E’ inutile dire che, nonostante questa caos istituzionale, l’apparato repressivo funziona perfettamente.
D: Qual è l’influenza della ASI-AIT in Serbia?
R: L’ASI è una piccola organizzazione, ma tuttavia, gode di una notevole influenza nella società. Si sono guadagnati le simpatie dell’opinione pubblica e dei lavoratori perché sono emersi come l’unica alternativa ai sindacati gialli. Inoltre attuano una efficiente propaganda anarcosindacalista non solo tra la classe dei lavoratori, ma anche tra studenti, insegnanti, ecc. Inoltre l’ASI-AIT esercita la sua influenza non solo in Serbia ma anche in molti paesi dei Balcani. Sono un punto di riferimento in quei paesi dove non è attualmente presente una organizzazione anarcosindacalista (ad eccezione della Croazia).
D: Qual è stata la reazione del popolo serbo?
R: Molte organizzazioni amiche hanno solidarizzato con i compagni, così come dei personaggi pubblici (registi, giornalisti, scrittori), professori universitari e anche alcuni gruppi di sinistra. Come abbiamo detto, l’ASI-AIT è molto più influente di quello che pensa il resto d’Europa.
D: Qual è la situazione negli altri collettivi di lotta in Serbia?
R: Come ho già detto, la politica dello stato serbo è molto repressiva. Una delle lotte quotidiane più attive è quella dell’antifascismo. Questo è uno dei pochi argomenti su cui tutte le organizzazioni di sinistra sono più o meno unitarie. Tutto perché il fascismo è molto potente in Serbia, anche in Parlamento. Il fascismo serbo non indirizza i suoi colpi contro l’antifascismo liberale. Il suo vero nemico è anarco-sindacalismo a causa del grande lavoro svolto dal ASI-AIT che, è bene evidenziare, è stata la fonte del BAFI (Iniziativa Antifascista Belgrado).
D: Per concludere, qualche proposta per aiutare i compagni in carcere?
R: Noi crediamo che sia molto importante sostenere questa campagna, perché si è creato un precedente nella repressione del movimento anarchico e anarcosindacalista nei Balcani. Dobbiamo perseguire senza sosta la campagna di solidarietà, informare la popolazione, per aumentare la pressione dell’opinione pubblica. Tale sostegno dovrebbe essere dato a tutti quelli che ne hanno bisogno. Allo stesso modo, un grave problema è la mancanza di fondi per coprire spese processuali, multe, sanzioni, ecc. Data la gravità del caso, riteniamo che si debba cominciare a prendere in considerazione nuove modalità di solidarietà. E questo ancora con metodi che non portino pregiudizio né incrementino le incriminazioni.
BILANCIO DELLA CAMPAGNA DI SOLIDARIETA’ A TOLOSA
Dal momento dell’arresto dei nostri compagni serbi abbiamo cercato di organizzare pressioni internazionali per la loro liberazione. La difficoltà principale per noi di Tolosa è che nella nostra regione non ci sono rappresentanze diplomatiche o commerciali della Serbia. Solo l’arrivo della squadra di calcio di Belgrado a Tolosa ha costituito l’occasione di informare il pubblico francese e serbo della situazione. Il contesto in cui si è svolta la partita di ritorno tra TFC e Partizan Belgrado, è stato molto particolare perché ha avuto luogo dopo la morte di un giovane sostenitore del Tolouse calcio vittima dei nazionalisti a Belgrado nella gara di andata. Per quanto ci riguarda, non confondiamo i tifosi con i fascisti serbi e 15 giorni prima della partita li abbiamo chiamati per fraternizzare con loro.
E’ stato fatta una piccola campagna locale con volantini, manifesti, comunicati a mezzo stampa e in diversi incontri pubblici.
Questo ha certamente contribuito al fatto che quattro giorni prima della partita funzionari del club di Belgrado hanno annunciato che i loro sostenitori non sarebbero venuti a Tolosa. Il potere serbo forse aveva paura che entrassero in contatto con gli attivisti di AIT che avevano pubblicamente annunciato la loro presenza?
Noi non abbiamo mancato l’appuntamento annunciato: Giovedi, 03/12/2009 affrontati da un dispositivo costituito da 400 poliziotti e gendarmi ci siamo presentati in piccoli gruppi ben accolti dagli spettatori della partita un pò meno dai dirigenti del Tolosa Calcio che ha disposto il suo servizio per impressionarci. Questo tentativo ridicolo di intimidazione è stato trattato con il disprezzo che merita e l’azione è proseguita come avevamo concordato. Senza tanti intoppi abbiamo distribuito 2000 volantini ad un pubblico venuto meno numeroso del previsto ma che ha compreso – come ci ha detto un membro di un club di supporter – che per gli anarcosindacalismi la solidarietà non è solo una parola.
I risultati del nostro lavoro sono stati, quindi, molto positivi. Noi vorremmo incoraggiare tutti i sindacati, tutti gli attivisti e sostenitori della AIT, e tutti coloro che lottano per la libertà e emancipazione dell’umanità, a riprodurre questo tipo di azione. Intervenire in tutti gli eventi che coinvolgono la Serbia compresi gli eventi sportivi, qualunque sia la disciplina in questione, e tutti i possibili eventi culturali …
La lotta continua!
CNT-AIT Tolosa
dal sito di Lotta di Classe
Marzo 17th, 2017 — General, Internazionale
Corriere della Sera 28 novembre 2009
vetrine infrante e tre auto incendiate
Corteo anti-Wto, scontri a Ginevra
Gli attacchi causati dai Black Block. Gli organizzatori hanno sciolto il corteo
MILANO – Scontri tra agenti e manifestanti, vetrine infrante e almeno tre automobili incendiate a Ginevra, durante una manifestazione contro il Wto alla vigilia del nuovo vertice ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio in programma nella città svizzera a partire da lunedì prossimo. Sono stati colpiti una gioielleria, un negozio di orologi e un hotel, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa svizzera Ats.
Gli agenti in tenuta antisommossa hanno utilizzato gas lacrimogeni, proiettili di gomma e idranti per disperdere il corteo di migliaia di persone, che si dirigeva verso la sede dell’Omc, sulla riva del lago Leman. Un gruppo di circa 200 black block ha danneggiato auto di lusso parcheggiate lungo il percorso della manifestazione e hanno distrutto le vetrine di negozi e banche. Le violenze sono state compiute da una frangia minoritaria. La gran parte dei circa tremila manifestanti (tremila secondo gli organizzatori) ha sfilato senza provocare incidenti, ha constatato un giornalista dell’Afp sul posto.
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LACRIMOGENI E PROIETTILI DI GOMMA – La manifestazione era stata convocata da una quarantina di associazioni, in vista della settima Conferenza ministeriale della Wto, in programma a Ginevra da lunedì prossimo. In seguito agli incidenti, gli organizzatori hanno deciso di sciogliere il corteo. La radio svizzera ha confermato l’uso di gas lacrimogeni e proiettili di gomma da parte della polizia per disperdere i gruppi di «casseurs».
Marzo 17th, 2017 — General, Internazionale
Corriere 7 dicembre GRECIA
18:35 ESTERI Rilasciati i 5 italiani, processo il 16: rischiano 30 mesi di carcere
CommentaRischio sociale di A.Ferrari
Repubblica 6 dicembre
Più di 12 mila agenti fronteggiano migliaia di studenti che lanciano bottiglie molotov. Il 6 dicembre 2008 morì un ragazzo quindicenne. Ieri disordini e 162 fermati, tra i quali 5 italiani / LE FOTO / IL VIDEO
Gli scontri ad Atene
Marzo 17th, 2017 — General, Internazionale
ore 11 consolato danese viale miramare 5 trieste
andiamo a incontrare il console e chiedere la liberazione di Luca Tornatore
Negli ultimi mesi Luca è stato il motore a cui siamo andati a traino,
tutti nessuno escluso.
In maniera ostinata e contraria non ha voluto credere che tutto fosse
immobile, statico inerte, e ha spinto.
Tav, Rigassificatore, università o scuole superiori, spazi cittadini e
aggregazione, qualsiasi cosa succedesse a lui chiedevamo un
comunicato, di scrivere su facebook o organizzare una manifestazione.
Luca è uno scienzato, uno di quelli che pensa che la scienza non sia
neutra, e chi di quei saperi vive, di quei saperi condivide, deve
assumersi anche le proprie responsabilità, deve esserci, deve
manifestarsi deve dare voce alle preoccupazioni e contenuti tecnici
alle mobilitazioni.
Questo lui ha fatto, questo lo ha portato a Copenhagen.
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Marzo 17th, 2017 — General, Internazionale
La prossima udienza è per il 12 gennaio, quindi Luca dovrà passare le festività in carcere in Danimarca. Luca è stato il solo arrestato dopo un fermo di circa 150 persone. Volto noto durante i dibattiti e le assemblee e sempre presente pubblicamente con interventi e iniziative pacifiche, è stato volutamente e arbitrariamente allontanato dai luoghi di discussione e dibattito.
Consiglio di inviare l’appello anche all’ambasciata della Danimarca in Italia, meglio se con Raccomandata A/R:
Ambasciata Danimarca in Italia
Via dei Monti Parioli 50
00197 Roma
e per mail all’ambasciatore Gunnar Ortmann
e alla segretaria
Pernille Almind Bosi Tel. +39 06.9774.8333
E-mail peralm@um.dk
Il Piccolo 16 dicembre 2009
VERTICE SUL CLIMA IN DAMINARCA
Ricercatore arrestato a Copenaghen
Rettore scrive all’ambasciatore danese
Luca Tornatore è ricercatore al Dipartimento di Fisica di Trieste e leader dell’Onda. Tre agenti lo accusano di aver lanciato una molotov durante gli scontri in occasione del vertice mondiale del clima di Copenaghen. Protestano amici e colleghi. Il rettore scrive all’Ambasciatore di Danimarca a Roma
VIDEO L’intervista al ricercatore Luca Tornatore