Il Gazzettini on line
Pordenone. Libia, manifestazione dei pacifisti davanti alla base Nato di Aviano
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PORDENONE – Un centinaio di persone hanno dato vita nel pomeriggio ad un sit-in pacifico nei pressi della Base Usaf di Aviano (Pordenone). La manifestazione di protesta è stata organizzata nell’ambito di un evento nazionale contro tutte le guerre a cui hanno aderito Rifondazione Comunista alcuni arcicoli Arci e le Donne in Nero di Udine oltre agli anarchici di iniziativa libertaria. Il presidio è durato un paio d’ore durante le quali sono continuati i voli di numerosi aerei americani di rientro o in partenza per le missioni in Libia.
Il Gazzettino 3 aprile 2011
LA PROTESTA Un centinaio con bandiere arcobaleno. Lontane le mega-manifestazioni del Kosovo
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No alle bombe, tornano i sit-in sulla strada
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Domenica 3 Aprile 2011, |
Le bandiere sono quelle che hanno fatto la storia delle manifestazioni pacifiste negli ultimi dodici anni, dal Kosovo in poi, e così i metodi: il presidio e il sit in sulla strada. Perlopiù anche le persone e le associazioni sono le stesse, con la differenza che, ai tempi del Kosovo, i ragazzi che oggi sventolano la bandiera dei Giovani comunisti sedevano sì e no sui banchi delle elementari. I numeri naturalmente diversi: a ranghi ridotti per il contemporaneo svolgersi di manifestazioni analoghe in molte parti d’Italia – ma soprattutto quella di Vicenza e al Cie di Gradisca – che ha limitato la partecipazione al mondo delle associazioni locali, l’iniziativa promossa da Michele Negro e Valentino De Piante (Rifondazione comunista) ha portato davanti alla Base Usaf di Aviano oltre un centinaio di persone. Lunga la lista delle adesioni: dai circoli Arci di Montereale Valcellina e Cordenons a Legambiente Prealpi carniche; dal comitato Pas Dolomiti alle «Donne in nero» e all’associazione «La tela» di Udine; da Iniziativa libertaria di Pordenone ai Cobas scuola e al sindacato Usb; e poi ancora Giovani comunisti, Rifondazione, Federazione della sinistra e Sinistra critica, Anpi. Cinque minuti di sit-in tutti insieme, a bloccare il transito delle auto; poi altri cinque dei soli Giovani comunisti, con le bandiere a ridosso della recinzione. Il tutto mentre il movimento aereo sul cielo sopra la Base continua ininterrotto, con due voli che si levano allo scoccare di ogni mezz’ora. Gli automobilisti la prendono con filosofia e fanno inversione di marcia. I giudizi sulla partecipazione sono discordanti, dopo che già la Via Crucis della pace di domenica scorsa aveva registrato un risultato inferiore alle attese. Soddisfatti Michele Negro («Lo scopo era quello di portare qui 150 persone, ed è quello che è successo. Credo che l’iniziativa sia riuscita, e il blocco spontaneo del traffico ha dimostrato che non siamo disposti ad accettare tutto quello che le forze politiche ci impongono») e Valentino De Piante («Siamo molto contenti di essere numerosi a questa iniziativa, con una buona presenza di persone di varie associazioni. Ci fa sentire meno soli»), meno il mondo degli anarchici: «Sabato scorso eravamo una quarantina, oggi più di un centinaio. Ma è poco. Io credo che oggi come oggi il nostro compito sia quello di lavorare a partire da questa base e anche contro iniziative come quelle con le quali i sindaci accolgono il rientro dei militari dalle zone di guerra». «Io credo che questo primo appuntamento, organizzato in fretta e furia in tutta Italia – aggiunge Gianluca Schiavon, della Direzione nazionale di Rifondazione comunista – debba essere valorizzato». |
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Messaggero Veneto 3 aprile 2011
Blocco stradale contro nucleare e guerra in Libia
Contemporaneamente alla manifestazione romana, davanti alla grande base aerea americana di Aviano, attuale capitale militare dei raid contro Gheddafi, hanno manifestato alcune centinaia di pacifisti. Precisi i loro obiettivi per dire: “No alla guerra, basta bombardamenti e guerre “umanitarie”, no al tiranno Gheddafi; sì all’autodeterminazione del popolo libico, sì a un programma di aiuti e di accoglienza per chi scappa da guerre, persecuzioni, fame e povertà”. L’appello per manifestare all’ingresso della base era partito, qualche giorno fa, tramite la rete, da Valentino De Piante e Michele Negro. Grazie a mail e passaparola erano presenti tante sigle della galassia pacifista e della sinistra radicale: dai giovani con le magliette di Emergency, ai circoli Arci di Montereale e Cordenons; da Legambiente Prealpi Carniche, all’Anpi provinciale al comitato referendario per l’acqua pubblica. Numerose le “Donne in Nero” friulane, gli esponenti di rifondazione comunista, giovani comunisti, sinistra critica, anarchici e cobas della scuola. Nei loro interventi, De Piante e Negro, con il rifiuto della guerra hanno auspicato scelte d’accoglienza per chi scappa dal conflitto e dalla miseria. Entrambi, impegnati per lo smantellamento degli arsenali nucleari, hanno ricordato come il movimento pacifista abbia promosso una causa contro il governo americano per aver riempito di bombe atomiche l’Italia, violando i trattati di non proliferazione nucleare. Ricordando le imponenti manifestazioni contro i conflitti in Iraq e Kossovo, qualora continui la guerra in Libia, De Piante, Negro, Raspa e altri pacifisti hanno rivolto un appello a tutte le forze contrarie al conflitto per realizzare ad Aviano una manifestazione nazionale contro la guerra. Gianluca Schiavon della direzione di rifondazione comunista e Annalisa Comuzzi delle “Donne in Nero” hanno denunciato l’intervento italiano nella guerra libica contrario alla nostra costituzione. Durante il blocco stradale della trafficata via Pordenone, durato una ventina di minuti, senza alcun tipo di tensione con le forze dell’ordine, il poeta friulano Silvio Ornella e Rita Orecchio hanno recitato versi toccanti contro le guerre. Nelle due ore di manifestazione, dalla base americana si sono alzati in volo, con rombo assordante, sei cacciabombardieri: quattro F16 e due F15.
Sigfrido Cescut
Cermis, i marines:
tutta colpa nostra
Già dopo un mese, il rapporto interno non lasciava dubbi. Ma i quattro piloti dell’aereo partito da Aviano furono scagionati.
di Enri Lisetto
PORDENONE. I vertici militari degli Stati Uniti, già un mese dopo la tragedia del Cermis, erano a conoscenza delle responsabilità dei quattro piloti del Prowler partito da Aviano che tranciò i cavi della funivia di Cavalese provocando 20 morti, e dissero sì al risarcimento dei danni ai congiunti delle vittime. Lo rileva il rapporto investigativo finale redatto dalle forze armate Usa pubblicato ieri da La Stampa. Il 5 marzo 1998, poche settimane dopo la tragedia avvenuta il 3 febbraio alle 15.13, il generale Timothy A. Peppe, comandante del 31° Fighter Wing, si era presentato agli investigatori, come riporta il quotidiano torinese, per fare una rivelazione: «Il 4 febbraio, il giorno dopo l’incidente, il tenente colonnello Muegge (comandante dello squadrone, ndr) gli aveva confidato che tutti, a parte Ashby (uno dei piloti, ndr), sapevano del limite di duemila piedi per i voli a bassa quota». La conclusione di Peter Pace, comandante dei Marines, di origini italiane, nel firmare il rapporto conclusivo, il 10 marzo 1988 fu netta: «Tutte le richieste appropriate di risarcimento per le morti e i danni dovranno essere pagate».
Pace aveva ordinato un’inchiesta guidata dal generale Michael De Long, a cui per l’Italia avevano partecipato l’allora comandante dell’aeroporto di Aviano Orfeo Durigon e uno dei predecessori, all’epoca allo Stato maggiore dell’Aeronautica a Roma, Fermo Missarino. «Il governo italiano – si legge nel rapporto – aveva formalmente chiesto agli Usa di rinunciare alla giurisdizione personale sui quattro membri dell’equipaggio».
Arrivati ad Aviano per le operazioni in Bosnia l’agosto precedente, quando l’Italia aveva imposto nuove regole sui voli a bassa quota in montagna. Disposizioni che i militari avrebbero avuto – e che segnalavano la presenza della funivia – nell’aereo. I piloti però non sarebbero stati informati dai loro superiori circa le limitazioni (ma non avrebbero comunque potuto scendere sotto i mille piedi), tanto che questi ultimi furono puniti. «La causa dell’incidente è stata un errore dell’equipaggio – conclude il generale Pace –. Ha manovrato aggressivamente l’aereo, scendendo molto più in basso dei mille piedi autorizzati».
Il tribunale di Trento dichiara la non sussistenza della giurisdizione italiana, il processo si celebra in Corte marziale negli Usa. I quattro piloti del Prowler furono scagionati. Il Congresso americano respinge lo stanziamento di 40 milioni di dollari di risarcimento ai familiari delle vittime. L’Italia anticipa 4 miliardi di lire per ogni vittima, rimborsati dagli Stati Uniti per il 75 per cento, come previsto dagli accordi bilaterali. Accordi che l’ex sindaco di Cavalese Mauro Gilmozzi chiede di modificare.
Messaggero Veneto del 11/05/11
F-16 da Aviano in Polonia
È un intrigo internazionale
Il Governo italiano smentisce, gli americani tacciono, ma della partenza degli F-16 da Aviano si parla da due anni. In realtà nono si prevede alcuno sgombero, ma è probabile l’arrivo dei nuovi superaerei F-35
AVIANO. È giallo sulla permanenza del 31° Fighter wing alla Base di Aviano. Secondo il Wall Street Journal, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama annuncerà il trasferimento in Polonia dei due squadroni di F-16, di stanza nell’aeroporto Pagliano e Gori dal 1993, in occasione della sua visita a Varsavia. La notizia è rimbalzata immediatamente a Roma: il ministro della Difesa Ignazio La Russa si è messo immediatamente in contatto col Pentagono, smentendo tale ipotesi.
Ma in prospettiva, secondo fonti attendibili, non è escluso tale spostamento, in vista dello schieramento ad Aviano dei nuovissimi F-35, nell’ambito del programma Jsf, Joint strike Fighter, creato per sostituire molti velivoli mantenendo i costi di sviluppo, produzione e operativi bassi. Intanto, però, nella Destra Tagliamento regnano incertezza e sorpresa: Aviano senza F-16 (e senza altre alternative), significa un taglio di indotto pari a 290 milioni di euro, oltre a 610 milioni di dollari che gli Usa hanno già investito in un decennio per ammodernare la Base.
Dal 31° Fighter wing – peraltro impegnato nelle missioni in Libia e in Afghanistan – ieri non c’è stata alcuna reazione: sebbene sollecitato, ha rinviato per qualsiasi contatto direttamente a Washington. A parlare, invece, è stato il ministro della Difesa, da Cagliari, a margine di un incontro col collega spagnolo Carme Chacon: «Il trasferimento non corrisponde a verità. È vero che in Polonia gli Stati Uniti stanno approntando una base, ma nessun aereo al momento ad Aviano sarà spostato. La piccola base provvisoria in Polonia avrà aerei che provengono da altri Paesi, non da Aviano. Non c’è alcuna connessione, non lo affermo solo io: c’è una lettera dell’addetto militare americano indirizzata alla Difesa, c’è la conferma ufficiale del Pentagono».
Non è escluso, a lungo termine, che gli F-16 effettivamente siano spostati da Aviano, per fare posto, però, al nuovo F-35, caccia multiruolo di quinta generazione, con caratteristiche stealh (invisibile ai radar), che può essere utilizzato per supporto aereo ravvicinato, bombardamento tattico e missioni di superiorità aerea. La mossa di spostare gli F-16 in Polonia avrebbe, secondo fonti attendibili, minore “impatto diplomatico” sulla irritabile Russia, in quanto si tratta di un aereo ormai vetusto (e tuttora in pieno uso) rispetto al moderno F-35, già a disposizione degli Usa.
Il depotenziamento della Base di Aviano è, tuttavia, un tema ricorrente, negli anni: l’ultima smentita di un trasloco in Polonia risale al 2007 quando il Pentagono elaborò una strategia definita «solo accademica», sulla base della «presenza di elementi ostili» collegabili all’ampliamento della Base di Vicenza.
Il territorio è preoccupato. A partire dal vicepresidente della Regione Luca Ciriani: «Finora la Base ha portato ricchezza e posti di lavoro. Sembra quasi paradossale – ha spiegato – doversi preoccupare se gli F-16 rimangano o no ad Aviano, quando per anni si sono fatte manifestazioni e via crucis per chiedere la chiusura della Base; da parte mia la preoccupazione è reale per le possibili conseguenze sulle centinaia di lavoratori italiani della struttura militare».
Il senatore Carlo Pegorer (Pd), membro della commissione Difesa di palazzo Madama, chiede al Governo di riferire in parlamento: «Considerando che si tratta di una delle principali basi americane del sud Europa inserita in un contesto strategico di grande importanza, al di là delle generiche assicurazioni del ministro La Russa, sarebbe bene che il governo fornisse al più presto una parola definitiva sulla vicenda. In caso contrario, non sarebbe sbagliato pensare che l’esecutivo Berlusconi non sia stato informato dall’alleato americano e questo, se fosse vero, sarebbe davvero grave».
Infine il presidente della Provincia, Alessandro Ciriani: «Mi auguro si tratti dell’ennesimo annuncio infondato, ma se così non fosse servirebbe immediatamente un tavolo paritario, per discutere degli scenari futuri della Base. Bisogna capire in che forma gli americani andranno via e cosa lasceranno sul territorio». Secondo Ciriani, i problemi dal punto di vista occupazionale sarebbero «gravissimi», ma vi sarebbe una ricaduta negativa anche «sotto il profilo logistico».
10/05/11
Da Il Piccolo
Gli Usa smantellano la base aerea di Aviano
Per il “Wall Street Journal” il Pentagono intende spostare gli F-16 in Polonia. A giorni l’annuncio di Obama
di Pier Paolo Garofalo
TRIESTE Gli Stati Uniti si apprestano a smantellare le strutture della loro forza aerea, la Us Air Force, ad Aviano in provincia di Pordenone, dove sono ospitate dal 1954, e spostare le due squadriglie di cacciabombardieri F-16 del 31.o Gruppo di combattimento in Polonia. È quanto riporta il “Wall Street Journal”, secondo cui l’annuncio ufficiale sarà dato dallo stesso Barack Obama che visiterà nei prossimi giorni Varsavia. Si tratta di una mossa che non mancherà di irritare la Russia, da sempre molto sensibile alla presenza di sistemi d’arma statunitensi e della Nato vicino ai suoi confini. Basta ricordare l’ostilità con cui Mosca accolse il vecchio progetto di Scudo anti-missile dell’amministrazione Bush che prevedeva di installare una batteria di 10 missili intercettori in Polonia. Un progetto poi lentamente accantonato dall’amministrazione di Barack Obama nonostante le pressioni di certa parte delle alte sfere militari “a stelle e strisce”, anche se non completamente cancellato.
L’ennesima riorganizzazione delle basi Usa all’estero, in chiave riduttiva e di economie di scala, era stata annunciata mesi fa dal Pentagono ma ancora non si conoscono i particolari della decisione che riguarda Aviano, né i motivi. La completa disponibilità a cooperare con il “grande alleato” d’Oltreoceano manifestata con costanza da Varsavia, anche in chiave anti-Russia, nell’ultimo decennio certo non è estranea. Ma non basta, anche sommando gli spazi fisici più ampi e un’opinione pubblica meno sensibile alla presenza militare sul territorio di quella italiana, a giustificare un trasferimento costoso e strategicamente delicato da una base tuttora altamente operativa, da dove sono partiti anche velivoli per la missione anti-Gheddafi. Almeno nella sua prima fase, fino a quando astutamente Washington ha lasciato la “patata bollente” ai partner dell’Alleanza altlantica.
In ogni caso, se confermato, l’addio dell’Air Force ad Aviano segnerebbe una svolta storica: da sempre l’aeroporto, seppure cogestito con gli italiani, nell’immaginario collettivo “è” l’America, e non solo quella militare, un suo simbolo non solo con i jet che decollano e atterrano ma anche i suoi uomini in uniforme e in abiti civili che vivono e si muovono attorno alla struttura contribuendo all’economia locale, le loro vetture “made in Usa” (a dire il vero sempre più rare e piccole, come imposto dalla crisi internazionale) dalle targhe particolari che nei week-end si spingono in tutta la regione, fino a Trieste. Ma soprattutto quella di Aviano rimane la base di tutte le guerre e operazioni particolari condotte dagli States dalla fine dei Cinquanta. L’associazione mentale, fino a “Desert Storme” o alle guerre di Bosnia-Erzegovina e Kosovo, è automatica. Lo sarà per lungo tempo anche dopo l’ultimo decollo degli F-16 americani.
Messaggero Veneto
Gli Usa annunciano:
«Gli F16 via da Aviano
Il Wall Street Journal: i caccia saranno trasferiti in Polonia
WASHINGTON. Gli Stati Uniti si apprestano a smantellare le strutture della Us Air Force ad Aviano, dove sono ospitate dal 1954, e spostare le due squadriglie di caccia bombardieri F-16 del 31.mo Gruppo di Combattimento in Polonia.
È quanto riporta il Wall Street Journal secondo cui l’annuncio ufficiale sarà dato dallo stesso Barack Obama che visiterà nei prossimi giorni Varsavia. Si tratta di una mossa che non mancherà di irritare la Russia da sempre molto sensibile alla presenza di sistemi d’arma Usa vicino ai suoi confini. Basta ricordare l’ostilità con cui Mosca accolse il vecchio progetto di scudo antimissile dell’amministrazione Bush che prevedeva di installare una batteria di 10 missili intercettori in Polonia.
La base militare Usaf di Aviano è ospite dell’Aeronautica militare italiana, all’Aeroporto Pagliano e Gori. La base americana è attualmente sotto il comando del generale Charles Q. Brown junior. Tra personale americano e italiano, sia civile sia militare, in tutto ad Aviano ci sono circa 8.500 persone. Più o meno 3.800 sono militari americani, sia uomini sia donne. Delle restanti 4.700 unità, 600 sono civili italiani. La restante cifra, intorno alle 4.100 persone, sono civili americani e militari italiani.
Nella base Usaf è di stanza il 31/o Figther Wing, dotato di una quarantina di cacciabombardieri F16. Il 31/o stormo è composto da due gruppi di volo. L’aeroporto Pagliano e Gori non ospita velivoli italiani, ma solo militari. I militari italiani sono impiegati ad Aviano per supportare il funzionamento dell’aeroporto.
La Base di Aviano ha un indotto economico (stipendi, affitti, servizi, appalti) generato dall’attività della struttura militare che per l’anno 2008 è stato stimato in 290 milioni di euro. Gli investimenti effettuati negli ultimi anni per l’ammodernamento della Base ammontano a 610 milioni di dollari per i 99 progetti maggiori.